Sliding Doors

Massimiliano Chirico
Crampi Sportivi
Published in
9 min readNov 25, 2015

Quella volta che Maxi Lopez rimase chiuso in albergo, a Milano, e accostato a tre squadre in cinque giorni. Di come, in realtà, le occasioni vadano colte al volo, ma non propriamente in questo modo.

Maxi Lopez con la maglia della Samp e un taglio di capelli discutibile.

Immaginate di essere rinchiusi dentro casa vostra.

Mi fermo un attimo: sto già pensando a Silent Hill 4: The Room, una storia che mi ha angosciato parecchio, col protagonista che si sveglia sigillato dentro casa sua con la porta bloccata da lucchetti e catene, e che passa le ore a pensare a quanto faccia pena la sua vita mentre scopre un buco enorme nel muro dietro al water. La storia di Maxi Lopez è abbastanza lontana da quest’ambientazione, anche se lui è davvero bloccato in un appartamento. Lui passa però le ore aspettando che squilli il telefono, aspettando di svoltare consapevole di non doverci rimanere a lungo. Le cose non gli vanno male: c’è una piscina e una palestra dove può tenersi in forma, una bella Playstation con un televisore enorme, la percettibile sensazione di stare bene e di poterci vivere a lungo, chiuso all’interno.

L’unico piccolissimo problema è che, appunto, da questo appartamento lui non può andarsene.

Chissà se, nel gennaio del 2012, il biondo Maximilian Gastòn Lopez, ci ha giocato davvero Silent Hill mentre aspettava l’evolversi di una complicata trattativa che lo vedeva coinvolto e spettatore dall’interno dell’Hotel NH in piazza della Repubblica. I giornali ci sono andati a nozze con la storia della Playstation, ogni articolo riportava l’evolversi del trasferimento dipingendolo come un teenager infognato sul joystick. Un affare che, in maniera paradossale, lo vedeva coinvolto in prima persona ed ai margini allo stesso tempo, in balìa dell’evolversi di molteplici altre situazioni, ostaggio delle scelte di colleghi e dirigenti. Cinque giorni in una stanza di albergo ad aspettare lo squillo di un telefono, una parola di conforto, magari un semplice via libera.

Ma proviamo a ricomporre la situazione.

Stagione 2011/12: Maxi Lopez è uno degli attaccanti a disposizione di Vincenzo Montella, tecnico del Catania. Lopez fa parte della nutrita filiera argentina che compone la colonna vertebrale della squadra, quel filo diretto Catania-Buenos Aires che ha fatto le fortune di Pietro Lo Monaco, il d.s. della società, e della squadra etnea stessa. La squadra naviga nella metà alta della classifica quando siamo nel mese di gennaio e La Galina De Oro (soprannome di Lopez dovuto alla sua bionda chioma e alla sua fama di prolifico centravanti) è il punto di riferimento dell’attacco: su di lui piovono i palloni che Lodi addomestica a centrocampo, mentre Barrientos e Papu Gomez infilzano le difese avversarie per favorire i suoi inserimenti e in un crescendo di elogi da goal scorer puro, il Milan decide di piombare su di lui.

Visto così, presentato a questo modo, stiamo davvero parlando di uno da non lasciarsi sfuggire. Il Milan sta battagliando con la Juventus di Conte per la testa della classifica e proprio dalla Juve vuole imparare, replicando la mossa di qualche anno prima con cui i bianconeri si sono assicurati un altro catanese d’adozione, El Malaka Martinez.

Ma in realtà è giusto ridimensionare il tutto.

Maxi Lopez, nato a Buenos Aires nell’aprile del 1984, è un onesto terminale offensivo che al termine della sua parte di carriera trascorsa a Catania metterà a segnò 23 reti in circa 70 presenze. Un bottino giusto per un giocatore esploso nella ricca filiera del River Plate e approdato giovanissimo al Barcellona, laureatosi campione d’Europa con i blaugrana indossando le vesti del perfetto comprimario prima di rivalutarsi come giramondo giocando per Maiorca, FK Mosca e Gremio.

La love story tra il Catania e l’Argentina lo porterà all’ombra dell’Etna giusto in tempo per mettere a segno i gol di cui sopra e per posizionarsi alla base di una trattativa che si dipanerà in lungo e in largo.

Maxi Lopez in maglia Barça, famoso per aver ribaltato una partita contro il Chelsea con gol e assist… poi poco altro.

