Co-progettare una destinazione: perché farlo e come coinvolgere le comunità locali nei processi di valorizzazione territoriale

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9 min readJul 30, 2021

Scritto da Giorgia Laudati | Destination Makers

Per lungo tempo i processi decisionali e i piani strategici, nel turismo come in altri settori, sono stati caratterizzati da un approccio top-down che vedeva un ristretto gruppo di persone ai vertici stabilire in maniera unidirezionale le azioni da perseguire per lo sviluppo del proprio territorio di riferimento. Questo approccio ha dimostrato negli anni tutti i suoi limiti legati a una visione riduttiva delle necessità e potenzialità dei territori in quanto non inclusiva del punto di vista delle comunità che li vivono e animano.

Negli ultimi anni, complice la rivoluzione tecnologica e informatica che ha cambiato radicalmente le modalità di interazione tra persone e di scambio di informazioni, si è assistito a un graduale cambio di paradigma nei processi decisionali. Si è iniziato a diffondere un approccio più aperto e collaborativo, basato sull’ascolto e sul dialogo con un bacino ampio di stakeholder, sulla trasparenza nelle iniziative e sulla co-progettazione di strategie e azioni.

Adottare processi di co-creazione ha significato dunque un allontanamento dal classico approccio top-down per accogliere istanze “dal basso” (bottom-up) in ottica di partecipazione e governance collaborativa, elementi sempre più importanti per la definizione di piani di sviluppo e promozione territoriale che rispondano alle reali esigenze delle comunità locali e siano da queste condivise in termini di visione e obiettivi.

Elaborare una visione strategica condivisa per lo sviluppo di un territorio può essere un processo lungo e complesso ma che porta numerosi benefici. Coinvolgere le comunità locali, dagli operatori turistici e culturali ai piccoli imprenditori, dalle associazioni di categoria ai rappresentanti pubblici, in processi decisionali aperti e dialogati si traduce infatti nella creazione di valore aggiunto derivante dall’unione di intelligenze ed esperienze diverse ma complementari, e nella definizione di un’identità di destinazione che rispecchi le reali istanze del territorio (non cadendo dunque in facili ma disastrosi stereotipi) e che sappia valorizzarne le sue caratteristiche distintive.

Per sviluppare un percorso di co-progettazione di una destinazione sono necessarie competenze e strumenti specifici atti a facilitare il confronto tra diversi attori e l’elaborazione di output tangibili e realmente raggiungibili.

Tra gli approcci che più di tutti aiutano a raggiungere questi risultati c’è senza dubbio il design thinking, ossia un processo di problem solving iterativo e basato sulla creatività, che mira a produrre soluzioni innovative che mettano al centro i bisogni degli utenti, nel caso del turismo quelli delle comunità ospitanti e dei visitatori.

Questa metodologia risulta particolarmente utile nei processi di co-creazione perché incentiva — grazie al ruolo dei facilitatori e all’utilizzo di strumenti quali i canvas — ad osservare i problemi da diversi punti di vista, a prendere in considerazione i bisogni di un maggior numero di stakeholder e a sviluppare sentimenti di empatia essenziali per attivare l’intelligenza collettiva verso l’identificazione di soluzioni originali che diano voce alla vocazione di un territorio e della sua multiforme comunità e che vadano incontro ai bisogni reali dei viaggiatori.

Casi studio e best practice

Nel panorama internazionale, sono diverse le destinazioni che hanno adottato processi di co-progettazione con la comunità per elaborare una definizione condivisa della propria identità territoriale e determinare di conseguenza gli assi strategici lungo i quali sviluppare la propria offerta e la comunicazione del proprio brand.

Indy’s Destination Vision è l’innovativo percorso avviato dalla città di Indianapolis, che adotta la co-creazione come modello di sviluppo per la comunità non solo in termini strettamente turistici, ma tenendo conto degli impatti di questo settore a livello economico e culturale. Il progetto parte da un assunto fondamentale e cioè che “a great place to live is also a great place to visit” (“un ottimo posto in cui vivere è anche un ottimo posto da visitare”), e di conseguenza che nella progettazione della città come destinazione turistica è fondamentale tener conto delle voci dei cittadini.
Il modello di co-progettazione di Indianapolis è pubblico e accessibile a tutti dalla pagina web dedicata, a testimonianza della trasparenza e apertura verso gli stakeholders interessati a prendere parte al processo.

