Le donne dell’Inferno di Dante

A cura di Yuma Schito, 3AU

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Francesca da Rimini nell’Inferno — Pinterest

L’8 marzo, la Giornata internazionale della donna, ricordiamo con gioia tutte le conquiste politiche e sociali per le quali le donne hanno faticato sodo. Ricordiamo tutte le donne che hanno dato la loro stessa vita per questa causa, alle quali siamo grati. È grazie ai loro sforzi e sacrifici se oggi noi tutte abbiamo molte possibilità in più rispetto al passato. La figura femminile è sempre stata soggetto di stereotipi prevalentemente negativi, si capisce fin dai testi classici nei quali era presente un’ampia misoginia nei loro riguardi. Un retaggio culturale che si è proposto per tutto il periodo medievale ed oltre; solo nell’ultimo secolo la situazione è stata messa in prospettiva di un cambiamento radicale. Possiamo osservare questo lascito che tende a trascurare la donna e a dipingerla come maliziosa e lussuriosa nella maggior parte della letteratura. Ad esempio, Dante, nella sua opera più celebre, la Divina Commedia, ritrae le donne degli inferi come vendicative e calunniose, create quasi a tentazione dell’uomo. È pur vero però che non tutte erano descritte allo stesso modo, come lo stesso Dante propone nella cantica del Paradiso, dato che era uno stilnovista affermato e credeva proprio che la figura femminile potesse nobilitarlo ed elevarlo a Dio. Ad ogni modo, nonostante l’idealizzazione e l’adorazione dei poeti, nella vita concreta erano comunque soggetto di subordinazione all’uomo e in caso non fossero rispettose e devote erano stigmatizzate. Dunque, ci è possibile verificare questi giudizi imprescindibili delle donne medievali nell’inferno dantesco, visto che tutte le donne che incontra nel suo percorso sono descritte con freddezza e distacco. Legate alla vita terrena e amanti dei valori peccaminosi, tutte tranne una, alla quale viene ritagliato più spazio, ossia, Francesca da Rimini: una nobildonna, figlia di un signore di Ravenna. Dante la incontra nel secondo cerchio (canto V) dell’Inferno, rivolto ai lussuriosi, i quali sono travolti da un incessante vento, condannati ad una pena per analogia, dato che in vita vennero travolti dal turbine amoroso della passione. Francesca, nello specifico, venne data in sposa a Gianciotto Malatesta, si trattava di un matrimonio combinato senza fondamenti amorosi, basato su un inganno, dal momento che Francesca credeva di dover sposare il fratello, Paolo Malatesta, proprio per questo tra i due nacque un’amore segreto.

Gli innamorati cedettero alle tentazioni corporee durante la lettura di un romanzo riguardante l’amore di Ginevra nei confronti del Lancillotto, nonostante costei fosse sposata con Re Artù; durante il momento del bacio tra Ginevra e Lancillotto, anche Paolo e Francesca si lasciarono travolgere dal sentimento. Vennero poi assassinati da Gianciotto quando scoprì il tutto, per poi essere condannati alla stessa pena nell’oltremondo. Dante pertanto fa un’implicita critica alla poesia cavalleresca, che esortava a circostanze immorali, oltre a biasimare l’errore dei due giovani. Ciononostante, a differenza degli altri personaggi femminili, Dante prova premura per la vicenda, raffigurando Francesca come una donna dall’animo buono, seppur dannata. Trovo che l’autore si sia trovato costretto a dover collocare questa storia all’Inferno, per via dei valori che la sua epoca dettava, ma per bocca di Francesca il poeta esprime emozioni profondamente intense, le quali descrivono l’amore come un impetuosa tempesta dalla quale non si può scampare, una forza inarrestabile che punta dritta alle fragilità umane. Sebbene Dante abbia vissuto nel tredicesimo secolo, in una realtà che denigrava e lasciava da parte le donne che si abbandonavano alle debolezze umane e che le allontanavano da Dio, riesce comunque ad ascoltare e stabilire una connessione emotiva con le sensazioni di Francesca, senza bisogno di deplorarle e dimostrandosi estremamente innovative, ponendo la donna in una posizione di rispettabilità nonostante il comportamento peccaminoso.

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