Google Stadia era già morto

E lo sapevamo tutti

Francesco Consalvo
D-Spot presenta Epic Loot
5 min readSep 30, 2022

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Non è mai bello quando un progetto fallisce, né per chi ci ha sudato e passato notti intere né tantomeno per chi ha supportato fin dall’inizio tutta la baracca ma guardiamo in faccia alla realtà e ammettiamo tutti candidamente che STADIA era destinato a morire nel momento stesso in cui si è affacciato sul mercato dopo aver non solo disatteso praticamente tutto il reveal iniziale ma addirittura l’aver evitato accuratamente di costruire qualcosa su cui poggiare effettivamente le basi di tutto il progetto. Ma andiamo con ordine perché la storia di Google è costellata di fallimenti più o meno importanti che, è vero, sono sempre utili per capire come muoversi successivamente ma che nel caso del colosso di Mountain View, ammontano ad un numero quasi imbarazzante. STADIA guadagna però lo scettro di progetto peggio gestito della storia di Google. Ma andiamo con ordine e vediamone qualcuno tra i più “recenti”.

Google Plus

Partiamo da uno dei flop più roboanti, quello di Google Plus, un tentativo azzardato per far concorrenza a Facebook e Twitter che sono certo se lo ricordino tutti quelli che ci hanno avuto a che fare per quanto fastidioso e mal riuscito. Eri sostanzialmente costretto ad aprirti un account dedicato anche solo per pubblicare un video su Youtube e vista la mole di utenti su Gmail non vuoi fargli associare automaticamente un profilo ad hoc per ogni cosa? Per non parlare di tutto il discorso legato alla cerchia di amici, la macchinosità generale e quella famosa falla sui dati deli utenti messa a posto soltanto dopo 3 anni dalla sua uscita. Ce ne sarebbero di cose da dire su Google Plus ma fermiamoci qui perché il discorso è così ampio da richiedere uno spazio a parte.

Allo

Nell’ ennesimo tentativo d’inseguire Skype e Whatsapp la società di Mountain View ha rilasciato diverse app che si sono pestate bellamente i piedi da Hangouts, Talk e appunto sto benedetto Allo, che già dal nome... Parliamo di un web-client che utilizzava i numeri di telefono come identificatori e permetteva lo scambio di file di grosse dimensioni, insieme all’integrazione di un’IA in grado di dare suggerimenti sulle risposte da dare in chat ed emoji a seconda della situazione. Un successo straripante al punto da non riuscire a coprire nemmeno il 3% dei potenziali utenti previsti chiudendo definitivamente i battenti due anni dopo.

Chromecast Audio

I Chromecast in verità continuano ad essere prodotti e in generale risultano anche molto utili ma fermatevi un attimo a pensare alla cosa più inutile del mondo e avrete un Chromecast Audio. Aveva la forma di un piccolo vinile che si collegava al jack 3,5mm dei dispositivi audio come casse o impianti stereo, si connetteva alla rete domestica ed era in grado di fornire una sorgente di alta qualità da cui era possibile anche streammare audio da siti come Netflix, Spotify, YouTube, questo mentre gli Smart Speaker già stavano mangiando una grossa fetta di mercato. Il risultato?Chromecast venne tolto dal mercato soltanto due anni dopo.

Adesso fermiamoci un attimo perché la lista di fallimenti di Google è davvero lunga e riportare ogni singolo avvenimento significherebbe flagellarvi le parti basse con una motozappa a cui sono state accuratamente attaccate delle frustelle. Ma siccome il web è anche un posto meraviglioso, qualcuno ha creato Il Google Cemetery , un portale che vi elenca con perizia ogni fallimento di Google con tanto di anno e descrizione annessa, dategli un’occhiata perché è la storia del “così non si fa”. Ma non è finita qui e se volete amare ancor di più l’internet e i suoi problematici abitanti, fate una capatina al Google Graveyard dove ogni fallimento di Google ha una lapide dove poter posare un fiore virtuale in omaggio. Che bellezza!

Google Stadia

Ora concentriamoci però su Stadia che come dicevo pocanzi, è stato a mio parere il fallimento peggiore della sua storia non tanto per lo strumento in sé, perché la tecnologia Cloud di Google ha ampiamente dimostrato di essere probabilmente la migliore che ci sia sul mercato, anche rispetto all’XCloud di Microsoft, insieme ad un ottimo controller e una buona piattaforma streaming, ma è stata tutta la parte gestionale e fare i danni grossi.

Poca comunicazione, pochi giochi, poca pubblicità e cosa ancor più grave, la totale mancanza di pianificazione tra team interni nati e chiusi nel giro di pochi mesi. Per non parlare di tutte quelle features definite “rivoluzionarie” completamente assenti nella versione finale e che all’epoca del suo reveal avevano fatto urlare “QUESTO E’ IL FUTUROOOO” ai soliti fomentati senza ritegno, oltre ad una serie di problemi tecnici senza senso. Come il 4k che non c’è e il Chromecast che va a fuoco. Mettiamoci pure un confronto inevitabile con l’Xbox Game Pass e la frittata è fatta. Attualmente il servizio di Microsoft è sempre più il punto di riferimento per il gaming legato ai servizi in abbonamento e inserirsi in un contesto dove un competitor del genere ti ficca al prezzo già irrisorio di 13 euro anche il cloud oltre al download di una moltitudine di giochi, diventa estremamente complicato combattere ad armi pari, a maggior ragione con una gestione interna così disastrosa.

Stadia ha rimesso in luce due punti fondamentali:

  1. Che Google non è cambiata e il trend di progetti fallimentari continua mostrando ancora una volta cosa succede con una cattiva gestione e una pessima comunicazione anche se sotto il culo hai una Ferrari.
  2. Che l’utenza legata al mondo del gaming è estremamente ricettiva ed esigente e difficilmente perdona cose del genere e la storia dei videogiochi ce l’ha fatto già notare in più di un’occasione.

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Francesco Consalvo
D-Spot presenta Epic Loot

Character Artist con la passione per la scrittura, per la cucina e i videogiochi. Scrivo su D-Spot Games, Nintendaro incallito, Xbox Ambassador e Insider.