Indy’s co-creation model, fonte: Indy’s Destination Vision

Come emerge dal grafico qui a fianco, il processo poggia su una solida base di ascolto delle istanze e dei bisogni della comunità, che vengono poi analizzate da Tourism Tomorrow Indy per elaborare proposte strategiche da presentare agli enti pubblici locali e a chi possa occuparsi dell’implementazione. Questo ruolo di intermediazione permette quindi di attivare la comunità, di raccogliere i suoi bisogni e strutturarli attraverso un know how specifico in obiettivi di lungo termine e azioni concrete. Il processo va poi a colmare il gap con i decisori pubblici che implementano così soluzioni radicate nella comunità, arricchite dal lavoro di consulenza di Tourism Tomorrow Indy e pertanto con migliori chance di successo.

Rientrando nel panorama europeo, un esempio virtuoso di coinvolgimento attivo degli stakeholders è rappresentato da Wonderful Copenhagen, l’ente del turismo della capitale danese, impegnato nella creazione di connessioni tra più di 400 partner pubblici e privati per sostenere lo sviluppo turistico della destinazione. Tra i vari progetti portati avanti dall’ente, spicca per il suo carattere di co-progettazione con la comunità locale Tourism Moves. Questo programma guarda al turismo come leva strategica per favorire uno sviluppo urbano che incontri i desideri dei cittadini e di conseguenza dei visitatori valorizzando le diverse aree della città. Attraverso attività di ascolto e dialogo con la comunità e con i visitatori, Tourism Moves ha identificato sfide e opportunità di sviluppo dei diversi quartieri di Copenhagen e progettato di conseguenza strategie e azioni da implementare in collaborazione con gli stakeholders locali per rendere la destinazione più attrattiva e vivibile. Scopo del progetto è garantire un’offerta di esperienze non solo nel centro cittadino ma anche nei quartieri più periferici e assicurare dunque uno sviluppo culturale e turistico sostenibile che porti reali benefici alla comunità ospitante.

È interessante notare inoltre che Wonderful Copenhagen ha saputo interpretare i risultati di questo programma anche da un punto di vista comunicativo, progettando una campagna di marketing sui Neighborhoods (“quartieri”) della città per promuovere e far conoscere ai visitatori anche le aree meno note e ridistribuire quindi i flussi turistici in destinazione.

A livello nazionale, Dolomiti Paganella Future Lab rappresenta un caso innovativo di sviluppo turistico di una destinazione in co-progettazione con la comunità locale. Grazie ad attività di ascolto e coinvolgimento di abitanti e turisti, il progetto mira a costruire una visione di lungo periodo condivisa per migliorare “la vivibilità e la qualità di vita di residenti e ospiti” e “interpretare lo sviluppo turistico dell’Altopiano della Paganella come forza positiva per costruire una comunità tenace, coesa e resiliente”.

Il Future Lab ha individuato come suoi interlocutori 4 categorie principali di stakeholders: gli operatori turistici e gli amministratori, i turisti invernali ed estivi, i giovani dell’altopiano e la comunità residente, coinvolti a diversi livelli e in diverse fasi del percorso attraverso workshop di co-progettazione e questionari. Nei workshop è stata adottata la metodologia del design thinking per individuare i problemi esistenti e disegnare collaborativamente possibili soluzioni, i risultati sono poi stati raccolti e sistematizzati in un booklet distribuito a tutta la comunità dell’altopiano della Paganella e accessibile online.

Dolomiti Paganella Future Lab

Va inoltre menzionato che, come dichiarato sul sito del progetto, il Dolomiti Paganella Future Lab si è ispirato nel suo percorso a due realtà internazionali: Visit Copenhagen appena descritta e Visit Flanders alla quale abbiamo dedicato un articolo di approfondimento per il suo modello di sviluppo turistico “community first”.

