Per aprire la PA rendiamola un “campo da gioco”: ecco come

Gianluigi Cogo
PA digitale
Published in
4 min readMay 29, 2017

Originariamente pubblicato su www.agendadigitale.eu il 29 Maggio 2017.

L’insistenza con la quale si prova a ridefinire la Pubblica Amministrazione in ottica di opportunità per il mercato, da un lato mi affascina e dall’altro mi preoccupa.

Il concetto di Government As A Platform mi convince e mi entusiasma se guardiamo alla Pubblica Amministrazione come ad un ecosistema di servizi digitali maturo e disponibile.

Non mi convince proprio e dunque mi preoccupa anche, quando osserviamo il suo complesso sistema di governance e la burocrazia che, in senso lato, la soffoca.

Ma andiamo con ordine e proviamo a capire se grazie al digitale possiamo assumere un approccio più libero, partecipato e creativo che permetta a forze sane, giovani e anche ingenue di dare un senso a questo paradigma incompreso che prende il nome appunto di Government As A Platform.

Lo so, son noioso, parto sempre da li, ovvero dagli amici britannici e la definizione che più mi convince è questa: ‘Government as a Platform is a new way of building digital services. We’re creating a set of shared components, service designs, platforms, data and hosting, that every government service can use.
This frees up teams to spend their time designing user-centric services rather than starting from scratch, so services become easier to create and cheaper to run.’

Dunque tutto maledettamente bello e facile?
No per niente. Anzi sempre più complicato se inteso come lo intendiamo qui da noi, nel bel paese, ovvero condito di regole e ruoli a non finire. Di accordi, convenzioni e contratti per fare ogni cosa che profumi di digitale.

L’idea che vado a descrivere mi è venuta durante l’ultimo ForumPA grazie alle tante occasioni di networking e al confronto con le aziende durante il panel sul ‘data driven decision’.
Per valutare se davvero la piattaforma di dati e API della Pubblica Amministrazione risulta appetibile, bisognerebbe aprirla a tutti senza regole, come un vero playground.
Il playground (o ‘campetto’, tradotto all’italiana) è quel luogo dove ognuno porta i suoi strumenti (le scarpette, la palla, ecc.) le sue capacità e la sua creatività, quasi sempre per giocare in team ma molto spesso anche individualmente.

Dunque proviamo ad immaginare che un’amministrazione conceda l’accesso ai propri asset senza richiedere l’accreditamento e senza fare convenzioni o mettere in piedi sistemi di regole e contratti per l’uso. Più semplicemente, invece, mette a disposizione il proprio playground a tutti. Anche a un hacker russo? Si anche a un hacker russo. Vi fa paura?

Basterebbe fissare dei limiti sulla disponibilità. Numero di interrogazioni, tipologie di dati, temporizzazione, ecc. ma lasciare il campetto sempre aperto. Insomma ci si regola un po’ come nelle partitelle, finché un giocatore non finisce la partita che sta giocando, l’altro non entra. Ad esempio.

Altro sarebbe il caso da affrontare se la scala fosse diversa e più ampia, come quella orientata al profitto di mercato. Dunque se a giocare al campetto arrivasse una squadra organizzata, con le magliette e le scarpette luccicanti e tutte sponsorizzate, il discorso cambierebbe e si aprirebbe un dialogo per la convenzione o per delle regole tutte da definire.

Nel mondo aperto della rete generalista un esempio c’è già. Chi non conosce il mitico IFTTT? Ahi, ahi, ahi. Ai miei studenti lo indico spesso come uno dei servizi più stupefacenti della rete, ovvero quello più idoneo a rappresentare il web come un immenso Sistema Operativo che interopera e permette la creazione di applicazioni basate sulla fiducia e sulla creatività.

Bene, IFTTT ha da poco aperto la sua piattaforma a migliaia di sviluppatori indipendenti con un nuovo livello ‘gratuito’ che consente a chiunque di firmare, creare e pubblicare applicazioni con più di 430 API attualmente in esecuzione sul sistema.

E se lo facesse anche la Pubblica Amministrazione? Solo allora potremmo davvero capire se i nostri dati e le nostre interfacce applicative pubbliche sono percepite come sexy e dunque appetibili.

Certo, se dopo questo esperimento i risultati si dimostrassero scarsi, allora l’intero paradigma verrebbe giù di colpo perché nulla di appetibile e vantaggioso si manifesterebbe con chiarezza e opportunità nemmeno per i creativi con l’anima hack.
Rimarrebbe altresì inalterato un sistema di regole, convenzioni e procurement a disposizione delle sole aziende che sinora hanno operato (bene o male giudicate voi) per la PA locale e centrale.

Il campetto, dunque, è il luogo nel quale far crescere le abilità. E’ il luogo nel quale si impara guardando cosa fanno gli altri. E’ il luogo nel quale si imparano i trucchi del mestiere. Apriamolo, prima che sia troppo tardi.

Durante il networking romano ho chiacchierato con diversi developer e gestori di dati pubblici, compresi i ragazzi che sviluppano SPID. E devo dire che l’idea piace. Piace perché può attrarre talenti verso asset che se abbandonati alla gestione e conduzione pubblica nel tempo perderanno valore e appetibilità.

Poi, si aprirà la partita vera che si basa su due momenti molto importanti e decisivi. La scelta di un modello di governance per la API Economy e la scelta di un infrastruttura di API management possibilmente open e collaborativa, ma con strumenti di controllo e monitoraggio davvero a prova di bomba.

La Government As A Platform è pronta per essere servita.

Come Regione Veneto l’asse API/DATI e la messa in disponibilità è un must già inserito fra gli assi trasversali e fondamentali della nostra Agenda Digitale e su ciò vogliamo giocare una partita con tutti gli attori disponibili: Pubblica Amministrazione e mercato.

Originally published at www.agendadigitale.eu on May 29, 2017.

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