Testimoni che urlano la verità

A cura del prof Guida Massimiliano

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Ci sono delle volte in cui dare una testimonianza di ciò in cui si crede e per cui si vuole spendere la vita, costa relativamente poco; altre in cui il testimone riceve addirittura degli applausi, altre ancora in cui questo personaggio scomodo per il suo tempo, creduto anche folle o un poco di buono molto spesso dai suoi contemporanei, non si cura della sua vita e la mette in pericolo pur sapendo a cosa va incontro. È disposto a perderla , perché sa che il valore per cui si batte è più alto persino della sua stessa vita.

La parola testimone è la traduzione del termine greco MARTIRE ( μάρτυς ) , oggi vogliamo ricordare e rendere omaggio alla memoria di alcuni dei martiri, dei testimoni della lotta alla mafia. La storia repubblicana ne ricorda molti, come molti, vista la delicatezza del loro incarico, probabilmente non avranno mai giusta memoria perché lavorano quotidianamente nel segreto (nel mese di marzo del 2019 il nostro Istituto si è pregiato di incontrare il Capitano Ultimo e di ascoltare il suo invito alla legalità, questa è stata la sua testimonianza per noi ), ma nel mese di maggio ci sono state diverse ricorrenze ed eventi che al lettore non saranno sfuggiti.

Il Capitano Ultimo

Dal 9 maggio il giudice Rosario Livatino (assassinato dalla mafia ad Agrigento nel 1990 all’età di 37 anni ) è riconosciuto Beato dalla Chiesa Cattolica per la sua coerenza tra la fede e la TESTIMONIANZA di vita. Questo è il martirio, quando la propria condotta di vita è talmente coerente da mettere il disonesto, il corrotto , il mafioso con le spalle al muro; chi non ha altro linguaggio che la violenza e lo sfruttamento della vita altrui, purtroppo è talmento cieco e povero di umanità da non rendersi neanche conto che uccidendo colui che testimonia la legalità, non fa altro che amplificarne il messaggio e rendere più feconda la terra bagnata dal sangue del martire perché da essa nasca una nuova e migliore società. Lo sa bene chi opera tra le forze dell’ordine, chi si dedica al sociale , chi cerca di togliere i ragazzi dalla strada , in Italia e nel mondo. Sono tante le persone, laiche e religiose che si uniscono in questo comune denominatore, il valore della legalità e della giustizia sociale, affinché lo Stato sia sempre più presente e non permetta il divulgarsi di quel “puzzo del compromesso morale” come lo ha definito il giudice Borsellino.

Giudice Rosario Livatino

Il 9 maggio 1978 l’attivista Peppino Impastato veniva ucciso a Cinisi, provincia di Palermo, anche se i giornali quel giorno avevano una notizia purtroppo di molto più eco nazionale: il ritrovamento del corpo del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro ucciso dalle mani delle Brigate Rosse, nonostante ciò la sua memoria è restata viva e nelle scuole si parla anche di lui, la biblioteca di Poggio Mirteto è a lui intitolata.

Peppino Impastato
Aldo Moro

Il 23 maggio del 1992 il giudice Giovanni Falcone veniva ucciso, insieme alla sua scorta , nell’autostrada presso Capaci, e nemmeno dopo due mesi, stesso martirio toccò al giudice Paolo Borsellino.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Non possiamo fermarci a deporre solo dei fiori dinanzi a queste figure, altrimenti il loro esempio sarà inutile. Dobbiamo raccogliere il TESTIMONE che ci hanno passato, i fiori che dobbiamo seminare nella quotidianità devono essere quelli dei valori che loro hanno difeso e portato avanti fino all’estremo sacrificio; lo facciamo in classe, nel lavoro quotidiano, nelle scelte di tutti i giorni, in cui dobbiamo essere anche noi modello di correttezza e moralità soprattutto dinanzi ai giovani che ci vengono affidati a scuola, luogo principe in cui la cultura deve schiacciare tutto ciò che è illegalità e immoralità.

San Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II ammoniva dalla valle dei templi nel 1993 il suo “Convertitevi” rivolto ai cosi detti “uomini d’onore”, i quali sono gli unici a darsi questo appellativo perché tutti i martiri, i testimoni conosciuti o dimenticati che hanno dato la vita al fine di ottenere a noi, che siamo venuti dopo, una società per lo meno più vigile, se non più onesta (come ci auguriamo). Tutti loro e noi lo sappiamo bene che tipo di uomini sono. Il giovane Impastato nel celeberrimo film a lui dedicato lo ha urlato, e lo sappiamo tutti che non è di onore la montagna fatta della mafia ma di ben altro materiale e odore.

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