Secondi per sempre?

Gabriele Anello
Crampi Sportivi
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9 min readOct 9, 2017

Com’è beffardo il destino. E come si diverte a giocare, incrociando i fili di carriere e vite così diverse. Sabato è stata una giornata capitale per la seconda categoria della FIA: mentre Charles Leclerc vinceva a Jerez e di fatto completava la TOTALE DOMINAZIONE della categoria per la stagione 2017, Jolyon Palmer contemporaneamente annunciava l’addio alla Renault e (probabilmente) alla Formula 1.

Non stupisce tanto il percorso di come si sia arrivati a questo punto per entrambi i piloti: per tutta l’annata Leclerc ha bullizzato gli avversari, mentre Palmer — al secondo anno completo in F1 — si è visto bastonato dal nuovo compagno di squadra, quel Nico Hülkenberg che quest’anno ha raggiunto un certo livello d’eccellenza (vi avevamo avvertiti).

Visti alcuni dati (tra cui il rendimento in qualifica… 16–0 per il tedesco!), è sembrato quasi normale anticipare tutto ciò che era stato già ufficializzato prima del GP di Singapore. Carlos Sainz sarà sulla Renault già da Austin e l’altro appiedato per eccellenza — Daniil Kvyat, rimasto fuori per lasciar spazio a Gasly — probabilmente correrà le gare da qui alla fine della stagione, non escludendo la possibilità di rimanere in Toro Rosso (ma a che condizioni… è un altro discorso).

D’altra parte, Leclerc aspetta solo di capire dove andrà la prossima stagione, anche se tutti gli indizi portano alla Sauber, fresca di nuovo accordo con la Ferrari, dalla quale otterrà i motori per la stagione 2018 (invece di un accordo con Honda, naufragato sul più bello). E mentre la carriere di questi due si incrociano, ci si chiede quanto la GP2 aiuti effettivamente i piloti a ottenere un posto in F1.

Già, perché Palmer è stato campione GP2 nel 2014. E non è sempre garanzia di un sedile nella massima categoria motoristica.

Che cos’è la Serie B della Formula 1

La GP2 è nata nel 2005 e ha cessato di esistere solo quest’anno, quando è entrata in vigore la nuova denominazione FIA F2 Championship. Il formato della GP2 è stato pensato dalla premiata ditta Bernie Ecclestone e Flavio Briatore, solitamente foriera di guai, ma questa volta intenzionati a soppiantare la Formula 3000 e a fornire una nuova anti-camera per la Formula 1.

La regola era semplice: tutte le scuderie iscritte alla categoria avrebbero dovuto usare lo stesso motore, lo stesso telaio e la stessa fornitura di gomme, in modo tale da livellare la concorrenza e far venire fuori il vero talento. Appoggiata alla Formula 1 (molte gare si disputavano dove la categoria principe era di turno), la GP2 ha visto la partecipazione della Dallara, che di fatto ha fornito le vetture alle varie scuderie.

Tre modelli diversi — GP2/05, GP2/08 e GP2/11 — che hanno fatto la storia di questa categoria, per quanto giovane possa essere. Diverso il discorso per i pneumatici, dove la Bridgestone è durata dal 2005 al 2010, passando poi la mano alla Pirelli dal 2011.

La vecchia Formula 3000 vedeva in unica gara il clou del suo week-end; diverso il discorso per la GP2, con prove libere e qualifiche da 30 minuti, seguite da una feature race il sabato e una seconda gara — detta “sprint race” — nel giorno successivo (la cui griglia veniva stabilita dall’arrivo di “gara-1”, invertendo però le prime otto posizioni e riducendo il tempo, da 60 a 45 minuti).

Negli anni ci sono stati diversi avvicendamenti tra le scuderie, ma qualcuna è rimasta per tutta la durata della competizione (dal 2005 ai giorni nostri), come per esempio la Rapax, l’ART, la DAMS, la Racing, la Campos Racing e l’Arden. Non è però facile rimanere in questa categoria a lungo; più facile esserne un pilota, pur di aver ottenuto la Superlicenza FIA e di non risultare vincitore alla fine dell’anno.

In quel caso, infatti, il pilota non può gareggiare in F2 per la stagione successiva. È successo a diversi campioni del recente passato, ma c’è da fare una distinzione tra i vincitori in questa categoria.

I campioni (quelli buoni)

Partiamo da un numero: ben 30 piloti della GP2 sono riusciti poi a entrare almeno per una volta nell’abitacolo di una Formula 1, correndo una gara nella categoria superiore. Ci sono nomi più o meno eccellenti, ma noi qui ci concentriamo sui campioni, anche per caprie qual è l’effettiva qualità prodotta da questa categoria e quale peso vi danno anche i giovani piloti nell’ottica di un’entrata in Formula 1.

