Totò a colori

Crampi Sportivi
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5 min readApr 20, 2016

Quando arriverà quel giorno, qualcuno mi troverà in un angolo della mia stanza, rannicchiato e in lacrime. Quel qualcuno mi chiederà cosa succede, e io non saprò rispondergli. Poi, dopo una o due orette di sfogo, mi alzerò, accenderò il pc, andrò su Youtube e nella casella “ricerca” scriverò: Di Natale. A quel punto ricomincerò a piangere.

Io ancora spero che quel giorno non arrivi mai. O almeno che prima di quel giorno inventino una macchina per clonare cose o persone che non siano la pecora Dolly, che di quelle già ce ne sono state due e basta così. Tecnologia vs gambe pesanti, progresso vs stanchezza, scienza vs anni che passano.

So che quel giorno arriverà, e che un altro Di Natale non ci sarà. E in fondo nemmeno io voglio un altro Di Natale. Io voglio lui, in campo.

Proviamo per un attimo ad asciugarci le lacrime e a ipotizzare come potrà essere la Serie A senza Totò. Domenica pomeriggio, viene annunciata la squadra dell’Udinese: sette giocatori semi-sconosciuti provenienti dall’est Europa, tre arrivati in prestito da Watford e Granada, e poi l’attaccante, con il numero 10, colui al quale sono affidate le sorti della squadra in momenti di difficoltà, il trascinatore, il capitano, la bandiera, il bomber: Ryder Matos. A quel punto una voragine si aprirà proprio al centro della nuovissima Dacia Arena, con i posti colorati e gli spalti vuoti, e il cratere ingoierà tutti e tutto, compresa la mia voglia di Serie A.

Per intenderci: mancherà un pezzo fondamentale, qualcosa di determinante non ci sarà più. È un po’ come se venisse tolta una parte del campo, che so, la traversa. Tra l’altro a quel punto Guarin tornerebbe di corsa in Serie A e vincerebbe il titolo di capocannoniere senza troppe difficoltà. Ai tifosi dietro la porta verrebbero consegnati in dotazione caschi e scudi anti-pallone. Questione di sicurezza negli stadi, altroché. Ma torniamo a Totò.

Come possiamo fare a meno di lui? Lui è in Serie A dal 2002. Da quando Di Natale gioca in Serie A sono cambiate parecchie cose. In Italia sono cambiati sei governi e tre Presidenti della Repubblica, è arrivato Obama in America, c’è stata l’invenzione dell’iPhone, tre diverse nuovissime Play Station, non so quante nuove versioni del Game Boy, sono nati Facebook, Twitter, Instagram, il cinema a tre dimensioni, la televisione in HD, Canal + è stato rimpiazzato da Sky e tutto è cambiato e noi siamo cambiati e Totò no. Totò c’è sempre stato. Iaquinta, Di Michele, Barreto, Gyan, Paolucci, Floro Flores, Quagliarella, Sanchez, Denis, Torje, Muriel. Sono tutti passati. Totò è rimasto. E nel frattempo ha sempre accompagnato l’Udinese alla salvezza. E, sempre nel frattempo, è riuscito anche a portare la sua squadra in Champions League. Per tre volte nella storia del club, seppur una nella fase a gironi. Nel 2005, nel 2011 e nel 2012. L’Udinese. In Champions League. E indovinate chi ha messo a segno l’ultimo goal in Champions League dell’Udinese, in casa, contro l’Arsenal, durante i play off?

https://www.youtube.com/watch?v=GPrjgzqSR_w

Lui e i suoi dribbling. Lui e il suo baricentro basso, quello che ti permettere di muovere le gambe più veloce e avere un’agilità nello stretto fuori dal normale. Fuori da chi è normale di statura e fa della fisicità il suo punto di forza. Ma Di Natale è anche fisico, e col cavolo che lo sposti. Lui e i suoi quattro piedi, perché è impossibile che ne abbia due, e se veramente ne ha due valgono per quattro. Lui e le sue pennellate verso l’area. Lui e i suoi goal ai limiti del possibile. Lui e i suoi due titoli di capocannoniere vinti consecutivamente, nelle stagioni 2009/2010 e 2010/2011. Lui e la sua maglia numero 10 dell’Udinese. Tutto questo c’è sempre stato. Le certezze sono poche ma non sono roba da poco. Di Natale è una di queste. Cambiate pure quanti governi volete, che tanto il Ministro dello Sport sarà sempre lui. Pappapero.

Ora prendetevi sette minuti e guardate questo video. Poi lanceremo una petizione: Premio Puskas alla carriera per Totò Di Natale, e alla petizione allegheremo i video dei gol numero diciassette, numero dieci, numero nove, numero otto e numero sette. Anche se basterebbe solo il numero sette, con annesso il la telecronaca di Massimo Tecca che impazzisce. Inoltre, nel goal alla posizione numero tre, provate a contare quanti passi fa prima di calciare. Io sono arrivato a centoventitre e ho perso il conto. Infine, gustatevi il finale e la trashata clamorosa che ha voluto mettere in scena l’autore del video, a me sconosciuto.

https://www.youtube.com/watch?v=4lQMaXZEgdA

Che poi, lui tutto questo l’ha messo in scena praticamente sempre e solo con una maglia: quella dell’Udinese. Ha iniziato con l’Empoli, è vero, ma quando giocava nell’Empoli io avevo dieci anni e di calcio non capivo una fava. Non che adesso capisca più di prima. Ma almeno lo seguo di più. Quindi, se volete parlare di Totò all’Empoli, fate un pezzo voi e dite quello che volete. Che l’articolo 21 sta lì in Costituzione e non lo tocca nessuno. Tanto meno il Ministro dello Sport.

Io parlo di Totò a colori, che di colori non ne porta addosso. Bianco e nero, nero e bianco, due non-colori, due assenze che insieme fanno i colori della maglia friulana. Tra l’altro, curiosità, l’unica squadra alla quale Di Natale è stato veramente sul punto di passare, da quando è a Udine, è stata la Juventus, nel 2011. I colori della Juventus? Bianco e nero, nero e bianco. Il trasferimento saltò perché Totò chiese il parere della sua famiglia, che gli disse di restare. E lui così fece, sostenendo che non aveva bisogno di tutti i soldi che gli offriva la Juventus. Tre milioni a stagione. Oh, lo sapete quanti sono tre milioni a stagione? Comunque, stavamo dicendo dei colori. A quanto pare a Totò non piacciono. Ma questo non è vero.

Lui ne usa già tanti. C’è il blu dell’assist, il verde del goal e dell’erba che i suoi scarpini calcano, c’è il rosso del carisma e della fascia da capitano, il viola della rabbia quando ha perso, il celeste della gioia di giocare e del cielo al quale alza due dita quando esulta, il giallo della corsa e dei soldi che non ha mai inseguito. E poi c’è l’arancione di un tramonto calcistico che sembra sempre imminente, ma che spero non arrivi mai.

Quindi, ti dico: Totò, se vuoi perdi anche tutti gli altri colori. Non importa se la prossima stagione sarà simile a questa, se giocherai poco e segnerai meno del solito. Totò, resta anche solo col bianco e il nero addosso. Però, ti prego, dentro di te tieni almeno l’arancione, resta nel tramonto e dammi un valido motivo per seguire la prossima Serie A, che senza di te sarebbe meno colorata del solito.

A cura di Leonardo Mazzeo

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