Vorrei che fosse amore

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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6 min readOct 12, 2016

Chi non è stato mai etichettato con un soprannome assurdo durante il periodo scolastico si scagli la prima pietra sul naso. Con un po’ di pazienza e fortuna, se quel soprannome non è di tuo gradimento, te lo porterai appresso solo per qualche anno, e poi se lo dimenticheranno tutti. Se ambisci a fare il calciatore in Argentina, invece, dovrai fare i conti con il tuo nomignolo probabilmente per tutta la tua vita. Se poi entri nelle giovanili dei Millonarios a 14 anni appena compiuti, vinci il mondiale per club di categoria a 17 anni e l’anno successivo ti aggiudichi la Dallas Cup, con una doppietta, non hai speranza di scappare a un epiteto che accresca a dismisura l’attesa della tua consacrazione.

Lucas Boyé nasce il 28 febbraio 1996 a San Gregorio, nella provincia di Santa Fé, ma calcisticamente la sua casa si chiama River Plate. La creatività argentina si supera e gli affibbia addirittura due soprannomi: ‘El Tanque’ come Denis e ‘El Toro’ come Cavenaghi. L’accostamento al campionato italiano viene perciò spontaneo. Boyé è un toro per il Toro, quello granata. Il destino invece gli lega un cognome che non passa inosservato a tifosi e addetti ai lavori del River. Boyé è infatti anche il cognome di una ex bandiera degli acerrimi rivali del Boca Juniors, che ha fatto grande gli Xeneizes a cavallo tra gli anni ’40 e ’50. Un caso di omonimia che ti punta i riflettori addosso, anche senza volerlo. A veder giocare Lucas con la palla tra i piedi, noti la capacità di disorientare l’avversario con imprevedibili finte di corpo e ti viene in mente Pirlo. A seguito di qualche apparizione importante gli è stato accostato persino il Pipita Higuain. Ma Lucas, il Boyé del River non è nessuno di questi. Lucas è un po’ Tanque e un po’ Toro.

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Data la portata di ciò che promette, Boyé andrebbe raccontato con la cautela di chi si approccia a una nuova relazione, dopo esser stato lasciato dal primo amore, al termine di rapporto durato tanti anni. Come sempre, quando hai il sentore della passione travolgente che potrebbe aspettarti dietro l’angolo, devi quantomeno fare finta di andarci con i piedi ben piantati a terra.

Quando veste i panni del terminale offensivo più avanzato, Boyé rappresenta in se i valori fondanti dell’economia del posto in cui è nato: un’economia caratterizzata da una ricca area agricola, che ti insegna lo spirito di sacrificio e uno sforzo notevole per aumentare la produttività. È proprio così che l’attaccante del toro si è presentato, confessando: “non mi piace solo essere il terminale dell’azione, ma andare alla ricerca della palla”. La cosa interessante è che quando il numero 31 indietreggia per riceve palla, diventa narrabile attraverso l’arte dell’illusionismo e assume le sembianze di un Tanque raffinato. Uno che salta l’uomo con una delicatezza nel tocco decisivo simile a quella di un ballerino di danza classica. Quando punta l’avversario, Boyé si trova spesso ad allungare la falcata e cambiare passo, fino a far credere di aver perso il possesso, ma con un movimento illusorio riesce ad arrivare prima di tutti e far sparire il pallone. Nell’uno contro uno è un illusionista bravo quanto Houdini, ma anche un carro armato se c’è necessità di fare a sportellate con l’avversario.

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Cercare di connettere Boyé ai classici riferimenti di posizione in campo diventa estremamente complicato. Nonostante abbia trascorso gran parte della sua giovanissima carriera come attaccante puro, i numeri giocano a suo sfavore. Solamente 2 reti nell’esperienza con il River in Primera Division e stesso risultato con la sua seconda camiseta da professionista, il Newell’s Old Boys. Al Torino, facilitato dal 4–3–3, ha agito da attaccante esterno, subentrando a Ljajic. Nella stessa posizione ha firmato il suo primo gol in Italia, in Coppa Italia contro la Pro Vercelli. Una rete che ha fatto intuire le qualità tecniche dell’argentino, bravo col destro e pratico anche col sinistro. Una capacità non indifferente che lo porta a sperimentare il paso double, come sua giocata preferita quando deve lasciare sul posto l’avversario.

