(Quasi) venti anni dopo: la situazione nel Perù post-conflitto

simona sora
cvrperu
Published in
15 min readDec 16, 2017
Cover — “Viudas y vidas” © 2006 Mauricio Delgado Castillo

They gave us their voices. We return them in a report that tells the story of us all, the history that we must not forget, the history that we must not repeat, and the other story, that of hope, that which should begin today.

— Dr. Salomón Lerner Febres, concluding his presentation of the CVR’s Final Report in Ayacucho [1]

Parte prima: una questione di giustizia[2]

Il compito delle CVR è quello di raccogliere più testimonianze possibile. Possono essere considerate esempi di giustizia transizionale, perché lavorano su temi che la giustizia ordinaria non è in grado di affrontare. Dal momento che la commissione è — o dovrebbe essere — formata da più voci, le CVR sono considerate uno strumento abbastanza oggettivo. Ma servono davvero a sanare la sete di giustizia delle vittime?

Domanda irrisolta, perché è un modello piuttosto nuovo e comunque è molto difficile per le commissioni rimanere neutrali di fronte alle influenze politiche provenienti da più parti. Ogni CVR è inoltre diversa dalle altre perché diversi sono i contesti in cui lavorano. Infine, questo tipo di progetti corre il rischio di riaprire le ferite delle vittime chiedendo loro di raccontare pubblicamente ciò che è avvenuto.

Parte seconda: cosa andava fatto

Nel IX e ultimo tomo dell’Informe Final della CVR la commissione presenta le sue raccomandazioni per ottenere una vera riconciliazione tra la società e lo Stato peruviano. È fondamentale infatti per gli autori dell’informe che il Perù post conflitto ponga le sue radici su un nuovo patto sociale[3], e che lo Stato diventi veramente di tutti e per tutti i cittadini. La questione della cittadinanza in quel Paese ha problemi le cui origini si perdono nel remoto passato e che si reggono su stereotipi razzisti che resistono ancora oggi, e che sono in parte anche causa di quello che le popolazioni andine hanno subito durante il ventennio della guerra civile tra il silenzio e la quasi indifferenza del resto della popolazione. La CVR sottolinea come il Perù non sarà mai un Paese unito finché lo stato non considererà tutti i suoi abitanti come cittadini di pari doveri ma soprattutto di pari diritti.

Una piena riconciliazione può essere ottenuta solamente se lo Stato si muoverà in tre direzioni: risoluzione finale del conflitto, discussione critica del concetto di riconciliazione, aumento delle politiche che rispondano ai bisogni dei cittadini.[4]

La guerra non ha causato solo morte e dolore a migliaia di persone, ma ha anche danneggiato intere comunità distruggendo importanti infrastrutture ed impoverendo ulteriormente zone già caratterizzate da un grande sottosviluppo economico rispetto ad altre parti del Paese. Ha inoltre influito negativamente sulla percezione che queste comunità hanno dello Stato, visto ora non solo come distante ma anche come autoritario, violento e razzista.

Le vittime della violenza hanno dovuto sopportare venti anni di lutto e dolore senza che nessuno ascoltasse la loro voce; solo con il lavoro della CVR è stata data loro la possibilità di raccontare ciò che avevano visto e vissuto.[5] Il permesso di raccontare e quindi di ricordare può essere considerato una prima forma di risarcimento; è anche vero però che la funzione catartica dell’essere ascoltati risulta inutile se le aspettative di ricevere giustizia vengono deluse dalla mancanza di azione da parte dello Stato.

