Verde speranza

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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9 min readOct 22, 2015

Molti l’hanno visto accigliato, se non addirittura triste in questi ultimi anni. Era come se, di colpo, il calcio gli avesse tolto quasi tutto quello che gli aveva dato: determinazione, voglia e successi. Solo i soldi erano rimasti, sempre lì, grazie al gas russo.

Givanildo Vieira de Sousa — in arte Hulk — sembrava ormai l’ombra di quello che si era visto in passato. Un giocatore con le stesse doti atletiche e fisiche, ma ormai incapace di esprimersi al massimo. Per la poca voglia? Può essere. Mancanza di casa? Forse. A dir la verità, il suo triennio in Zenit è coinciso col periodo più triste della sua vita professionale.

Una buona sintesi.

Eppure oggi sembra rinato. Vediamo Hulk di nuovo decisivo, in Russia e in Europa. Un po’ a sorpresa, nelle ultime uscite si è ripreso anche la nazionale, quella Seleção che all’alba dei trent’anni gli ha regalato più dolori che gioie. Tanti, troppi dolori.

Invece, la campagna lanciata dallo Zenit quest’estate l’ha rilanciato, l’ha visto nuovamente protagonista. La sua forza sovrumana come pretesto per una campagna della Red Bull, ma in fondo anche per ricordarci che questo “mostro” è stato uno dei calciatori più forti al mondo per un paio di stagioni.

E può esserlo ancora. Sempre che non lanci torte in faccia ai compagni con la sola forza della sua aria.

L’uomo venuto dal Sol Levante

Sembra strano anche solo a ipotizzarlo, ma la carriera di Hulk si dipana in tre continenti. E il tratto più incredibile è che il suolo in cui ha avuto MENO successo è proprio quello casalingo. Hulk ha giocato appena una stagione da professionista in Brasile con il Vitória. A Bahia, c’è chi ha pensato di schierarlo terzino sinistro e lui sembrava intenzionato a lasciarsi tutto alle spalle.

Nessuno ha veramente fiducia in lui nella Série A brasiliana. Un fondo di investimento aveva comprato il suo cartellino e così Hulk ha lasciato la madrepatria per cercare fortuna in Giappone. Non è una novità: ancora oggi le squadre più titolate in Brasile lasciano partire i propri giovani per prestarli a squadre nipponiche, dove possono accumulare minuti ed esperienza.

L’anno di Hulk al Consadole: è il 2006. Da Campina Grande a Sapporo, da una media in gennaio di 25 gradi a una di -3,6.

È in Giappone che Givanildo Vieira de Souza diventa semplicemente Hulk. Nella patria dei manga e degli anime, lui si trasforma nel supereroe che qualunque tifoso vorrebbe avere in campo dalla propria parte. Al Kawasaki Frontale non è fortunato: lì di brasiliani ce ne sono già troppi. Invece, i prestiti a Sapporo e a Tokyo faranno la sua fortuna. Lui ricorda con piacere la sua avventura in Giappone:

«Una volta che sono arrivato lì, tutto era differente da come me l’ero immaginato. Avevo appena 18 anni e pensavo che sarebbe stato difficile adattarsi. Invece è stato facile. Mi sono ritrovato in un paese dalle grandi infrastrutture: in tutti i club in cui ho giocato, c’erano connazionali che potevano aiutarmi».

Il brasiliano segna 25 gol con il Consadole nel 2006: è un primo segnale. Meglio ancora va l’anno successivo, dove realizza ben 37 reti in 42 partite con il Tokyo Verdy. La squadra è promossa in J. League e lui malinconicamente torna al Kawasaki.

Il club di Tokyo cerca in tutti i modi di trasformare il prestito in un trasferimento, ma ci riesce solo ad aprile 2008. In due mesi e la curva dei Verdy deve nuovamente salutare Givanildo, a cui una volta fu anche proposto di giocare con la Nippon Daihyo. Proposta rifiutata, ma l’amore tra le due parti continua anche a distanza.

Nei primi secondi vedete Hulk con i capelli lunghi: sembra un vagabondo. In realtà, il mancino e le movenze ci sono già.

La seconda volta non si scorda mai

A sorpresa, sul brasiliano si fionda il Porto. Il fondo d’investimento — che detiene il cartellino del giocatore per il 50% — è d’accordo e così il Tokyo Verdy incassa 5,5 milioni di euro. Per molti sembra una follia. Hulk ha segnato 60 gol nella seconda divisione giapponese: ci si chiede a cosa mai possa servire uno così ai Dragoni.

In realtà, per Hulk è la seconda volta in Portogallo. Il fondo d’investimento aveva già cercato di spedirlo in Portogallo quando militava nelle giovanili del San Paolo: da 15enne, Hulk aveva imparato molto vivendo con alcuni professionisti. Nel 2008, invece, il brasiliano ci riprova con un grande club, forse IL club portoghese degli ultimi trent’anni.

Nonostante l’apparenza muscolosa, Hulk vede le prime due stagioni da comprimario. Gioca parecchio, segna, ma ancora non esplode. Non è dominante, anche perché Jesualdo Ferreira lo alterna con diversi esterni: Sektioui, Mariano Gonzalez, Cristian Rodríguez, Varela.

