La private label all’esame di maturità

Cibus Talks
Davide Bernieri
Published in
3 min readMay 3, 2016

Continuano a crescere in Italia le vendite di prodotti a marchio d’insegna: nel 2015 hanno superato quota 18% grazie all’affermazione delle categorie premium

Non più solo una competizione sul prezzo, basata su concetti come “no frills” e su un posizionamento basic: da qualche stagione le private label, i prodotti a marchio del distributore, si stanno comportando sempre più come prodotti di marca, hanno allargato la loro presenza nei segmenti più innovativi del largo consumo e oggi presidiano categorie a maggior valore aggiunto, riuscendo a capitalizzare un rapporto fiduciario costruito con gli italiani in anni di duro lavoro. Naturalmente, le private label hanno saputo conquistare gli italiani per il loro rapporto favorevole tra qualità e prezzo, per la semplicità dell’offerta, per la capacità delle insegne di dare fiducia a un consumatore sfibrato dalla crisi economica e da tutte le sue ripercussioni sul suo potere d’acquisto.

Vendite italiane si avvicinano alla media Ue

Le catene distributive hanno cavalcato l’onda, hanno trasferito nei prodotti a loro marchio i valori che stanno alla base dell’insegna stessa, hanno preteso dai propri fornitori l’allineamento a disciplinari produttivi comprendenti il rispetto dell’ambiente, quello dei lavoratori, l’abbandono di pratiche potenzialmente dannose. Il tutto con un livello di prezzo mediamente inferiore del 20% rispetto ai prodotti di marca. Così, superata l’iniziale diffidenza verso questi prodotti, oggi l’Italia si sta avvicinando a quanto accaduto sui mercati occidentali più evoluti nei quali le vendite di private label volano in testa alle classifiche già da un paio di decenni (Gran Bretagna 45% di quota di mercato; Francia, Germania intorno al 30%). Da noi, secondo dati Federdistribuzione e da Adem Lab, osservatorio dell’Università di Parma, nel 2015 le private label hanno raggiunto una quota di mercato del largo consumo confezionato del 18,3%, ancora lontana rispetto al 28% della media Ue, ma di certo significativo con il suo controvalore di 9,5 miliardi di euro.

Biologico, salutista, tipico per le nuove Pl

La crescita delle vendite di private label in Italia è trainata dai segmenti a maggiore valore aggiunto: il premium, ossia i prodotti a marchio del distributore con un profilo qualitativo più elevato, tra tipicità e salutismo, nel 2015 crescono del 13% rispetto all’anno precedente, mentre il biologico fa registrare un + 11%. Una dinamica, questa, che impatta sulla rete dei fornitori delle Pl, con la maggioranza schiacciante (77% sul totale) delle imprese di dimensioni piccole/medie che riescono a interpretare correttamente questa ricerca di valore da parte dei retailer e possono investire con ricadute positive sul tessuto territoriale, specialmente in alcune aree a bassa densità industriale, come nel mezzogiorno e nelle realtà montane. Cibus 2016 dedicherà alle private label uno speciale percorso espositivo e una conferenza intitolata “Marca del distributore: motore di crescita per l’Italian Food“ che riunirà martedì 10 maggio i più importanti esperti europei di settore, con l’obiettivo di analizzare il ruolo della marca commerciale nello sviluppo dell’agroalimentare italiano, in Italia e all’estero.

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