Il Milan, allenato da Massimiliano Allegri, è da poco piombato su Carlos Tevez: siamo nella finestra di mercato invernale e i rossoneri cercano una punta che sappia muoversi al fianco di Ibrahimovic per sopperire alle lacune lasciate da uno spaesato Robinho, non più un abbonato al tabellino marcatori. Galliani scandaglia il mercato e incappa nella nutrita rosa del Manchester City che ha bisogno di disfarsi di alcuni giocatori e che cerca di sganciare al miglior offerente il cartellino dell’Apache. Tevez ha ancora un anno e mezzo di contratto e i Citizens, dopo le valutazioni del caso, fissano il prezzo del giocatore intorno ai 10–15 milioni: gli inglesi sentono il bisogno di fare cassa e di disfarsi di un contratto oneroso come quello dell’argentino, ma al tempo stesso non vogliono depauperare il valore della squadra con cessioni scellerate; il vecchio Condor Adriano Galliani sa come pelare certe gatte e per questo prende tempo, provando a ottenere il giocatore in prestito per rimandare un eventuale acquisto definitivo di sei mesi, nella speranza che nelle casse di Findomestic e del Milan si materializzino quei fondi che potrebbero permettergli di condurre una sessione di mercato quanto meno sufficiente.

Dall’altra parte però qualcuno negli uffici del City nicchia ed è qui che si inserisce un altro protagonista: il Milan vuole liquidare subito il cartellino di Tevez e mette sul mercato Alexandre Pato, attaccante brasiliano in fondo alle gerarchie di Allegri per via dei suoi continui guai fisici. Il Paris Saint Germain si fa avanti: attraverso un timido sondaggio, il club francese scopre che servono 30 milioni di danari per il papero. La situazione legata a Pato assume anche contorni glamour e piuttosto delicati se considerato che il giocatore è anche il compagno di Barbara Berlusconi, la figlia del presidente, ma a Parigi aleggia perlopiù il timore di prendere un giocatore che non fornisce garanzie sulla sua tenuta fisica e così, in maniera pressoché identica a quella che il Milan sta adottando per Tevez, si va avanti smuovendo leggermente le acque: a 30 milioni si risponde prestito secco, a Tevez si risponde sei mesi in prova, a Pato si risponde visite mediche e alla fine spunta una foto di Adriano Galliani a cena con il Tevez e il suo agente, Kia Joorabchian. Sembra proprio di essere alle fasi finali.

Ma Pato fa un passo indietro, condizionato forse dalla sua relazione sentimentale, e decide di togliersi autonomamente dal mercato, rimanendo così al Milan, al capezzale della sua attuale compagna.

L’affare assume tinte rosa e un po’ da dramma argentino: svaniti i soldi provenienti da Parigi, Galliani si ritrova costretto a forzare la mano col City facendo leva sulla situazione Tevez, mentre gli inglesi gli fanno capire che non è proprio dei soldi rossoneri che hanno bisogno. Galliani si indispettisce e telefona a Lo Monaco chiedendogli di Maxi Lopez.

Carlos Tevez, Adriano Galliani e Kia Joorabchian, in una foto destinata a fare il giro del mondo.

Il legame è piuttosto semplice: Galliani vuole far capire al City che, a prescindere dalla trattativa legata a Tevez, lo strapotere che esercita nelle stanze del calciomercato gli permette già di avere sottomano uno degli attaccanti più in forma del campionato e a un prezzo tutto sommato conveniente. A questo punto, ci si aspetta che una boutique come quella catanese ci vada giù pesante col prezzo del ragazzo. Chiunque al posto di Lo Monaco capirebbe di avere in mano un set di coltelli affilatissimi e dalla parte del manico, ma invece nulla è come sembra.

Il giocatore si catapulta immediatamente a Milano su consiglio della dirigenza catanese: l’intesa è totale sia col ragazzo che con il Catania, che riceverà 1.5 milioni per il prestito. Arrivano le firme, gli incartamenti sono pronti per essere consegnati in Lega ma Galliani, vecchia volpe, cala l’asso: il 24 gennaio 2012 il dirigente rossonero chiede a Maxi Lopez di attendere l’evolversi della trattativa in un albergo a due passi da via Turati. L’affare si farà, assicura Galliani: se non adesso, si farà a luglio. Ma al momento è necessario che il City sappia che il Milan ha già una valida (?!) alternativa in mano per far si che il prezzo di Tevez si abbassi di qualche milione.

Lopez, ingenuamente forse, accetta tutto di buon grado, accantonando così le voci di un suo probabile passaggio al Fulham: nei giorni trascorsi in albergo, dal 24 al 28 gennaio, Maxi Lopez riceverà anche una offerta proprio dal PSG che, nel tentativo di mettere pressione e di sbloccare l’affare Pato, si farà avanti per il giocatore argentino che nel frattempo in campo riflette comunque i problemi legati al suo trasferimento e nelle tre partite di gennaio non va mai in gol. Ma nulla riuscirà a smuovere la Galina de Oro, la porta dell’NH Hotel si chiuderà alle sue spalle ed una trattativa che si sviluppa tra Italia, Francia ed Inghilterra lo terrà chiuso per quattro notti a farsi compagnia da solo.

