“Riscoprire Aldo Moro. Le nostre radici tra storia e memoria”

A cura di Sabrina Biccirè, 5AS

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Venerdì 7 ottobre presso la Biblioteca Comunale “Peppino Impastato” a Poggio Mirteto si è tenuto l’incontro organizzato dal Teatro delle Condizioni Avverse: “Riscoprire Aldo Moro. Le nostre radici tra storia e memoria”. Lo scopo dell’iniziativa è stato quello di riscoprire le radici culturali e sociali tra il pubblico giovane e adulto e mantenere viva la memoria di Aldo Moro, statista e politico italiano. Tra i fondatori della Democrazia Cristiana, di cui fu anche Segretario, ricoprì l’incarico di Ministro della Giustizia, dell’Istruzione e degli Esteri. Eletto Presidente del Consiglio dei ministri per cinque volte, guidò governi di centro sinistra. Venne ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978, dopo un periodo di prigionia.

In questo incontro sono intervenute Maria Agnese Moro, figlia di Aldo Moro, giornalista e pubblicista, Ilaria Moroni, direttrice e vicepresidente del Centro documentazione Archivio Flamigni e Ilenia Imperi, dottore di ricerca in Storia d’Europa e collaboratrice con il Disucom — Università della Tuscia di Viterbo.

Maria Agnese Moro ha iniziato con il raccontare alcuni gesti della vita quotidiana e abitudini che aveva con suo padre: lui infatti, in realtà, era un uomo di grandissima semplicità e che evitava la mondanità. Lei lo ha descritto come un uomo dai mille impegni e con grandi responsabilità, che però sapeva trovare e dedicare il suo tempo anche alla famiglia. Nel prosieguo del racconto, la figlia ha ricordato come il giovane Moro si sia interessato al mondo della politica. Inizialmente intraprese gli studi di Giurisprudenza senza il bisogno di essa, non la ricercava. Successivamente però si appassionò profondamente alla fase della Costituente per redigere la nuova Carta Costituzionale, convinto della necessità di sanare le ingiustizie del passato e ispirato da un nuovo modo di pensare il Paese. Egli riteneva che ci dovesse essere spazio per tutti, e che l’Italia dovesse essere un luogo dove tutti potessero impegnarsi ed essere liberi di esprimersi, un luogo accogliente, dove ci fosse istruzione e salute. Il suo sogno era quello di costruire insieme il Paese, coinvolgendo tutti i cittadini nella vita democratica della neonata Repubblica.

Sono state toccanti le parole di Maria Agnese quando ha detto che, dopo l’uccisione di Aldo Moro, ha capito veramente di non conoscerlo, se non come padre, perché della sua vita al di fuori sapeva poco e niente. Inoltre ha sottolineato la stranezza con cui sia avvenuto il rapimento e il fatto che non ci sia mai stata occasione di palarne in modo sereno, perché “noi siamo un Paese a cui non piace guardare in faccia al passato, e in particolare a eventi negativi”.

I 55 giorni della prigionia di Moro sono stati gestiti dalle BR con l’obiettivo di colpire lo Stato, dice Maria Agnese, e Moro ne era solo lo strumento, mentre le più alte cariche istituzionali hanno reagito alla vicenda in modo che apparisse che “la dignità dello Stato valesse più della vita delle persone!”

Maria Agnese Moro ha raccontato poi delle conseguenze emotive che ci sono state dopo gli avvenimenti riguardanti suo padre.

Lei e la sua famiglia hanno dovuto affrontare ben cinque processi, dopo i quali le persone responsabili sono state individuate e condannate a molti anni di prigione. Anche dopo l’avvenuta giustizia, ha affermato che non si è mai ripagati dalla condanna dei colpevoli e non si sta meglio, perché la persona cara che si è persa non viene restituita. Lei ha provato “rabbia, disgusto, odio e orrore” per quanto accaduto, e ci ha condiviso che non sempre è riuscita a trovare parole adeguate per descrivere i suoi sentimenti: “È come se questo mondo interiore rimanesse dentro di me e si solidificasse, mi sono sentita come un insetto rinchiuso in una goccia d’ambra imprigionato dal passato”. Questo suo sentire accomuna molte persone coinvolte da vicende simili e per questo come comunità dobbiamo andare loro incontro per aiutarle ad uscire da questa situazione.

