Suonala ancora, Sam

Crampi Sportivi
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5 min readJul 5, 2016

Questa storia molto breve, accaduta negli ultimi giorni, ha due premesse altrettanto brevi. La prima: se nessun uomo dopo Rod Laver nel 1968 è riuscito a completare il Grande Slam — tutti e quattro i trofei principali del tennis nello stesso anno solare — un motivo ci dev’essere. La seconda: spesso questo motivo ha un volto e un nome quasi del tutto sconosciuti.

Un esempio: Jim Courier fu il penultimo a presentarsi ai cancelli dell’All England Club, oltre i quali si tiene il torneo di Wimbledon, avendo in tasca già Australian Open e Roland Garros. Era il 1992 e perse al terzo turno contro il qualificato russo Andrei Olhovskiy, il quale a sua volta perse al turno successivo. 24 anni dopo, un altro esempio: Novak Djokovic è stato l’ultimo, l’unico dopo Courier. Proprio in questa stagione, in un lato di tabellone considerato privo di insidie premature, ha perso anche lui al terzo turno.

Djokovic ha disputato il suo match fatale sul campo 1, il primo dei campi secondari: su quello principale dovevano scendere in campo le sfide tra del Potro e Wawrinka e tra Federer e un britannico. In fondo, l’organizzazione del torneo si aspettava di poter consegnare il serbo all’erba del Centre Court già dal turno successivo. Forse a Djokovic non importava neppure così tanto: ogni sfida va affrontata con concentrazione e con impegno e lui non manca mai di farlo…. ma davvero, quale problema avrebbe dovuto causargli questo Sam Querrey?

Sam Querrey — che non è Samuel, è proprio soltanto Sam — è un ragazzone di Los Angeles di due metri per ventotto anni. In bacheca ha qualche piccola coppa, conquistata sul cemento di casa, e una posizione secondaria persino nelle gerarchie della peggior generazione di tennis americano di sempre. Ha un fan club di rumorosi beoni con la bandana da samurai, che si scrivono le sue iniziali sulla pancia nuda e non troppo piatta ma che non hanno mai combinato nulla di eclatante.

Come il loro beniamino, del resto: la ragione per la quale Querrey spiccava nell’ambiente del tennis, almeno fino a giovedì, era la sua partecipazione allo show televisivo “Millionaire Matchmaker”, un reality show che prova ad accoppiare single famosi con ragazzi e ragazze della porta accanto.

All’inizio del 2015, Sam aveva girato la puntata che lo vedeva trovare un potenziale amore, ma in una conferenza stampa tenuta nel giorno della messa in onda (e di una sua sconfitta) aveva ammesso con candore e rassegnazione che la ragazza non si era più fatta vedere.

Nel frattempo, Djokovic stava vincendo ogni cosa.

Con queste premesse, venerdì Novak Djokovic e Sam Querrey sono scesi in campo. In un pomeriggio che ci si aspettava placido, pigiando su servizio e dritto come un bambino su due soli tasti della pianola, Querrey ha prodotto un suono tennistico ripetitivo che è riuscito a snervare Djokovic: si è ritrovato prima avanti di un set, vinto al tie-break e poi di due, prendendo sempre più il largo. A quel punto, ha cominciato a piovere e il match è stato interrotto.

Tutti erano convinti che la sorte stesse di nuovo premiando il numero uno: l’inatteso campo senza tetto gli garantiva una notte di riposo, dopo la quale si sarebbe svegliato fresco e lucido e avrebbe vinto tre set filati come da programma, soltanto con un giorno di differita. Per tutta la notte e fino all’ora di pranzo del giorno seguente, le quote dei principali siti di scommesse davano ancora per favorito Djokovic.

E in effetti Djokovic si è preso in un baleno il primo set del sabato quasi soleggiato. Il dritto di Querrey sembrava stonato: sebbene nel quarto set in qualche modo lo statunitense tenesse botta nei turni di battuta, annullando palle break su palle break con gli ace, l’epilogo sembrava destinato ad essere ancor più anti-climatico del previsto. Nole ha infatti ottenuto il break ed è andato a servire per il quinto set, quello nel quale non avrebbe lasciato scampo a nessuno.

Poi, di colpo, con una volée talmente brutta da non raggiungere neppure la rete, ha subìto il contro-break. Sul 6–5 americano la pioggia è tornata e tutti sono fuggiti negli spogliatoi: Djokovic che si sbracciava per richiamare Boris Becker; quest’ultimo a seguirlo, per consigliarlo su come evitare l’evitabile che si faceva sempre di più inevitabile; Querrey, placido, a seguire.

Non rideva nervosamente, non sogghighnava, semplicemente sorrideva. E così il set che ha stra-perso alla ripresa dei giochi può essere visto sotto una luce diversa: è il set interlocutorio perso per strada, piuttosto rapidamente, da chi alla fine vincerà lo stesso. Un set di sfogo concesso all’avversario più teso, ma da lasciarsi scivolare addosso. Una cosa incredibilmente Djokovic.

Giunti nel tie-break del quarto set, la frustrazione del serbo nel non poter toccare palla nei punti cruciali avrebbe dovuto tradursi nel dominio di quelli palleggiati. Invece è proprio lì che ha sbagliato e gli errori più gravi hanno portato Querrey a due match point.

Il primo, in risposta, è stato cancellato da un ace al centro. Sam ne ha chiesto la verifica elettronica per guadagnare più tempo possibile: toccava a lui servire, un altro ace e avrebbe spezzato la storia. Ha chiesto ai raccattapalle di passargli tutte le palline, le ha esaminate, forse ci ha parlato, ha scelto con cura e frenesia quella che gli sembrava più gonfia e meno spelacchiata. L’ha lanciata in aria e BAM!, out.

Forse l’ultimo treno è passato, come le fidanzate degli show televisivi che al termine delle riprese non ti telefonano più: l’hanno pensato un po’ tutti mentre un secondo servizio di Querrey, più lento e centrale, raggiungeva la metà campo di Djokovic. Ma dopo qualche colpo da fondo campo, incredibilmente ma ormai non più così tanto, il dritto del campione è finito in corridoio e la rincorsa di Sam verso la palla è diventata lo slancio per un salto di scoordinata gioia.

Novak Djokovic aveva perso. Non avrebbe vinto Wimbledon, non avrebbe fatto il Grande Slam. Aveva perso contro quell’americano dalla faccia un po’ tonta, con il sorriso perenne montato su un collo lungo lungo da brontosauro. E se Novak Djokovic aveva perso, Sam Querrey aveva vinto.

Tutti si sono accorti di lui, all’improvviso tutti lo volevano ai propri microfoni. Mentre Djokovic aveva tagliato corto con le domande e se n’era già andato, la voce dell’altoparlante della sala stampa annunciava che “Sam Querrey sarà disponibile per le interviste dopo il suo match di doppio”. Il ragazzone non aveva normalizzato tutto, non stava cercando di minimizzare il più grande successo della propria carriera. Aveva semplicemente deciso di rimanere concentrato, per provare a scampare la maledizione di chi, come Olhovskiy con Courier, elimina il favorito e poi viene a sua volta eliminato al turno successivo.

Querrey quel doppio lì lo ha perso, ma è sopravvissuto alla propria vittoria battendo Mahut con la sua solita sinfonia di due note, servizio-e-dritto, e adesso è per la prima volta ai quarti di finale di uno Slam. Almeno un altro incontro da giocare lo aspetta.

E allora… suonala ancora, Sam.

Nel 2016 è toccato a Djokovic; un anno più tardi, Andy Murray.

Articolo a cura di Raoul Ruberti

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