Scrivere (semplice) per la PA: qualità nella comunicazione e diritti delle persone

Riflessioni sul burocratese e sulla semplificazione del linguaggio amministrativo

Daniela Iozzo
Designers Italia
10 min readNov 8, 2023

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Chi parla l’antilingua ha sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose di cui parla […] “io parlo di queste cose per caso, ma la mia funzione è ben più in alto delle cose che dico e che faccio, la mia funzione è più in alto di tutto, anche di me stesso”. La motivazione psicologica dell’antilingua è la mancanza d’un vero rapporto con la vita […]. La lingua invece vive solo d’un rapporto con la vita che diventa comunicazione, d’una pienezza esistenziale che diventa espressione. Perciò dove trionfa l’antilingua — l’italiano di chi non sa dire “ho fatto” ma deve dire “ho effettuato” — la lingua viene uccisa.”

Italo Calvino, “L’antilingua”, in: Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, Milano, Arnoldo Mondatori Editore, 1995.

Fra i principali termini contrari dell’aggettivo “semplice” ci sono le seguenti parole: “arduo”, “complicato”, “difficile”, “inaccessibile”, “incomprensibile”, “oscuro”. Non è quindi un caso che la prima direttiva italiana dedicata alla qualità del linguaggio amministrativo, emessa dal Dipartimento della Funzione Pubblica nel 2002, è la Direttiva sulla semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi.

Il linguaggio amministrativo è lo strumento che la PA usa per comunicare con le persone, la prima “interfaccia” fra Pubblica Amministrazione e cittadini. È un linguaggio tecnico, settoriale; è jargon (gergo) — come si potrebbe dire utilizzando un inglesismo. In quanto tale può quindi essere difficile da comprendere e risultare oscuro, non immediato, inaccessibile o esclusivo, oltre che complicato da ricondurre alla vita reale.

Eppure l’art. 3 della Costituzione italiana recita che:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Va da sé che il linguaggio amministrativo rappresenta potenzialmente la prima barriera significativa alla comprensione di diritti e doveri, all’accesso ai servizi pubblici, alla partecipazione attiva alla democrazia. Viceversa, un processo di semplificazione del linguaggio amministrativo per ridurre i tecnicismi e un lessico lontano dal linguaggio naturale, potrebbe contribuire ad accrescere il rispetto dei diritti delle persone. Questo può riguardare a diversi livelli documenti, atti amministrativi, comunicazioni rivolte ai cittadini, cartellonistica, siti e servizi digitali.

Semplificare, poi, non significa ridurre la precisione o la completezza delle informazioni, ma al contrario, impegnarsi a esprimere concetti complessi in maniera più efficace, immediata, accessibile e inclusiva, aumentando quindi la qualità della comunicazione.

Insomma, con semplificazione del linguaggio amministrativo si intende qui non tanto una riduzione di complessità, ma una eliminazione di complicatezza e la necessità di spostare il centro di attenzione da chi scrive a chi legge.

Una questione di responsabilità, ma anche di qualità

Non è possibile pensare con chiarezza se non si è capaci di parlare e scrivere con chiarezza

John Searle — Filosofo

Una Pubblica Amministrazione che parla alle persone ha la responsabilità di pensare e comunicare in maniera chiara, lineare, non oscura. Ha la responsabilità di promuovere i cambiamenti della società a partire dal linguaggio (ad esempio la transizione digitale) e ha il dovere di progettare i propri punti di contatto (digitali e non) di modo che questi siano usabili, inclusivi e accessibili by design, a cominciare dalle parole che vengono scelte per raccontarli, promuoverli e favorirne l’uso.

Responsabilità che in alcuni casi pare dimenticata, come dal famoso brigadiere di Calvino in “l’Antilingua”.

Un uso appropriato del linguaggio aumenta la qualità dell’esperienza utente, la comprensione delle informazioni, la fiducia nelle istituzioni, e, più globalmente, l’accesso ai diritti. Investire nella semplificazione del linguaggio amministrativo ha dunque tutta una serie di benefici tangibili che migliorano la qualità globale del servizio pubblico.

A che punto siamo su questo tema nella PA italiana?

I superpoteri del linguaggio

Il linguaggio è lo strumento d’elezione per comunicare fra esseri umani (o fra esseri umani e macchine, o fra macchine!). Comunichiamo bene perché — e solo sesiamo “d’accordo” su cosa significano le parole che usiamo.

Il linguaggio ha il superpotere di modellare, influenzare e determinare la maniera in cui pensiamo e interagiamo con il mondo che ci circonda. Numerosi studi mostrano come il nostro modo di esperire la realtà sia letteralmente trainato dalle nostre convenzioni e abilità linguistiche, o che il linguaggio può influenzare il nostro livello di fiducia verso qualcosa o qualcuno, perché siamo per istinto portati a fidarci maggiormente di ciò che rientra nelle nostre possibilità di comprensione, di narrazione, di riproduzione verbale del pensiero. Non solo, si può arrivare a dire che il linguaggio coincide con il nostro modo di leggere il mondo: studi su persone bilingue hanno dimostrato che esse leggono un problema e rispondono diversamente a seconda della lingua in cui viene loro posto il problema.