Maria Agnese Moro per amore dei suoi figli, per non far provare loro lo stesso disagio, ha cercato un modo per superare la tragedia di cui era stata vittima con l’uccisione del padre. E’ stata così aiutata da un sacerdote, che ha dato alle persone colpite da lutti per violenza politica e terrorismo un luogo dove fosse possibile esprimersi e confrontarsi con gli autori degli stessi terribili atti. Un passo complicato da compiere, ma produttivo: la giustizia riparativa, infatti, è fondamentale per distruggere il meccanismo della disumanizzazione. Secondo questo approccio, i colpevoli erano “soldati di una causa” per cui loro stessi e suo padre erano degli “strumenti” e non persone e, per lei, loro erano diventati mostri nei suoi pensieri. Grazie a questi incontri, avviene un processo di ri-umanizzazione in cui le persone vengono finalmente viste con la loro identità ritrovata. Questo percorso è iniziato per Maria Agnese nel 2010 e afferma: “Non è un lieto fine ma è una strada che va avanti”.

Maria Agnese Moro ha concluso la sua testimonianza ringraziando le due donne lì presenti, Ilaria Moroni e Ilenia Imperi, che si adoperano per mantenere viva la memoria di suo padre e per evitare che il caso giudiziario e il “corpo sul tavolo dell’obitorio” offuschino mtutto quello in cui ha creduto e ha cercato di costruire durante la sua vita. “Per fare memoria bisogna conoscere, comprendere, giudicare, per poi scegliere. Ecco le quattro azioni lasciate all’individuo e alla società”, ha detto Agnese Moro.

Successivamente c’è stato l’intervento di Ilaria Moroni, che ci ha spiegato e mostrato la parte dedicata ad Aldo Moro su “Rete degli archivi per non dimenticare” con una grande commozione che è riuscita a trasmetterci. I documenti che sono stati raccolti e messi a disposizione, grazie al grande contributo di Maria Agnese Moro, sono immagini e foto inedite, discorsi di Moro e addirittura lettere inviate alla famiglia Moro dai bambini di diverse scuole e da adulti, mossi da passione e solidarietà, durante il periodo del Caso Moro (16 marzo 1978–9 maggio 1978) e oltre. Questo archivio contiene, inoltre, informazioni importanti anche riguardo le persone che sono state vicine allo Statista, compresi gli agenti della scorta. Tutto ciò ha come obiettivo quello di dare un’identità e un volto a tutti loro.

Infine è intervenuta Ilenia Imperi che ha parlato dell’importanza dei mass media e di quanto possano essere pericolose le fake news, collegandosi alla farsa del comunicato delle Brigate Rosse del 18 aprile dove si annunciava l’avvenuta uccisione mediante “suicidio” di Aldo Moro presso il lago della Duchessa. “E’ soltanto l’inizio di una lunga serie di ‘Suicidi’”, scrivevano le presunte BR.

Rispetto alla diffusione di notizie, la dottoressa Imperi ha approfondito l’argomento con il confronto tra il pensiero di Marshall McLuhan e Umberto Eco. Il primo, alla vigilia del sequestro di Aldo Moro, propose ai mass media italiani di “staccare la spina” perché riteneva che il terrorismo è un modo di comunicare” e che “senza comunicazione non vi sarebbe il terrorismo”; mentre il secondo credeva che i “fatti notizia” richiamassero gesti simboli e, per questa ragione, era favorevole alla loro diffusione, anche se nel caso dei terroristi avrebbe significato pubblicizzarli; quindi, secondo il suo pensiero, spettava poi a coloro a cui questa diffusione era destinata decidere e fare un discrimine tra cosa fosse giusto e cosa sbagliato e limare le falsità.

Ilenia Imperi ha poi raccontato che, dopo la confermata uccisione di Moro, si è tenuta una commemorazione passata come “funerale di Stato”, in quanto erano presenti i maggiori capi di Stato e trasmessa in eurovisione, ma senza una bara. Secondo la dottoressa Imperi, il “funerale” di Moro, senza il “protagonista”, è stato costruito come evento mediale con una funzione politica specifica: ristabilire l’ordine.

È stato per me un onore poter partecipare ad un incontro molto interessante e soprattutto toccante, coinvolgente e che lascia molti spunti di riflessione. Vorrei concludere questo articolo con una frase pubblicata da Aldo Moro su Il Giorno, il 10 aprile del 1977, e che è stata citata all’inizio dell’incontro: “L’esperienza politica come esigenza di realizzare la giustizia nell’ordine sociale, di superare la tentazione del particolare per attingere valori universali, è coinvolta dunque nello sforzo di fare, mediante il consenso e la legge, l’uomo più uomo e la società più giusta”.

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-Foto di Aldo Moro: https://www.pinterest.it/pin/604256475018614022/

-Le foto dell’incontro sono state realizzate da Francesco Galli

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