Squalo, tonno, foca. Ritratto di Ian Thorpe

Crampi Sportivi
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4 min readFeb 28, 2014
Ian Thorpe

Ci sono almeno due immagini di Thorpe. C’è il campione che esulta, il pugno levato al cielo come una promessa, i capelli, biondi bagnati e trionfanti, liberati dall’elmo di lattice giallo, l’urlo liberatorio che raccoglie la sua eco nelle grida dei tifosi, ovunque sugli spalti della piscina di Atene, il costume nero, integrale, segno distintivo. È Thorpedo, nella sua massima espressione.

Solo qualche mese prima c’era un altro Thorpe. Stesso costume, ma diversa piscina. Sullo sfondo, due atleti sui blocchetti, i muscoli tesi, pronti per il segnale di partenza. Dietro, volti sbigottiti e sfocati, a malapena distinguibili. Il centro della fotografia è tutto per il campione. Che cade, anzitempo e rovinosamente, venendo squalificato. L’acqua intorno a lui si infrange, indifferente alla caduta di una divinità e allo sconcerto dei suoi fedeli.

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caddi come corpo morto cade

Caddi come corpo morto cade.[/caption]

C’è il Thorpe sedicenne che, ai mondiali di Perth del 1998, nelle ultime bracciate dei 400 metri stile libero, supera il connazionale Grant Hackett, fino ad allora idolo indiscusso del nuoto australiano, e diventa il più giovane campione del mondo di nuoto. E c’è il Thorpe che tra il 2002 e il 2004 doveva ricorrere all’alcool per addormentarsi.
C’è, ancora, il Thorpe delle sfide infinite con van den Hoogenband sui 200 stile libero. A Sidney trionfò l’olandese, ma a Fukuoka e ad Atene Thorpedo assaporò il gusto della rivincita. Di quei duelli resta un altro fermo immagine, l’ennesimo. I due campioni che si abbracciano a fine gara a favore di camera, stremati dalla fatica, consapevoli che la grandezza di entrambi dipende anche dalla presenza del rivale.

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Guarda quella come Spitz

“Oh. Hai visto quella come Spitz?”[/caption]

Olimpiadi di Atene, 2004. La finale dei 200 metri stile libero vede, accanto a Thorpe, Pieter van den Hoogenband, campione olimpico in carica, Michael Phelps, in cerca del record di Spitz, e il solito Grant Hackett. L’olandese va in vantaggio, staccando tutti. Ma non Thorpe, che, quasi con disinvoltura, resta in scia. Vederlo nuotare è come osservare una nave in uscita dal porto, lenta solo in apparenza, imponente e maestosa. All’ultima vasca Thorpedo cambia il ritmo, la nave lascia il porto e van den Hoogenband alle spalle, il motore delle gambe aumenta i giri (la celebre “gambata” di Thorpe, potenziata a discapito del lavoro sulle braccia), quando tocca è primo. Quattro campioni sono entrati in acqua, ma uno solo ne esce.

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Quello che resta è la cronaca di un declino. Lo squalo si ritira mestamente nel 2006. Un attacco di bronchite improvviso, poi la diagnosi di mononucleosi, una frattura alla mano. Nel 2007 le accuse di doping, che tuttavia non trovano fondamento. Poi, il gran ritorno, non accompagnato da risultati significativi. Qualche settimana fa, la notizia di un ricovero per depressione e abuso di alcool, con le rituali smentite.

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non seguite questa cura dimagrante

Non seguite questa cura dimagrante.[/caption]

Quale immagine conserveremo di Thorpe? Quella dello squalo, in grado di accendere l’interesse per il nuoto ben prima dei record di Phelps? Quella del dio di Fukuoka, osannato da sciami di giornalisti giapponesi, che fece ammettere a Brambilla di non averlo neanche visto in gara, “solo le sue gambe ai 100 metri”? Oppure quella del tonno, come scherzosamente lo soprannominò Rosolino? Il ragazzo il cui destino fu più forte anche dell’11 settembre (la leggenda vuole che sia sceso dalle torri poco prima dell’attentato, alla ricerca di un caricabatterie per la macchina fotografica) o il bimbo perduto costretto a precisare di non essere omosessuale? Il campione che esulta sotto al blocchetto, o l’uomo, nudo nonostante il costume integrale, che si inabissa goffamente in una caduta infinita? Si ritirò perché “mi sentivo come una foca ammaestrata. Rendevo felice la gente ma io mi sentivo un miserabile.” Squalo, tonno, foca. Infine, uomo.

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