Scatti sintetici — Tutto quello che è accaduto nelle classiche

Crampi Sportivi
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5 min readMay 1, 2015

Prendete una calcolatrice e provate a fare un piccolo giochino: sommate i km di tutte le classiche di quest’anno escluso il Giro di Lombardia.

Milano — Sanremo: 298 km
Gent — Wevelgem: 239 km
Ronde Van Vlaanderen: 264,2 km.
Parigi — Roubaix: 253,5 km
Amstel Gold Race: 258 km
Freccia Vallone: 205 km
Liegi — Bastogne — Liegi: 253 km.

Ok, scherzavamo, posate la calcolatrice che ci pensiamo noi. Sommando tutti i km delle classiche di quest’anno otteniamo 1770,7 km. Avete letto bene. Praticamente è come se montate in macchina e vi fate Roma — Milano per tre volte di fila senza fermarvi mai: andata, ritorno, e andata; circa 1752 km — ne avanzano 18 che spenderete imbottigliati nel traffico per ritornare a casa e accompagnare qualche amico sbronzo.
In una distanza simile, come accade quasi sempre, ci ricordiamo unicamente degli ultimi km: in effetti è negli ultimi istanti di una gara che oggi si decidono chi sono i vincitori e chi gli sconfitti, chi sono gli eroi della giornata e chi invece ha deluso ogni aspettativa. Ma che succede durante il resto della corsa? Come si comportano centinaia di corridori che salgono sopra una bicicletta consapevoli di restarci quelle quattro/cinque ore senza fermarsi mai e continuando a spingere a tutta? Come si alimentano? Dove espletano i loro bisogni fisiologici? Come fanno a rimanere lucidi e concentrati in una tensione agonistica che si protrae (o almeno dovrebbe) per ore ed ore? Noi abbiamo pensato che fosse interessante concentrarsi non solo sugli attimi finali, sui vincitori e sui perdenti, ma anche e soprattutto su tutte le dinamiche incontrollabili che caratterizzano ogni corsa.
Ecco i nostri “sintetici” applicati al ciclismo. Cominciamo dalle classiche.

Strade Bianche

Elia Viviani, lanciatore provetto
La Strade Bianche è una gara bellissima e anomala, con tutti quei km in cui si pedala sulla terra battuta, e la foratura come fedele compagna di viaggio. Ma ai professionisti una foratura cambia ben poco, di solito. Basta fare un segno ai meccanici per un cambio veloce; se proprio non ti vedono, poi, stacchi la ruota e la sventoli al cielo come una bandiera. Ma se nessuno ti vede, mentre la corsa va avanti, un po’ di sconforto è inevitabile. E allora magari finisci per lanciar via la ruota, stizzito. Ecco, Elia Viviani l’ha fatto. Però la sua ruota, anzichè adagiarsi al suolo, è rimbalzata e, spinta dal vento, è rotolata via nel prato, in discesa. Insomma, casomai aveste ancora qualche dubbio, Elia Viviani non l’ha vinta, questa Strade Bianche.

Omloop Het Niewsblad

Gioco di squadra, questo sconosciuto
Ian Stannard e i tre della Etixx-Quick Step, all’Omloop Het Nieuwsblad, hanno voluto ricordarci una volta di più che poche cose nella vita sono certe. Tra queste di sicuro non c’è la vittoria di uno della tua squadra quando sei in fuga con due compagni ed un solo avversario.

Puttana la discesa
Alla Sanremo, una volta scollinato il Poggio, i corridori si buttano giù come dei pazzi. Ma basta un piccolo errore di traiettoria per trovarsi appiedati. Il campione del mondo Michał Kwiatkowski non è stato carinissimo con la discesa, mentre Gerald Ciolek ha pensato bene di approfittare dell’occasione per pubblicizzare la resistenza del suo casco.

Gent — Wevelgem

Certe cose bisogna meritarsele
Un vecchio adagio francese dice che nella vita tutto ti va nel culo, tranne il vento quando sei in bici. Quello è sempre in faccia. La Gent-Wevelgem di quest’anno è stata una leggera variazione sul tema, con folate a 70km/h. Un inferno d’aria che ha fatto di questa classica una gara ad eliminazione. Al traguardo sono arrivati solo in 39, in una giornata in cui ci volevano centinaia di metri per togliersi una giacca svolazzante,

e dove all’uscita da una curva potevi essere sbalzato di bici come un ballerino in volo.
Alla fine ha vinto l’eterno Luca Paolini, con un gran numero. Chissà che gran ricompensa dopo un’impresa del genere, penserete voi. Ebbene, il nostro si è portato a casa nientemeno che una macchina per il caffè…

Stringi i denti (se ce li hai)
Zdeněk Štybar è un duro, uno che è cresciuto nella disciplina più sporca e nobile della bicicletta, il ciclocross. Sicché, quando una caduta violenta lo scorso anno lo aveva privato dei due incisivi, non si è fatto troppi problemi. Li ha sostituiti con una protesi e poi via di nuovo in sella. La Strade Bianche, per dire, l’ha vinta con un ponte ricostruito a tempo di record. Ma il pavé del Fiandre lo ha privato di un’ulteriore protesi. E allora in Belgio Štybar non ha vinto, ma ci ha regalato un pomeriggio di primi piani da far impazzire tutti gli odontotecnici in collegamento.

https://twitter.com/StueyOG/status/585212052425158656

E’ andata un po’ meglio a Mathieu Ladagnous che, è vero, si è fatto il Koppenberg a piedi, ma almeno può rivendicare — senza suscitare ilarità alcuna — di aver stretto i denti.

Togliersi un peso
Ogni ciclista sa benissimo che è fondamentale presentarsi al via di una corsa con l’intestino scarico. Saranno stati gli sbalzi del pavé o una colazione digerita male, ma Peter Sagan nella prima parte della Roubaix si sentiva un peso dentro. A un certo punto ha deciso di non poter evitare l’inevitabile, e per sua fortuna le campagne della Francia del Nord sono piene di comodi fossati. Non ha vinto nemmeno stavolta, Sagan. Ma un bel peso se l’è tolto lo stesso.

Freccia Vallone

Ci penso io, Philippe!
A Bologna li chiamano ‘umarells’: sono gli anziani che sostano lungo le strade, osservano e attendono. In Vallonia avranno sicuramente un nome diverso, ma la sostanza non cambia, e ad unire gli umarell di tutta Europa c’è un elemento indiscutibile: il ciclismo. Il quadro si completa in quei rari casi in cui la corsa fornisce all’umarell addirittura la possibilità di intervenire: e quale intervento migliore di un soccorso all’idolo di casa, inopinatamente caduto e tagliato fuori dalle possibilità di successo? Per Philippe Gilbert è un incubo, per l’umarell il sogno di una vita.

Liegi — Bastogne — Liegi

Canta che ti passa
La Liegi da qualche anno è diventata una corsa piuttosto monotona. La Redoute ha perso da anni il suo ruolo decisivo, e pure le salite che la seguono si fanno sempre meno frizzanti. Un buon antidoto alla monotonia? Il canto, ovviamente. Specie se corale.

A cura di Filippo Cauz, Andrea Minciaroni e Leonardo Piccione

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