Il futuro delle DMO è ibrido e collaborativo: riflessioni sui nuovi modelli di governance turistica

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9 min readOct 25, 2021

Scritto da Giada Abbiati | Destination Makers

Sistemi. Tavoli di lavoro. Cabine di regia.
Sono tutti sinonimi dell’intenzione comune di dare un indirizzo strategico di governance alle destinazioni turistiche. Tali termini però sottintendono una semplificazione dei modelli relazionali all’interno dei territori, che per loro natura sono invece fluidi e dai contorni non sempre così netti.

Dietro ai modelli fallimentari della gestione turistica, spesso troviamo la cosiddetta frammentazione, ossia un’insieme di sforzi di gestione e promo commercializzazione — sia pubblici che privati — divisi in tante direzioni diverse, senza congiungere verso un fine comune.

Abbiamo spesso parlato dell’evoluzione della governance dei territori, che è passata dalla semplice promozione alla vera e propria gestione. Dall’altro lato, l’approccio illuminato verso un vero e proprio destination design, piuttosto che al solo management, garantisce anche un superamento dei cosiddetti silos, e quindi l’integrazione virtuosa di comparti di solito reputati paralleli al turismo all’interno del concetto stesso di destinazione.

La chiave di questi ragionamenti rimane comunque il fattore collaborativo, scoglio contro cui si sono incagliate fino ad oggi buona parte delle destinazioni italiane. È proprio nella collaborazione che si formano diversi modelli di design e gestione delle destinazioni, fulcro attorno al quale immaginare i nuovi modelli di organismi di governance dei territori — che si chiamino DMO, DMC o in altra maniera.

Il contesto: cosa c’è oltre DMO, DMC, DMMO?

“The community is the destination.”
- Destination Next

Il contesto attuale evidenzia una crescente necessità da parte dei territori di un coinvolgimento a livello decisionale e strategico. Questo tipo di allineamento è alla base dei ragionamenti più virtuosi condotti da enti di gestione e promozione delle destinazioni turistiche come Visit Flanders ed è il punto da cui partire per ragionare sui modelli di governance piuttosto che sui semplici acronimi.

Destination Next nei suoi Future Studies 2021 evidenzia come primo trend (su 25), proprio “un maggiore allineamento dell’industria, della comunità e del governo (che) sta guidando la competitività della destinazione e del brand”. È interessante analizzare come nella classifica questo assunto abbia superato la voce “i clienti sono sempre più alla ricerca di un’esperienza di viaggio unica e autentica”.
Questo si interseca alla classifica delle top 25 strategie messe in atto dalle destination organisations in risposta alle sfide del 2021, che vede al quarto posto, come nuova voce rispetto al 2019 — anno dell’ultimo studio, “costruire il brand della destinazione intorno agli obiettivi, ai valori e all’energia creativa della comunità”.

È interessante evidenziare come all’interno di questa classifica strategica, il mero marketing sia racchiuso in poche voci mirate, con al primo posto “concentrare un’attenzione significativa sulla creazione di contenuti e sulle strategie di diffusione”. Tale voce non è casuale, ma legata prima di tutto alla necessità, accelerata dal Covid-19, di creare contenuti che facciano sentire i visitatori costantemente partecipi, ma anche il bisogno di ingaggiare in maniera costante e smart il territorio.
Il grande errore che viene commesso nella governance di un territorio è proprio la mancanza di contenuti comunicativi verso la comunità locale, che quindi al pari di un visitatore non si sente coinvolta tranne che per sporadiche call to action a progettualità o call for ideas che però mantengono una linea molto superficiale.

