Undici proposte mondiali che non ti aspetti

Crampi Sportivi
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9 min readJun 15, 2014

Cinematograficamente parlando Adam Sandler è un peccatore, ma se c’è un film in cui la sua simpatia dozzinale intravede un briciolo di redenzione, forse questo è “Click”, lungometraggio del 2005. Nel film, l’architetto Michael Newman — Sandler in persona — gestisce un equilibrio difficile tra lavoro e vita privata. Da una parte la voglia di emergere e scalare la piramide lavorativa, dall’altra la voglia di mantenere un buon rapporto con la moglie e la vicinanza ai propri figli. Un pendolo emozionale pericoloso, finché non incontra il bizzarro Marty — lo straordinario Christopher Walken — che gli dona un telecomando con il quale gestire il flusso temporale della sua vita. Il protagonista salta velocemente le parti meno piacevoli della sua vita, ma si ritrova schiavo dell’oggetto e incapace di vivere per intero la propria esistenza.

Al di là della trama, il messaggio è che non basta un aggeggio magico per cambiare la propria esistenza. Tuttavia, a volte, un aiutino può esser utile. Lo stesso è accaduto ad alcuni calciatori. Loro erano il Sandler disperato e il loro telecomando magico è stato il Mondiale. E’ successo a tanti: un mese di rassegna intercontinentale gli ha cambiato la carriera (e forse pure la vita). Potrei fare molteplici esempi nel passato. Penso a El-Hadji Diouf, l’uomo-simbolo del Senegal ai Mondiali del 2002: firmò per il Liverpool e oggi si ritrova svincolato. Oppure a Hidetoshi Nakata, che arrivò a Perugia come un perfetto sconosciuto dopo la Coppa del Mondo 1998 e che ora è leggenda dichiarata del calcio nipponico. E che dire della generazione di calciatori sudcoreani — su tutti Park Ji-Sung e Lee Young-Pyo al PSV Eindhoven — che arrivò in Europa dopo il quarto posto ottenuto nel 2002?

Molti elementi della Corea del Sud targata Hiddink verranno in Europa.

Ma forse anche nel presente si potrebbe trovare qualche caso. Da pochi giorni è iniziato il Mondiale brasiliano: per qualcuno, esso potrebbe rappresentare il modo più veloce per andare avanti. In particolare, vorrei parlare di coloro che sono meno conosciuti al grande pubblico. Troppo facile dire che Edu Vargas, Wilfred Bony o Remy Cabella — tutti in procinto di cambiar maglia — avranno un futuro roseo. Proviamo a fare qualche esempio più nascosto, magari costruendo un 4–3–3 dei possibili miracolati dal Mondiale a tinte verdeoro.

Portiere: Abdul Fatawu Dauda (GHA, classe ’85 — Orlando Pirates)

Personaggio particolare, di quelli che solo l’Africa può regalare. Esplosivo dal punto di vista atletico, Dauda non è Jacques Songo’o o Thomas N’Kono. Non è un freddo calcolatore, vive il calcio all’attacco, sebbene solitamente i pali della propria porta li difenda. Ti capita di vederlo lanciarsi in uscite spericolate, quelle che solo un pazzo farebbe. E’ capace di arrampicarsi in angoli che non pensavi un esser umano fosse capace di raggiungere. Dauda si giocherà il posto da titolare con Kwarasey, connazionale che gioca in Norvegia. Tuttavia, nell’ultima Coppa d’Africa, Dauda è stato uno dei migliori portieri della competizione. Sicuramente la rivelazione del torneo, tanto da trasferirsi al club sudafricano degli Orlando Pirates la scorsa estate. Ha passato l’ultimo anno in panca e ora è sul mercato. Ci si aspetta una mosse delle sue. Magari con ruggito annesso.

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Terzino destro: Serge Aurier (CIV, classe ’92 — Tolosa)

Tanti i cursori su cui saranno puntati gli occhi. In un periodo in cui il ruolo del terzino attraversa qualche difficoltà — non esistono più i Roberto Carlos o i Cafu di una volta, pare, e laddove c’era l’erba ora c’è una città (cit.) — il Mondiale è una buona occasione per strappare qualche buon prospetto. Tra questi, ci sarà sicuramente Serge Aurier, reduce da un’ottima stagione in Ligue 1 con la maglia del Tolosa. E’ stato ammesso nella top 11 della stagione ed è un fluidificante con il vizio del gol: sarebbe il sogno del 3–5–2 di Mazzarri, perché Aurier copre la fascia con un’intensità e una velocità spaventosa. Quest’anno ha collezionato sei gol e sette assist. Duttile, Aurier può giocare anche da centrale difensivo ed esterno di centrocampo. Wenger l’avrebbe messo già nella lista dei giocatori da comprare. Però si sa, la lista dell’Arsenal è come l’isola che non c’è: ci trovi pure Elvis Presley e Michael Jackson. Intanto Aurier è già una colonna della sua nazionale. E sarà caccia grossa per lui in estate.