Se dobbiamo partire dalla categoria “piloti di GP2 che possono far strada in Formula 1”, le premesse sono state indubbiamente buone.

Nico Rosberg e Lewis Hamilton si sono aggiudicati le prime due stagioni di sempre di questa categoria. Anzi, si sono passati il testimone tra 2005 e 2006, di fatto vincendo il titolo sempre con l’ART Grand Prix. E sembra quasi una garanzia infallibile sul fatto che la nascita della GP2 sia stata una buona mossa, visto che il tedesco è stato campione del mondo nel 2016, mentre Hamilton ha vinto tre Mondiali (2008, 2014, 2015).

Anche i loro acerrimi rivali per il titolo — rispettivamente Heikki Kovalainen e Nelson Piquet Jr. — hanno corso in Formula 1, mettendo insieme 129 GP, una vittoria e cinque podi (quasi tutta roba del finlandese). E ci sono altri piazzati che in quei primi anni hanno poi trovato un sedile in F1, come Scott Speed, Lucas di Grassi, Bruno Senna, Vitaly Petrov, ma soprattutto Sergio Pérez e Jules Bianchi.

Tuttavia, la punta di eccellenza è stata all’inizio. Qualche altro discreto pilota ha vinto la GP2 — Glock nel 2007, Hülkenberg nel 2009, Maldonado nel 2010 (seppur spinto dai petroldollari venezuelani) e Grosjean nel 2011 –, ma da lì la GP2 ha preso una piega tale da non trovare più lo stesso consenso, né lo stesso posto nel cuore dei team principal in Formula 1. Basti pensare che dal 2014 solo Haryanto, Palmer, Nasr, Rossi, Vandoorne, Giovinazzi e recentemente Gasly han trovato un sedile.

I campioni (quelli cattivi o maltrattati)

Aggiungiamo un altro dato a quello precedente: nove dei 12 campioni GP2 sono riusciti a trovare un sedile in Formula 1. Questo vuol dire che vincere la GP2 non basta; anzi, con la nuova regola dell’esclusione per una stagione dopo la vittoria del titolo, c’è il rischio di star fermi a far nulla.

È quello che è successo proprio a Jolyon Palmer, che ha battuto Vandoorne nel 2014 e si è ritrovato senza un sedile. La Lotus gli ha dato un anno di apprendistato e poi un posto da titolare per quasi due anni, senza però ricavarne grosse soddisfazioni. Lo stesso è capitato a Vandoorne, che si è visto parcheggiato per un anno nella Super Formula giapponese prima di prendere il posto di Button in McLaren. Se tra Palmer e Vandoorne c’è qualche minima differenza, a Gasly è toccato lo stesso identico percorso del belga.

In tutto questo, torniamo al dato iniziale: tre dei 12 campioni GP2 non hanno poi guadagnato un posto in Formula 1. E due sono casi estremi, perché Giorgio Pantano — vincitore della categoria nel 2008 — all’epoca aveva già 29 anni e aveva già all’attivo qualche gara con la Jordan, che gli ha dato un posto per 15 GP nella stagione 2004.

Ben diversi sono i casi di un altro italiano e di uno svizzero.

A ogni appuntamento lo trovate urlante sull’edizione italiana Sky Sport F1 (sì, se ne sono accorti tutti), ma Davide Valsecchi è un campione GP2. E la sua stagione da titolo in questa categoria non è stata così peggiore di quella di Lewis Hamilton o Nico Rosberg, anzi: quattro vittorie, due pole e cinque giri veloci — assieme a 10 podi — gli garantiscono la vittoria davanti a Razia (brasiliano due volte test driver per la Lotus nel 2011) e Gutiérrez. Già, quell’Esteban che ha corso in F1 per due stagioni.

La storia di Valsecchi è particolare se non altro perché la finestra per vederlo all’opera c’è stata. Vinto il campionato GP2, Valsecchi diventa test driver per la Lotus, che tra 2012 e 2013 è una signora macchina, capace di contrastare il trio di superpotenze composto da Ferrari, Red Bull e McLaren (24 podi e due vittorie in quel biennio). Kimi Räikkönen e Romain Grosjean sono competitivi, a volte anche troppo fra di loro.

