Porto e design: dove ogni angolo è progettato per essere destinazione

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Destination Mag
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9 min readSep 10, 2021

Scritto da Giada Abbiati | Destination Makers

“Smetti di progettare. Inizia a costruire”
- Dennis Crowley

“Dovevamo rappresentare Porto come una città globale, la città per tutti. […] Questa idea di proprietà ci è sembrata molto importante. Questa casa unica che ognuno di noi trova nella città doveva essere rappresentata. Ognuno dovrebbe avere la propria Porto.”

Porto è una destinazione dalle mille sfaccettature, in cui ogni angolo rappresenta una passione, un’identità, la destinazione.

Il rebranding di questa meta portoghese mostra come il design di destinazione sia oggi un elemento fondamentale per progettare i territori verso la comunità locale e di riflesso verso il visitatore. Perché non ci possono essere delle proposte di valore in una destinazione se non partono direttamente dalle sue radici e dunque dalla reinterpretazione della sua comunità.

La storia di Porto come destinazione racconta la presa di coscienza delle sfumature di un luogo che oggi rappresentano le sfumature di un viaggiatore e che sul design di ogni suo punto di contatto ha ricostruito il proprio posizionamento.

Traveler’s journey: esiste ancora la soglia tra digitale e locale?

Iniziamo il nostro viaggio online, quando sognando nuove avventure scorriamo i feed alla ricerca di ispirazione e bazzichiamo fra i siti internet delle destinazioni. Tuttavia, spesso una volta in loco non troviamo molte corrispondenze con il brand e le proposte di valore promosse online: questo è il primo sintomo dell’asimmetria fra digitale e locale, che affligge buona parte delle destinazioni a partire da una difficoltà di sincronizzazione di informazioni, prodotti, branding.

Ma possiamo ancora parlare di una soglia che divide il mondo digitale da quello locale (o analogico)?

I momenti della verità (moments of truth) si sono moltiplicati grazie alla tecnologia, rendendo i comportamenti dei viaggiatori differenti e complessi e determinando per le destinazioni un ripensamento in termini di design dell’esperienza di visita, che non può più ridursi a una vetrina digitale ma anche (e soprattutto) locale. Il destination design abbraccia un approccio intersettoriale non solo da un punto di vista dell’interazione tra settori in apparenza paralleli al turismo più classico (cultura, rigenerazione urbana, impatto sociale…), ma anche dell’intersezione tra i canali, in un mercato in cui “per il consumatore non esiste più una distinzione tra spazio fisico e spazio online”.

La progettazione di una destinazione deve essere dunque coadiuvata da un’analisi dei punti di contatto (touchpoint), ossia specifici elementi che, quando integrati, concorrono a costruire l’esperienza complessiva del fruitore: sia esso il residente, che soprattutto il visitatore. Sono infatti i touchpoint a veicolare i valori della destinazione e a creare un flusso informativo ed esperienziale unico che garantisca:

  • Riconoscibilità — dei valori e del posizionamento nella mente dei residenti e dei viaggiatori.
  • Efficienza — delle risorse e degli strumenti impiegati per raggiungere tale posizionamento.
  • Efficacia — dei messaggi trasmessi e delle tecniche adottate per convertire.
  • Condivisione — di un’esperienza di vita e visita positiva e di un flusso coerente di informazioni e fruizione.

Come visto, però, gli sforzi di progettazione non possono riflettersi solo online, ma devono trovare un’autenticazione efficace soprattutto in loco, dove secondo Greenberg la ricerca per le attività viene effettuata su vari dispositivi fino a tre mesi prima del viaggio, ma si concentra sui cellulari per il 54% quando i viaggiatori sono a destinazione (fonte: Trekksoft 2019). Anche le ricerche su cellulare per “cose da fare/attività” e “vicino a me” hanno registrato un aumento di 6 volte durante gli ultimi anni (fonte: Google 2019).

Trend in crescita anche nel 2020–2021 secondo il Travel Trends Report di Trekksoft realizzato in collaborazione con il leader di mercato Arival, per cui il comparto tour e attività ha visto l’80% delle proprie vendite offline.

