#TeamKanté

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
6 min readMar 14, 2016

Qualche settimana fa il Leicester ha sfiorato il successo sul campo dell’Arsenal, dopo aver battuto in sequenza Liverpool e Manchester City. Il sogno delle Foxes prosegue, grazie a risultati che sembravano impossibili.

Siamo abituati ad associare questo sogno di provincia con le facce sorridenti di Vardy e Mahrez, ma in realtà c’è un’altra grande risorsa per Ranieri. Si è notata all’intervallo di quell’Arsenal-Leicester. Facendo un giro per i social, per N’Golo Kanté fioccavano tutti commenti sulla linea del «Ma quanto corre?», «Non è umano…», ecc. ecc.

Buona sintesi.

E pensare che Arsene Wenger l’aveva persino ammesso nel pre-gara:

«Uno dei miei migliori amici lo conosce da dieci anni e me l’aveva consigliato. Siamo andati in Francia e l’abbiamo guardato: la qualità c’è sempre stata, ma non mi aspettavo si adattasse così velocemente alla Premier».

In effetti l’Arsenal ha seguito Kanté durante l’inverno 2015, ma poi i Gunners hanno preferito seguire altre piste di mercato. E Kanté ha ripagato Wenger con QUESTA prestazione.

A prescindere da quello che sarà l’esito di questa Premier League e della straordinaria cavalcata delle Foxes in classifica, se ci fosse un premio per il miglior rookie del campionato Kanté lo vincerebbe a mani basse. Bassissime.

Claude ha un erede!

Ancora più delle statistiche, quello che più direttamente gratifica un giocatore è la stima dei compagni. Di una leggenda come Claude Makélélé si è parlato troppo poco, perché non era appariscente e non si vestiva alla moda. Eppure la sua carriera racconta di tante soddisfazioni.

Ha giocato per Nantes, Olympique Marsiglia, Celta Vigo, Real Madrid, Chelsea e Paris Saint-Germain (quello pre-qatariota). Ha vinto 15 trofei. Ha vestito la maglia della Francia per 71 volte, giocando due Mondiali e altrettanti Europei.

La sua legacy è stata tale che per etichettare una buona prestazione nel ruolo di mediano, si è parlato anche del “ruolo alla Makélélé”. Non era semplicemente un polipo o un rapinatore di palloni, ma un ottimo cervello calcistico e un lottatore nato.

Un maestro zen del gameplay difensivo.

Quando Makélélé lasciò Madrid per andare al Chelsea nell’estate del 2003 perché non abbastanza apprezzato (leggasi “contratto troppo basso rispetto agli altri”), Florentino Perez battezzò così l’addio del francese:

«Non ci mancherà: ha una tecnica comune, non è abbastanza veloce e il 90% dei suoi passaggi è in orizzontale o all’indietro».

Sarà un caso, ma con l’addio di Makélélé e senza un adeguato sostituto, il Real non tornerà in semifinale di Champions per otto anni. La mossa di lasciarlo andare fu criticata dai suoi compagni dell’epoca, tanto che Zidane chiarì il concetto con un eloquente paragone:

«A che serve mettere uno strato di vernice dorata sulla tua Bentley quando stai perdendo l’intero motore?».

Sarà un caso anche stavolta, ma da quel momento il Chelsea decolla. E Mourinho, alla prima annata con i blues, lo dichiara idealmente giocatore dell’anno. Il resto, più o meno, lo potete immaginare.

La carriera post-campo di Makélélé non è stata altrettanta gloriosa: da tecnico, è stato assistente di Ancelotti al PSG ed è durato appena sei mesi prima di essere esonerato dal Bastia. Tuttavia, l’eredità lasciata in campo è quella che è.

Non so se Makélélé abbia mai avuto il suo coro personale. A Leicester si sono attrezzati con un vecchio pezzo anni ’90.

«His name’s N’Golo Kante, he came across the sea / His name’s N’Golo Kante, to play for you and me / His name’s N’Golo Kante, he loves LCFC / His name’s N’Golo Kante, tell everyone you meet».

Prima di arrivare ad avere un chant a suo nome, Kanté ne ha dovuta fare molta di strada.

Da Boulogne all’Emirates

Classe ’91, N’Golo nasce a Parigi da genitori di origini maliane. Un ragazzo tranquillo, come racconta il suo amico e compagno al Boulogne Éric Vandenabeele:

«Potrebbe passare dieci minuti in macchina con te e non dirti una parola. L’avrò visto ridere due volte… è un ragazzo molto religioso. Ricordo che mi chiese se mi dava fastidio il fatto che pregassi».

In effetti, un pochino di fede è quello che serve per emergere dalla sua situazione: a vent’anni Kanté milita ancora nelle squadre dilettantistiche della capitale, finché al Boulogne non supera il provino a cui viene sottoposto.

Nonostante le grandi capacità atletiche, è Cristophe Raymond — all’epoca allenatore della squadra riserve al club — a sottolineare il pregio più grande di Kanté:

«Sostanzialmente è una spugna: ha una capacità d’apprendimento fuori dal comune. Tecnicamente non era un granché, ma è migliorato molto velocemente».

