Il viaggio nel futuro post-pandemico, cambiamenti e opportunità

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9 min readMay 1, 2020

Scritto da Emma Taveri e Amina De Biasio | Destination Makers

“La parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri: uno rappresenta il pericolo e l’altro l’opportunità”.

- John Fitzgerald Kennedy

La pandemia da Coronavirus sta cambiando il nostro modo di vivere, di pensare e di lavorare. È inevitabile, dunque, che cambi anche il nostro modo di viaggiare.

Rispetto alle grandi epidemie del passato e grazie al progresso tecnologico, molte persone possono continuare a lavorare da casa in smart working, permettendo ad una parte dell’economia di continuare a girare e dare speranza ad alcuni settori.

È chiaro che l’emergenza Coronavirus non è soltanto sanitaria, ma anche sociale ed economica. Sono molti i settori colpiti, basti pensare alla caduta libera del prezzo del petrolio che ha toccato valori negativi per la prima volta nella storia.
L’industria dei viaggi, tra le più importanti industrie al mondo, è una tra le più colpite dal Covid-19. A causa del lockdown che attualmente costringe a casa gran parte della popolazione mondiale, infatti, viaggiare non è permesso.

Molte delle attività legate al turismo sono ferme, accentuando giorno dopo giorno una crisi che, secondo Tourism Economics, si prospetta essere molto più grave rispetto alla “Grande Recessione” del 2008.

fonte: www.tourismeconomics.com

Secondo una previsione di Statista, azienda tedesca che si occupa di elaborazione dati, in Italia si perderanno un milione di posti di lavoro nel settore dei viaggi, con una diminuzione dell’indotto di circa 9 milioni di dollari rispetto al 2019 e un calo delle presenze pari a 28,5 milioni di turisti.

Si può dire che la pandemia stia letteralmente cambiando il nostro modo di vivere e, probabilmente, molti degli aspetti che oggi ci sembrano straordinari, faranno domani parte della nostra ordinarietà, dallo smart working al distanziamento sociale passando per un accresciuto interesse nei confronti di igiene e salute.

Una delle domande più poste in questi giorni è: come e quanto veloce sarà la ripresa dell’industria dei viaggi?
A questa domanda sono state date innumerevoli risposte, ma la verità è che non possiamo saperlo in questo momento. Possiamo però ipotizzare degli scenari e prepararci, in modo da essere pronti quanto questa ripresa avrà inizio.

Secondo un articolo di Skift a riguardo, si può ipotizzare un ciclo di recupero per il settore travel pari a 5 anni, prima di tornare ai numeri del 2019. Inoltre, l’aumento dello smart working probabilmente impatterà sul travel, causando una forte diminuzione dei viaggi business e MICE. Sarà ancora necessario viaggiare di persona o basterà una call su Zoom? Certo, gli strumenti per le videochiamate c’erano anche prima, ma essere stati forzati ad utilizzarli forse cambierà le nostre prospettive future.

dal report “The New Low Touch Economy” — www.lowtoucheconomy.com

Come cambierà il viaggio dopo il Coronavirus

Gli spostamenti dell’uomo non si sono mai completamente fermati nella storia, e probabilmente non succederà nemmeno stavolta.

Secondo alcuni dati forniti da TripAdvisor durante un webinar dell’8 aprile, l’89% dei viaggiatori si sente fiducioso di poter tornare a viaggiare a livello internazionale entro sei mesi, mentre quasi tutti (il 97%) sono fiduciosi di farlo a livello domestico.

Ma il dato più importante è un altro: più del 53% dei viaggiatori ha passato del tempo a pianificare un viaggio post Covid-19 nell’ultima settimana. Da questo si evince che la voglia di viaggiare è ancora tanta e che le persone, ora costrette a casa dai lockdown attivi in gran parte del mondo, si stanno informando e stanno pianificando i loro viaggi post pandemici.

Diamo però uno sguardo a chi questa crisi l’ha vissuta con qualche mese di anticipo rispetto a noi: la Cina.
Secondo un articolo pubblicato dal Sole24Ore, già alla fine di marzo in Cina era tempo di “revenge spending”, ovvero la propensione a spendere più del solito per compensare le rinunce fatte durante il periodo di lockdown. Secondo l’articolo di China Daily che analizza il comportamento post pandemico dei cinesi, i settori su cui c’è più volontà di spesa sono ristorazione, intrattenimento e soprattutto i viaggi.
Un grande vento di speranza ci arriva insomma dalla Cina, che per prima ha dovuto combattere il Covid-19 e che per prima sta cominciando a ripartire.

