Un passo avanti e due indietro

Crampi Sportivi
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5 min readFeb 7, 2017

Se c’è una caratteristica in cui si è distinto particolarmente Allegri al timone della Juventus, è la capacità di esaltare e sublimare le doti di trasformismo dei suoi. Ha adattato il suo mantra del 4–3–1–2 al già rodato in bianconero 3–5–2, ha trovato nuova collocazione sia come esterno a tutta fascia che come terzino a Padoin prima ed Asamoah poi, ha cambiato i compiti in campo di Marchisio da interno a regista, ha dato dignità alle qualità da jolly di Cuadrado, la cui attitudine a spaziare anarchicamente da terzino a esterno offensivo gli aveva spesso fatto disputare in passato alcune stagioni da oggetto misterioso.

L’ultimo capitolo della saga sul come continuare a cannibalizzare il campionato lo ha portato a varare una Juventus con più uomini offensivi, trasformando Mandzukic da riferimento d’area di rigore a uomo di fatica e rientri sulla fascia d’attacco, coprendo le spalle alle sfuriate offensive di Alex Sandro sulla corsia mancina.

Prima rete juventina contro il Sassuolo: l’1–2 con Alex Sandro, autore del cross, con un pregevole colpo di tacco.

Saggezza popolare insegna che chi imita apprezza. Questa trovata tattica del timoniere juventino, infatti, è un’idea che, per limitarci ai soli anni 2000, avevamo già visto con ottimi interpreti, dei quali Mario Mandzukic vuole ripercorrere le orme:

Famoso è il saggio di Lenin “Un passo avanti e due indietro”, in cui si racconta delle adesioni meno votate alla causa e più ai propri interessi di classe dei menscevichi; in questa occasione invece sono centravanti di grande caratura a rinunciare a qualche attitudine personale e qualche metro di campo più avanzato per mettere le proprie abilità al servizio del bene superiore della vittoria (per chi ci crede disperatamente): un passo indietro per farne due avanti.

George Weah

Iniziamo questa carrellata partendo poco prima degli anni 2000, a testimonianza di un cambiamento tattico ancora indigesto nel ventesimo secolo. Precisamente, ci riferiamo alla stagione 1998/99: il Milan desidera aprire un nuovo ciclo vincente e per far ciò si affida al rivoluzionario offensivo Alberto Zaccheroni. Il quale esporta il suo fortunato 3–4–3 in casa rossonera, portandosi dietro dall’Udinese anche il fedele Bierhoff come perno del tridente. Fra i Diavoli un’iradiddio in area di rigore già ci sarebbe, il tentativo di vestire addosso a Weah i panni di un laterale d’attacco non trova il gradimento del liberiano, né di Berlusconi.

Leggenda vuole che proprio il taciturno Silvio spingesse per l’inserimento del trequartista Boban dietro le due punte, invece che di Leonardo su un out speculare a George, versione mai confermata da Zac; al di là della paternità della questione, si arriva ad un match fondamentale per una insperata rincorsa scudetto, a Torino in casa Juventus. Primo tempo, il brasiliano in campo, risultato inchiodato sullo 0–0; secondo tempo, Leonardo resta negli spogliatoi per far posto a Boban et voilà, dopo pochi secondi rete di Weah, che si ripete più tardi per aprire la strada con quella doppietta allo scudetto rossonero.

https://www.youtube.com/watch?v=cyJTY6_rMsA

Marco Delvecchio

L’idea però era nell’aria e nel nuovo millennio nuovi interpreti eclettici si palesano. La Roma del 2000/01 deve vincere, conta su un Totti nel suo prime a cui è appena stato affiancato la macina da area di rigore chiamata Batigol. Sulla carta la squadra si schiera con un 3–4–1–2, con il 10 trequartista dietro Batistuta e Delvecchio; il dibattito sul perchè la seconda punta non fosse il rapace d’are Top Gun Montella finiva quando dalla lettura delle formazioni si passava al campo. Perché, per larghi tratti di gioco, in realtà Capello utilizzava un 4–4–2 di milanista memoria: Candela giostrava da terzino sinistro, Zebina da centrale si spostava sull’out di destra dove Cafu giocava da ala, sganciato per le sue sgroppate dai compiti di copertura.

