La Politica della Violenza

Lisa Cavallini
cvrperu
Published in
9 min readDec 15, 2017

Durante il conflitto interno l’uso della violenza è stato endemico, sistematico, sia da parte di Sendero Luminoso che da parte dello Stato. La tortura, in particolare, ha assunto un ruolo decisivo nelle politiche d’azione di entrambi i fronti. Malgrado la diversità delle tecniche adottate, i sovversivi e lo Stato hanno condiviso una serie pratiche comuni.

Sendero Luminoso

Per quanto riguarda la violenza perpetrata da Sendero Luminoso (SL) possiamo distinguere due momenti, distinti per metodologia e scopo:

  • dal 1980 al 1982, la tortura era finalizzata all'ottenimento della simpatia e dell’adesione popolare; si impegnavano a castigare pubblicamente adulteri e ladri di bestiame, con l’obiettivo di assumere il ruolo di difensori della morale pubblica in assenza di altre autorità locali. Il castigo era ritualizzato: la vittima veniva prelevata dalla propria casa, veniva picchiata, denudata, legata, bendata e condotta in piazza con la forza, dove veniva sottoposta al “giudizio popolare”, ovviamente decretato dal gruppo sovversivo.
  • Dal 1983, in seguito alla militarizzazione del conflitto, aumentò l’uso della violenza sulla società civile, colpendo indiscriminatamente chiunque potesse essere sospetto di complicità con lo Stato. In questa fase la tortura era fine a se stessa, una pratica pre-omicidio volta alla deumanizzazione della vittima, in modo tale renderla più facilmente uccidibile. La tortura premorte consisteva nell’estrazione degli occhi dalle orbite, dei denti, nell’amputazione di arti o nella crocefissione.
L’esecuzione di due persone sospettate di passare informazioni sui senderisti allo Stato.
Una delle piazze usate come palco d’esecuzione senderista.
Cerimonia funebre dopo la strage di Lucanamarca (69 morti)

La violenza divenne quindi il loro principale dispositivo di controllo sulle comunità, uno strumento per eliminare ogni ostacolo alla loro ascesa, per creare vuoti di potere e ottenere l’obbedienza più totale. I campesinos venivano domati attraverso il terrore e l’intimidazione, rieducati attraverso una “pedagogia infernale del nuovo ordine”. Ogni morte doveva essere pubblica ed esemplare, doveva insegnare loro a stare al loro posto.

Un altro aspetto da considerare è che per Sendero Luminoso la violenza non solo era purificatrice e storicamente necessaria, ma anche un contributo dovuto per la creazione di un uomo nuovo; ad ogni senderista infatti, veniva richiesta una “quota di sangue da versare” in nome della rivoluzione, del cambiamento.

Lo Stato

Per quanto riguarda lo Stato, invece, la forza e la tortura vennero esercitate in maniera sistematica esclusivamente nei luoghi di detenzione (tanto in quelli ufficiali quanto in quelli ufficiosi, es.Casa Rosa) ed era rivolta al raggiungimento di 3 obiettivi principali:

1. Estorcere informazioni (sull'organizzazione dei gruppi sovversivi);

2. Ottenere autoaccuse;

3. Indurre denunce verso terzi (tattica che spesso creava un effetto domino sulle accuse).

L’uso così generalizzato della tortura dipese soprattutto dalle gravi deficienze strutturali del sistema di amministrazione della giustizia e di investigazione della polizia. Attraverso l’ottenimento di informazioni, accuse ed autoaccuse, infatti, si potevano portare avanti i processi e, di conseguenza, fingere pubblicamente di avere la situazione sotto controllo.

Parallelamente, diversi trattamenti crudeli, disumani o degradanti vennero usati come normale forma di trattamento dei detenuti (composti tanto da senderisti quanto da civili sospetti di collaborare con i ribelli). Tali trattamenti combaciano quasi perfettamente con quelli inflitti da SL nella “preparazione” degli accusati al giudizio del popolo.

Le principali tecniche di tortura erano: “Huevo de Toro” (calzino pieno di sabbia, tecnica che non lascia segni visibili), “Gallina Ciega”(una specie di mosca cieca violenta), la scossa elettrica, le sospensioni, le mutilazioni e diverse tecniche di asfissia come “el Trapo”, “el Submarino”, “el Playazo”, “la Tina” (vasca piena di liquidi vari, tra cui escrementi e detersivi) e, infine, “el Tè Filtrante”. La maggior parte delle tecniche impiegate dallo Stato richiedevano un certa “scenografia” di base e determinati strumenti di lavoro, aspetti che denotano una elaborazione particolarmente creativa delle strategie di violenza.