Oh, why should I remember all of that again? From the top of my head to the bottom of my feet, from the bottom of my feet to the top of my head? I’ve told what happened here so many times. And for what? Nothing ever changes.[6]

Ottenere la verità su quello che è accaduto e su ciò che è successo ai propri cari scomparsi non è sufficiente per le vittime di una violenza tanto brutale da risultare inspiegabile: è necessario che lo Stato fornisca un qualche tipo di risarcimento, fosse anche la possibilità di intravedere un futuro migliore per sé e per i propri figli. Purtroppo a distanza di anni ancora poco è stato fatto per garantire giustizia a chi ha sofferto: questo ha reso molte delle vittime ciniche e non ha fatto altro che farle sentire ancora più inermi di fronte ad un sistema disinteressato alle loro vite.[7]

Secondo diversi autori[8] i benefici momentanei del racconto sono comunque evidenti, perché è la prima volta che le vittime si sentono ascoltate da uno stato che le ha sempre ignorate. Importante anche che le vittime non si sentano sole: altre persone hanno sofferto come loro. Ma solo alcuni dei testimoni dicono di aver condiviso la storia per fare in modo che non succedesse mai più, mentre la maggioranza si aspettava un risarcimento che non è arrivato e questo è causa di ulteriore frustrazione.

La questione del risarcimento è molto importante nel lavoro della commissione e in particolar modo nell’ultima parte dell’Informe. Infatti la CVR propone come forma riparatoria un Plan Integral de Reparaciones (PIR), un progetto multidimensionale che gli autori ritengono indispensabile per diverse ragioni: per una motivazione giuridica legata al diritto delle vittime di veder perseguiti i colpevoli dove questo sia possibile; una motivazione etica, perché le vittime hanno il diritto di essere risarcite per quanto è loro accaduto; e una motivazione politica, perché solo mostrando la propria volontà di sanare le ferite della guerra lo Stato potrà ambire a ricucire il tessuto sociale lacerato da anni di violenze.[9] Nelle parole degli autori della CVR, il PIR è

…[necessario] per riparare e compensare la violazione dei diritti umani, nonché le perdite sociali, morali e materiali o danni subiti dalle vittime a causa del conflitto armato interno. In altre parole: riconoscere la qualità di vittime che hanno subito la violazione dei diritti umani durante il conflitto armato interno, in modo da ripristinare i loro diritti civili, e contribuire a ripristinare la fiducia civica e della solidarietà sociale; contribuire al recupero morale, mentale e fisico delle vittime sopravvissute alle violazioni dei diritti umani nonché dei parenti delle persone scomparse a seguito del conflitto armato interno; riparare i danni economici e sociali agli individui, alle famiglie e alle comunità più colpiti, causati dal conflitto armato interno. [10]

Per ottenere tutti questi risultati il PIR è dunque formato da sei distinti programmi:

· Piano di risarcimento della salute che comprende progetti a favore di chi ha riportato danni sia fisici che psicologici a causa delle violenze subite. il risarcimento per questo ultimo tipo di danni deve essere fatto sia nei confronti dei singoli che nei confronti delle comunità, che sono state lacerate dall’interno dalla violenza e dalla necessità che molti hanno avuto, per sopravvivere, di matar ellos projimos (secondo le parole di Kimberly Theidon). Ricostruire il senso di comunità inoltre diventa impossibile quando vittime e colpevoli impuniti si trovano a vivere nello stesso luogo senza che venga fatta giustizia. Le singole persone che hanno subito o assistito alle violenze invece devono essere aiutate a superare il trauma e il senso di insicurezza costante che accompagna chi per anni non ha potuto sentirsi al sicuro in nessun luogo[12]. La mancanza di fiducia nei rappresentanti dello Stato, perfettamente comprensibile se si pensa che ad uccidere i civili non erano solo i senderisti ma anche l’esercito e gli squadroni della morte al soldo del governo, impedisce la piena partecipazione delle vittime a qualsiasi progetto di ricostruzione della democrazia necessario per superare le ferite della guerra e impedire veramente che ciò che è accaduto non si ripeta.

the majority of victims-survivors had suffered from poor living conditions even before the war, conditions only exacerbated by the political violence.Before be coming “victims” of the war, they had been “victims” of historical, social, and economic conditions that deprived them of basic social services such as health. In effect, this population had experienced a double violation of their rights: both civil and political rights, and economic, social, and cultural rights.[13]

La sfida proposta dagli autori della CVR è quella di trasformare le persone che hanno subito violenze da vittime in cittadini consapevoli dei propri diritti e che hanno la possibilità di esercitarli.