Inoltre, il mercato del viaggio ha una richiesta sempre più crescente da parte dei viaggiatori di offerte di destinazione in grado di soddisfare i loro molteplici interessi e desideri. Già nel 2017 Google sottolineava che il 36% dei viaggiatori sarebbe incline a pagare di più per il viaggio se un travel brand personalizzasse le informazioni e l’esperienza di viaggio complessiva in base alle preferenze personali o ai comportamenti passati.

Diventa dunque chiaro che non è più possibile parlare di una netta divisione tra la dimensione digitale e quella locale, piuttosto va applicata una loro totale integrazione che eviti un’asimmetria informativa al viaggiatore in entrata e al contempo sia in grado di rafforzare l’appartenenza locale da parte dei visitatori.

Una delle applicazioni del brand Porto in destinazione

È proprio qui che Porto ha inserito il design di destinazione, quell’approccio che scioglie la barriera di confine tra digitale e locale progettando un’esperienza di visita a trecentosessanta gradi. Univoca, condivisa dal territorio al visitatore e dal visitatore al territorio. Un’esperienza immersiva ritrovata in ogni touchpoint della destinazione, in cui persino treni e cartelloni diventano dei punti di riferimento per la comunità e per il viaggiatore.

Disegnare il brand dalla comunità al viaggiatore

La pandemia ha costretto a ripensare innumerevoli modelli del fare destinazione, ma la storia del brand e destination design di Porto inizia da prima dell’avvento del Covid-19, nel 2014, quando l’autorità cittadina del centro portoghese ha incaricato l’agenzia di comunicazione Studio Eduardo Aires di creare una nuova identità per la città.

Proprio dal concetto di città parte l’elaborazione del nuovo branding, che non si veicola solo come brand di destinazione, ma dell’intera comunità. Il nuovo design di Porto non è stato pensato come chiuso e immutevole, ma aperto, flessibile e disposto ad accogliere sempre nuove declinazioni. Come si legge infatti sul sito di Behance, la loro sfida era rappresentare “Porto come città globale, la città di tutti”.

Pensare a una destinazione che parta da un design che sia realmente inclusivo e human centered, in grado di rispecchiare i valori del territorio da un lato e i bisogni del viaggiatore dall’altro, significa ribaltare il paradigma del turismo e della gestione della destinazione per come li abbiamo conosciuti fino ad oggi per virare verso quella che viene definita visitor economy, che comprende una prospettiva più olistica al di là dei concetti commerciali di “gestione dei turisti” per includere tutti gli aspetti comunitari dell’”ospitare i visitatori”.

Il rebranding di Porto è infatti andato oltre gli allora modelli di fare destinazione, proiettandosi nel lungo periodo come una buona pratica adattiva di un territorio che riconosce la propria costante mutevolezza, senza dimenticare però le radici che lo contraddistinguono.

Le voci della comunità costituiscono infatti la narrazione principale della destinazione Porto. Partono dai famosi Azulejos, le piastrelle blu e bianche che creano disegni per la città e costituiscono la principale fonte di storytelling della stessa, e da lì si declinano in numerosi elementi: dai simboli storici più famosi fino alle interpretazioni moderne che oggi rendono la città un centro vibrante in continua evoluzione, nessuna voce rimane inascoltata.
La polimorfia non va però confusa con l’assenza di saldi valori identitari: il punto alla fine del nome della città sta a indicare proprio una personalità forte, che si riconosce e si sviluppa a partire da un ceppo identitario ben definito.

Il messaggio al viaggiatore arriva dunque chiaro:

  • riconoscibile, perché parte da un elemento architettonico conosciuto per narrare la destinazione;
  • efficiente, dal momento che l’investimento è stato veicolato tutto sulla creazione e condivisione di questo brand, nelle sue varie applicazioni, senza disperdere risorse nella generazione di altri marchi;
  • efficace, nella misura in cui i messaggi passano con chiarezza all’interlocutore e la flessibilità del brand può rappresentare sfumature diverse di uno stesso territorio o esperienza;
  • condivisibile, dal momento che i codici comunicativi sono riconoscibili e pertanto si prestano a una condivisione di valori ed esperienze.