Il finlandese, però, si fa male nel finale di campionato: ritirato ad Abu Dhabi, molla tutti, firma per la Ferrari e decide di operarsi alla schiena, di fatto rinunciando alle corse di Austin e Interlagos. Verrebbe da pensare che il campione uscente GP2 e test driver della Lotus sia il sostituto naturale per le ultime due gare, ma nella scuderia non la pensano così.

Vengono menzionati contatti con Michael Schumacher, che si era appena ritirato l’anno prima (smentiti dal suo manager). Tutti nel settore — piloti e media — sostengono che Valsecchi sia la naturale scelta, ma con grande sorpresa la Lotus piazza Heikki Kovalainen, di fatto optando per un’altra soluzione finnica.

La spiegazione della scuderia di Enstone sarà dovuta alla volontà di rimanere in alto nella classifica costruttori, puntando su un pilota esperto. Tuttavia, i risultati dell’ex McLaren saranno deludenti: due 14° posti. Valsecchi non ha mai nascosto la sua delusione e le sue dichiarazioni gli sono costate un altro anno in Lotus. Da riserva, ovviamente.

Se Valsecchi è poi finito fuori dal mondo dei motori, riciclandosi come commentatore (e di fatto creandosi un suo stile), peggio ancora è andata a Fabio Leimer. Lo svizzero vince la GP2 nell’annata successiva, quando nel 2013 batte Sam Bird e James Calado: è forse l’edizione meno dotata per il podio, visto che nessuno dei tre è mai sceso in pista in una gara di Formula 1 (Calado ha fatto da test driver per la Force India, Bird è oggi in Formula E). Leimer viene premiato dalla costanza, visto che vince appena tre gare e conquista una sola pole.

La carriera di Leimer ha poi confermato quell’intuizione, ovvero che la nidiata 2013 non fosse particolarmente talentuosa: lo svizzero ha fatto da test driver per la Manor nel 2015 e nel contempo ha corso un paio di gare in Formula E con la Virgin, non riuscendo a collezionare nemmeno un punto. Se da una parte Leimer è una pecora nera, dall’altra bisognerebbe anche garantire a questi ragazzi un posto in F1. Almeno una chance per dimostrare quanto valgano.

Che futuro ha questa categoria?

Con il Red Bull Racing Program in netta discesa e la Ferrari Academy che si è sostanzialmente rivelato un fuoco di paglia (Leclerc ha dovuto DOMINARE la F2 per esser preso in considerazione), la tendenza sembra segnata. A questo dovete aggiungerci la regola dell’esclusione per un anno e il fatto che i recenti prodigi della Formula 1 — da Stroll a Sainz, arrivando soprattutto a Max Verstappen — la GP2 non sanno nemmeno che cosa sia.

Non una buona pubblicità, di certo.

Non tutti sono Verstappen, ma…

E allora cosa si può fare per tutelare la categoria? Il rischio è di creare una gran massa di piloti senza un vero futuro. I programmi delle scuderie aiutano, ma non sono la panacea di tutti mali (anche perché qualcuno emerge per forza sugli altri) e soprattutto sono poche le case a puntarci: McLaren, Mercedes e Renault hanno ancora una forza in tal senso, ma i posti in Formula 1 diminuiscono anziché aumentare (la Haas è l’unico team a esser entrato nel circus negli ultimi sette anni).

Ci sono tre possibili mosse per salvare la GP2, per quanto bislacche possano apparire. La prima: attirare nuovi team anche nelle categorie minori. La Formula E in questo sta fagocitando l’attenzione delle grandi case, ma non sarebbe meglio avere costruttori come la Sauber in questa categoria piuttosto che in F1, dove fanno fatica a sopravvivere nell’era dell’ibrido?

La seconda domanda riguarda i campioni della F2, che dovrebbero esser tutelati. A tal punto che la FIA dovrebbe quasi forzare la mano e imporre che il campione uscente abbia un posto in griglia nella stagione successiva. Quanto accaduto a Vandoorne e Gasly non è solo stupido, ma inaccettabile: se vinci un campionato che è la porta della F1, poi meriti di varcare immediatamente quella soglia.

Infine, l’addio ai motori ibridi: in questi anni, la F1 è diventata costosa per questo motivo, ma intanto la Formula E — all green — si è presa un suo spazio. La Porsche è arrivata, BMW e Mercedes arriveranno, la Ferrari chissà. E allora perché non passare il peso dell’evoluzione verde tutta sulla loro spalle? Così altri costruttori entreranno a prezzi ridotti in Formula 1, di fatto ampliando la griglia, come in tanti vorrebbero.

Tutto pur di evitare un altro Fabio Leimer alla F2.

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Gabriele Anello
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