Design Hotels, in un articolo pubblicato di recente sul suo blog, ci introduce a quello che sarà verosimilmente uno dei principali trend del viaggiatore del futuro: il Promadic Traveler (progressive nomad). Un viaggiatore più consapevole dell’impatto che i suoi viaggi hanno sull’ambiente, che abbraccia innovazione e nuove tecnologie e che vuole attivamente lasciare un segno positivo nella lotta ad inquinamento, overturismo e tutte le altre grandi cause a livello globale. In estrema sintesi, questo nuovo tipo di viaggiatore non vede se stesso come un mero consumatore, bensì come un “game changer” che viaggia per portare valore ai territori e alle comunità che visita. Ed è in questa direzione, probabilmente, che si dirigerà la domanda post Coronavirus: impatto positivo del viaggio, consapevolezza e sostenibilità.

Il viaggio di domani potrebbe però non essere più lo stesso, perché saremo noi i primi ad essere cambiati e con noi sarà probabilmente cambiata l’intera società.

Secondo un recente articolo pubblicato su Phocuswire, blog di Phocuswright, uno dei brand di ricerca sul settore travel più autorevoli al mondo, potrebbe cambiare radicalmente il nostro modo di viaggiare, dalla necessità di avere particolari documenti per passare i controlli di frontiera (che probabilmente saranno più rigidi) al nostro modo di fare la valigia, dall’impennata nell’acquisto delle assicurazioni di viaggio al preferire l’auto privata o il treno agli aerei.

Potremmo ritenere fondamentale portare con noi il gel igienizzante per le mani, e forse cercheremo di viaggiare maggiormente verso mete salubri, ricche di natura e soprattutto non affette da overtourism.

La domanda si potrebbe orientare verso specifici segmenti di mercato, in momenti che saranno diversi e definiti dall’allentamento delle misure contenitive dei vari governi e con una stagionalità cambiata.

La sostenibilità sarà probabilmente uno dei driver più importanti del viaggio post-pandemico. Un’accresciuta consapevolezza dell’impatto umano sull’ambiente, ma anche sulla società e sull’economia, potrebbero guidare i viaggiatori durante le loro scelte.

Il bisogno di contatto con la natura, la necessità di sentirsi bene ed appagare i propri nuovi bisogni condurranno plausibilmente i viaggiatori verso mete lontane dai grandi flussi e ricche di spazi verdi in cui poter vivere esperienze outdoor di valore, alla ricerca del proprio benessere e della propria salute in simbiosi con la natura.

Anche la scelta degli alloggi subirà probabilmente un cambiamento. Il distanziamento sociale e la paura di un colpo di coda nei contagi faranno in modo che i viaggiatori cerchino di evitare quanto più possibile i luoghi affollati. A vincere sui grandi alberghi e sulle strutture ricettive con spazi comuni trafficati saranno probabilmente le microricettività e le strutture a misura d’uomo: piccoli hotel, garnì, B&B e sistemazioni extra-alberghiere, meglio se collocate in ambienti naturali e lontane da caos ed inquinamento.

Moduli di microricettività in simbiosi con la natura a Dobbiaco (BZ) — www.thenestliving.it

Perfino i trasporti cambieranno probabilmente in modo significativo: la paura di contrarre il virus spingerà le persone ad evitare quanto più possibile il contatto con gli altri, prediligendo mezzi privati rispetto ai mezzi pubblici. Secondo un articolo del blog di accademici e ricercatori The Conversation, il Coronavirus è un’occasione per ripensare il nostro modo di spostarci, incentivando una mobilità sostenibile e cercando di limitare l’uso di auto private e quindi l’aumento del traffico, dei ritardi, degli incidenti stradali, dell’inquinamento e dell’isolamento sociale. Il trasporto pubblico dovrà reinventarsi per andare incontro alle nuove esigenze degli utenti, per esempio garantendo una maggiore pulizia e sanificazione degli ambienti oltre che una minore densità di posti.

Insomma, probabilmente cambieremo le nostre priorità, le nostre mete e i nostri desideri. Ed ecco che per alcune destinazioni si offre una grande opportunità di rinascita, dettata dalle nuove motivazioni di viaggio e dai nuovi interessi dei viaggiatori. Sarà loro scelta, infine, se essere come fenici e rinascere dalle ceneri di questo momento critico oppure no.

“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”.

- Sir Winston Churchill

La tecnologia come compagna di vita

La chiusura di gran parte delle attività a causa del lockdown ha costretto molte aziende a ripensare la propria organizzazione e il proprio workflow in favore di nuove tecnologie e di forme di lavoro “agile”.

Prima del Coronavirus, secondo un’analisi dei dati Eurostat della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, l’Italia era il fanalino di coda in Europa per la digitalizzazione del lavoro, con appena il 2% dei lavoratori dipendenti occupati attraverso il telelavoro (dati del 2018).
Secondo l’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano, a fine 2019 in Italia erano circa 570 mila i lavoratori flessibili, in crescita del 20% rispetto al 2018.

