Sparire a trent’anni

Crampi Sportivi
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8 min readFeb 10, 2016

Cosa succede quando c’è una via a due strade? Solitamente la maggior parte delle persone ne prende una e la segue. C’è chi invece cerca una terza via. È successo nella Guerra Fredda, succede nella politica italiana e accade anche nel calcio.

Negli ultimi otto anni, il calcio è stato monopolizzato da due mostri, due che forse rimpiangeremo quando non giocheranno più: Lionel Messi e Cristiano Ronaldo. A turno, c’è stato un terzo incomodo che ha provato a scalzarli da quel doppio trono.

La lista dei contendenti è lunga: l’ultimo Kakà, Torres, Iniesta, Xavi, il Milito del 2010, Sneijder, Neuer, Ribéry, forse Bale, il mostruoso Di María dei primi sei mesi del 2014. Gli ultimi candidati vagliati sono al momento Luis Suárez e Neymar, che forse scalfiranno alla lunga questo duopolio.

I nemici in casa.

A questa lista manca un nome. Non tutti quelli sopracitati se la passano bene, ma c’è un nome mancante che ha vissuto una parabola discendente senza precedenti negli ultimi due anni. Quel qualcuno è Radamel Falcao García Zárate, sparito dal calcio che conta a neanche trent’anni.

L’ultima notizia in tempi recenti l’ha visto escluso dalla lista di Champions League del Chelsea, che affronterà il PSG negli ottavi di Champions League. Voluto da Mourinho, Hiddink non pensa che tornerà presto: «Come sta Falcao? Il solito, è infortunato».

Tutto questo nonostante il colombiano dica di esser in condizione. Anzi, la serie di infortuni ha impedito a Falcao di tornare a Montecarlo, come poi hanno ammesso i vertici monegaschi.

Sembra passata un’eternità da quando El Tigre monopolizzava i cuori di chi vuole il centravanti alla vecchia maniera, di chi sogna un suo gesto atletico a ravvivare una partita amichevole. Di chi l’ha visto ammazzare le difese avversarie.

Un esempio.

Turning point

Fino al gennaio del 2014, probabilmente Radamel Falcao era tra i dieci giocatori più forti al pianeta. Anzi, qualche mese prima era anche più in alto in graduatoria.

L’esempio della sua massima forza arriva nell’anno solare 2012, dove il colombiano non solo conferma quanto visto precedentemente con la maglia del Porto, ma esagera: come ariete del tridente impostato da Villas-Boas, il colombiano è devastante.

Giusto per ricordarci: 72 gol in 87 partite con il Porto, ma soprattutto 17 reti nell’Europa League 2010–11 (tra cui quello decisivo nella finale di Dublino). Un record difficile da battere.

Il tutto però migliora in quel di Madrid, sponda Atlético. Passato al Vicente Calderon per 40 milioni di euro, Falcao si trasforma da “semplice” arciere finale nella manovra del Porto a stella assoluta del calcio europeo.

Come abbiamo scoperto due anni più tardi e come vediamo ancora oggi, l’Atlético rimane una squadra valida, coriacea, capace di inseguire risultati straordinari pur senza i mezzi economici dei cugini Blancos e del Barcellona.

Falcao in due anni con i Colchoneros segna 70 gol in 91 partite, con una media che è la più vicina che io ricordi a quelle dei due mostri citati all’inizio (a meno che Higuain e Aubameyang non ci smentiscano a maggio 2016: troppo facile dirlo per chi gioca col Barca o col Real). Vince una Copa del Rey, la seconda Europa League di fila e soprattutto la Supercoppa Europea. Da solo. Stavolta sul serio.

E non lo dico io, bensì diversi si sperticano in lodi per il colombiano.

«Falcao? Il miglior centravanti al mondo in area di rigore, non ho alcun dubbio» — Pep Guardiola, settembre 2012

L’1–0 nella finale di Europa League 2012 contro l’Athletic Bilbao.