Esordisce sul finire del 2011–12, quando il Boulogne sta ormai retrocedendo in terza divisione. L’anno successivo è l’indiscusso titolare dei Rouges et Noirs, dove l’esterno colleziona 37 presenze e tre gol. Aspetta… esterno? Ma non stavamo parlando dell’erede di Makélélé?

Sì, ma per arrivarci ci vuole l’intervento di un allenatore che si sta distinguendo nell’ultimo anno. Il nome di Patrice Garande suonerà nuovo a parecchi, ma è lui a volere Kanté al Caen. E gli fa un piccolo regalo, trasformandolo da esterno destro a centrale di centrocampo nel suo 4–3–3.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Il Caen viene promosso in Ligue 1 e Kanté è nella top-11 di quella stagione. Il club è ultimo alla fine del girone d’andata, incamminato verso la retrocessione, nonostante alcuni esperti avessero individuato in Kanté una rivelazione della squadra.

Ma non è ancora finita, perché il girone di ritorno del Caen è stupefacente: 32 punti in 19 gare, il PSG fermato al Parco dei Principi, gli scalpi di Lione, OM e Saint-Etienne. Tuttavia, ci sono alcuni dati che evidenziano come Kanté non possa rimanere al Caen a lungo.

Uno su tutti: nel 2014–15, Kanté è stato quello con più tackle collezionati. Non in Ligue 1 però, bensì in tutte e cinque le maggiori leghe europee (177). Allan, secondo in classifica e oggi al Napoli, è arrivato ad appena 162.

Kanté era già un mostro quando nessuno lo seguiva.

Su Kanté ci sono l’OM, il Lione e il West Ham, ma alla fine ad avere la meglio è il Leicester, che scuce ben otto milioni di euro per portarsi il mediano al King Power Stadium. Secondo alcuni, a pesare sulla decisione di Kanté è stata la presenza di Ranieri.

Lo fa fin dal primo momento, ben lontano nel tempo dall’hype del presente: «N’Golo è un giocatore fantastico». Il resto, come si suol dire, è storia: basta girare qualunque sito di statistiche e anche un cieco vedrebbe quanto le prestazioni di Kanté siano decisive per l’attuale momento del Leicester City.

Prima Bamako, poi Parigi

Eppure, ho l’impressione che Kanté non abbia avuto ancora il giusto riconoscimento per le sue prestazioni. Vardy ha infranto un record storico, Mahrez vive delle sue magie e della classe che trasuda da quei movimenti letali. Per Ranieri si parla addirittura di «premio di manager dell’anno già nelle sue mani».

Per Kanté ci sarebbe un premio sopra gli altri: la convocazione in nazionale. Già, ma quale? Perché questo è il primo problema, più insormontabile di qualunque altro: il mediano sceglierà la Francia o alla fine deciderà di giocare per il Mali? Un dilemma conclusosi da poco e oggetto di intrighi internazionali.

Se Kanté avesse optato per il paese africano, il Mali avrebbe improvvisamente avuto delle chance di qualificazione al Mondiale. Il movimento calcistico maliano avrebbe potuto salutare il proprio simbolo — quel Seydou Keita che gioca a Roma — e ha comunque bisogno di linfa fresca. Invece Kanté alla fine ha scelto la Francia, creando per sé stesso uno scenario da underdog puro.

Avere Kanté insieme ai ragazzi dell’U-20 e dell’U-17 — giunti rispettivamente terzi e secondi nei Mondiali di categoria giocati nel 2015 — sarebbe stato un boost clamoroso.

Questo perché la Francia si presenta al prossimo Europeo casalingo con una squadra potenzialmente da titolo. A centrocampo, teoricamente, la linea a tre dovrebbe vedere in campo Cabaye in cabina di regia con Pogba (!) e Matuidi (il doppio punto esclamativo ce lo metto io, a proposito di giocatori non abbastanza pubblicizzati: !!) come mezzali.

Le riserve potrebbero essere Moussa Sissoko, Schneiderlin e Kondogbia. Dov’è lo spazio per Kanté in tutto questo scenario? Deschamps dice di seguirlo («Sta giocando bene, lo monitoriamo già dai tempi del Caen»), ma la convocazione in nazionale non è arrivata. Fino a qualche ora fa, quando è stato inserito nella lista dei pre-convocati per le amichevoli contro Olanda e Russia.

Il ct della Francia ha rischiato un altro scivolone clamoroso dopo aver già perso Kalidou Koulibaly: autore di una stagione straordinaria e seguito per mesi, il centrale del Napoli è stato valutato da Deschamps quando era già stato convocato dal Senegal.

La prossima pausa per le nazionali ha portato Kanté a scegliere. Il ct del Mali, Alain Giresse, ci aveva provato una seconda volta, dopo che Kanté aveva già rifiutato il Mali per l’ultima Coppa d’Africa. Dal canto suo, Kanté ha nicchiato a lungo, visto il momento del Leicester: «Per ora non ho ancora deciso, mi sto concentrando sul club. Vediamo come andrà».

Ora che la decisione è arrivata e la strada scelta è quella che coincide con una realtà in cui è più difficile emergere, noi del #TeamKanté faremo il tifo per lui. A maggior ragione.

Articolo a cura di Gabriele Anello

--

--