Il linguaggio è anche adattativo e si modifica in funzione dei cambiamenti della società per adeguarsi a rappresentare nuovi tempi, modi e stili di comunicazione.

Nel mondo della Pubblica Amministrazione questo è piuttosto evidente se pensiamo ad esempio agli effetti della transizione al digitale, per cui il linguaggio tecnico/amministrativo ha dovuto fare i conti per la prima volta con questioni legate all’usabilità, all’accessibilità, alla navigabilità delle interfacce, alla necessità di arrivare all’informazione in maniera rapida, all’esigenza di facilitare la lettura dei testi a schermo.

E visto che non esiste un’interfaccia digitale semplice senza un linguaggio semplice, non può esistere un servizio digitale pubblico facile da fruire senza una PA che inizia a progettare i propri punti di contatto digitali a partire da una comunicazione semplice, chiara, calibrata sull’esperienza del destinatario, e quindi, di qualità.

Storia breve della semplificazione del linguaggio amministrativo in Italia

Quasi tutte le moderne democrazie hanno adottato nel tempo iniziative per la semplificazione del linguaggio istituzionale, sia per ciò che concerne i documenti e gli atti amministrativi in senso stretto, sia per quanto riguarda siti, servizi e app.

Di seguito qualche esempio, per il mondo anglofono derivato dal plain language movement:

In Italia il primo tentativo in questo senso risale al 1993 con il Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche; seguono fra il 2002 e il 2005 due direttive del Dipartimento per la Funzione Pubblica in materia di semplificazione del linguaggio amministrativo (Direttiva Frattini 2002, Direttiva Baccini 2005), oltre che alcuni manuali e testi specialistici fra cui:

Solo in tempi più recenti, le raccomandazioni iniziano a includere riflessioni che riguardano la parità di genere, l’accessibilità, l’inclusione:

L’inclusione è inoltre uno dei principi guida fondanti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che oltre a dedicare a questa uno specifico asse (Inclusione e coesione), individua nella transizione al digitale uno dei fattori chiave per favorire l’inclusione sociale.

Norme e buone pratiche, oggi

I riferimenti di cui sopra contengono indicazioni e utili linee guida o suggerimenti per un linguaggio amministrativo più chiaro e auspicabilmente centrato sui bisogni di chi legge.

Cattura di schermata della risorsa “Guida al linguaggio della Pubblica Amministrazione”
Guida al linguaggio della Pubblica Amministrazione

Vale la pena di riassumere alcune di queste raccomandazioni di alto livello — comuni alla maggior parte dei riferimenti citati — e pensate per semplificare il linguaggio amministrativo di testi e interfacce digitali.

  • Scrivere periodi brevi e suddividere il testo in paragrafi;
  • Usare un lessico prossimo al linguaggio naturale;
  • Ridurre tecnicismi, acronimi e forestierismi, e laddove necessari, disambiguarli;
  • Evitare termini diversi (anche sinonimi) per riferirsi a una stessa entità;
  • Privilegiare la forma attiva dei verbi invece che quella passiva;
  • Evitare le nominalizzazioni (meglio “annullare” che “procedere all’annullamento”);
  • Evitare le forme impersonali e limitare la subordinazione sintattica;
  • Evitare le doppie negazioni;
  • Presentare le informazioni principali prima di quelle secondarie;
  • Tenere presenti le buone pratiche relative alla neutralità di genere e all’accessibilità nel linguaggio.

Queste e altre indicazioni sono contenute anche negli strumenti di Designers Italia a supporto delle Linee guida di design per i siti internet e i servizi digitali della PA emesse a norma CAD (art. 53, comma 1 ter).

Leggi anche la Guida al linguaggio della Pubblica Amministrazione di Designers Italia

Dalla carta allo scroll

Abbiamo già detto che il linguaggio amministrativo tradizionale è quasi sempre (e in qualsiasi lingua) lontano dall’esperienza concreta e delle abilità linguistiche della maggior parte delle persone.

Questa caratteristica si manifesta in maniera ancora più evidente se applicata alla sfera del digitale e può avere i seguenti svantaggi per le persone:

  • Ostacolare l’accesso alle informazioni;
  • Generare confusione e senso di impotenza;
  • Causare frustrazione e mancanza di fiducia nelle istituzioni;
  • Causare perdita di tempo e risorse.

Le modalità con cui fruiamo gli artefatti digitali sono particolari: il nostro cervello scansiona e “scrolla” (scorre) i contenuti in maniera alternata, alla continua ricerca dell’informazione o dell’azione di valore della schermata o del flusso di interazione.

Studi di monitoraggio oculare e di psicologia cognitiva hanno dimostrato che le persone che leggono gli schermi tendono a scansionare i blocchi di testo seguendo la forma di una F (F-pattern) o di una Z (Z-pattern): tracciano una linea orizzontale lungo la parte superiore dello schermo, procedono poi in verticale lungo il lato sinistro alla ricerca di punti di interesse e procedono di nuovo in senso orizzontale.