Non è neanche tranquillo: nella sfida del 20 dicembre 2009 contro il Benfica, lui e il compagno di squadra Sapunaru vengono squalificati per quattro mesi a causa di una rissa con degli steward del Da Luz. La durata potrebbe addirittura allungarsi a tre anni, ma alla fine a marzo Hulk è di nuovo in campo. Tuttavia, ci vuole qualcuno che lo renda il centro della squadra.

L’uomo del destino di Hulk. E direi anche del Porto.

Alla fine, quel qualcuno arriva. André Villas-Boas diventa il nuovo allenatore del Porto dopo una stagione disastrosa, che per i Dragoni vuol dire arrivare terzi in campionato. Niente Champions, solo Europa League. Si riparte da uno degli assistenti di Mourinho, reduce da un’ottima annata all’Académica de Coimbra.

Tralasciando i suoi “altri” meriti (sono una “vedova” di AVB, lo ammetto), il neo-tecnico del Porto è riuscito soprattutto a valorizzare Hulk. È l’anno dei quattro trofei, della conquista dell’Europa League, del campionato vinto senza mai perdere (27 vittorie e tre pareggi: la seconda volta nella storia del calcio portoghese).

Nell’ordine, Hulk riesce a: a) vincere il premio di giocatore del mese per quattro volte tra settembre 2010 e febbraio 2011; b) segnare per 16 volte nelle prime 16 gare della stagione; c) rinnovare il contratto con il Porto con una clausola rescissoria da 100 milioni di euro; d) esser nominato giocatore dell’anno in Portogallo.

L’epiteto “pazzesco” è persino riduttivo.

Nei successi, il brasiliano ha un ruolo fondamentale. Non è un caso se nel 2010–11 segna un numero maggiore di gol rispetto alle due annate precedenti sommate insieme. Si passa da una doppia cifra appena accennata a 36 reti. Dal ruolo di scudiero a quello di protagonista. Da uno dei tanti a persino capitano in alcune occasioni.

Ormai sembra onnipotente, tanto da decidere un Clasico portoghese al Da Luz con una bomba da 108 km/h. Non è un caso che alla fine debba lasciare Porto: è diventato troppo grande per rimanere in Portogallo. Pecccato che stia per iniziare la fase discendente della sua carriera.

Maledetta San Pietroburgo

Nel 2012, il suo trasferimento appare inevitabile. Il Porto ha ormai capito che il giocatore è cercato da più parti del mondo. Sembra soprattutto la Russia a esser interessata. Sappiamo che il Porto ha accettato per Hulk un’offerta da 40 milioni dello Zenit San Pietroburgo (ne ballano altri 20 tra bonus e presunte percentuali al fondo d’investimento), ma ciò che manca è un altro pezzo del puzzle.

Nel maggio di quell’anno, si fa avanti l’Anzhi, allora gestito con larghi investimenti sul mercato. La proposta è di 87 milioni di euro per Hulk, a cui viene offerto un ingaggio da 10,5 milioni l’anno. Sarebbe stato il quarto trasferimento più costoso nella storia del calcio. Solo la mania da plusvalenza ferma l’affare: Pinto da Costa, presidente del Porto, ne chiede 90 e persino Kerimov fa saltare l’operazione.

Uno dei problemi a San Pietroburgo.

Ad allenare lo Zenit è ancora Luciano Spalletti, da tre anni in Russia dopo l’esperienza trionfante con la Roma. Hulk è titolare, ma non è fondamentale per Spalletti. L’impressione è che tra i due il rapporto non sia mai sbocciato, come dimostrato anche da qualche episodio. Si era arrivati a ipotizzare addirittura l’addio dopo appena sei mesi, poi tutto rientra.

Il problema è che gli ostacoli non finiscono qui. Molti a San Pietroburgo non prendono bene l’arrivo da superstar di Hulk: Denisov e Kerzhakov — due colonne della squadra e della nazionale russa — vogliono rivedere i propri contratti dopo aver assistito all’ingaggio faraonico dell’uomo di Campina Grande. Insomma, non ci sembra questa gran voglia di avere il brasiliano tra le proprie fila.

In più, ci sono i risultati che non arrivano. Lo Zenit non vince nulla nel 2012–13 e in Europa esce subito dai gironi di Champions, così come non fa molta strada in Europa League. Non va meglio l’anno successivo, quando lo Zenit esce nuovamente dalla Champions e riperde il campionato. Nonostante un contratto fino al giugno 2015, Spalletti viene esonerato.

Qui forse la carriera di Hulk riprende un po’ quota. Non prima di aver vissuto la peggiore delle umiliazioni.

Comunque sotto Spalletti non è che fosse andato così male, almeno in termini di cifre: 33 gol nei primi due anni allo Zenit.

Verdeoro = tristezza

Nonostante i tanti miglioramenti con il Porto, la carriera di Hulk con la nazionale brasiliana è stata inesistente finché non ha lasciato i Dragoni. Dieci le presenze accumulate fino al maggio 2012, quando Hulk segna finalmente i primi gol con la nazionale. E che gol: tripletta alla Danimarca, travolta dalla potenza del suo mancino.

