Dina D’Isa, giornalista e intima amica di Alberto Moravia

A cura del prof. Pier Vincenzo Rosiello

Prof. Pier Vincenzo Rosiello
CyberScuola
6 min readJun 5, 2022

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Era l’aprile del 1987, quando una giovane e bella giornalista del quotidiano “Il Tempo”, di nome Dina D’Isa, conobbe lo scrittore Alberto Moravia.

Dina gli telefonò per fissare un’intervista. Lo scrittore, però, si fece lasciare il suo numero perché in quel momento era occupato. Le lasciò un messaggio nella sua segreteria telefonica, chiedendole di richiamarlo per fissare un appuntamento. Dina lo chiamò e lui fissò l’intervista per la mattina seguente a casa sua. L’intervista durò circa due ore, cosa insolita, visto che Moravia non aveva mai tempo per le interviste. Quando Dina si alzò per andare via e salutarlo lo scrittore le poggiò su un ginocchio “una delle sue mani scure, forti e nodose, dai polpastrelli leggermente squadrati, come quelli di un vecchio artigiano del legno”. Dina rimase imbarazzata e incapace di reagire, mentre lui, dandole del tu, le chiedeva di fargli leggere l’articolo, prima di consegnarlo per la pubblicazione. Moravia continuò la conversazione chiedendole quali fossero i suoi scrittori preferiti. Poi l’accompagnò all’uscita. Quella fu la prima di una lunghissima serie di incontri, i cui frutti sono contenuti nel libro “Moravia dialoghi confidenziali con Dina D’Isa”, scritto da Dina stessa.

Copertina del libro

Il libro inizia così: “Non conoscevo di persona Alberto Moravia. Avevo letto, naturalmente, qualcosa di lui articoli, romanzi, e scritti di alcuni critici letterari che avevano giudicato le sue opere. Moravia non era e non è tra gli scrittori che amo di più, eppure la sua narrativa mi ha sempre incuriosito, suscitando in me un interesse particolare, soprattutto per alcune sue acute descrizioni su oscuri aspetti della psiche umana. E comunque, mai avrei potuto immaginare che il nostro incontro si rivelasse poi così profondo. Tanto da scatenare una salda e curiosa amicizia”. (Moravia dialoghi confidenziali con Dina D’Isa, Newton Compton editori, Roma, 1991, pag. 5).

Il direttore de “Il Tempo”, Gaspare Barbiellini Amidei, rimasto entusiasta dal primo articolo, chiese a Dina di scrivere una serie di interviste a Moravia. In questo modo i due ebbero l’occasione di frequentarsi e di conoscersi. Dopo l’intervista pomeridiana nel suo studio, trascorrevano la serata insieme al cinema o a cena fuori.

Dina era attratta dall’eleganza dello scrittore, dalle camicie e dalle cravatte dai colori bizzarri, che offrivano un’immagine complessa e originale della sua personalità, “quella di un uomo che per metà accettava il conformismo e per l’altra metà lo rifiutava”. Un pomeriggio le mostrò le sue cravatte, erano “tantissime, di tutti i tipi e di tutte le possibili grandezze” che occupavano due ante dell’armadio. Lo scrittore le descrisse una ad una, raccontandone la provenienza, la persona che gliel’aveva regalata o illustrandone il tessuto e spiegando l’uso che faceva delle diverse cravatte a seconda dei giorni e delle situazioni. Amava chiederle consigli su cosa indossare, i colori che preferiva vedergli addosso. A lei piacevano molto il suo montgomery blu, i suoi maglioni rossi, le sue cravatte dai colori pastello, in particolare una gialla, e le camicie a righe multicolori.

“Ad Alberto piaceva osservare le cose e le persone, soprattutto quando queste destavano in lui una curiosità, che inevitabilmente sfociava nel piacere della contemplazione” (Op. cit., pag. 11).

Dina D’Isa e Alberto Moravia

Lui amava molto i fianchi di Dina e il suo modo di muoverli; una volta nella sua Villa di Sabaudia accortasi che la guardava con particolare insistenza, Dina gli confidò che molti pensavano che lui fosse un voyeur. Alberto Moravia negò e spiegò che a lui piaceva la bellezza al punto da commuoverlo. Quindi le confessò: “Tu muovi il corpo in modo aggraziato, per cui penso che questo corrisponda ad una qualità morale, non so quale sia ma so che esiste in te. La bellezza fisica, da sola, non mi suscita alcuna sensazione. Dal modo con cui cammini capisco tante cose di te. Avere grazia significa essere gentile, paziente, tenace; significa usare la femminilità in modo originale, intelligente e allo stesso tempo in maniera sensibilmente innocente, ingenua.” (Op. cit., pag. 12).