«Nella mia lunga carriera, c’è solo un giocatore che mi ha impressionato come Lionel Messi. E quel qualcuno è Radamel Falcao. Sicuramente è il migliore in questo momento» — Fabio Capello, settembre 2012

Il 2–0, dove Falcao dimostra come si deve muovere il 9 in area. A oggi, il colombiano è ancora il terzo marcatore nella storia della competizione (31 gol in 33 gare).

«Falcao non ha nulla da invidiare a Messi e Ronaldo» — Diego Pablo Simeone, ottobre 2012

La sera in cui Radamel Falcao dimostrò di aver raggiunto Messi e Ronaldo.

«Per i gol segnati e per le cifre spese, a oggi Falcao è il miglior acquisto fatto nella Liga del XXI secolo» — Marca, maggio 2012

Lugano e Arevalo Rios ridicolizzati durante le qualificazioni ai Mondiali 2014, dove Falcao ha segnato nove gol.

«Mi piacerebbe giocare con lui: è un gran giocatore ed è a un ottimo livello. Oggi è il riferimento del calcio colombiano» — Lionel Messi, giugno 2011

Ci ha tenuto a farglielo vedere.

L’ultima certificazione arriva alla premiazione del Pallone d’Oro. Nel FIFA/FIFPro World XI, ci sono dieci giocatori di Barcellona e Real Madrid. Indovinate chi è l’intruso?

L’inizio della fine

Il passaggio a Montecarlo dell’estate 2013 è un gioco di soldi e di mercato, accompagnato dalla sfrenata ambizione del patron dei monegaschi Dmitry Rybolovlev, voglioso di contrastare il PSG in Ligue 1. Il Monaco, neo-promosso, è allenato da Claudio Ranieri.

In realtà, quella squadra farà piuttosto bene: secondo posto a -9 dal PSG, ma senza perdere negli scontri diretti. Soprattutto fino a marzo il club rimane in corsa per il titolo. Poi deraglia, ma Ranieri e la squadra il loro l’hanno fatto. Anche senza Falcao.

Già, perché El Tigre in una semplice gara di Coupe de France contro lo Chasselay viene travolto, rompendosi il legamento crociato. Nel gennaio 2014, basta un momento perché la stagione (da 11 gol in 19 partite giocate) e la sua carriera vengono messe a rischio.

Falcao fa di tutto per tornare in tempo per il Mondiale 2014, dove la Colombia viene attesa da tutti. Perché è una bella squadra, perché Pekerman ha delle rivincite da prendersi, perché i Cafeteros hanno giocato l’ultimo Mondiale nel vecchio millennio.

Quando è tempo di annunciare i convocati per il Mondiale, Pekerman decide di portare con sé alcuni giocatori in conferenza stampa. Nonostante gli sforzi («Non importa se ho il 10, il 20 o il 50 per cento di andare: voglio provarci»), alla fine la ragione prevale sul cuore. Il recupero non è ancora totale e Falcao, a malincuore, si tira fuori:

«Ho avuto la speranza, ma devo andare avanti e supportare i miei compagni da bordocampo. Non sono ancora pronto e non voglio rubare un posto a chi è al 100% pronto per questo Mondiale».

Se una foto potesse parlare…

La Colombia farà grandi cose in Brasile, sfiorando la semifinale e fermandosi solo contro il Brasile di Scolari. Falcao sosterrà tutti dagli spalti, ma non sa che il peggio deve ancora arrivare.

L’esilio inglese

Tornato in Francia dopo l’estate, Falcao si ritrova con un Monaco intenzionato a smantellare. Rybolovlev ha venduto James Rodriguez al Real Madrid per 80 milioni, Rivière al Newcastle e ha lasciato partire un sacco di giocatori.

Con Ranieri passato ad allenare la Grecia, il nuovo allenatore è Leonardo Jardim, che farà grandi cose nel 2015. Tuttavia, Falcao fa in tempo a segnare due gol in tre gare di Ligue 1 e poi molla tutto, destinazione Manchester.