· Piano di risarcimento simbolico che comprende manifestazioni e gesti pubblici, atti di riconoscimento, istituzione di luoghi di memoria e tutto ciò che favorisca una riconciliazione pubblica. È anche ritenuto necessario che lo Stato riconosca pubblicamente i suoi errori nella gestione del conflitto e che chieda scusa.

· Piano di risarcimento dei diritti dei cittadini; è infatti necessario regolamentare la situazione di quelle persone che si trovano senza documenti a causa della guerra e restituire i pieni diritti a coloro che sono stati ingiustamente accusati di terrorismo e imprigionati. Tutti i cittadini devono avere pari diritti ed essere uguali agli occhi dello Stato.

· Piano di risarcimento dell’istruzione dedicato a chi ha dovuto interrompere gli studi a causa della guerra o ai figli delle vittime di violenza sessuale. La CVR consiglia di annullare le tasse scolastiche per le vittime della violenza per permettere a chiunque lo desideri di ricevere un’istruzione. La questione scolastica è molto importante per gli autori della CVR, ben consapevoli che il movimento di SL è nato proprio all’interno dell’università e che tra le cause della sua comparsa c’è anche la bassa considerazione dello Stato nei confronti del sistema scolastico nelle aree del Paese lontane dai centri più grandi. Le scuole, in particolar modo le università, sono diventate durante il periodo della guerra un terreno di scontro ideologico dove lo Stato ha perso il controllo e non si è mostrato più in grado di creare sentimenti di unione e di appartenenza. La bassa considerazione del lavoro degli insegnanti ha causato una forte frustrazione che ha portato molti docenti ad unirsi alla lotta armata.[14]

Secondo gli autori della CVR questi fattori non possono essere ignorati ancora a lungo e rendono necessaria una riforma dell’intero sistema scolastico.

· Piano di risarcimento economico necessario per permettere alle vittime e ai loro famigliari di condurre una vita dignitosa. Questo indennizzo non dev’essere visto propriamente come un piano di lotta alla povertà, ma deve fare parte di quel sistema di risarcimenti utili per favorire la riconciliazione tra lo Stato e quei cittadini che dallo stato sono sempre stati abbandonati e ignorati. Il risarcimento economico è visto come necessario e deve essere destinato non solo alle comunità ma anche e soprattutto ai singoli, perché le vittime considerano lo Stato colpevole di non essere stato capace di difenderle; ottenere una riparazione per quanto è successo è quindi un loro diritto.[15] L’indennizzo sotto forma di costruzione di nuove infrastrutture per la comunità non viene ritenuto valido dagli autori della CVR perché questi possono essere considerati come lavori compresi in un piano di sviluppo e che quindi andavano già fatti.

· Piano di risarcimento collettivo utile, stavolta, a ricostruire le infrastrutture e i servizi base che le comunità hanno perso a causa della guerra. Le zone più colpite dal conflitto erano già caratterizzate da livelli molto alti di povertà; è quindi necessario fornire loro i mezzi per migliorare la loro condizione.

I fondi da destinare a tutte queste forme di risarcimento sono ottenuti, nell’idea degli autori della CVR, da una voce di bilancio apposita nel piano economico del governo e in parte da fondi provenienti da organismi internazionali per la protezione dei diritti umani.

Vengono poi suggerite dagli autori della CVR alcune riforme come quella del sistema giudiziario, che non si è mostrato capace di proteggere i suoi cittadini innocenti e una riforma delle forze armate che metta fine all’impunità di chi ha compiuto massacri facendo processare i presunti colpevoli da tribunali civili e non militari anche se membri dell’esercito;[16] è necessario infine promuovere il ruolo della memoria storica come mezzo di conoscenza di ciò che è avvenuto e per impedire che qualcosa di simile accada di nuovo.

