Vincere la paura

Andrea Giovanni Taietti
Crampi Sportivi
Published in
3 min readMay 16, 2017

Tappa 10 — Foligno>Montefalco, 39,8 km
Vincitore: Tom Dumoulin
Leader: Tom Dumoulin

Quando ero piccolo, elementari-medie, giocavo nella squadra di calcio dell’oratorio. Il campo dove si svolgevano gli allenamenti era dalla parte opposta del paese rispetto a casa mia. Così ogni martedì e giovedì prendevo la mia graziella grigio cenere con le manopole verde cinabro e, alle 19.00, borsone in spalla andavo al campo. Fontanella, dove vivo, ha poco più di 4000 abitanti e dall’ora di cena in poi le strade sono deserte. Alle 21.30 dopo l’allenamento, finita la doccia, in giro, come potete immaginare, non c’era nemmeno un cane.

Per tornare a casa dovevo percorrere una vietta stretta stretta. Ai lati di questa si innalzavano vecchie cascine trasformate in case dall’espansione del paese negli anni ’50. Tutte avevano mantenuto i grandi portoni d’ingresso che restavano aperti ventiquattro ore su ventiquattro e che la sera, visto anche la scarsa illuminazione, restavano bui e scuri come la pece.

Quella via mi faceva paura, anche se non l’ho mai ammesso prima d’ora. Non so perché, ma mi tremavano le gambe al solo pensiero di doverla attraversare. Ogni volta fingevo di non pensarci. Fuori, all’apparenza, ero tranquillo. Ma già dagli ultimi calci al pallone durante la partitella di fine allenamento e poi sotto la doccia pensavo a quella via. Al momento in cui mi ci sarei infilato a perdifiato. Ero solo. E mi sentivo solo. Potevo contare solo su me stesso. E questa, forse, era la cosa che temevo maggiormente.

Poi asciugati i capelli, salutato il mister (ero l’ultimo a lasciare lo spogliatoio, non volevo proprio uscire), riprendevo la mia bici e mi avviavo verso casa. Man mano mi avvicinavo alla via le mie pedalate aumentavano di frequenza, fino ad imboccarla al massimo della mia velocità. Mi ci fiondavo dentro senza voltarmi indietro. Alcune volte chiudevo anche gli occhi. Sentivo solo l’aria sul viso (e la pioggia quando diluviava).

Alla fine, quando ne uscivo, riprendevo a respirare e le gambe smettevano di essere molli. Ogni volta. E ogni volta mentre percorrevo gli ultimi metri prima di arrivare a casa mi ripetevo che era una paura infondata, insensata. E che la prossima volta non l’avrei avuta. Perché non ce n’era motivo. E invece.

Immagino che per i ciclisti una crono individuale sia un po’ come quella via per me. Sono soli. Possono contare solo su se stessi, non come nelle altre tappe. E credo si sentano soli. E abbiano paura. Una paura non letterale, non come la mia. Fingono di non pensarci a quella paura e invece è lì che bussa già la sera prima quando vanno a dormire. Li punzecchia la mattina a colazione, aumenta sui rulli e arriva al culmine alla partenza.

Ci sono paure diverse. Da ciclista a ciclista. Caricate dalle aspettative.

Oggi, Quintana avrà avuto paura per la maglia Rosa. Nibali paura di non recuperare abbastanza. Kiryienka paura di cadere all’ultima curva e precludersi una vittoria per lui possibilissima. Thomas paura di non riscattarsi e di non avere una rivincita personale — meritatissima! — . Puccio paura di non ricambiare a dovere l’affetto dei tantissimi tifosi giunti per lui. Jungels, Pinot, Mollema e Sanchez paura di far la gara della vita ma non farcela comunque a vincere. I gregari paura di spendere troppo. Qualcuno paura di non arrivare entro il tempo limite.

E Tom Dumoulin. Che avrà avuto le gambe molli più di tutti. Visto che aveva i favori dei pronostici. Avrà avuto paura di non vincere e non prendere la Rosa. Così, il grande favorito si è infilato a perdifiato tra le strade della decima tappa. Ha affrontato i 39,8 chilometri tra Foligno e Montefalco senza voltarsi indietro. Sotto gli occhiali da sole, son sicuro, ha pure chiuso gli occhi un paio di volte. Sentendo solamente l’aria sul viso. E sul traguardo, dopo la prova da fuoriclasse che ha fatto, avrà pensato che era una paura infondata, insensata. E che la prossima volta non dovrebbe averla. Perché non ce n’è motivo.

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Andrea Giovanni Taietti
Crampi Sportivi

Segue una dieta ferrea di sport, film e libri. La perenne ricerca del tempo perduto lo ha spinto a Torino. Ora, vuole una cucina dove impastare storie.