Inamovibili Totti-Batistuta in attacco, ad aggredire la fascia sinistra c’è SuperMarco; uno che i gol da bomber li sapeva anche realizzare, ma ridusse la sua quota annuale per il bene della squadra ricevendo in cambio dal patto siglato col diavolo quello di timbrare puntualmente il derby contro i rivali cittadini:

https://www.youtube.com/watch?v=XP3qqavNigM

Dirk Kuyt

https://www.youtube.com/watch?v=ElJtRDnJxZw

Singolarmente il ragazzo andò benissimo, insediandosi così nei salotti più in voga del calcio europeo grazie ad abnegazione e tecnica; addirittura il santone del calcio olandese, quel Johan Cruijff che dopo aver narrato tanto dentro al campo fuori spendeva poche parole per dichiarazioni, non lesinò le lodi nei suoi confronti. Come non farlo? Fra i blasonati talenti offensivi oranje, da Robben a Van Persie passando per Sneijder, nel mondiale 2014 fu Dirk a diventare l’arma tattica per eccellenza andando a coprire le loro spalle senza far perdere qualità alla squadra.

Sfortunatamente, appena dopo il suo ingaggio, nonostante il personale gran rendimento, Benitez iniziò la sua parabola discendente chiusasi nel 2010.

Dopo gli anni bui di schedine saltate, Gresko e Brechet, l’Inter già vincente che fu di Mancini si ingolosisce e prende il vate Mourinho per provare addirittura il cambio di passo in Champions League. E Josè, seguendo chissà quale stella cometa, fa addirittura fuori il cannoniere trascinatore dell’armata Ibrahimovic prendendo Eto’o dal Barcellona, accanto a lui Milito alla prima esperienza in una grande e Sneijder estratto dalla naftalina in cui era immerso a Madrid.

Il percorso tracciato è fulgido: Diego in area di rigore metterebbe dentro anche un cocomero in un ditale, Wesley ritorna quello che all’Ajax tirava i corner sia di destro che di sinistro. Per una fase offensiva così illuminata qualcuno deve sacrificarsi: Samuel, noto per un carattere non incline a facili compromessi, accetta di spostarsi sulla fascia e assicurare copertura invece di una costante presenza in zona gol.

https://www.youtube.com/watch?v=1-sqmofJ7Nw

Il punto massimo della parabola tracciata dalla cometa è noto a tutti, con lo storico Triplete. Purtroppo il passaggio della stella fu più rapido del previsto: il camerunense ritorna a chiedere un ruolo da prima punta al nuovo allenatore Benitez prima di andar via, per gli altri l’illuminazione scompare dopo poco. E a sinistra ritornano Nagatomo e Santon.

Wayne Rooney

Dopo l’esplosione all’Everton, gli basta il tempo di ambientarsi a Manchester da attaccante, e da lì a consacrarsi come uno dei migliori 5 cannonieri della Premier passa relativamente poco tempo. Per arrivare però al primo trionfo continentale, oltre ad arricchire la bacheca di titoli conquistati, c’è stato bisogno di un altro fenomeno in attacco come Cristiano Ronaldo e di una riflessione: è tanto divertente essere arrembanti, ma chi difende? Animato dallo spirito di Bobby Charlton, anni prima di superarlo come primatista nelle marcature in nazionale inglese, fu Wayne ad essere spesso spostato dal centro dell’attacco all’ala per lasciare al portoghese maggiore libertà; come il suo predecessore, arrivò la Coppa dei Campioni.

https://www.youtube.com/watch?v=jPlO2wwdprk

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