Maxi Lopez in maglia Catania: con i siciliani ha espresso probabilmente il suo miglior calcio.

«È una storia irreale. Non ricordo un episodio simile da quando sono nel mondo del calcio. Spero riesca a realizzare il suo sogno», dirà Vincenzo Montella in merito ma, in quel momento, molti si chiederanno: dov’è lo stile Milan? Da dove arriva questa arroganza che sembra aver soppiantato l’eleganza del club più titolato e ambito del Mondo? C’è davvero bisogno di uno sgarbo del genere per potersi assicurare la firma di un giocatore come Tevez che è gia ampiamente ai margini della sua squadra?

Queste domande se le pone anche Andrea d’Amico, agente di Maxi Lopez, che a un certo punto della complicata trattativa (e forse schiacciato da una leggera pressione da parte del giocatore, che comunque non ci teneva molto a far la figura del fesso) ha impugnato in mano il contratto in essere col Catania e, di comune accordo con l’entourage siciliano, ha fissato la deadline: le 19 del 28 gennaio è il termine ultimo per chiudere la trattativa. Altrimenti, ognuno a casa sua.

«Abbiamo salutato il dottor Galliani — ha spiegato D’Amico — , spero che sia stato importante per tutti. Adesso dobbiamo solo aspettare con fiducia un altro po’, e abbiamo sempre avuto fiducia nel Milan. La riflessione del Milan è anche per l’altro obiettivo, ma noi lo sapevamo dall’inizio».

Insomma è questo il momento in cui la trattativa si scardina e si risolve.

Il piccolo Catania riesce a far tremare il club di via Turati e le richieste di Allegri ormai si fanno pressanti. Maxi Lopez, consapevole di essere la seconda scelta, passa infine al Milan per 1,5 milioni di euro nella finestra invernale di quella stagione che, alla fine, si rivelerà avara di gioie per il Milan: Antonio Conte e i suoi affamati giocatori soffieranno nel finale di campionato lo scudetto ai rossoneri, che si piazzeranno solo alle loro spalle. La Juventus, nella finestra di mercato successiva, si regalerà quel tanto agognato Carlitos Tevez che non arriverà mai alla corte dei rossoneri: il Manchester City incasserà ben 15 mln dalla cessione dell’argentino, liquidità arrivata nelle casse dei bianconeri proprio dalla cessione di Alessandro Matri ai rossoneri, in un turbinio di assegni e dichiarazioni da capogiro. Alexandre Pato, paradossalmente, andrà via dal Milan solo un anno dopo a 15 milioni (la metà di quelli offerti dal PSG), accasandosi tra le fila del Corinthians.

Maxi Lopez, infine, in maglia Milan.

Saranno sei mesi infernali quelli milanesi.

Lopez segnerà appena un gol in campionato e non verrà riscattato. Tornato a Catania, darà il via ad un improbabile valzer di squadre italiane passando per la Samp e il Chievo, prima di accasarsi al Torino e poi all’Udinese. Salirà agli onori di cronaca più che altro per la diatriba con Mauro Icardi, sposato ora con la sua ex moglie che tanto lo aveva sospinto verso Milano qualche anno fa, ma de La Galina De Oro poche altre tracce. Si parlerà poco e niente del talento ex River che per una settimana ha duellato a distanza con Tevez, ex Boca Juniors, in un derby di mercato tutto argentino dai toni più ridicoli che fiammeggianti.

Resterà la memoria di quell’albergo che qualche tempo dopo ha ospitato Zé Eduardo, in arrivo dal Santos e dipinto come un implacabile cannoniere, in attesa di firmare per il Genoa oppure Stevan Jovetic che, coi documenti già pronti anche lui, attendeva il via libera per trasferirsi all’Inter qualche anno dopo.

«Pazzesco a ripensarci. Stavo per lasciare Catania e accettare un trasferimento in Premier League quando si fece avanti il Milan. Ci tenevo a giocare in una big, così presi l’aereo. Non immaginavo di dover restare prigioniero in albergo per tanti giorni prima della firma. Nella mia carriera ho sempre conquistato tutto con fatica».

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Massimiliano Chirico
Crampi Sportivi

Da piccolo avrei voluto fare hockey su ghiaccio ma vai a spiegarglielo a mio padre. Oggi la mia vita sarebbe diversa.