Tour dell’odio

Luigi Di Maso
Crampi Sportivi
Published in
6 min readMay 19, 2017

Nella cornice de A Catedral, il nome con cui i tifosi del Benfica hanno ribattezzato lo Estádio da Luz, il 4 luglio 2004 al 57’ Angelos Basinas si appresta a battere un calcio d’angolo che incrocerà la testa vincente di un altro Agelos, Charisteas, attaccante e numero 9 della Grecia. Con quella rete, la Grecia si laureò campione all’Europeo disputato in Portogallo. Quello del pallone Roteiro, uno dei simboli di quella che sarebbe stata una competizione parecchio alternativa.

In quel frangente sportivo la Grecia realizzò un evento, che oggi ricordiamo facilmente come una delle migliori favole degli ultimi vent’anni. Fu una favola perché come in quelle scritte in prosa, racchiudeva una morale finale: uniti e compatti, si può anche dimenticare un momento di forte crisi e costruirci su un risultato che sembra al di sopra della propria portata. Un forte insegnamento ripetibile nelle consuetudini quotidiane.

Se la favola è riconducibile ad un insegnamento sotto-inteso o esplicito, quella del Lipsia è da considerare una favola a tutti gli effetti. La storia degli ultimi (e unici) anni di vita del RB Leipzig ci insegna come i soldi non fanno la serenità, ma aiutano a capire come creare un progetto che si persegue obiettivi giganti e li raggiunge. Qui i soldi sono il carburante di un investimento altamente azzeccato in termini di risultato.

LA STRATEGIA DELLA LATTINA

E Red Bull è un’azienda che difficilmente sbaglia strategia. Fondata oltre trent’anni fa, il brand di Dietrich Mateschitz ha fatturato nel 2016 più di sei miliardi di euro. Di questi, circa il 30% viene reinvestito in pubblicità e comunicazione. Attività che rientrano nel piano di marketing dell’azienda, lo stesso che ha previsto otto anni fa l’idea del Lipsia e della Red Bull nel calcio tedesco. Perché Lipsia è parte di una strategia (vincente) che vede l’azienda dell’energy drink austriaco, accostata al calcio per accrescere i sostenitori (consumatori) della bevanda, in mercati ancora con margine di insediamento.

Basta pensare che il Lipsia non è la prima squadra in provetta creata dalla RB. In Africa ad esempio c’è la formazione della Red Bull Ghana e inoltre il Sud Africa è uno dei paesi maggior consumatore dell’energy drink.

Ma nel caso del RB Leipzig, la Bundesliga diventa un campionato appetibile, tra i migliori palcoscenici europei per esibire il marchio dei due tori. Brand multinazionale, strategia, posizionamento e attuazione del piano. Il disegno è completo, ma nella realtà dei fatti, quello che la Red Bull ha tracciato dall’approdo in Germania ad oggi, è una vera e propria crociata condensata in un tour dell’odio più profondo.

LE TAPPE DEL TOUR DELL’ODIO

La scalata sportiva della RasenBallsport Leipzig parte da Markranstädt, piccola cittadina sassone situata nell’Est della Germania, la parte tedesca ormai orfana di grande calcio. Dietrich Mateschitz, il boss Red Bull, ha rilevato il titolo sportivo della squadra di paese per poi spostare i riflettori della scalata a pochi chilometri di distanza, a Lipsia appunto. Dove era già presente una discreta tradizione calcistica e soprattutto il Zentralstadion, impianto costruito appositamente per i Mondiali del 2006 e oggi trasformato nella Red Bull Arena da 44.000 posti a sedere. La casa della squadra più odiata di Germania e luogo dove indirettamente si sono consumati alcuni capitoli delle contestazioni contro la RasenBallsport (“sport della palla su prato” è l’escamotage trovato dalla dirigenza per inserire un riferimento allo sponsor, nel nome della squadra).

Se il Lipsia si è reso protagonista di quattro promozioni in sette anni (dalla Oberliga alla massima divisione del calcio teutonico), cinque scalate in 2.920 giorni se consideriamo anche la qualificazione in Champions, ai festeggiamenti ci aggiungiamo le tappe più importanti delle contestazioni subite.