Parte terza: cosa è stato fatto

Miluska Rojas, Secretaria ejecutiva en Movimiento ciudadano Para Que No Se Repita, 2013

La reazione dello Stato e della società civile all’uscita dell’Informe Final è stata di diversi tipi. L’allora presidente Toledo ha sottoscritto l’IF e ha chiesto scusa pubblicamente a nome dello stato. Il suo esempio non è stato però seguito dai rappresentanti delle forze armate, che non hanno dato riconoscimento pubblico alle vittime civili né hanno ammesso che le violazioni dei diritti umani da parte dell’esercito sono state continue e non episodi sporadici.[17]

Nonostante alcune resistenze comunque viene creato il Plan Integral de Reparaciones: programacion multianual 2005–2006 che comprende il lavoro di più ministeri in otto delle regioni più colpite →il governo si è mosso velocemente a livello normativo, ma in realtà i risarcimenti non ci sono stati o sono molto pochi, e questo viene visto dalle vittime come mancanza di volontà politica.

· Viene poi creata il 6 febbraio 2004 la CMAN, ovvero la Commissione multisettoriale di alto livello incaricata dell’attuazione delle azioni e politiche dello stato negli ambiti della pace, della riparazione collettiva e della riconciliazione nazionale[18]. Formata per promuovere un piano politico per la pace e cercare accordi con le organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani, la CMAN presenta tuttavia fin dall’inizio un grosso problema strutturale: il suo lavoro è affidato al consiglio dei ministri e non ad un organo permanente; per questo motivo i suoi incarichi non possono essere svolti in modo continuativo.[19] L’esistenza stessa di questa commissione deve comunque essere riconosciuto come un passo avanti importante e una novità rispetto a tutti gli altri Paesi che hanno utilizzato delle CVR.[20]

C’è poi la questione del riconoscere chi sia, esattamente, una “vittima”: chi ha ucciso lo è?

Nel novembre 2006 è stato istituito un Consejo de Reparaciones per creare un Registro unico delle vittime; per farlo però spesso si chiedono informazioni ai capi delle comunità, che a volte agiscono contro la verità per tutelare i loro interessi e quindi rimane il rischio che qualcuno venga escluso dalla lista.

“El consejo va a decider. Si no pasamos, no somos victimas” commento del leader di un’organizzazione di vittime →idea ancora diffusa che le persone possano avere dei diritti solo se qualcuno le considera “vittime” e non perché sono cittadini come tutti gli altri.

Viene posta più attenzione ai risarcimenti collettivi come per esempio lavori pubblici nelle comunità colpite non solo di ricostruzione ma anche di sviluppo e questo porta a proteste da parte delle vittime: questi non sono infatti considerati lavori di risarcimento ma qualcosa che lo Stato doveva già fare per lo sviluppo. Ne è un esempio il programma di sussidi Juntos che si concentra sulle famiglie con figli in età scolare →tiene fuori i genitori di desaparecidos o le vedove giovani → “perché a lui viene dato il sussidio? Non è una vittima” [21]

È stato creato anche un registro delle organizzazioni dei colpiti dalla violenza per riunirle tutte e facilitare la loro partecipazione alla creazione di politiche e azioni apposite; questo però esclude dai lavori tutte quelle persone che pur essendo vittime non fanno parte di alcuna associazione[22]

· Per quanto riguarda il diritto al risarcimento in tema di salute, ancora poco è stato fatto, in particolar modo per la cura dei traumi psicologici causati dalla violenza. Molto spesso le vittime non sono nemmeno consapevoli che la tutela della salute mentale sia un loro diritto (“Si la vida no fue un derecho, menos lo serà la salud”), molto spesso inoltre nemmeno i medici sono in grado di riconoscere i sintomi del trauma e quindi il paziente, spaventato dalla possibilità di essere affetto da un disagio mentale incurabile — che è spesso causa di forte stigma sociale — decide di tacere. è diffusa inoltre l’idea che la salute mentale non sia una priorità; infine, le cure prestate molto spesso non sono adeguate — anche solo per la mancanza di medici che parla la lingua quechua. Un caso particolare riguardo questo tema è quello di ARIL, un’associazione di persone sospettate ingiustamente di terrorismo che sono state detenute per lungo tempo e torturate, che si sono riunite in associazione e hanno spinto per il loro diritto ad avere delle cure mentali. Collaborano con il ministero della sanità e vedono la salute mentale come un diritto, cosa impensabile prima del lavoro della CVR.