L’accoglienza di ogni detenuto iniziava con una cerimonia di benvenuto che prevedeva una serie di prove fisiche estenuanti, il bendaggio, l’immobilizzazione e l’impiego di una delle tecniche di tortura di cui ho parlato in precedenza.

Militari che sorvegliano dei sospettati

In cambio di confessioni veniva offerta la libertà o la diminuzione della tortura. La detenzione, illegale nella maggioranza dei casi, poteva terminare con la liberazione, la regolamentazione della detenzione, la sparizione o l’esecuzione.

È importante sottolineare che anche gli agenti statali mettevano in pratica delle strategie volte alla facilitazione del compimento dell’omicidio e della tortura: durante gli atti di violenza, infatti, veniva quasi sempre trasmessa della musica per coprire le urla e gli aguzzini abusavano sistematicamente di alcool, droghe e farmaci.

Un’altra importante arma di cui si dotò lo Stato, in particolare con l’ascesa di Fujimori, fu l’uso della paura: il potere politico riuscì infatti a sfruttare la paura della società per convincerla a scambiare i suoi diritti e libertà democratiche in cambio di una promessa di ordine e stabilità. Gli effetti della violenza politica sulla società civile furono devastanti: subì una disarticolazione (distruzione delle pratiche di solidarietà e azione collettiva), le venne imposto il silenzio (“Quien habla es terrorista”) e lo spazio pubblico venne soppresso.

L’utilizzo della violenza politica da parte dello Stato, per l’individuazione dei membri appartenenti ai gruppi sovversivi, è stato talmente endemico e sistematico da essere definito come una sorta di “drenaggio del mare per prendere i pesci”.

Nelle pagine che trattano la questione sulla tortura y otros tratos crueles, inhumanos o degradantes, la Comisión de la verdad y Reconciliación sembra volere fare una netta distinzione tra il modus operandi di perpetrazione della violenza da parte di Sendero Luminoso e dello Stato, attribuendo al primo uno stile barbaro, brutale e casuale, e al secondo una tecnica raffinata, chirurgica. Come se SL seguisse l’istinto animale e lo Stato imbastisse una sorta di rappresentazione teatrale che segue una certa logica. Sicuramente siamo di fronte ad un diverso approccio alla violenza ma la brutalità e la teatralità appartengono ad entrambi in modo equo. Se infatti Sendero Luminoso da un lato si arma di tecniche più primitive e semplici, dall’altro è estremamente scenico nella sua ricerca di un pubblico: ogni esecuzione, ogni atto di violenza viene forzatamente sottoposto allo sguardo della società civile o dei familiari della vittima. Lo Stato, dal canto suo, pur utilizzando tecniche specifiche più complesse e strutturate, quasi a mettere in scena un vero e proprio film dell’orrore — come attraverso perversi giochi di ruolo in cui gli aguzzini assumono a turno le vesti del poliziotto buono e di quello cattivo — esprime la sua brutalità nuda e cruda proprio nella ricerca, nella messa a punto e nell’insegnamento di tali pratiche del dolore.

Per consultare il capitolo della CVR sui Modelli di perpetazione dei crimini e delle violazioni dei diritti umani Clicca Qui.

La Società Civile

Alla luce dei fatti, possiamo situare la società civile campesina al centro di due fuochi: da una parte c’era lo stato, con il suo terrore politico, i desaparecidos, le detenzioni forzate, le torture e le esecuzioni illecite; dall’altro c’erano i senderisti, che impiegavano tutte le loro forze per assoggettare le comunità al loro dominio. Dopo un primo momento di approvazione, dovuto alla sostanziale distanza dello Stato dalle comunità campesinas, la società civile iniziò a distanziarsi dai metodi violenti senderisti e, realizzando che i militari erano decisamente più forti dei sovversivi, strinse un’alleanza con essi.

I militari armano una comunità campesina

Sotto l’occupazione senderista, la vita delle comunità era totalmente distorta: erano state sospese le festività familiari e comunitarie; era impossibile organizzare mercati e spostarsi da un villaggio all'altro per via della pericolosità delle strade; erano costretti a lasciare i morti dove erano caduti (sia perché i senderisti impedivano la sepoltura e si accanivano sui cadaveri, sia perché era pericoloso rimanere esposti per il tempo necessario per assemblare i corpi e scavare la fossa); venivano bruciate le chiese e distrutti i luoghi di culto.