Dopo l’estate finì la serie di interviste e con esse la ragione dei loro incontri. Ma ormai erano diventati troppo amici per separarsi e così Dina gli propose di scrivere un libro sui suoi pensieri, in questo modo avrebbero continuato a vedersi. Lei gli propose di incontrarsi a casa sua, sotto la Piramide. E così iniziò quest’altra avventura. Praticamente Moravia con la sua macchina attraversava tutta la città per vederla e, nonostante fosse trascorso un anno da quel primo incontro, la loro amicizia non dava cenni di stanchezza.

Moravia viaggiava frequentemente, per lavoro ma non solo; “il viaggio era un momento indispensabile per la sua esistenza (…). Aveva una tendenza al nomadismo, anche nel senso psicologico del termine” (Op. cit., pag. 15). La chiamava da Strasburgo, dove si recava come deputato del Parlamento europeo, da Parigi, dall’Irlanda, dall’Iraq o dallo Yemen. Nel giugno del 1989 si incontrarono a Parigi, fecero colazione al cafè de Flore, mangiarono da Lipp (rinomata brasserie parigina), incontrarono Bernard Henry Lévy e Elkann. Passeggiarono per i boulevards. Dopo Parigi, si incontrarono a Sabaudia, dove trascorsero alcuni giorni insieme nella sua casa. C’erano anche Dacia Maraini e il suo compagno.

Era molto generoso con lei e le faceva tanti regali, per esempio quando comprò uno studio all’Aventino le regalò due palme enormi per il giardino, simili a quelle che tanto aveva amato nei suoi viaggi esotici.

Nel giugno del 1990 il libro di dialoghi era concluso, Moravia le diede una lettera di presentazione per una casa editrice, presso la quale non si presentò mai. A settembre, nonostante il libro fosse concluso, i due si frequentarono ancora sotto l’ombra della Piramide, i loro “incontri esistenziali”, come li chiamava Moravia, continuarono.

Il 25 settembre alle 17:00 si incontrano per prendere un caffè, su invito insistente di Moravia che anticipò l’incontro che sarebbe dovuto avvenire il giorno dopo. Alle 9.30 del 26 settembre Dina venne a sapere della morte del suo amico.

“Non avrei mai pensato — scrive Dina nel suo libro — che la sua mancanza potesse turbarmi tanto. È vero, era un grande amico, un affetto insostituibile mi legava profondamente al suo ricordo, ma era pur sempre un uomo vecchio, la cui morte non avrebbe dovuto stupirmi, anzi. Mi aspettavo di provare un dolore sordo, grave ma previsto e controllato. Non fu così. Per diverse notti non riuscii a dormire, stentavo a rassegnarmi. Rivedevo il suo volto, le sue mani nodose, le sue bellissime sopracciglia e quel sorriso malizioso di bambino un po’ diverso e un po’ capriccioso. (…) A nulla è servita la consolazione di sapere che almeno l’avevo salutato il giorno prima.” (Op.cit., pag. 168).

Il 26 settembre, giorno della morte di Moravia, si recò ugualmente nel luogo del loro appuntamento sotto la piramide. Non voleva mancare al loro appuntamento. Le sembrò il miglior modo di ricordarlo e dirgli addio. “Mi sentivo svuotata. Forse in quel posto — scrive Dina — lasciai il mio più intimo e profondo omaggio alla sua memoria”. E continua: “Sei andato contro le convenzioni, contro le regole e le tradizioni; hai rifiutato l’idea della famiglia e della morale corrente; hai cercato di vivere la tua esistenza nella piena libertà espressiva del tuo spirito artistico. E adesso, Alberto, mi domando: chissà se davvero ce l’hai fatta, e se davvero era questo che volevi?”. (Op. cit., pag. 170).

Dopo 25 anni dalla morte del grande scrittore, il 5 ottobre del 2015 morì anche Dina, nessuno immaginava che fosse ammalata, perché aveva continuato a lavorare come se nulla fosse; nessuno dei suoi colleghi e amici immaginavano che stesse male. Ricordo il suo ultimo messaggio di auguri indirizzato a mia figlia Dora Karin per il suo compleanno il 25 settembre, in cui mi chiedeva di dare mille baci alla principessa. Dina era una donna forte, coraggiosa, bellissima. Prima di morire, confidò a mia moglie Anna Lisa — di cui era amica di lunga data — che la considerava una di famiglia, lasciando in tutti noi un ricordo ancora vivo. Dina è andata via con grande dignità, per lei un gruppo di amici giornalisti ha voluto istituire il premio Dina D’Isa. (Pubblicato in “Dalla lettura alla scrittura i ragazzi raccontano - Leggere Alberto Moravia”),

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Prof. Pier Vincenzo Rosiello
CyberScuola

Docente di Lingua e Letteratura italiana, storia e geografia