Una remuntada nella Storia

Igor Santos
Crampi Sportivi
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2 min readJun 23, 2018

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L’incontro di ieri ha prodotto più storia di quanta ne possa contenere una semplice cronaca di una partita mondiale. Nei gol elvetici, Xhaka e Shaqiri hanno esultato formando con le mani l’aquila, simbolo dell’Albania. Loro, come molti altri svizzeri, sono di origini kosovara, stato a maggioranza albanese autoproclamatosi indipendente dalla Serbia dal 2008 e ancora non riconosciuto da tutti i paesi dell’Onu (e neanche dell’Unione Europea).

La storia tra la Svizzera e il Kosovo risale agli anni della guerra, quando il paese alpino diede rifugio a molti in fuga dalla repressione serba nell’area. E oggi, molti dei figli di quei esiliati portano qualità nello sport svizzero. Nel calcio, per esempio, la squadra non perde dall’ottobre 2017 e con una generazione composta quasi da soli figli di immigrati si è proclamata campionessa del mondo U-17. Lezioni che qualcuno, in Italia, dovrebbe forse cogliere…

In ogni caso le esultanze mostrano ancora come si sia ancora lontani da una soluzione alle tensioni nei Balcani e come i simboli, le bandiere e le patrie — nonostante l’evidente fallimento dello stato come soggetto storico (si pensi alla sua capacità di produrre atrocità e sofferenza sin dalla sua proliferazione a partire dell’Ottocento) — siano sempre, dovunque in Europa e altrove, al centro dell’attenzione, togliendo spazio a problemi veri delle società odierne. La fissazione con le frontiere e i passaporti in questo campionato fa sicuramente felice lo Zar. Infatti, non per casualità, Serbia-Svizzera si è giocata, per volontà sua, a Kaliningrad, exclave russa sul mare Baltico, costola del Novecento tra Polonia e Lituania.

L’antica città, capitale della Prussia orientale, entrata a far parte dell’Unione Sovietica dopo il 1945, mostra quando dolore rechi l’idea di voler cambiare gli atlanti in base a vecchie storie di battaglie perse, di malinconie storiche interpretate da irresponsabili romantici dal grilletto facile. Fu cosí per i tedeschi sul Baltico fino alla fine del nazismo, è così per i serbi (ma perché Milinko-Savic non gioca più indietro?) nei Balcani. Ma gli esempi sono dovunque. Non resta che sperare, senza speranza, che si capisca che la vittoria è più vicina quando più varie e inclusive sono le cittadinanze su cui si compongono le squadre. Come ieri la Svizzera. Come spesso in questo Mondiale. Come la Francia del ‘98.

Lo Zar ne è consapevole. E agisce sugli atlanti, dalla Crimea alla Transnistria, per impedirlo.

SERBIA 1–2 SVIZZERA (Kaliningrad Stadium, Kaliningrad — 22 giugno 2018)

1–0 : 5' Mitrovic

1–1 : 52' Xhaka

1–2 : 90' Shaqiri

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Igor Santos
Crampi Sportivi

Tifoso dell'Athletic nato a Barakaldo (Paesi Baschi) nel 1978. In Italia dal 2002 si occupa di storia medievale.