Volere tutto e subito
Una famosa canzone dei primi anni ’80 ci avvertiva che “L’attesa è il momento più difficile”;
sembra che nessuno a Milanello abbia mai ascoltato la hit di Tom Petty, oppure, più semplicemente sembra che nessuno abbia alcuna intenzione di dargli retta.
L’esonero di Sinisa Mihajlovic ha diviso, allo stesso modo in cui aveva diviso il suo arrivo. E le fazioni e le frustrazioni, all’interno della tifoseria rossonera, hanno tutte la stessa origine: la (apparente) mancanza di un progetto concreto dietro le dinamiche societarie che portano alla scelta o al licenziamento di un tecnico, con l’aggravante che il medesimo discorso potrebbe essere intrapreso anche per molti degli uomini che compongono la rosa rossonera.
Arrivo al Milan
La prima dichiarazione di Miha che i media rispolverano in occasione del suo arrivo sulla panchina del Milan è quella fatta da tecnico del Catania in cui dichiarava apertamente l’impossibilità di allenare il Palermo o nel futuro il Milan, qualora, pensava ingenuamente, se ne fosse presentata l’occasione. Parole non troppo pesate, ma che, riportate alla memoria dei tifosi, hanno rappresentato la prima incrinatura nel rapporto con il mondo rossonero (per chi lo vedeva ancora legato ai colori nerazzurri), ma anche con i suoi ex tifosi all’ Inter che non hanno dovuto aspettare un solo minuto per marchiarlo con lo stampo di “mercenario”; sembrava che tutta la personalità del serbo costruita sulla sua tempra forte e il carattere glaciale, distante dalle logiche mercantilistiche del calcio moderno, si sgretolasse, come il tradimento di un generale pluridecorato.
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L’amore è eterno finché dura, apprezziamo piuttosto la sincerità, il candore, con cui pronuncia parole di amore eterno.
L’inizio è tutt’altro che folgorante: il Milan perde con la Fiorentina, perde il derby contro l’Inter, ma sopratutto esce sconfitto dalla sfida casalinga contro il Napoli da cui subisce ben quattro gol. È un periodo nero, il gioco espresso quando c’è è discontinuo, altre volte non ve n’è traccia. I titoli dei giornali parlano già di fallimento, di paragoni impietosi con Inzaghi, la cui partenza frizzante aveva se non altro rinvigorito le speranze dei milanisti l’anno prima. Qualcuno, senza ritegno, parla già di dimissioni. Se volessimo trovare il momento chiave in cui dove gli attestati di stima e i proclami dell’estate lasciano posto agli ultimatum, ai rimproveri e alle bacchettate da parte del presidente nei confronti di Mihajlovic, questo arriva proprio il 10 Ottobre, dopo Milan-Napoli.
“Sono venuti da me a cena Galliani e Mihajlovic. Avrei potuto anche avvelenarli… Ci sarà un cambiamento immediato dalla prossima partita, con il Milan che tornerà ad essere padrone del campo e del gioco”. Da questo momento in poi seguirà un’escalation di dichiarazioni ai limiti del reale, che sortiranno come unico effetto quello di destabilizzare l’ambiente e delegittimare l’allenatore.
Under Pressure
La personalità e le capacità di Miha gli consentiranno di resistere alla pressione crescente e di sopportare stoicamente tutte le dichiarazioni (a caldo e non) fatte dal presidente continuando a sostenere la sua esclusiva e personale colpevolezza di fronte ad ogni sconfitta della squadra. Intanto Mihajlovic sembra aver trovato la quadratura del cerchio, abbandona il 4–3–1–2 che non lo soddisfaceva, passa con qualche riserva al 4–3–3, fino al definitivo 4–4–2 collaudato per la prima volta nella partita contro la Sampdoria, alla quattordicesima giornata.
Assistiamo, quindi, ad un graduale cambio di rotta: i rossoneri perdono una sola volta (contro la Juventus) ne pareggiano quattro (rispettivamente con Torino, Atalanta, Carpi ed Hellas Verona), e vincono le restanti cinque gare. Il Milan è sesto, un punto sopra il Sassuolo, e a quattro punti dalla Roma; gli uomini di Mihajlovic raggiungono la pausa natalizia con qualche velleità in meno, ma con un gruppo che riesce a portare a casa il risultato e che fa quadrato intorno al tecnico.
La marcia del Milan non si esaurisce al termine della pausa e la brusca ripresa (sconfitta in casa con il Bologna), non rappresenta un ritorno alle vecchie abitudini. A forza di un calcio tanto provinciale quanto efficace, che sfrutta al massimo il contropiede e i calci d’angolo che gli vengono concessi, il Milan arriva alla ventisettesima giornata con una delle migliori difese del campionato nella classifica dei gol subiti, ed è a 6 punti dal terzo posto.