Scendendo nel dettaglio delle voci, possiamo inoltre osservare questi cluster strategici di riferimento per le sfide di questo 2021 e oltre:

  • Allineamento con la comunità — un ragionamento che al suo interno assembla la partecipazione ai processi strategici e decisionali, migliorare il coinvolgimento della comunità per ragionare sui temi della visitor economy, lo sviluppo di piani di governance e gestione, investire nel policy making e nello sviluppo di prodotti.
  • Sostenibilità (ambientale, economica e sociale) — ovvero ragionare su framework strategici di sviluppo sostenibile, sugli indicatori di monitoraggio per gli impatti sul territorio, sulla protezione dell’ambiente, sulla diversificazione di fondi e fonti di introiti, sulla connessione dell’esperienza di visita con il benessere della comunità.
  • Marketing di valore — PhocusWright ha parlato di “Marketing of care” e ciò non esula le buone pratiche a livello di destinazione. In questo frangente vediamo un aumento dell’importanza dei data management, della costruzione di un’esperienza utente ottimale, del costruire brand ed esperienze autentiche attorno ai valori del territorio, fino alla creazione di contenuti che buchino davvero lo schermo, annullando la già nebulosa linea di confine tra lo spazio fisico e quello digitale.

Già da questi presupposti, derivanti da uno studio che ha visto partecipare più di 700 destination organisations di 52 paesi, possiamo notare come oggi i modelli necessari alla governance di destinazione esulino dai vecchi paradigmi dettati dagli acronimi come DMO, DMC, e il neoutilizzato DMMO (che forse è al momento quello più adatto).
Ma a far riflettere ulteriormente sulla direzione che i modelli di governance turistica devono prendere è questa voce: “formare più alleanze strategiche al di fuori dell’industria dei viaggi”. Qui è racchiusa la chiave del ragionamento che vede la nuova frontiera del destination design oltre i silos turistici, abbracciando in maniera ampia settori paralleli e solitamente non accomunati al turismo.

Partendo dunque da questi punti strategici focali, possiamo ancora pensare a modelli di governance di destinazione come abbiamo sempre fatto finora?

Il futuro delle DMO è collaborativo: alcuni modelli ibridi che sfidano i silos

Diverse realtà a livello internazionale vedono nella collaborazione la chiave di volta per le proprie strategie di governance (e marketing) della destinazione. L’aspetto interessante è notare come questi modelli siano diametralmente diversi tra loro per intenti, forma giuridica e tipologia di collaborazione, ma come riescano ugualmente a raggiungere importanti obiettivi di crescita sostenibile che riguardano la destinazione nel suo complesso.

Tourisme Montréal

Tourisme Montréal è un’organizzazione privata no-profit che lavora per posizionare Montréal come una delle città più attraenti del Nord America. Riunisce più di 900 operatori del settore turistico, svolgendo un ruolo di primo piano nella gestione e nello sviluppo dell’offerta turistica di Montréal e formula raccomandazioni su questioni relative allo sviluppo economico, urbano e culturale della città.
L’eclettismo dell’approccio gestionale, che va oltre il semplice marketing, si riconosce lungo tutta la comunicazione di destinazione e i ripetuti progetti a favore dell’industria culturale e creativa della città (che diventa attrattore di visite), le iniziative per la sostenibilità ambientale (valore aggiunto per la comunità e i viaggiatori), nonché l’attrazione di talenti.
Tourisme Montréal esce dal silo dell’industria turistica e abbraccia una molteplicità di approcci, che si riversano inevitabilmente sulla gestione. In un unico ente vediamo:

  • l’approccio di sostenibilità economica di un privato;
  • le enormi potenzialità di un soggetto no-profit (anche in termini di funding);
  • l’ideazione di nuove linee strategiche di attrazione, che lavorano sul capitale umano, ambientale e culturale;
  • un marketing di valore, non solo perché rispecchia l’anima del territorio, ma perché si allinea ai contenuti di valore ricercati dai visitatori e dalla comunità.