La protesta verso quella che oggi è la squadra più odiata di Germania è cominciata già nel 2009, quando l’affare della RB era quasi concluso e una frangia di tifosi storici del Markranstädt oscurava e distruggeva i cartelloni pubblicitari, oltre a cospargere il vecchio manto erboso del campo con del diserbante. Proteste che non hanno intimorito Dietrich Mateschitz. Così come nel 2014, quando sempre i tifosi del Lipsia hanno recitato con un megafono, il manifesto contro al calcio moderno, quello del marketing che annulla passione e tradizione.

Nel 2015 al secondo anno di ZweiteLiga (Serie B), l’Union Berlino ha presentato nel programma di gara un articolo sul toro nell’agricoltura, al posto della pagina sull’avversario di turno. Durante la partita grandi contestazioni e 15' di silenzio, oltre a uno slogan per “accogliere” la squadra più ricca della Sassonia: “Noi vendiamo la nostra anima, ma non a tutti”.

Il tratto interessante dell’intera vicenda è che inizialmente la proprietà austriaca della Red Bull puntò la Dynamo Dresda come investimento calcistico in Germania. A bloccare l’operazione influirono fattori come la minor capienza dello stadio di casa e l’animosità eccessiva della tifoseria locale. Tant’è che il 20 agosto 2016, in occasione del primo turno di Coppa di Germania, i supporters della Dynamo hanno lanciato dalla curva una testa di un toro decapitato. Proprio quando il Lipsia si apprestava a compiere l’esordio in Bundesliga, campionato teatro di future proteste. Senza attendere troppo, il 25 settembre in campionato, alcuni tifosi del Colonia hanno fatto scudo davanti l’ingresso riservato al Lipsia, in modo da ostacolare l’ingresso alla squadra più odiata e ritardare l’inizio del match.

La fine del 2016 è il periodo in cui l’intolleranza verso i “Tori Rossi” raggiunge il suo picchio mediatico. Poco più di un mese dalla trasferta contro il Colonia, il 29 ottobre a Darmstadt, la quarta città dell’Assia, va in scena la protesta meno violenta tra quelle citate, ma forse più simbolica. In occasione dei 118 anni di storia del club, il Darmstadt ha istituito la giornata della tradizione, celebrata proprio nella sfida contro i sassoni. Un’idea vintage e alternativa per dire no al “calcio moderno” presentata con tanto di locandina e stemmi visivamente in stile retrò, oltre al segnapunti manuale.

Ostacolare l’ascesa delle multinazionali nel calcio per impedire di trasformare il calcio in un terreno fertile alla commercializzazione dei prodotti del brand proprietario: in sintesi, è questa la mission del manifesto presente sul sito dedicato alla protesta contro la RB Lipsia. Il tour dell’odio ha quindi radici anche sul web. Una campagna da quasi 25.000 supporters anche su Fb che unisce il “No alla RB” dei tifosi tedeschi di ogni lega. Nata da un’idea delle tifoserie del Karlsruhe, Kaiserslautern, Darmstadt, Braunschweig, Aue, Monaco, Aalen, Heidenheim, Sandhausen e Ingolstadt.

LA MORALE DELLA FAVOLA

Oltre alle proteste, il Lipsia e la sua proprietà multimilionaria hanno saputo costruire un progetto vincente. Il futuro è garantito da investimenti nel settore giovanile e una rosa dall’età media imbarazzante: 23,9 anni. Al di là delle regole aggirate e di un fair play finanziario eluso da giocatori presi in prestito, a Lipsia si festeggerà l’ennesimo traguardo in otto anni di “storia”. La qualificazione diretta alla Champions League porterà ulteriore copertura mediatica a quella che mi sento di definire un nuovo formato di favola.

Se la fiaba, stando all’etimologia racchiude elementi fantastici e inverosimili, allora il Lipsia è da definirsi una vera e propria favola. I personaggi protagonisti — Timo Werner e Naby Keita ad esempio — hanno raccontato in maniera semplice una verità morale che insegna una lezione a tutti gli spettatori. Il marketing sarà un elemento fondamentale di ogni società professionistica, nonché la bussola orientativa dei risultati perseguibili in campo. Un piano di marketing ben curato, pianificato per obiettivi, permette il raggiungimento dell’inimmaginabile. Questa è la favola del Lipsia, e questa è la morale che ci ha insegnato la Red Bull.

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Luigi Di Maso
Crampi Sportivi

Un pugliese che vive a Firenze, organizza le Olimpiadi Universitarie della città e si occupa di comunicazione web. Caporedattore per Crampi Sportivi.