Prendi e parti!

Anastasia Barone
Crossroads
Published in
4 min readOct 5, 2016

Anche voi, confusi e sperduti nel grande mondo della precarietà, non sapete cosa fare del vostro futuro? Vi siete appena laureati a pieni voti e ciò nonostante non avete ricevuto l’offerta del lavoro della vita? È da un anno che lavorate nel bar sotto casa e siete insoddisfatti, volete cambiare aria, volete sperimentare cose nuove? Volete imparare una nuova lingua (chi non vuole imparare una nuova lingua?) ma non potete pagarvi un corso in una scuola privata? Oppure ancora non avete capito cosa sarete o volete essere ma in qualche modo dovete tirare a campare? Una possibilità c’è sempre: prendere e partire!

Se vi guardate intorno scoprirete, infatti, che le vie della mobilità europea sono infinite e da qualche parte nel grande e intricato mondo della cooperazione europea qualche spicciolo si troverà anche per voi. Entrerete a far parte di questa piccola grande storia che è l’Europa della libera circolazione, degli scambi e soprattutto, del volontariato europeo.

Così iniziate la vostra ricerca, districandovi nella miriade di siti che raccolgono, in modo più o meno confuso, le innumerevoli occasioni di scoprire un mondo nuovo e vi candidate per un Servizio Volontario Europeo per aiutare i bambini “problematici” dei quartieri “problematici” di Ginevra (sì ci sono quartieri problematici anche a Ginevra), oppure per salvare l’ambiente dalla distruzione provocata dall’uomo sulle coste portoghesi. (Oh, oceano, quanti ci piaci!)

Purtroppo non venite selezionati per i progetti per cui vi siete candidati ma vi offrono comunque una seconda chance : potreste, in effetti, riempire il posto rimasto vuoto per andare a Bytow (come non sapete dov’è? È in Polonia!) ad insegnare le lingue straniere e la tecnologia agli anziani. Del resto da qualche parte dovrete pur cominciare, e, ammetterete, ancora non siete proprio proprio adatti al mondo del lavoro.

E allora via! Si parte per sei mesi in Polonia. Sì fa freddo e sì, il polacco è un po’ ostico però, per la prima volta nella vita, qualcuno vi paga per quello che fate e, incredibile, vi danno anche una casa e dei buoni pasto. Sull’onda dell’entusiasmo vi fate un corso intensivo di polacco e intanto cominciate questa prima piccola grande esperienza lavorativa anche se a dire il vero vi chiamano volontari, e vi pagano da volontari. Quindi poco. Però cominciate a capire come funziona, vi alzate presto al mattino raggiungete la sede e fate amicizia a modo vostro con questi anziani e simpatici signori con cui non potete comunicare in alcun modo ma per fortuna siete molto espressivi. A poco a poco ci prendete la mano e scoprite che vi piace un sacco insegnare l’inglese, anzi siete proprio bravi. Nel frattempo le serate di Bytow contro ogni aspettativa riservano grandi sorprese e vi ritrovate a scolare vodka nei bar sotterranei accompagnati dai vostri colleghi volontari e nuovi amici autoctoni con i quali al secondo bicchiere parlate un polacco fluente.

Però niente è per sempre, soprattutto non i programmi di mobilità e arriva inesorabile il momento dell’addio.

Fate l’ultima lezione agli anziani polacchi a tema “VIAGGIO” e alla fine vi commuovete. Orgogliosi dei loro successi e dei vostri traguardi li abbracciate per un’ultima volta. Sull’aereo di ritorno nostalgici ma carichi di entusiasmo state già pensando a come dare una svolta a questo rientro. Del resto ora avete acquisito molte nuove skills, avete quasi lavorato, con l’inglese siete quasi al top, e, perdio, sapete anche qualche parola di polacco! Il polacco non lo sa nessuno, è super rentable.

Tornati a casa da mamma e papà non resistete più di qualche settimana senza la vostra tanto agognata autonomia, vi fanno rimpiangere persino Bytow. Portate qualche CV nei dintorni di casa ma non avete la certificazione d’inglese e poi ancora non potete dire di avere “esperienza”. E certificarsi costa molti soldi che al momento non avete.

Già, siete di nuovo poveri e senza un futuro. Però ora siete più forti, più motivati, carichi di idee. Bisogna solo trovare le persone giuste con cui condividerle!

Tornate nella vostra Bologna, rincontrate i vostri compagni di Università e discutete di progetti futuri. Dai, facciamolo, apriamo un progetto di insegnamento di inglese agli anziani bolognesi. Spulciate tutti i bandi europei e scoprite che ci vuole una laurea per scrivere un progetto, bussate alle porte del Comune ma figuriamoci. Crowdfunding ultima chance ma purtroppo non raccogliete abbastanza soldi quindi rinunciate.

Inizia la fase della disperazione collettiva e intanto al bar sotto la vostra vecchia casa da studenti cercano un cameriere. Bologna vi piace proprio un sacco e poi qui avevate creduto di poter costruire qualcosa, di poter mettere a frutto tutto quello che avevate imparato. E poi lavorare al bar non è così male.

Così cominciate questa nuova vita, e per alcuni mesi vi sembra che vada tutto sommato bene. Poi arriva settembre e dodici su tredici dei vostri amici partono per l’Erasmus, fanno il Servizio Civile in un’altra città, si trasferiscono per la magistrale, vanno a lavorare con i carcerati della Bulgaria.

Così di tutta la banda restate solo in due. Giornate e nottate a parlare della precarietà della frustrazione “ma perché non riusciamo a fare niente qui? Forse dovevamo studiare biotecnologie.”

Poi però, ad un certo punto, colpo di scena, il vostro amico del liceo ha un’illuminazione!

“Ho trovato un bando per andare un anno in Irlanda a insegnare l’italiano! Pagati! Dura solo un anno ma almeno per un po’ la sfanghiamo e poi così l’inglese lo impariamo davvero!”

E così fate un’altra valigia, fino al prossimo bando.

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