Pattern tipico di lettura degli schermi digitali (pattern a F)
Esempio di lettura a schermo secondo lo schema F-pattern

Hanno inoltre dimostrato che laddove incontrano testi lunghi, lessicalmente e sintatticamente complicati, infarciti di tecnicismi o acronimi, gli utenti sono molto meno propensi a proseguire la lettura anche se comprendono il lessico e/o hanno un livello di istruzione alto.

Insomma le persone — ancora di più online — hanno un disperato bisogno di chiarezza, di arrivare rapidamente all’informazione che cercano, di completare task online entro un lasso di tempo ragionevole e senza intoppi.

Hanno anche bisogno di sentirsi “incluse”, e di sapere che la diversità è rappresentata, la neutralità di genere incoraggiata e l’accessibilità garantita nel linguaggio delle istituzioni.

Una Pubblica Amministrazione più prossima ai cittadini passa poi da scelte legate al tono di voce usato per la scrittura delle interfacce digitali. Pensiamo al fatto che è finalmente consuetudine “dare del tu” agli utenti nella maggior parte di testi di siti, servizi e app istituzionali: questa (buona) pratica modifica radicalmente la maniera in cui la Pubblica Amministrazione si rivolge a cittadini e non cittadini, perché riduce le distanze rendendo possibile uno stile di comunicazione finalmente più vicino al linguaggio naturale delle persone: la voce di una PA più “umana”.

Leggi anche il Fondamento “Tono di voce” del design system del Paese

Cattura di schermata del fondamento “Tono di voce” del design system del Paese
Fondamento “Tono di voce” — Design system Italia

Chi scrive per le interfacce della PA rivolte ai cittadini deve quindi obbligatoriamente tenere conto di una serie di regole e buone prassi che vanno oltre la mera semplificazione del linguaggio amministrativo e chiamano invece in causa temi più legati all’esperienza utente in senso stretto.

Cattura di schermata prima/dopo con esempi di semplificazione del linguaggio amministrativo tratti dai prototipi della piattaforma PA digitale 2026
PA digitale 2026: success page prima e dopo l’intervento di semplificazione del copy

Una menzione a parte meritano poi le buone pratiche dedicate ai contenuti delle normative privacy: nel corso degli ultimi anni infatti abbiamo assistito a una presa di consapevolezza maggiore sul tema della semplificazione del linguaggio anche dal punto di vista legale, con la nascita di iniziative volte a promuovere informative privacy più semplici e chiare da comprendere per le persone, ad esempio grazie a iconografia specifica o con il metodo Creative Commons, sistema attraverso il quale il contenuto e il significato delle licenze per la fruizione di contenuti protetti dal diritto d’autore sono tradotti in simboli standard, universali.

Oltre alle buone pratiche tuttavia, abbiamo a disposizione delle norme che disciplinano in maniera programmatica alcuni requisiti per la scrittura di contenuti testuali per le interfacce di siti e servizi della PA.

Il primo di questi requisiti riguarda l’accessibilità: si devono rispettare le indicazioni contenute nelle WCAG 2.1 per garantire alle persone la leggibilità e la comprensibilità dei documenti fruiti mediante tecnologie assistive (suggeriamo comunque di progettare già secondo le indicazioni contenute in WCAG 2.2. per massimizzare la futura applicabilità).

Le Linee guida di design per i siti internet e i servizi digitali della PA, emesse a norma CAD (ai sensi dell’art. 53, comma 1 ter) recitano infatti che:

“SI DEVE utilizzare un linguaggio e un’organizzazione dei contenuti adeguati all’utente destinatario”.

Oltre all’accessibilità, rientrano in questo requisito (4.3 Semplicità di consultazione ed esperienza d’uso) tutte le indicazioni operative pubblicate nell’ambito del progetto Designers Italia e riguardanti la progettazione dei contenuti centrata sugli utenti.

Strumenti per un linguaggio a misura di cittadine e cittadini

Designers Italia da tempo ha cuore il tema del linguaggio e ha rilasciato nel tempo una serie di risorse disponibili sul sito https://designers.italia.it/.

Sono risorse operative che possono risultare preziose per redigere documenti amministrativi o progettare contenuti testuali per le interfacce di siti e flussi di servizio.

Scopri tutte le risorse disponibili:

  • Fondamento Linguaggio del design system del Paese: le nozioni fondamentali per progettare contenuti chiari, inclusivi, efficaci e pensati per le persone;
  • Fondamento Microtesti del design system del Paese: le regole di base per la scrittura di testi e microtesti efficaci per i servizi pubblici;
  • Kit contenuti e linguaggio di Designers Italia: gli strumenti per creare, revisionare e analizzare i contenuti di un punto di contatto digitale;
  • Manuale Operativo di Design — capitolo Content design, linguaggio: le indicazioni operative dedicate al dominio della progettazione dei contenuti per siti e servizi della PA;
  • Guida al linguaggio della PA: le indicazioni per usare le parole della Pubblica Amministrazione e un linguaggio attento a inclusività, accessibilità e neutralità di genere.

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Daniela Iozzo
Designers Italia

Content design/UX writing @ Dipartimento per la trasformazione digitale — Presidenza del Consiglio dei Ministri