Difensore centrale destro: Matteo Darmian (ITA, classe ’89 — Torino)

Nel miracolo costruito da Ventura a Torino, c’è molto della crescita di Matteo Darmian. Il ragazzo, uscito dalle giovanili del Milan, era considerato un predestinato. A 17 anni l’esordio in A con i rossoneri, ma non farà mai parte in pianta stabile del Milan (solo sei presenze in carriera). Un anno di prestito a Padova, poi una stagione difficile a Palermo: nato centrale, Darmian viene gradualmente dirottato sulla fascia. Infine Torino: è arrivato sotto la Mole nel 2011, ma il giovane difensore è cresciuto rapidamente nell’ultima stagione. Destra o sinistra non importa, l’importante è giocare. A pieno titolo, si può definire Darmian la sorpresa tra i convocati di Prandelli.

Difensore centrale sinistro: Fabian Schär (SWI, classe ’91 — Basilea)

Tra le gioiellerie più ambite d’Europa c’è quella del Basilea. Quest’anno tanta gloria in Europa e i talenti continuano a crescere al St. Jakob-Park. Se è per questo, continuano anche ad andarsene. Stocker e Sommer hanno già salutato la compagnia, passando rispettivamente a Hertha Berlino e Borussia Mönchengladbach. Il prossimo a partire potrebbe essere Fabian Schär, centrale roccioso e arrivato due anni fa al Basilea per appena 500mila euro. Oggi vale quasi venti volte quella cifra. Su di lui c’è una lista di squadre lunga quanto un’autostrada, anche perché il contratto di Schär con il Basilea scade nel 2015. Per transfermarkt, il suo valore è di otto milioni di euro. Tanti. Del resto, chi meglio di lui può saperlo? Due anni fa, prima di arrivare al Basilea, Schär si divideva tra allenamenti con l’FC Wil e il lavoro part-time di impiegato di banca…

Terzino sinistro: Juan Carlos Paredes (ECU, classe ’87 — Barcelona)

La butto lì: non c’è nulla di più letale di un incrocio calcistico fra Gervinho e Cuadrado. Perché Paredes è esattamente questo: ti manda ai matti con la sua velocità, di gambe e di pensiero. Quando tu stai pensando di falciarlo, lui è già andato. Quando non ne puoi più e vuoi falciarlo, Paredes è già dieci metri più avanti. E quando stai per bestemmiare perché ormai l’hai perso, lui ti ricaccia in gola le maledizioni con un assist o un gol. E’ forse una delle occasioni migliori di questo Mondiale: lui stesso ha ammesso che in Italia qualcuno si è già mosso per lui. Lo chiamano La Hormiga, ovvero la formica. Probabilmente per l’impegno. Perché ha il passo di una gazzella.

Mezzala destra: Hotaru Yamaguchi (JAP, classe ’90 — Cerezo Osaka)

Sano lavoratore, Yamaguchi rappresenta al meglio lo spirito giapponese: creatività e impegno al servizio del collettivo. Non è un caso se la Fiorentina si sia già messa sulle sue tracce. Cresciuto nel florido vivaio del Cerezo Osaka (che ha dato i natali a Kagawa, Inui e Kiyotake), Yamaguchi è una delle colonne della squadra e nell’ultimo pure Zac gli ha trovato spazio in nazionale. Non solo lo spirito del Giappone, ma in particolare quello targato Zac: Yamaguchi è un universale di centrocampo, può giocare da mediano come da esterno, fino a beccarlo in zona d’attacco. Può essere Philip Callaghan come Tom Becker.

O magari inventarsi dei tiri della madonna con i compagni di squadra nel tempo libero.

Regista: William Carvalho (POR, classe ’92 — Sporting Lisbona)

Nella rinascita dei Leoni di Lisbona, c’è molto della classe del giovane metronomo. William Carvalho è già ricercato da alcune grandi del calcio europeo, ma soprattutto ha dimostrato di poter essere utile in nazionale. Dove l’inventiva non manca, ma serviva qualcuno che affiancasse João Moutinho nella costruzione del gioco. Nato in Angola, Carvalho è un’eredità fortunosa del novecentesco colonialismo portoghese. E chissà che il Portogallo non abbia trovato qualche nuova stella da affiancare a Cristiano Ronaldo, che pare sempre più solo alla guida dei lusitani.