Un trend in crescita, che la nuova pandemia ha solo accelerato. Torneremo a lavorare in ufficio? Molti di noi probabilmente sì. Ma è anche altrettanto verosimile pensare che per molte professioni sarà difficile tornare indietro e dovremo aspettarci un aumento delle persone che lavorano da casa, o dal parco, o dalla hall dell’hotel.

Questo trend potrebbe dare una svolta alle stagionalità turistiche, deviando i grandi flussi legati alle tradizionali ferie comandate spalmandoli sul resto dell’anno, creando una nuova domanda in termini di spazi di coworking e servizi connessi al telelavoro (connessioni veloci, postazioni di lavoro, disponibilità di stampanti, altro), aprendo il mercato alle nuove destinazioni che sapranno cogliere la sfida.

Le strutture ricettive e in generale le destinazioni turistiche, infatti, dovranno cercare di adeguarsi a queste nuove necessità della domanda, sviluppando le proprie infrastrutture digitali e creando un’offerta turistica in linea con le aspettative dei viaggiatori, che potrebbero essere al tempo stesso dei lavoratori. Questo trend di viaggio è chiamato “bleisure”, una fusione tra i viaggi business e leisure.

“Con l’emergenza Coronavirus è in atto il più grande esperimento di telelavoro al mondo: un test che, se darà i suoi frutti, potrebbe cambiare le sorti del nostro modo di lavorare in futuro”.

- Bloomberg

Fonte: Corriere della Sera — www.corriere.it

Il Covid-19 non ha però influito solamente sui lavoratori: la fruizione di contenuti digitali è impennata a causa della quarantena. Secondo un’indagine di GfK, il più grande istituto tedesco di ricerche di mercato, la fruizione Digital (siti generalisti di informazione, streaming audio e video, social network, gaming platforms ed e-commerce) è aumentata del 17% durante la quarantena.

E se è vero che per creare una nuova abitudine bastano 30 giorni, ormai li abbiamo già superati. L’industria del travel non potrà più esimersi dal riconoscere quello che ormai sembra essere un vero e proprio dato di fatto: la tecnologia accompagnerà sempre di più le persone, anche quando torneremo alla normalità, che probabilmente non corrisponderà alla normalità del passato.

La digitalizzazione di molti processi può aiutare le destinazioni e gli operatori locali ad attrarre e soprattutto a gestire i flussi.

La tecnologia viene in aiuto delle destinazioni anche durante il lockdown, permettendo attraverso piattaforme come Zoom di creare delle vere e proprie esperienze fruibili online, come sperimentato da Airbnb con le Online Experiences o dalle Isole Faroe, che con il loro progetto “Remote Tourism” permettono di teleguidare un residente come all’interno di un videogioco. Molte altre destinazioni, oggi, stanno offrendo ai propri utenti visite virtuali ai musei e alle attrazioni, come Philadelphia che ha creato la pagina “Philadelphia from Home” raccogliendo alcuni tra i principali musei ed attività visitabili direttamente da casa, in attesa di poter tornare a viaggiare.
Altre destinazioni, come l’isola di Saint Lucia o il Porto Rico, hanno creato delle attività live per dare un assaggio della propria offerta, dalle cooking class allo yoga mattutino, fino alle lezioni di ballo. Un viaggio virtuale, certo, che permette però al potenziale viaggiatore di conoscere le destinazioni e ciò che hanno da offrire come mai era accaduto prima d’ora.
Anche gli eventi online sono aumentati durante il lockdown; ne è dimostrazione l’impennata nell’utilizzo di piattaforme come Zoom, che come riporta Forbes è l’app di videoconferenze più scaricata durante l’emergenza Covid-19.

Questa estrema digitalizzazione forzata, che ha coinvolto vari settori prima prevalentemente analogici, finirà con la fine della pandemia? Probabilmente no, o almeno non completamente. Le destinazioni turistiche dovranno adeguarsi alla nuova domanda, magari prevedendo una visita in parte virtuale ancor prima di arrivare sui territori oppure immaginare soluzioni per monitorare e gestire in modo più efficace i flussi in destinazione. Non solo per questioni di distanziamento sociale e sicurezza, ma anche per una migliore e più piacevole visitor experience, così spesso dimenticata nei nostri territori.

Anche noi, che siamo singoli viaggiatori ancora prima che operatori dell’industria travel, dovremo forse cambiare il nostro modo di muoverci ed esplorare il mondo, prestando più attenzione alle conseguenze che ogni nostro passo ha sulla terra che calpestiamo.

Ma in fondo, come ci ricorda The Conversation in questo articolo, “Coronavirus Is a Once in a Lifetime Chance to Reshape How We Travel”.

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