The secrets of the Purple Talents — Filosofie di successo a lungo termine

Crampi Sportivi
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10 min readAug 24, 2017

La controllo in corsa, do un’occhiata alla porta e la disegno all’incrocio che non ti aspetti. Faccio il giocoliere con le spalle alla porta mentre sono disturbato da un pressing strettissimo, questa volta vado via sul piede debole, perché le direzioni per le mie ginocchia sono tutte equivalenti e voilà: sinistro pulitissimo di nuovo all’incrocio e di nuovo scegliendo il lato opposto all’angolo di tiro. Perché la vita è più bella quando ti riescono le cose più difficili.

Forse la racconterà così ai suoi nipotini, provando a raccontare quella magica elica di pensieri e azioni che, mentre si rincorrono alla stessa velocità, dipingono in tempo reale l’atto sportivo. Forse nemmeno lui si aspettava tanta perfezione e tanto controllo dai suoi mezzi. L’unica cosa certa è che noi non dovevamo aspettare il 19 febbraio scorso e questa favolosa doppietta ai danni di un frastornato Oostende per scoprire la pentola d’oro alla fine delle traiettorie arcobaleno di Yuri Tielemans. Come non ci ha stupito vedere Romelu Lukaku al secondo posto della classifica dei top scorer stagionali di Premier League, a sole quattro lunghezze da Harry Kane (ma con 4 rigori in meno) e una in più di Alexis Sanchez — che pesa 32kg di meno e sguazza a occhi chiusi nell’agio tecnico del fast pace inglese.

Il Monaco si è tuffato di testa nella pentola dorata di Tielemans, assicurandosi per 25 milioni le prestazioni del ragazzo (ricordiamolo, perché ce n’è bisogno) classe ’97. In terra inglese, invece, la guerra interna tra l’esercito rosso dello United di Mourinho e la casata dei Blues di Antonio Conte si è conclusa in favore dei primi per Lukaku. L’ha spuntata proprio lo Special One, che dopo esser stato la causa della fuga da Londra dell’attaccante belga lo riabbraccia a Manchester tra le mura dello stadio dei sogni. Tutti e due sono cambiati e tutto è pronto per una storia che ora può funzionare.

Tielemans e Lukaku sono però solo due bellissime sensations di quest’estate movimentata, avvolte nello stesso filo che lega la loro forza e disarmante naturalezza a fattori come la versatilità tattica di Dries Mertens, il posizionamento e il tempismo difensivo del miglior Vincent Kompany e la lettura dei sistemi di gioco di Lucas Biglia. Se srotolassimo un poco alla volta questo filo, esso ci porterebbe a Neerpede, dove ha sede il Trainingscentrum del RSC Anderlecht. Dove il viola è il colore del talento, ma anche di un sistema lungimirante e (ora) ben rodato.

Jean Kindermans, Youth Director RSC Anderlecht.

Nel caldo umido e fastidioso di luglio è quasi piacevole ricordare le 8.30 dello scorso 7 gennaio, quando a Montichiari al freddo piaceva mostrare il medio. Ero in macchina col riscaldamento acceso mentre aspettavo di poter entrare al centro Fiera, dove mi attendeva una giornata di conferenze e workshop dedicati all’insegnamento e all’impostazione degli allenamenti dei più piccoli coordinata dagli addetti del settore giovanile dell’Inter. La prima ora e mezza è stata gestita con grandissima professionalità e compostezza da un ospite, Jean Kindermans, direttore tecnico del settore giovanile dell’Anderlecht che, invitato a raccontare come opera il club belga ha offerto spunti di riflessione davvero interessanti.

La cultura della formazione — In youth we trust

Nel mondo dello sport professionistico esiste una verità intoccabile legata al fattore talento. Per vincere servono giocatori talentuosi o, meglio, in una vittoria il talento non può non presentarsi. Anche la miracolosa parabola del Leicester, che i più amano indicare come esempio del sacrificio e garra pulsante di una classe calcistica lavoratrice, non avrebbe raggiunto l’obiettivo senza la danza ipnotica del piede sinistro di Mahrez e le intuizioni mortali di Vardy. Si può disporre delle migliori strutture al mondo e degli allenatori più quotati, ma senza giocatori di talento diventa difficile creare qualcosa. A Neerpede il talento è l’entry fee sine qua non e qualche anno fa hanno deciso anche in quest’ottica di intraprendere una strada nuova, impostando un lavoro decennale finalizzato alla creazione di una filosofia che si dedicasse alla crescita costante del settore giovanile.

Nel 2004, l’Anderlecht è al 250° posto per budget disponibile e potere di mercato. Dopo la decisione di cambiare impostazione, un decennio più tardi iniziano ad arrivare i primi risultati, grazie anche al ruolo fondamentale di una fortissima stabilità dirigenziale: due soli presidenti in 40 anni con un focus concordato nella stessa direzione. Il cambio filosofico prevede che tutto ciò che concorre a costituire il sistema Anderlecht (allenatori, gestione degli allenamenti, manager, politica finanziaria) inizi a lavorare per la causa. Una causa totalmente player centric per modellare atleti in grado di giocare a 18–21 anni in Champions League, Europa League e nel campionato di massima serie belga, in grado di giocare nei principali campionati esteri e che siano orgogliosi della maglietta che indossano perché in futuro tornino ad allenare e trasmettere gli stessi principi. Questo è il lungo termine, con la prospettiva di un return on investment clamoroso.