Mezzala sinistra: Leroy Fer (NED, classe ’90 — Norwich City)

Doveva far parte di una squadra da metà classifica, ma è finito col retrocedere. Doveva rappresentare le sue origini — le Antille olandesi — ma ha finito per unirsi al coro più grande dell’Olanda. Leroy Fer, estroso centrocampista, è l’uomo delle mezze decisioni, delle promesse quasi rispettate. Arrivato a Norwich la scorsa estate, ora potrebbe anche lasciare dopo la discesa in Championship. Intanto van Gaal se l’è portato al Mondiale. Il suo allenatore nelle giovanili del Feyenoord lo chiamava The Bouncer, perché con la sua forza fisica Fer respingeva chiunque. Anni dopo, ha acquistato anche un po’ di tecnica. Ricorda Patrick Vieira, con quel passo felpato, la potenza muscolare e la capacità di vedere il gioco con dei passaggi precisi. Bisogna capire se van Gaal vede la stessa somiglianza.

Rispetto a Vieira, però, Fer gode di licenza poetica su Twitter.

Attaccante destro: Marco Fabián (MEX, classe ’89 — Cruz Azul)

Non c’è solo il duo Dos Santos- Hernández a infuocare il Messico. Marco Fabián è un predestinato. Tre anni fa, in un match tra il suo Chivas di Guadalajara e il Barcellona campione d’Europa, il fantasista realizzò una doppietta per il 4–1 finale a favore del club messicano. Ma è anche un maledetto, un bizzoso: quando il Messico mandò la sua U-22 a disputare la Copa America del 2011, Fabián fu tra gli esclusi per aver violato il codice di comportamento della nazionale. Ovvero fu beccato con delle prostitute, che per altro avevano scucito a lui e ai compagni di squadra ben 16mila dollari. Dopo sei mesi di sospensione, il giocatore è comunque arrivato in prima squadra. Non poteva esser diversamente: dopo esser stato nel Messico vittorioso alle Olimpiadi di Londra, ora gli manca solo la consacrazione definitiva. Questo è Marco Fabián, qualche chilo di troppo, ma capace di giocate del genere.

Attaccante sinistro: Eric Choupo-Moting (CAM, classe ’89 — Mainz 05)

Partiamo col dire che il Mainz 05 è praticamente il suo ex club: Choupo-Moting è in scadenza di contratto e sarà presto libero di decidere il suo futuro. Nato in Germania, è solo un altro dei prodotti multi-etnici di questo nuovo mondo calcistico. Cresciuto nell’Amburgo, Choupo-Moting è maturato nelle giovanili della Germania, ma ha disputato il Mondiale del 2010 con il Camerun. Nonostante l’altezza notevole (un metro e novanta), non gli piace fare il centravanti. Anzi, la coesistenza in nazionale con Eto’o è possibile proprio grazie al fatto che Choupo-Moting preferisce partire come ala sinistra e accentrarsi verso l’area, dove spesso può servire il compagno o sfruttare un discreto destro. Dopo dieci gol quest’anno con il Mainz, cosa aspetta il ragazzo? Ora il Mondiale, con tante opzioni sul tavolo (tra cui Roma e Inter).

Centravanti: Jerry Bengtson (HON, classe ’87 — New England Revolution)

Sembra strano comporre questo talentuoso undici e poi mettere come centravanti un honduregno, per giunta sconosciuto a molti. Peccato che proprio qui si nasconda l’occasione più grande: Jerry Bengtson era ignoto al mondo calcistico fino all’estate 2012. Famoso in patria, ma ancora inesploso fuori. Eppure, da quell’estate è cambiato tanto. Nel torneo U-23 delle Olimpiadi di Londra, il suo Honduras arriva ai quarti di finale e lui segna tre gol. Quando l’allenatore di quella squadra — Luis Fernando Suárez — gestisce anche la prima squadra, Bengtson esplode. Ha segnato nove gol nelle qualificazioni al Mondiale (tra le sue vittime USA e Messico) e potrebbe esser l’unica nota lieta per l’Honduras al prossimo Mondiale. Esulta come il Cristo Redentore che governa il cielo di Rio: quale assonanza migliore?

Articolo a cura di Gabriele Anello

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