Visit Scotland

Visit Scotland è l’organizzazione nazionale del turismo per la Scozia e svolge un ruolo cruciale nel supportare il governo scozzese a creare un paese di maggior successo, attraverso una crescita economica sostenibile. In quanto ente pubblico non dipartimentale, Visit Scotland funge anche da consulente per i ministri scozzesi in materia di turismo e di politica che riguarda il turismo e le imprese che fanno parte dell’economia dei visitatori.
Così facendo, lavora con il dipartimento sponsor per garantire che il turismo sia preso in considerazione in tutta la politica del governo.
L’esempio di Visit Scotland si cala a livello pubblico e di policy making, dando sfoggio di un modello virtuoso che unisce le politiche pubbliche al turismo, in un raggio più ampio di azione orientato alla crescita sostenibile. L’ente funge da vero e proprio consulente, superando l’esistenza di mera “emanazione” pubblica verso invece un approccio integrato e d’accompagnamento verso obiettivi di più ampio respiro legati alla visitor economy.
Analizzando l’attività di Visit Scotland, possiamo evincere come:

  • si tratta di un ente che agisce per il 100% sulla governance territoriale, interloquendo in maniera integrata anche con gli organi politici;
  • l’attività di accompagnamento si svolge soprattutto a livello territoriale, in quanto Visit Scotland interagisce con gli operatori attraverso l’erogazione di fondi, formazione, criteri di qualità, percorsi ad hoc di product design;
  • il data management è parte integrante e fondamentale di tutta l’attività dell’ente, che studia le proprie strategie di marketing e di crescita a partire dai dati raccolti.

This is Athens & partners

Si tratta di un partenariato pubblico-privato aperto e collaborativo, inizialmente formato tra la città di Atene, Aegean Airlines e l’Aeroporto Internazionale di Atene nel 2016. Nel novembre 2018, la Confederazione del turismo greco si è unita a This is Athens & Partners. Questa alleanza ha attirato altri importanti stakeholder come Lamda Development, TEMES e Lampsa Hellenic Hotels S.A., potenziando gli sforzi dell’organizzazione per affermare Atene come una destinazione turistica per tutto l’anno.
This is Athens & partners è un interessante modello di partnership pubblico-privata che raccoglie al suo interno importanti stakeholders della destinazione, rimanendo aperta a nuove collaborazioni. L’obiettivo è quello di indirizzare le attività di governance in maniera allineata al mercato, ma anche agli obiettivi espressi dai portatori d’interesse locali. Fulcro strategico rimane l’investimento di risorse e focus sui temi dello sviluppo della destinazione, esulando dal semplice management e marketing.
Infatti:

  • l’ente sviluppa un programma di volontariato per i residenti al fine di sviluppare competenze di accoglienza;
  • tra gli obiettivi dell’attività, ci sono anche piani per la rigenerazione urbana, stimolazione del commercio e recupero degli spazi;
  • programma Athens with locals che spinge la componente umana sul mercato.

Conclusioni: oltre il fare sistema e le cabine di regia

In sostanza, ciò che ha a che fare con gli acronimi e definizioni non è in realtà il succo del discorso. Ciò che ha realmente importanza è la collaborazione fattiva e soprattutto che abbia alla base obiettivi condivisi, verso la comunità locale e il territorio.

Il tipo di modello come abbiamo visto può essere diverso in ogni territorio. Si può essere una no-profit privata, una partnership pubblico-privata o ancora un’entità pubblica — e così tante altre forme ancora.
Il punto focale sta però nella collaborazione alla base, nella capacità di superare il concetto di sola promozione e gestione. Verso lo sviluppo e il design delle destinazioni, anche interagendo direttamente con la parte politica e soprattutto lavorando sulla percezione del territorio. Così ha fatto Visit Mexico, che si è messa in proprio rimanendo legata alle direttive governative optando per una gestione più autonoma. Cleveland, dall’altro lato, ha puntato soprattutto alla collaborazione con la comunità locale per riposizionarsi sul mercato agli occhi dei visitatori.

Non esiste dunque il modello perfetto, ma il giusto modello quando basato sulla condivisione. Soprattutto, essa deve agire su più livelli: se la forma privata, pubblica o pubblico-privata può essere una scelta, la profondità della collaborazione non lo è, in quanto deve toccare la politica quanto gli interessi privati, quanto la comunità locale.

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