La società civile non impiegò troppo tempo prima di iniziare ad adottare un nuovo ordine morale e ad organizzare delle strategie di difesa, sia dal pericolo esterno che interno.

Per quanto riguarda la minaccia esterna, i campesinos iniziarono ad organizzare delle ronde armate, grazie alle armi fornite loro dai militari, per eliminare i guerriglieri e i loro simpatizzanti. Un esempio è dato dalla celebre ronda campesina della comunità di Uchuraccay (Ayacucho) che, dopo aver ucciso 7 senderisti, portò le loro teste mozzate alla polizia locale. Questo aneddoto spinse 8 giornalisti limegni a recarsi sul posto per investigare sulla realtà dei fatti. Questi giornalisti vennero uccisi a colpi di pietra e machete, la loro lingua venne tagliata e i loro occhi staccati dalle orbite. Successivamente i loro corpi furono seppelliti a faccia in giù in fosse poco profonde.

SX: I giornalisti in viaggio (l’ottavo scatta la foto); DX: Esumazione dei corpi dei giornalisti.

Per quanto riguarda il pericolo interno, invece, si verificarono diversi casi in cui le comunità decisero di uccidere dei compaesani perché sostenitori o particolarmente vicini ai gruppi senderisti. Una testimonianza molto interessante viene riportata da Kimberly Theidon nel suo articolo “How We Learned to Kill Our Brother: memory, morality and reconciliation in Perù”:

We knew the Cayetanos had been giving food and lodging to the terrucos (Senderistas). In their house up on the puna, they let the terrucos spend the night. We knew what the soldiers would do if they found out. We knew we had to stop that. So we rounded up the family one night, all but the youngest child, and took them down to the river below. We hung them all that night and dumped their bodies in the river. That’s how we learned to kill our pròjimo (fellow/brother creature).

In questa testimonianza giace il seme del nuovo ordine morale campesino: la violenza interna come politica di sopravvivenza, uccidere il proprio fratello per salvare la propria famiglia e la propria comunità.

Un ultimo elemento interessante che vorrei introdurre, concerne la rappresentazione deforme del nemico senderista nell'immaginario dei campesinos. Questi ultimi, infatti, consideravano così inconcepibile la violenza a cui erano sottoposti dai loro stessi connazionali, che arrivarono a vederli e a descriverli come gringos provenienti da altri paesi o addirittura come forme di vita aliene, extraterrestri, corpi deformi con gli organi sessuali fuori posto: come a sottolineare un’anormale riproduzione della loro specie, sempre in aumento, mentre loro diminuivano. Oltre all'orrore dell’uccisione tra fratelli, compaesani e connazionali, un altro fattore che ha determinato quest’alterazione nella percezione della realtà è il fatto che i sovversivi sono persone sempre in marcia, che si spostano senza farsi riconoscere perché bendano le vittime o tengono il capo coperto. L’essere coperti in volto e l’essere itineranti sembra dimostrare la loro inumanità, la totale mancanza di connessione con le persone e con i luoghi.

Entonces, pues, mi pueblo era, no sé… un pueblo ajeno dentro del Perù. (Primitivo Quispe, Audencia de Ayacucho)

Riferimenti

Burt Jo-Marie, 2003, “Quien habla es terrorista”: The Political Use of Fear in Fujimori’s Perù. Latin American Research Review.

Capitolo (1.4) “La Tortura y Otros Tratos Crueles, Inhumanos o Degradantes”: Clicca Qui.

Citroni Gabriella, 2004, L’Orrore Rivelato. L’Esperienza della Commissione della Verità e Riconciliazione in Perù: 1980–2000, Milano, Giuffrè Editore.

Dickson Kent, 2013, Trauma and Trauma Discourse: Peruvian Fiction After the CVR. Chasqui, 42(1), 64–76.

Rodríguez Maeso Silvia, « The Politics of Testimony and Recognition in the Guatemalan and Peruvian Truth Commissions: The Figure of the ‘Subversive Indian’ », RCCS Annual Review [Online], 3 | 2011, Online since 01 October 2011: Clicca Qui.

Theidon Kimberly, 2000, “How we learned to kill hour brother”?: memory, mortality and reconciliation. Bull. Inst. fr. études andines.

Sito Ufficiale della Comision de la Verdad y Reconciliaciòn: Clicca Qui.

Video “CVR-Agentes del Estado”: Clicca Qui.

Video “ CVR-Sendero Luminoso”: Clicca Qui.

Video “Informe Comision de la Verdad y Reconciliaciòn”: Clicca Qui.

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