Sulle ali di un’aquila

Giulia Abbate
Crampi Sportivi
Published in
3 min readJan 16, 2018

Quando nasci in un paesino del Regno Unito dove lo sci è conosciuto soltanto a livello teorico, è difficile pensare ad un ragazzino che sogna di mettersi due lastre ai piedi, gettarsi da una collina innevata e, chissà, magari qualificarsi per le Olimpiadi.

Difficile, ma non impossibile per chi, come Michael Thomas Edwards, detto Eddie, considera la sfida molto più che un semplice tentativo.

Nato a Cheltenham il 5 dicembre 1963, cresce all’ombra della collina di Gloucester e proprio sulla pista artificiale posta sulla sua cima Eddie inizia la sua carriera sugli sci. Una carriera che lo porta fino negli Stati Uniti, a Lake Placid, dove tenta la qualificazione alle Olimpiadi Invernali di Calgary dell‘88.

La strada, però, invece di assomigliare a una lunga pista da sci in discesa si avvicina di più ad una scalata a mani nude, ripida e dissestata. I fondi scarseggiano, allenarsi e ottenere risultati diventa sempre più difficile e la concorrenza si rivela spietata. Arrendersi, tuttavia, non è una parola che fa parte del vocabolario di Eddie che, invece di incaponirsi su un territorio risultato troppo ostico, trova la giusta scorciatoia per raggiungere i propri obiettivi.

Hanno anche realizzato un film sulla sua storia.

E’ la scorciatoia che lo ha portato ad abbandonare lo sci tradizionale per dedicarsi ad una disciplina che gli avrebbe permesso di centrare la qualificazione alle Olimpiadi. Il Comitato Olimpico Internazionale, infatti, prevedeva allora che ogni paese potesse portare almeno un atleta per ogni disciplina e nel salto con gli sci quell’atleta diventa proprio Michael Thomas Edward.

Nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di lui: niente fondi, allenamenti e formazione completamente auto-finanziati, un peso corporeo non certo tipico per un atleta di questo tipo e una forte ipermetropia che lo costringeva ad indossare gli occhiali sotto la maschera.

Insomma, gli ostacoli non mancavano, ma la determinazione di chi ha un sogno da realizzare era nettamente più forte.

Tra il 1986 e il 1987 partecipa alla Coppa del Mondo e ai Mondiali ottenendo, alla fine, la tanto agognata qualificazione a Calgary 1988. La sua vita cambiò di colpo: lascia il lavoro da intonacatore in cui era impegnato e soprattutto lascia l’ospedale psichiatrico in cui viveva (per mancanza di fondi, non come paziente). Le Olimpiadi, finalmente, sono una realtà.

Nella manifestazione a cinque cerchi otterrà un 58° e ultimo posto nel trampolino K70 e un analogo piazzamento in quello K90. I risultati non gli fecero particolarmente onore, ma la sua storia destò tanto scalpore che lo stesso presidente degli USA, Ronald Reagan, volle assistere a una sua gara. Non vinse, ma il suo coraggio lasciò il segno e al presidente del Comitato Organizzatore di Calgary non passò inosservato.

«In questi giochi, alcuni atleti hanno vinto la medaglia d’oro, alcuni hanno battuto dei record, e alcuni di voi hanno addirittura volato come un’aquila», disse alla chiusura dei Giochi, gli unici a cui Eddie riuscì a partecipare.

I cambiamenti nei regolamenti gli impedirono infatti di riqualificarsi, ma i suoi sogni ormai avevano finalmente trovato le giuste ali per realizzarsi. Le ali dell’Aquila che, in quel momento, diventò non solo il soprannome di Eddie, ma anche il simbolo del coraggio più forte e puro.

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