Questi esempi testimoniano che adottare un approccio di co-progettazione allo sviluppo delle destinazioni consente di ottenere risultati di successo non solo in termini di miglioramento dell’offerta turistica e di promozione del territorio, ma anche a livello di coesione della comunità locale, sviluppo territoriale integrato e creazione di opportunità più ampie di crescita economica, culturale e sociale.

L’esperienza di Destination Makers

Noi di Destination Makers crediamo fermamente nell’importanza del coinvolgimento delle comunità locali nella progettazione delle strategie marketing territoriale.

I nostri percorsi Destination Make! si basano su un processo di ascolto e dialogo con il territorio che parte dalle visite in destinazione, durante le quali avviene il primo incontro con gli operatori turistici e culturali del luogo, e che continua con l’organizzazione di workshop e momenti di restituzione volti a identificare in maniera condivisa la proposta di valore della destinazione e partire da questa per stimolare la creazione di nuova offerta in linea con l’identità territoriale.

Un esempio di recente applicazione del nostro modello è rappresentato dal percorso che abbiamo svolto a Taranto per la co-progettazione di una strategia di marketing territoriale per l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio e in sinergia con l’Amministrazione Comunale.

Nel corso del progetto abbiamo creato diversi momenti di incontro e confronto con la comunità di operatori turistici e culturali, gli enti pubblici, il tessuto imprenditoriale e i giovani della destinazione, raggiungendo complessivamente circa 150 stakeholders.

Dalle visite del nostro team in loco e dai primi workshop di co-design della proposta di valore è emerso un tessuto cittadino creativo e vibrante, desideroso di far sentire la propria voce e di contribuire al rilancio della propria città. Partendo dagli spunti emersi da questi incontri e combinandoli al nostro lavoro di ricerca e analisi dei trend emergenti nel settore travel, abbiamo elaborato una strategia di marketing in linea con i bisogni e i desideri della comunità locale e al contempo con le tendenze del mercato e i bisogni dei viaggiatori. Abbiamo presentato il lavoro alla destinazione prima in una fase intermedia, per raccogliere i feedback sui lavori in corso, e poi nella sua versione definitiva, per condividere la visione integrata di lungo periodo e le prospettive concrete di sviluppo.

Una volta definita con la comunità locale la proposta di valore di Taranto come destinazione turistica, abbiamo esteso la co-progettazione a un bacino di stakeholders di tipo business (tour operator, compagnie crocieristiche e agenti marittimi) per raccogliere le loro esigenze in termini di offerta e servizi ricercati in destinazione. Questo passaggio è stato fondamentale per la successiva fase di co-design delle esperienze di visita, che ci ha visti collaborare con gli operatori locali per supportarli nella creazione di un’offerta turistica e culturale in linea con i desideri dei viaggiatori target e direttamente commercializzabile.

Infine, gli ultimi due momenti del percorso sono stati tesi a supportare l’imprenditoria locale prima con un hackathon, da noi organizzato in collaborazione con Onde Alte e con il supporto di Invitalia, per stimolare la nascita di imprese in linea con la strategia di destinazione e offrire un percorso di accompagnamento per accedere a misure di finanziamento specifiche; in seguito con un incontro di formazione e un workshop di co-progettazione rivolto a tutti gli attori locali interessati a costituire una Destination Management Company a Taranto per fornire loro le basi e i primi contatti per intraprendere un percorso di questo tipo.

In conclusione, il modello di turismo di tipo estrattivo che ha caratterizzato le ultime decadi ha dimostrato tutti i propri limiti e i danni che può causare. Ci troviamo a un cambio di paradigma dove è necessario immaginare modelli di sviluppo territoriale che vadano sempre più nella direzione di una visitor economy, ossia di un approccio che guardi all’impatto complessivo di un visitatore in destinazione, dal miglioramento dei servizi alla creazione di lavoro, senza tralasciare l’impatto ambientale e culturale.

In un contesto di questo tipo, appare quindi evidente come le voci delle comunità ospitanti debbano costituire il punto da cui partire per progettare strategie di lungo periodo di sviluppo inclusivo e sostenibile, che portino reale benessere ai territori e a chi — come abitante o visitatore — li vive e ne fa esperienza.

“Quando vuoi innovare, hai bisogno di collaborare.”
- Marissa Mayer

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