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In una epopea calcistica dove ad ogni singolo giocatore viene richiesta una certa duttilità tattica, Boyé sa ricoprire tutte le posizioni dell’attacco, si dimostra utile in fase di pressione e soprattutto, al netto della tecnica sopraffina, è forte nei contrasti ed esplosivo nel dribling.

L’unica pecca evidenziata finora è che spesso si dimentica di avere anche qualità associative. In prospettiva Siniša Mihajlović, con la sua idea di sacrificio collettivo come unica meta agonistica, potrebbe essere l’allenatore giusto per curare questa lacuna. L’anno in prestito al Newell’s ha visto El Tanque o El Toro (fate voi), giocare principalmente come sperone centrale di attacco, ma la concorrenza del reparto offensivo granata sembra poter indirizzare il destino posizionale di Boyé verso il centro destra.

La letteratura argentina contraffatta, vicina al modo di esprimersi del poeta Jorge Luis Borges, ci intrappolerebbe all’interno della concezione illusionista di Boyé abile a ricoprire il ruolo che oggi è di Belotti, o all’occorrenza come detto, quello di Adem Ljajic. Il realismo di matrice europea ci sussurra all’orecchio che la verità potrebbe stare nel mezzo. Lucas Boyé, un po’ Tanque e un po’ Toro, potrebbe o dovrebbe essere provato come seconda punta, in coppia col Gallo granata. Quindi più impegnato a definire anziché rifinire l’azione negli ultimi 16 metri. Prospettiva dettata anche da un campionato ormai protagonista dell’affossamento della figura del trequartista, e che quindi non garantirà mai a Boyé la possibilità di giocare alle spalle di un attaccante centrale. Ancora più improbabile sarà la possibilità di vederlo come falso nueve. Tutto ciò richiederebbe una rivoluzione sensoriale e tattica da parte di Mihajlović, ma è anche vero che il rischio è una delle componenti essenziali per il perseguimento del successo oramai pure nel marketing.

Ora facciamo un bel giochino e concentriamoci sul video che segue, cominciando da 1:04 fino a 1:27: Boyé mostra tutte le sue potenzialità e margini di miglioramento. Una volta ricevuta palla, può scegliere tra tutte le soluzioni che il suo bagaglio tecnico gli mette a disposizione. Prima la forza fisica, poi la tecnica e poi di nuovo la fisicità, senza dimenticarsi di essere agile nell’unire tutte le sue doti.

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Il termine giusto per definire il nuovo colpo del presidente Cairo è ‘imprevisibilidad’, che tradotto in italiano vuol dire che è meglio non essere il difensore predisposto alla marcatura di Boyé. El Toro è così imprevedibile che ha lasciato di stucco la Roma ormai certa del suo acquisto, in un’operazione sudamericana condotta dall’ex d.s. della Roma Sabatini, quando il ventenne argentino era al Newell’s. Ma per “mancanza di arroganza e determinazione” da parte del direttore sportivo dei giallorossi, il giocatore è stato acquistato dal “Mandrake” Torino per una cifra vicina agli 1,5 milioni di euro. E se è vero che la svirgolata di Sabatini su Boyé è stata una delle cause dell’addio alla Roma, ci sarebbe da capirlo. Nell’ambiente della Capitale godeva dell’endorsement di un nobile ex rosarino come Abel Balbo, che è valsa a Lucas l’ennesima comparazione tecnico calcistica. L’unica comparazione non velleitaria è quella dichiarata dal número treinta y uno di River e Toro, ovvero quella con l’unico l’idolo massimo di Boyé, l’altro ex millonario Radamel Falcao che ha preceduto il suo fan numero uno nel ruolo di attaccante del River, proprio quando Boyé militava nella gioventù rioplatense.

Nelle prime 7 apparizioni in granata, ‘El ‘Toro’ del Torino ha fornito prestazioni in crescendo. Dopo la prestazione opaca contro il Milan, ha alternato ottimi sprazzi contro Roma e Bologna. Contro la squadra di Spalletti è entrato nel finale per aiutare i compagni nel pressing e la gestione del risultato. Con il Bologna, l’assist per Baselli ha dimostrato ancora una volta doti nel dribbling simili a quelle di un illusionista, fingendo di andare a destra e poi sterzando con il corpo a sinistra. A questo punto le strade sono due e la palla sta sostanzialmente a lui: o Lucas Boyé sarà un mago illusionista e sparirà nella dimensione che preferirà o sarà ridefinito con un altro soprannome, uno ispirato alle sue capacità universali.

Articolo a cura di Luigi Di Maso

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