Amico o genitore?

Margherita Genovese
darfiato
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5 min readMay 22, 2019

Appunti sulla figura genitoriale così come ce la raccontano gli adolescenti

Sono un’educatrice che lavora nel progetto GetUp, un progetto che si articola in una serie di colloqui individuali con alcuni ragazzi delle superiori (dai 14 ai 18 anni) che sono a rischio di “dispersione scolastica”, fenomeno che vede l’abbandono precoce del percorso di studi da parte di molti giovani e che negli ultimi anni registra un preoccupante aumento in Italia, come ci riporta la Fondazione Agnelli analizzando i dati dell’Eurostat.

Noi educatori siamo disponibili ad incontrare i ragazzi e le ragazze che gli insegnanti vedono spaesati, disorientati, demotivati nel perseverare con il loro percorso di studi per ascoltarli, farci spiegare da loro il perchè del loro malessere, le sfumature emotive che vivono e per tentare di dar loro degli strumenti per leggere la situazione in cui sono immersi, delle strategie per affrontare le difficoltà a partire da questa nuova consapevolezza e dai loro punti di forza.

In questi mesi, da febbraio 2019 ad oggi, abbiamo parlato con circa quaranta ragazzi, che abbiamo incontrato in colloqui individuali o di piccolo gruppo a cadenza settimanale o bisettimanale, per un totale di più di 150 colloqui complessivi, durante i quali ci siamo progressivamente resi conto di come i ragazzi utilizzino lo spazio dei colloqui non solo per parlare della scuola e delle difficoltà che riscontrano in questo ambito, ma anche per raccontarci parte dei loro vissuti: diventiamo custodi dei loro sogni, dei loro problemi, delle loro aspettative.

È il nostro lavoro ma non smettiamo mai di stupirci di quello che emerge.

“Io lo faccio per i miei genitori.”

“Se mi promuovono la mamma è contenta!”

“Se prendo un brutto voto la mamma sta male!”

Quante volte i ragazzi ci hanno detto cose del genere! Questo ragionamento tante volte ci spiazza.

Sembra che i ragazzi facciano fatica a considerare alcuni obiettivi come importanti per loro stessi. Si concentrano invece spesso su quello che rende felici i genitori, non tanto per paura di eventuali punizioni, quanto per tutelarli e proteggerli da ulteriori fonti di stress.

Il senso del dovere, in questo modo, non viene provocato da una regola imposta dal genitore per il bene del figlio, ma dal fatto che i figli si fanno carico delle emozioni dei genitori, credendo di poter mettere a rischio loro la stabilità e il loro benessere con il proprio comportamento.

Come se si fosse insinuata una certa confusione nella definizione dei ruoli di responsabilità all’interno della relazione genitore-figlio.

“spesso sto a casa da scuola e mia mamma lo sa…. perché non mi dice niente?”

Fa effetto ascoltare queste parole dalla bocca di una sedicenne: sta esplicitando l’esigenza di essere sgridata dalla madre. Se lo chiede — e ce lo chiede — con un misto di onestà e sconcerto nello sguardo rispetto al ruolo che lei si sarebbe aspettata che la madre assumesse e che invece non ha assunto. Quando le suggeriamo di parlarne con la madre, però, aggiunge che non pensa di farlo, perché in fondo a lei va bene potersi comportare come vuole, in libertà.

Riflettiamo spesso sulla necessità che i genitori sappiano mettere alcuni “paletti” nel rapporto con le vite dei propri figli. Poco importa se tenderanno a trasgredire! Hanno un estremo bisogno che vengano loro posti dei limiti, anche se difficilmente lo ammettono.

Quando i genitori non lo fanno, infatti, i ragazzi rimangono disorientati. Si sentono soli e in una certa forma anche delusi, perché si rendono conto che il genitore non sta facendo il genitore, non sta adempiendo al compito che gli spetta.

Deve essere l’adolescente ad esprimere il suo disagio per il fatto che il genitore non faccia il genitore? Perché non si ricorre più all’abitudine costruttiva di dare dei divieti?

Nell’intervista rilasciata ad Huffpost, lo psicanalista Massimo Ammaniti constata che il problema principale degli adolescenti di oggi sarebbe proprio “la mancanza di genitori con cui confrontarsi, e non dei genitori-amici che si pongono sul loro stesso piano. Spesso, mentre in passato i genitori erano convinti del loro ruolo, oggi è come se avessero bisogno della conferma dei figli per essere tali”.

Il disorientamento dei ragazzi è inevitabile conseguenza dell’incertezza che i genitori tradiscono nell’assumersi i propri ruoli e dell’assenza di un modello solido a cui ispirarsi.

Ci colpiscono le parole di un diciassettenne, che ci dice:

“Ho dato a mia mamma il permesso di darmi una punizione solo nel caso in cui io prenda il debito in più di due materie”, per poi sostenere che “non riesco a impegnarmi bene a scuola perché i miei genitori sono stati troppo poco rigidi con me quando ero piccolo”.

Frase fatta e autogiustificazione, forse… Ma quanto nasconde di vero?

Un altro ragazzo ci rivela, con una punta di compiacimento, che qualora lui avesse bisogno o semplicemente voglia di qualcosa di nuovo, gli basterebbe insistere un po’ e riuscirebbe ad ottenerlo. Ci porta un esempio che ci induce a riflettere: stanco delle sue scarpe, decide di romperle per convincere i genitori a comprargliene un nuovo paio, di un modello molto costoso scelto da lui.

Come rieducare questo ragazzo al senso di responsabilità e al saper utilizzare e dosare le risorse a disposizione senza sperperarle? Come trasmettere l’importanza del “meritarsi/guadagnarsi” le cose? Come insegnargli il rispetto e la cura per ciò che possiede?

Del tutto diverso è il caso di un ragazzo che si preoccupa di seguire la sorellina anche dopo il ritorno della madre dal lavoro, perché “devo lasciarle un po’ di tempo per riposare”.

Si, ma intanto lui non trova il tempo per fare i compiti!

Una grande confusione nei ruoli insomma, in un tempo in cui forse si è pensato non fossero più necessari, anch’essi travolti da una vorticosa velocità di cambiamento.

Ogni giorno, dal nostro punto di osservazione vicino ai ragazzi e alla scuola, vediamo confermata invece l’impressione che siano necessari punti di riferimento stabili e rassicuranti: le figure educative ed in primis i genitori sono importanti per stabilire le priorità del ragazzo, per aiutarlo a gestire il proprio tempo in modo responsabile ed equilibrato, per costruire il benessere suo e degli altri.

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