Gli effetti tangibili sono molteplici. Nelle ultime stagioni, grazie a una visione a lungo termine, l’Anderlecht raggiunge sempre le semifinali di Youth League perdendo contro grandi nomi come Shakhtar, Roma, Chelsea, Real Madrid e PSG, spesso forti di un budget sconsiderato. Massimo Bruno, Dennis Praet, Mbemba, Tielemans, Lukaku sono solo alcuni dei giocatori che in questi anni hanno avuto un impatto sensibile e significativo nei risultati della prima squadra, al punto che nel 2014 l’Anderlecht gioca la Champions League con l’età media più bassa del torneo (22.7). Dennis Praet vince a 20 anni il Gouden Schoen 2014, il premio individuale più prestigioso consegnato al miglior giocatore della Jupiler Pro League, mentre Yuri Tielemans viene eletto per due volte consecutive (2014 e 2015) Youngster of the year.

Academy e Prima Squadra: profili, allenamenti e utopie di possesso

Dopo 10 anni di lavoro, l’Anderlecht dimostra una connessione migliore e per certi versi quasi maniacale tra Academy e First Team. Ogni settimana si incontrano il direttore dell’Academy e i membri dello staff della prima squadra, mentre ogni 4-5 settimane si riunisce una commissione tecnica assieme al club president, al CEO e all’head coach dello scouting per discutere di calcio, di trasferimenti e di gestione. Tutto è inserito in un contesto unificato, in cui il core business condiviso è quello di educare giovani talenti in un processo continuo che riesca a essere innovativo e creativo, adattandosi alle necessità del calcio di oggi.

L’Academy, ossia il settore giovanile, lavora con una filosofia di gioco differente da quella della prima squadra. Il motivo risiede nella forte mobilità a cui sono soggetti i coach delle prime squadre — che possono restare anni come mesi in funzione di risultati e tanti altri fattori. Nella consapevolezza di questo meccanismo, acquista senso l’idea di istruire i ragazzi del settore giovanile in una dimensione indipendente dalle idee del tecnico della prima squadra. Schiera un 4-4-2? Un 4-3-3? Non è importante, l’obiettivo dell’Anderlecht è quello di sviluppare giocatori dotati tecnicamente e in grado di adattarsi a (quasi) qualsiasi schema di gioco.

Pagata la moneta del talento per poter oltrepassare il cancello di Neerpede, il giocatore che ne uscirà avrà un profilo ben preciso, riassumibile in tre punti chiave tra loro comunicanti:

  1. Intelligenza: essere dotati tecnicamente è fondamentale, ma non è sufficiente. L’Anderlecht vuole creare giocatori che siano eccellenti, che abbiano una buona lettura del gioco e che siano in grado di prendere decisioni sul campo. Proprio per questo, soprattutto nella giovane età, il tackle è assolutamente proibito perché si preferisce far lavorare i ragazzi con la testa, per abituarli a intercettare e anticipare le giocate avversarie.
  2. Bilateralità: tutto quello che un giocatore è in grado di fare con il suo piede forte (passaggio, tiro, dribbling) deve essere in grado di farlo anche con il piede debole. Kindermans è quasi arrabbiato quando sottolinea il focus maniacale sul primo controllo del pallone, considerato l’azione fondamentale per eccellenza perché permette di sviluppare il gioco con fluidità. Se il primo controllo non è ottimale risulta difficile dribblare, calciare, procedere. É la caratteristica che ogni giocatore deve sapere gestire perfettamente. Il talento è nulla senza controllo.
  3. Versatilità: nel settore giovanile dell’Anderlecht non si dedica troppo tempo allo sviluppo specifico di un ruolo o di una posizione tattica. Un giocatore in possesso dei punti 1 e 2 si può adattare senza problemi a qualsiasi schema di gioco. Dries Mertens, pur avendo vissuto solo la fase embrionale della nuova impostazione dell’academy dell’Anderlecht, è un esempio evidente dell’ottimo lavoro sulla multiposizione. Maurizio Sarri, recentemente trovatosi in una situazione a corto di prime punte di ruolo ringrazia di cuore. Questi tre elementi si ripresentano costantemente nel sistema di allenamento del settore giovanile che progressivamente prevede, oltre allo sviluppo tecnico, partitelle 5vs5 tra i 6 e i 9 anni, 8vs8 a 10–12 anni, con l’11vs11 inserito solo a partire dall’under 13–14. La settimana tipo dei ragazzi dall’under 11 all’under 19 si divide tra 3 allenamenti mattutini di un’ora dedicati esclusivamente alla tecnica, grazie alla collaborazione con numerosi istituti che permettono agli allenatori di gestire le sessioni in congiunzione con gli orari scolastici. Completano il tutto altri 4 allenamenti serali di gruppo da 90 minuti in cui si lavora con esercitazioni più fisiche e tattiche. In totale sono 540 minuti a settimana (9 ore) dedicati all’allenamento, ai quali si aggiungono partite e lavoro individuale.