La consapevolezza di avere diritti ti fa sentire umano; ma è stato necessario imparare come combattere per i propri diritti, il desiderio è fondamentale ma non basta. Serve l’aiuto di professionisti.[23]

Per quanto riguarda invece il tema della violenza contro le donne, le norme finora esistenti non tengono purtroppo conto né delle differenze socio-culturali (fanno riferimento solo all’area urbana) né delle vittime di abusi sessuali avvenuti durante la guerra.

Nel 2001, però, è stata approvata una norma contro la violenza sulle donne vista come una discriminazione e violazione dei diritti umani, di genere e trasversale, e un piano contro la violenza sulle donne è stato approvato proprio in base a questa norma. Il piano si propone di: prevenire, curare le vittime, cercare più informazione per muoversi a livello istituzionale. Ma a causa di continui cambi di governo esso non è ancora stato applicato.

A livello legale non esiste nessuna aggravante se la violenza è stata compiuta da un funzionario pubblico durante il servizio e durante i processi è necessario portare come prova la certificazione medico legale sul corpo della vittima — ma per fatti accaduti anni prima durante la guerra questo è impossibile. Mancano poi molti modi in cui la violenza può essere perpetrata, per esempio con la penetrazione tramite oggetti. In ultima analisi, le violenze compiute contro le donne negli anni della guerra non hanno ancora ottenuto un riconoscimento che permetta alle vittime di avere giustizia.[24]

· Per il piano del risarcimento simbolico sono stati creati alcuni musei dedicati alla memoria. Inoltre il documento frutto del lavoro della CVR è in libera consultazione e chiunque sia interessato può trovarlo sul web, dal 2010 anche nella sua versione abbreviata in lingua inglese[25]

· Infine, per quanto riguarda l’attesa riforma del sistema scolastico, purtroppo ancora nulla è stato fatto. La qualità dell’offerta formativa nelle aree più remote del Paese rimane bassissima e il mancato riconoscimento dell’importanza della figura degli insegnanti causa un malcontento crescente dimostrato anche dalle manifestazioni del SUTEP, il sindacato degli insegnanti, da molti considerato a rischio di infiltrazioni senderiste.[26]

Parte quarta: il MOVADEF e la scarcerazione dei senderisti — cosa succede ora?

Sembra comunque che la maggior parte dei cittadini peruviani sia disinteressata a ciò che è accaduto sulle alte montagne del Paese meno di venti anni fa. La società preferisce dimenticare piuttosto che riaprire vecchie ferite che potrebbero dar vita a nuova violenza oppure, come alcuni pensano, ciò che è accaduto durante la guerra non è veramente ritenuto importante perché quello che è morto è un Perù che non conta (Manrique 2012)

Anche a causa di questa ritrosia molti problemi rimangono irrisolti: per esempio, come trattare i senderisti che, dopo aver passato anni in carcere, sono stati scarcerati o sono in procinto di tornare liberi?[27] È democratico permettere al MOVADEF, il movimento per l’amnistia e i diritti fondamentali che chiede da anni la scarcerazione di Abimael Guzman, di costituirsi come partito politico e partecipare alle elezioni, oppure questo sarebbe semplicemente un aprire la strada ai senderisti nel governo?

Il desiderio di oblio è un modo per guardare avanti oppure, come negli anni di Fujimori, ancora oggi in Perù “quien abla es terrorista”?

Oggi Sendero Luminoso è ridotto a piccoli gruppetti sparsi nella selva che sembrano più interessati al narcotraffico che alla rivoluzione maoista — e non c’è da stupirsene: il movimento ha stretto accordi proficui con i narcotrafficanti fin dai suoi esordi, impegnandosi a fare da tramite tra i cocaleros e i narcos colombiani in molte zone del Perù (ad es. nella provincia di Huallaga, tra le Ande e la selva, zona dichiarata in stato di emergenza nel 1984)[28] — e opera soprattutto nella stessa zona da cui ha avuto origine, la valle chiamata VRAEM dai fiumi che la delimitano. La guerra portata avanti dallo stato nei confronti del movimento non si può dire conclusa ma semplicemente cambiata: da una lotta contro il terrorismo politico è divenuta una guerra contro il narcotraffico, e ottiene copertura mediatica solo quando vengono arrestate figure importanti del movimento o nei rari casi in cui campesinos ridotti in schiavitù anni fa vengono liberati dai militari.[29]