Eppure ci è voluto poco perché Hulk rimanesse subito deluso. Prima di passare allo Zenit, il brasiliano è uno dei tre fuoriquota che parte per Londra, dove l’obiettivo è uno solo: conquistare l’oro, l’unico alloro che manca al Brasile del calcio e che invece è una sorta di maledizione.

L’unica rivale accreditata sembra la Spagna, che però esce ai gironi. E allora sono tutti pronti a festeggiare. Ma si sa, il torneo olimpico di calcio è strano. Così a sorpresa spunta all’orizzonte il Messico, capace di strappare la medaglia più importante. Il Brasile della finale di Londra aveva in campo Thiago Silva, Marcelo, Oscar, Neymar, Danilo, Pato.

Hulk segna il gol dell’1–2 e il Brasile avrebbe anche la palla del pareggio, ma deve arrendersi: è la prima di una lunga serie di delusioni.

La Confederations Cup dell’anno successivo sembra rinfrancare la Seleção: 3–0 alla Spagna in finale, l’intero Brasile in festa. Purtroppo, la delusione è dietro l’angolo. L’intera fase a eliminazione diretta del Brasile nel Mondiale casalingo è una sofferenza immane. E se Fred è il simbolo di quelle difficoltà, Hulk è — in proporzione al suo talento — quello che più delude.

Nel 4–2–3–1 di Scolari, l’ala dello Zenit comincia a sembrare meno potente, meno cattivo, quasi un pesce fuor d’acqua. Sbaglia un rigore nella lotteria contro il Cile, ma Julio Cesar ci mette una pezza. Non è un caso che nel Mineirazo subito dalla Germania Hulk risulti non tanto uno dei peggiori, quanto uno dei più spaesati.

O Globo descrive così la sua prestazione in quella serata nefasta: «Disordinato. Sbaglia praticamente tutti i palloni che tocca, dalle giocate offensive alla semplice difesa della sfera». La finalina contro l’Olanda di quattro giorni più tardi sarà l’ultima gara con la nazionale per almeno un anno. Con l’addio di Scolari e l’arrivo di Dunga, Hulk non è più gradito.

Anche per il periodo vissuto allo Zenit, non ha stupito l’assenza di Hulk tra i 23 convocati della Copa América 2015. Certo, poi al Brasile è andata male comunque. Sarà anche per questo che la rinascita di Hulk passa per forza anche da una nuova chance con i colori del cuore.

Chiamatelo Lazzaro

Abbiamo già detto come l’uomo del destino nella carriera di Hulk sia André Villas-Boas. E non è un caso che il brasiliano abbia ripreso a rendere a certi livelli proprio con l’arrivo del manager portoghese allo Zenit. I due hanno vissuto entrambi pessimi periodi. Se Hulk ha fatto fatica in Russia, Villas-Boas ha dovuto incassare una palese bocciatura in due diverse parti di Londra.

Arrivato a San Pietroburgo per sostituire Spalletti nel marzo 2014, AVB ha subito sfiorato la vittoria di un campionato che sembrava perso. Con la squadra in mano da inizio anno, il 2014–15 dello Zenit nella Russian Premier League è stato trionfale: vittoria del titolo con diverse giornate d’anticipo e sette punti di vantaggio sul CSKA Mosca.

Di questo nuovo incrocio del destino, ne ha beneficiato proprio Hulk. Ha segnato un gol in meno rispetto all’annata precedente, ma è sembrato più sereno. Non è un caso che abbia addirittura rinnovato il contratto fino al giugno 2019. E Villas-Boas è stato contento di riabbracciare una delle sue creature più riuscite: «Hulk è un fuoriclasse».

Per chi tenesse il conto, siamo a 9 gol e 12 assist in 16 gare stagionali. Media discreta. Ma la rinascita di Hulk non passa solo da San Pietroburgo.

Al gol contro il Valencia in Champions ho rivisto un frammento di quanto avevo ammirato al Porto.

Persino Carlos Dunga ha dovuto ammettere a sé stesso che il Brasile non può fare a meno di un Hulk rinato. Il fallimento della Copa América e le difficoltà di Neymar a prendersi anche la leadership psicologica della nazionale impongono di ripensare al profilo di Hulk, che infatti è stato richiamato.

Visto che è in forma, la stella dello Zenit ha fatto subito capire che la condizione è ben altra in questo momento. Nella tournée americana della Seleção sono arrivati due gol, uno a testa contro Costa Rica e Stati Uniti. Chissà che non si possa confermare in queste qualificazioni Mondiali.

Forse Hulk vorrebbe avere un’altra chance al Mondiale. Una chance che nel 2018 avrebbe luogo in Russia, il paese che lo ospita, ma sul quale non ha risparmiato critiche per il fenomeno del razzismo. Garantire che rivedremo l’Hulk ammirato al Porto è impossibile. Sulla sua ripresa, invece, possiamo metterci la firma. In fondo, la speranza di che colore è? Già, verde.

Articolo a cura di Gabriele Anello

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