#StriveForGreatness insomma, musica per le orecchie di LeBron.

In tutte le sessioni di allenamento si cerca di trasmettere i pilastri della filosofia della squadra. L’attenzione negli ultimi anni si è rivolta particolarmente ad un un possesso palla efficiente: i portieri non rilanciano coi piedi, ma cercano quasi sempre di avere un build-up pulito ripartendo con le mani molto velocemente. Efficiente e quasi utopico, dato che l’idea è quella di avere un possesso palla del 70%. Molto difficile, ma a Neerpede hanno pensato anche ad un sistema per sfiorare la statistica. L’Anderlecht preferisce infatti giocare fino all’under 14 con il 3–4–3, al posto del 4–3–3 preferito dalla federazione belga. La spiegazione di Kindermans è molto interessante:

In ogni partita che giochiamo, cerchiamo di avere un possesso palla altissimo. Giocare con 4 difensori significa inserirli in una situazione di comfort. Giocando invece con 3 difensori possiamo metterli in difficoltà e abituarli sviluppare inventiva e concentrazione.

Qui un Jack Barker (amante dei triangoli) deluso dopo aver appreso la perdita del vertice “think” nella versione calcistica dei suoi “Conjoined Triangles of Success”.

Si arriva allora ad avere più attori in grado di raggiungere lo stadio finale della filosofia, quel creative attacking dominant football basato sulla bilateralità, sull’intelligenza e sulla prontezza cognitiva dove i giocatori sono attivi in tutto e per tutto. Ecco che allora il triangolo delle giovanili formato da control — think — decide diventa control — decide prima ancora di ricevere il pallone.

L’Anderlecht ha storicamente sempre avuto un grandissimo occhio. Nella più classica puntata della serie “la formazione che schiererebbe se non avesse venduto tutti i suoi talenti” spuntano sia nomi di grandissima prospettiva sia nomi affermati e riconosciuti in tutto il mondo.

L’undici dei sogni che vincerebbe 13 JPL di fila.

L’Anderlecht ha deciso di lavorare sul futuro e sui futuri giocatori, cercando di comprendere al meglio l’ambiente che li circonda e in cui dovranno operare. Se l’idea del passato era quella di cercare e sviluppare giocatori dotati tecnicamente, tatticamente consapevoli del proprio ruolo e forti fisicamente il cambiamento ormai ben avviato colloca sempre il giocatore al centro, ma con l’obiettivo di svilupparne la predisposizione mentale sia in sia fuori dal campo. Un lavoro di scalpello a tutto tondo per tenere sotto controllo anche le influenze esterne di un mondo sempre più prepotente e pressante, prevenire gli infortuni e restituire allo sport dei veri professionisti.

Se Tielemans, Lukaku e Praet sono espressioni illustri del talento e della programmazione targati Neerpede, tanti due anni fa avevano scommesso su Franck Mikal, Andy Kawaya e Aaron Iseka. Segnano tutti e tre contro l’Arsenal, in un 4–3 di Youth League del 2014 dove è possibile osservare momenti nitidi della filosofia di gioco dell’Anderlecht: capacità di gestire le situazioni in multi-posizione, sviluppo di un attacco creativo dominante e il peso del primo controllo — riassunto nella dolcezza della preparazione nel secondo gol di Iseka.

I ragazzi non si sono però affermati del tutto. Kawaya è passato al KV Mechelen, Iseka ha seguito per un anno le orme del fratellastro Batshuai al Marsiglia prima di essere girato in prestito al Zulte Waregem, mentre Mikal è passato dall’Hapoel Jerusalem al Lierse. Ecco che allora il nuovo prototipo di giocatore simbolo dell’universo viola si identifica sempre più fortemente nella statura e nella presenza tattica di Leander Dendoncker. Centrocampista difensivo (e/o difensore) classe ’95 che ha già attirato l’attenzione di Tony White, scout europeo del Chelsea, come possibile erede di John Terry o come back-up di qualità per Bakayoko.

La bellezza di un sistema del genere è nell’idea di lungimiranza che abbraccia: filosofia del talento, della crescita e della gestione permettono all’Anderlecht di essere un riferimento. Noi abbiamo visto esplodere Lukaku, abbiamo gli occhi a cuoricino per le magie di Tielemans e stiamo attendendo l’evoluzione definitiva di Praet. E siamo contenti così, perché ci basta la certezza della forza del vivaio di Neerpede, un po’ per amare di più il calcio o solo per far finta di aver scoperto un nuovo crack su FM.

Leander Dendoncker, professione: Prossimo Crack.

Articolo a cura di Mattia Polimeni

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