La palla di vetro

Crossroads
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4 min readNov 7, 2016

di Maurizio

Roraima, un monte simbolo del Venezuela. Situato al confine con Brasile e Guyana, il Roraima è un crocevia.

Sembrerà la tipica immagine estrapolata da un film, un cliché esageratamente speculato, ma capita che ci siano descrizioni o metafore che calzando esattamente la sensazione da cui sono scaturite vengono riprese ripetutamente per indicare nuovamente o da altri il medesimo sentimento di cui sono descrizione.

Si tratta del percepire se stessi all’esterno della cupola di vetro che circonda determinati paesaggi, si tratti di città, singole chiese o paesaggi naturali. Mi riferisco a quegli oggetti, ormai obsoleti e fuori produzione, che se scossi con vigore riproducono una forte nevicata o qualsivoglia condizione naturale. Questi oggetti risvegliano in me ricordi scaduti con il nuovo millennio, nostalgici e relegati in un passato pre-digitale.

L’obbiettivo di questi souvenir della memoria è preservare un ricordo romantico di un luogo visitato o vissuto, in questo caso però sono la gabbia, il malefico esperimento apocalittico, che imprigiona i ricordi stessi e limita la capacità di comprendere ed accettare che oramai si vive una vita lontana dal luogo amato, fortemente desiderato ma irraggiungibile dalla sfera sensibile delle nostre esperienze.

Credo di potermi riferire a tutti coloro che hanno subìto o vissuto un allontanamento da un luogo lontano, diverso, per essere trapiantati, come si fa con le piante che per crescere meglio necessitano di più terra e spazio. Quel luogo non smette mai di essere percepito come casa, una Itaca a cui si aspira tornare, più per un idea che si ha di essa che per la concreta sensazione che possa davvero essere la terra promessa dopo anni di peripezie.

La palla di vetro che nei miei sogni racchiude la mia terra natìa, il Venezuela, rappresenta molto di più che il trattenere un ricordo e preservare un desiderio. Rappresenta un dualismo micidiale, da un lato rispecchia l’opacità con cui si volge lo sguardo al passato, la difficoltà di osservare i dettagli, di dare un senso preciso alla nostalgia. Dall’altro lato invece rappresenta un ostacolo insuperabile alla concreta possibilità che quel luogo possa essere un ritorno concreto ad una vita felice così come la si ricorda nei sogni d’infanzia. La sensazione è quella di un oscillare perenne tra un passato che inconsciamente forma il tuo presente e un futuro che non potrà mai rispecchiare il tuo desiderio di rivivere la sana felicità del passato.

A volte ritrovi te stesso a scuotere con violenza la palla di vetro, sperando che l’assestamento successivo possa rendere i dettagli più facili da scrutare o che per magia la palla di vetro si possa aprire per rapirti e mostrarti nuovamente ed in modo chiaro un passato che senti la necessità di indagare nel profondo, fosse solo per ritrovare e rafforzare i legami con un posto che il tuo cuore insiste nel chiamare casa ma che la tua mente fatica a comprendere.

Dal momento del trapianto di radici sono tornato molto spesso nella terra di cui parlo, l’ho rivissuta, all’inizio con forte empatia, senza percepire una distanza emotiva in aumento. Con il tempo e l’evoluzione di una coscienza culturale le quali radici si trovano qui in Italia, tornare ha cominciato a cambiare di senso, la cupola aveva iniziato a mettere le fondamenta, alzandosi ad ogni volo Caracas-Milano, fino all’ultimo ritorno, fino ad oggi.

È ovvio pensare che le vicende che scuotono dall’interno il Venezuela non aiutino, è per me legittimo sentire lontananza spirituale dalla violenza, dalla disperazione che come pioggia bagna quella terra ormai da troppi anni. Sentire raccontare determinate vicende, a volte molto tristi a volte semplicemente tragiche, da persone che hanno un peso significativo nella tua vita non è solo un modo per capire l’assurdità di certe condizioni umane ne è solo fonte di tristezza empatica, ma è senz’altro un’altra chance che si da alla cupola di aumentare lo spessore del proprio vetro. Qui avviene il complotto emotivo, esattamente nel momento in cui vuoi sentire la distanza tra te e il centro della cupola svanire, nel momento in cui hai motivazioni più forti della nostalgia e dei ricordi a spingerti a concretizzare le tue sensazioni, proprio in quel momento la cupola si fa più opaca, secerne dal suo interno un gas paralizzante, hai dei forti momenti di lucidità in cui vorresti gridare al mondo ciò che accade, renderti utile ma il tuo corpo non reagisce. Una sorta di paralisi del sonno, cos’è che si dice a proposito per superare il momento di paralisi? Riaddormentarsi, pare sia l’unica soluzione. Ed è quello che fai, ritorni a sognare quando quella terra per te significava solo amore, sole e un mare senza limiti all’orizzonte.

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