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Il gol di Alex contro la Juventus è l’ottavo gol da calcio d’angolo per il Milan in questa stagione
Il merito è inequivocabilmente del tecnico serbo, che è riuscito a ricavare dalle molteplici e anche dannose individualità del Milan una squadra capace di esprimersi al meglio. Mihajlovic è riuscito innanzitutto a trovare un compagno di reparto per Bacca, Niang, che prima dell’infortunio era fondamentale nel ruolo di spalla in attacco; ha recuperato Honda, che da indesiderato è tornato ad essere sempre protagonista nelle vittorie rossonere; ha posto all’interno del gioco il nuovo arrivo Kucka senza sconvolgerlo; ed oltre alla ritrovata stabilità difensiva, il regalo più grande di tutti lo ha fatto a tutto il Milan in prospettiva, fornendogli un portiere per i prossimi dieci anni (chissà) con un talento cristallino, tanto stupefacente quanto giovane.
Il Milan è quindi chiamato al salto di qualità, ma in occasione della gara del 6 Marzo contro il Sassuolo il meccanismo si inceppa e del breve idillio delle giornate precedenti non resta traccia, i rossoneri non riescono più a vincere e la caccia all’uomo dei mesi passati si fa via via più intensa, culminando con l’esonero del tecnico. Il siparietto tra Pellegatti e Berlusconi prima di Milan-Lazio, in cui il presidente ironizza sulla mancanza di spettacolarità nel gioco del Milan, è un esempio delle frecciatine destabilizzanti del presidente all’allenatore.
Le colpe del Generale
Di colpe il tecnico serbo sicuramente non è esente: alcune riguardano l’ambito tecnico, altre sono essenzialmente frutto di valutazioni errate. L’aver sposato così velocemente la causa rossonera (con il senno del poi) può essere annoverata tra queste ultime. Durante le calde giornate estive che precedevano l’arrivo di Mihajlovic a Milanello, il nome che risuonava nelle orecchie dei tifosi, e nelle intenzioni della società non era quello di Sinisa, ma del tecnico che più di tutti ha fatto le fortune della squadra rossonera nell’epoca contemporanea: Carlo Ancelotti. Si trattò, in seguito, solo di una suggestione estiva. Un altro indicatore della confusione imperante all’interno della società ci è stato fornito sempre durante i febbrili mesi estivi dalla scriteriata campagna acquisti, protrattasi poi durante la parentesi di mercato invernale con la cessione e il successivo ritorno di Luiz Adriano. Come Seedorf ed Inzaghi prima di lui, Miha ha patito la mancanza di alternative valide che sapessero sostituire degnamente i giocatori chiave. Le dichiarazioni fatte su Balotelli da inizio anno, con ogni probabilità, non erano errate: ha provato a gestire l’attaccante attraverso un approccio più metodico, concedendogli molto poco, ma il 12 marzo il tecnico sembra gettare la spugna: “Avrebbe la condizione fisica per giocare, ma ha un problema di testa. Se gli chiedo di svolgere un determinato compito lo fa una volta e poi le altre se lo dimentica. Non so se potrà fare un salto di qualità, dipende da lui: noi lo aiutiamo, ma Mario deve aiutarsi da solo.”
Conclusioni
Le verità, all’interno delle dichiarazioni di Berlusconi, è malcelata. Lo sa bene quanto Galliani, che senza un progetto dotato di progressività e ben definito è impensabile ambire ai traguardi storici a cui il Milan ha abituato tifosi e non, ed è, a maggior ragione, pretenzioso sperare che basti acquistare qualche calciatore dotato di dinamicità e fantasia (vedi Bertolacci) insieme ad altri di prospettiva, per ritornare nuovamente a quel calcio spettacolare che il presidente chiede da anni senza riuscirci; quando i mezzi sono quelli che sono bisogna fare di necessità virtù, e Mihajlovic in questo è stato uno stratega formidabile.
La squadra, che veniva da un ottavo e un decimo posto, ha raggiunto la sesta posizione, è in lizza per l’Europa League ed ha guadagnato la finale di Coppa Italia (seppur con avversari modesti), che rappresenta un vero e proprio paracadute per le sorti della stagione in corso.
Il gioco, pur di non pregevole fattura, era espresso al meglio delle loro possibilità, pragmatico ed efficace come il tecnico che lo ha costruito e che durante la sua carriera da allenatore non ha mai fatto dello spettacolo una delle sue caratteristiche.
I nuovi scenari che si aprono con l’arrivo di Brocchi sulla panchina del Milan sono gli stessi a cui i tifosi rossoneri hanno il dispiacere di dover assistere da tre anni a questa parte. È l’ennesimo progetto creato da chi vuole raggiungere risultati immediati senza molti sforzi, ed in genere in mezzo ad un gioco del genere l’ unico risultato che si ottiene è quello di cercare un capro espiatorio quando si sente l’odore di aspettative deluse e di speranze tradite. Mihajlovic, più di Seedorf e di Inzaghi, incarna la figura di capro espiatorio. Può darsi che non sia l’allenatore che il Milan merita, ma è quello di cui ha bisogno.
Articolo di Danilo De Sensi