Una destinazione omnichannel

Come visto, non esiste più una netta suddivisione tra digitale e fisico, pertanto la destinazione Porto ha agito in tal senso concretizzando al massimo gli effetti positivi di un brand unificato e riconoscibile.

L’ha fatto tenendo conto dei diversi canali di contatto con il visitatore, ma anche con il cittadino, costruendo un’infrastruttura informativa e applicativa lungo tutti i diversi livelli del customer journey.

Servizi

Dagli infopoint alla polizia municipale, i servizi della città recano il brand Porto. Un sollievo per i visitatori che, spesso, una volta in loco si ritrovano spaesati a causa dell’assenza di riferimenti chiari al brand e quindi ai relativi servizi. La Porto Card, al momento, risulta essere lo strumento che più rappresenta questo tipo di valore per il turista.
Nel 2021 Porto è stata nominata per il terzo anno di fila la città leader al mondo per la qualità della vita dal World Council on City Data, sottolineando la capacità della destinazione di essere un centro di riferimento per cittadini e viaggiatori grazie a una specifica pianificazione (design) dell’esperienza di fruizione.
In un contesto storico in cui anche viaggio, lavoro e vita assumono contorni sempre più permeabili, posizionarsi come brand flessibile, aperto e che tiene conto dell’opinione di cittadini e viaggiatori concorre a definire Porto come una destinazione degna di stare sulla mappa di viaggio, lavoro e vita.

Cartellonistica

I cartelli per le strade della città parlano chiaro. Non solo il brand è reiterato costantemente, affinché non perda presa nella mente di cittadini e viaggiatori, ma diviene anche punto di riferimento per il codice di interpretazione delle attrazioni, dei punti di interesse e in generale per i riferimenti della città.
Come anticipato, il brand instaura di fatto nuovi codici comunicativi condivisi, superando la cartellonistica sterile o dai simboli di difficile comprensione. Che si tratti di un cittadino o di un visitatore temporaneo non avvezzo agli usi della città, nella cartellonistica troverà un flusso di informazioni chiaro e inequivocabile.

Canali comunicativi

Tale coerenza non può certo perdersi nei canali comunicativi utilizzati, i quali mantengono a trecentosessanta gradi la comunicazione del brand.
Dalle storie in evidenza di Instagram che reiterano i simboli del brand, alle comunicazioni di servizio postate su Facebook in relazione al Covid-19, Porto mantiene inalterato il flusso informativo rappresentato dal suo brand.
Il sito web, fonte principale di ispirazione, si mantiene a sua volta sui valori comunicativi del brand: flessibile, aperto, poliedrico. Consigli e informazioni per i visitatori sono riportati in maniera chiara senza troppi fronzoli, facendo fede a una città che è sì sfaccettata, ma non caotica.

Conclusioni e spunti

L’operazione di destination design portata avanti da Porto a partire dal brand è sicuramente uno dei migliori esempi sul mercato di come una destinazione può rendersi riconoscibile sul mercato agli occhi dei visitatori e della propria comunità.

Sebbene vi sia ancora ampio margine di miglioramento, a partire, per fare un esempio, dalla condivisione di brochure o cataloghi anche con l’autorità del turismo portoghese così che i materiali siano tutti allineati, Porto rimane comunque un ottimo esempio da cui trarre alcuni spunti.

  1. Un buon posizionamento spesso non richiede investimenti eccessivi, quanto oculati verso un preciso scopo e con un risultato ambito ben chiaro.
  2. Focalizzarsi su un solo elemento distintivo, limitando l’interpretazione che il viaggiatore può dare a una destinazione e limitando anche il riconoscimento da parte della comunità locale, non è spesso la scelta più giusta. Almeno in termini di brand.
  3. Nulla è reale se non è condiviso. La forza della destinazione Porto, come abbiamo visto, è la condivisione. Reiterata e soprattutto messa in comune, ossia resa riconoscibile da una serie di elementi semantici di chiara interpretazione e di intenti.

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