L’Orgia pasoliniana di Licia Lanera

Elena Cirioni
Cronache Teatrali
Published in
3 min readJan 17, 2017

Ylenia è una ragazza di Catania di 22 anni diventata famosa per essere stata aggredita con benzina e fuoco dal suo ragazzo. La storia è finita bene per Ylenia che ha riportato solamente delle lievi ferite, ma quello che ha scandalizzato di più l’opinione pubblica è stato l’atteggiamento della ragazza: nonostante la confessione del fidanzato e la sicurezza da parte degli inquirenti sulla sua colpevolezza, Ylenia continua a ripetere che lui è innocente. Difende il suo carnefice, giura che non le avrebbe mai fatto una cosa del genere in nome dell’amore che li ha uniti. Vedendo Orgia di Pasolini al Teatro India è stato facile collegare questa storia all’opera e in qualche maniera non certo giustificare, ma per lo meno capire l’atteggiamento di Ylenia.

Censurato, criticato, accusato, ammazzato e alla fine a quarant’anni dalla sua morte declamato come profeta e vate, Pasolini continua ancora a vivisezionare la nostra società e con le sue storie ad essere protagonista del contemporaneo. Registi e attori rinconcorrono le sue opere, si tuffano nei vortici dei suoi tabù, delle sue incoerenze e nella sua poesia.

Così ha fatto anche Licia Lanera, immergendosi completamente in uno dei drammi di Pasolini più irrappresentabili, Orgia. Il rito laico del sadomasochismo consumato nella Pasqua cristiana, composto dalla trinità: uomo, donna, ragazza, viene condensato tutto nel corpo e nella voce dell’attrice, lasciando un umile spazio a Nina Martorana. Parla il corpo che si contorce nel linguaggio della violenza, parlano i gesti ripetuti in un tentativo di sbloccare certi automatismi attoriali, innestati su un lavoro di decostruzione, senza dubbio riuscito anche grazie alla scenografia minimalista e al disegno luci di Vincent Longuemare. Lontano, staccato dalla scena il testo, percepito come una voce lontana, una cornice poetica in eterna lotta con la realtà scenica. Una performance riuscita che segue l’onda della volontà attoriale e registica di voler a tutti i costi avventurarsi nel teatro di Pasolini. Viaggio impervio che costringe l’attore ad annientarsi e a ricostruirsi a toccare da vicino certi tabù che ancora oggi appaiono irrisolti. Per compensare a quella sensazione di irrappresentabilità che il testo suscita ecco che anche Licia Lanera inventa soluzioni registiche, trovate più o meno efficaci. Come i tre quadri del seicento, frutto di un barocco opulento e lussurioso usate in maniera eccessivamente didascalica e una vaschetta di yogurt tramutato da sperma a sangue.

Eppure Pasolini appare lontano, distaccato e ancora irrisolto nella recitazione del testo e in un finale sfuggente. Quello di Licia Lanera è stato un atto performativo, uno studio attoriale complesso che non riesce ancora a soddisfare completamente la costruzione drammaturgia di Pasolini, ma si richiude nel pasolinismo, atto critico dell’interpretazione dei testi di PPP, lontano dal fulcro centrale della sua opera.

Se l’arte fatica a rappresentare concretamente l’estetica pasoliniana, ci pensa la realtà a parlare, le storie come quella di Ylenia, le sue parole quell’ostinato “Non è stato il mio amore” rappresentano al meglio le dinamiche violente di Orgia e la sua sublimazione in un poesia viva che diventa attacco al potere e grido di libertà.

ORGIA

di Pier Paolo Pasolini

regia e spazio Licia Lanera

con Licia Lanera e Nina Martorana

regista assistente Danilo Giuva — consulenza artistica Alessandra Di Lernia

luci Vincent Longuemare

costumi Antonio Piccirilli

dipinti Giorgio Calabrese

tecnico di produzione Amedeo Russi

assistente tecnico Cristian Allegrini

Produzione Fibre Parallele

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Elena Cirioni
Cronache Teatrali

Elena, Scrivo di teatro, libri e cinema. Racconto della mia città, Roma. Lavoro per la tv, #Rai3