Lo United del nuovo corso van Gaal vuole il colombiano per rinforzare ulteriormente la squadra. Prestito di otto milioni, riscatto fissato a 55: sarebbe persino una plusvalenza per il Monaco.

Un amore mai nato.

Il desiderio di Falcao è quello di diventare una leggenda a Old Trafford, ma il calcio inglese non sembra esser tagliato per lui. Così come la relazione con Louis van Gaal: il Manchester United arriva terzo, ma il colombiano gioca poco e male.

Nonostante il debutto atteso e celebrato dai tifosi, il colombiano chiuderà la stagione 2014–15 con 29 presenze e quattro gol. L’allenatore olandese, intanto, sembra quasi irrispettoso nei confronti di Falcao, facendolo persino giocare con le riserve.

Il riscatto ovviamente non arriva e van Gaal — confermato alla guida dello United — fa capire che non ha intenzione di rivedere Falcao.

Con Jorge Mendes come suo agente, Falcao non deve certo preoccuparsi di una futura collocazione. Infatti il centravanti viene catapultato al Chelsea, dove la formula è praticamente la stessa: prestito con diritto di riscatto a 50 milioni.

Ma come si può chiedere una cifra del genere dopo un’annata così a Manchester? Mourinho prova a fare il pompiere: «Se posso aiutare Falcao a tornare come prima, lo farò. Mi dispiacerebbe se la gente pensasse che il vero Falcao sia quello visto allo United».

C’è anche qualche segnale, come il gol — l’ultimo finora da professionista — contro il Crystal Palace in campionato. Eppure il Chelsea va male, Mourinho alla fine viene cacciato e gli infortuni muscolari stanno perseguitando il colombiano da novembre.

Con l’arrivo di Hiddink in panchina e di Pato in squadra — nonché l’esclusione dalla lista Champions — la sensazione è che l’avventura di Falcao a Londra sia già finita. Forse si sta costruendo qualche altro scenario alle nostre spalle.

Un futuro (triste e ricco) in Cina?

Lo scenario più probabile si chiama Chinese Super League: il campionato cinese ha speso solo in questa sessione di mercato invernale ben 320 milioni di euro. Lo Jiangsu ne ha scuciti quasi 80 per avere Alex Teixeira e Ramires, il Guangzhou Evergrande ha comprato recentemente Jackson Martinez a 42 milioni dall’Atlético Madrid.

Ormai siamo su un altro livello, tanto che si parla persino della possibilità che José Mourinho e Wayne Rooney (ROONEY!) possano fare un pensierino alla Cina. E Oscar ha rifiutato un’offerta da 80 milioni dal Jiangsu (sempre loro. Gli stessi a cui il Milan non è riuscito a vendere Luiz Adriano).

Guarda caso, questo giro di soldi arriva in concomitanza di due fattori. Uno: l’accordo televisivo che garantirà 1,2 miliardi di euro ai club. Due: l’arrivo di Jorge Mendes nel panorama cinese, che è fondamentale per il paese affinché si trasformi in una potenza del calcio mondiale.

Al di là del fatto che quest’ultimo assioma andrebbe verificato (la nazionale cinese è a un passo dall’eliminazione nella corsa ai Mondiali 2018), a questo punto il futuro di Falcao potrebbe essere in Cina. Del resto, se ci sono andati colleghi rappresentati da Mendes e in condizioni migliori, cosa farebbe rifiutare quest’ipotesi a El Tigre?

Anche con la nazionale le cose non vanno bene. Nonostante sia il top-scorer della nazionale, la Colombia ha disputato una strana Copa América. Ottima in difesa, ma scarsa davanti (un gol in quattro gare). In questo, la sceneggiata di Falcao contro il Perù non ha aiutato.

Sembra così lontano quel 2012, quei gol straordinari, quella sensazione di potenza. Eppure oggi Falcao compie trent’anni e la sua carriera sembra quasi finita. Noi speriamo di esser smentiti, ma la Cina è sempre più vicina.

Articolo a cura di Gabriele Anello

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