Nonostante la cattura di Guzman nel 1992 abbia rappresentato un colpo quasi mortale nei confronti di SL, alla testa del movimento si sono poi succeduti altri personaggi che hanno portato avanti le idee del Presidente Gonzalo adottando i suoi metodi (come il Camerata Artemio, arrestato nel 2012)[30] La minaccia della violenza è ancora molto sentita soprattutto ad Ayacucho, dove essa è stata più forte. Quella zona è tuttora considerata una zona rossa e molti comuneros temono il ritorno dei senderisti, dell’esercito, dei massacri e ogni nuova elezione è vissuta con apprensione palpabile.

Sendero come movimento politico è stato praticamente sconfitto. Ma il Perù non sarà mai al riparo dalla violenza interna finché non verrà affrontato seriamente il problema della cittadinanza, che è un problema non solo politico ma anche sociale e culturale. Finché lo Stato non considererà tutti i peruviani cittadini uguali davanti alla legge e finché non si procederà con i risarcimenti per le vittime della guerra (in alcune zone di Ayacucho la CVR è chiamata la comisiòn de la mentira tanto forte è il sentimento di frustrazione 6di chi sperava di ottenere qualcosa dalle testimonianze e che invece non ha ricevuto nulla) allora al sorgere del prossimo Abimael Guzman la storia si ripeterà e il Paese sarà sconvolto da altra terribile violenza.

O forse no.

Non ho mai provato rabbia nei confronti delle detenute [senderiste] prima di tutto perché quando entro in carcere lascio fuori il giudice che c’è in me, e questo mi aiuta ad apprezzare chi ho davanti. A me pare che l’essere umano quando è sotto pressione raggiunge uno dei due estremi: o uccide o si uccide. Cerco di voler bene, provo ad amare, ma capisco che chiunque possa superare il limite. Ho conosciuto in carcere le situazioni più impensabili, e piano piano ho imparato a percorrere il cammino del voler bene, e a far morire il giudice che c’è dentro di me e che il mondo alimenta sempre. (Enrico Rigosa, volontario OMG in Perù che lavora con i detenuti nelle carceri di Lima)

sitografia:

https://books.google.it/books?hl=it&lr=&id=jOU9_BQU9SYC&oi=fnd&pg=PA5&dq=WAGING+WAR,+MAKING+PEACE:+REPARATIONS+AND+HUMAN+RIGHTS&ots=nQDqVO3P5M&sig=Ml6LOxwFsNFoabhOtSTFcCOjK4E#v=onepage&q=WAGING%20WAR%2C%20MAKING%20PEACE%3A%20REPARATIONS%20AND%20HUMAN%20RIGHTS&f=false

http://www.jstor.org/stable/20072794

http://www.corteidh.or.cr/tablas/R08047-26.pdf

http://ictj.org/sites/default/files/ICTJ_Book_Peru_CVR_2014.pdf

https://www.researchgate.net/publication/228460634_Reparaciones_en_la_transicion_peruana_Donde_estamos_y_hacia_

http://lum.cultura.pe/cdi/sites/default/files/rb/pdf/Violaciones%20Sexuales%20a%20Mujeres%20durante%20la%20violencia%20pol%C3%ADtica%20en%20el%20Per%C3%BA.compressed.pdf

https://drive.google.com/file/d/1wYPpqMY9vJ-kvA3xMrxHBkBsKvwRg1vx/view

calatina/2017/10/17/peru-libera-leader-di-sendero-luminoso_71190ce9-cb5e-43d7-a056-92a7de240eeb.htmlhttp://tesi.eprints.luiss.it/19858/1/077612_CARDILLO_GIORGIA.pdf

--

--