Ad Astra (2019) di James Gray | by Alessandro Pin | Destinazione Cosmo | Medium

Ad Astra (2019) di James Gray

UN’ODISSEA SPAZIALE NEL CUORE DI TENEBRA DELL’ANIMO UMANO

Alessandro Pin
Destinazione Cosmo

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Intensi picchi elettromagnetici stanno devastando la Terra. Il maggiore Roy McBride, ingegnere del Comando Spaziale Statunitense, viaggia su Marte per trasmettere un messaggio al laboratorio scientifico LIMA, stanziato nell’orbita di Nettuno, il cui responsabile è il dottor H. Clifford McBride, padre di Roy, dato per morto dopo un silenzio radio di sedici anni. L’incidente potrebbe significare che l’eminente scienziato possa essere ancora vivo e, forse, esserne l’artefice. Roy parte, così, per una lunga missione, determinato a ritrovarlo.

Roy fa del suo lavoro la sua vita; come Neil Armstrong, possiede una mente logica e razionale e una tempra forte abbastanza da sopravvivere alle asperità che caratterizzano il nulla dello spazio — i suoi battiti non superano gli 80 al minuto sotto stress —; tuttavia, la sua condizione psicologica rispecchia una freddezza e un bisogno di solitudine che, anche a causa dell’assenza del padre, si ripercuote sulla relazione con la compagna che aspetta sola e impotente il ritorno a casa dell’astronauta, durante le lunghe missioni spaziali.

Il padre di Roy è un pioniere dello spazio che ha viaggiato fino agli estremi confini del Sistema solare per mettersi in contatto con altre forme di vita, poiché gli affetti e la famiglia non gli sono bastati; un eroe idolatrato dai libri di storia, riconsiderato come un distruttore di mondi da fermare. Roy porta il peso di un ingombrante retaggio, costretto a intraprendere un viaggio di riscoperta di sé e del padre scomparso, per trovare risposta alle domande che affliggono l’essere umano. Bisognoso di conoscere la misteriosa sorte del padre assente, addentrandosi nell’ignoto che lo separa da lui, passo dopo passo, chilometro dopo chilometro, anno luce dopo anno luce, Roy si trova di fronte null’altro che se stesso, o Dio stesso. Una ricerca lunga una vita che porta alla luce la consapevolezza che la solitudine alimenti la rabbia nell’animo umano e gli istinti feroci di bestie senzienti — la sequenza dello scimpanzé incattivito —, ma non solo questo; la carica emotiva sprigionata dal bisogno di conoscenza ed esplorazione dell’oscurità, anche interiore, che circonda la propria esistenza, è forse la paura più grande, se non vissuta e condivisa insieme ad altri: la barriera — vuota distesa cosmica — che separa il saggio dal veggente, il sano di mente dal folle; tuttavia, la lucidità di Roy è da ricercare nel coraggio di spingersi dove nessun uomo è mai giunto per ricongiungersi alla metà che l’ha generato. Tornare indietro sui propri passi, riconsolidare la propria anima, è l’unico modo per poter proseguire il viaggio; un viaggio che si esaurisce davvero al cospetto del padre? O forse di una proiezione che lascia intendere il suo bisogno di spezzare il profondo legame col genitore perduto?

Ad Astra è intimista ed esistenziale. Ogni inquadratura si sofferma sugli intensi sguardi del protagonista (Brad Pitt rende alla perfezione il senso di stoicismo, osteggiato dall’insicurezza scatenata da frammenti onirici e ricordi stranianti), costretto a sottoporsi, a ogni tappa del suo lungo viaggio, a una valutazione psichica computerizzata: un interrogatorio durante il quale convincere il programma, ma soprattutto se stesso, che tutto sia sotto controllo. Più si addentra nello spazio profondo — abisso del suo inconscio —, maggiore è la fatica impiegata a ingannare la macchina, e se stesso. L’efficace scrittura pone il focus sui suoi pensieri, più volte espressi con senso drammaturgico in voice-ocer (come nelle ampie narrazioni di Terrence Malick), che evincono come la direzione da lui intrapresa sia a senso unico, quasi non ci fosse una soluzione al problema, se non spingersi avanti, senza mai fermarsi: una voce informativa ed espressiva che raccoglie frammenti di osservazioni e reminiscenze, ponendo l’astronauta in crisi esistenziale. Alla fine, Roy si rende conto di ciò che sta affrontando: un dovere nei confronti della sua stessa esistenza, ancor prima della salvezza del genere umano; una volta reso strumento da un corrotto sistema burocratico, di cui poco si intuiscono i meccanismi di funzionamento (la presenza di pirati spaziali che vogliono depredare gli astronauti, come in un Mad Max spaziale, evidenzia la distopia che si affaccia sulla società prossima futura), Roy subisce la stessa sorte del padre la cui ricerca di forme di vita intelligenti, al di là del fallimentare risultato, è la chiave per comprendere le sue scelte e il bisogno di indagare oltre l’universo conoscibile.

Il bisogno di cercare altri esseri senzienti è insito nella paura di essere soli nell’universo; una ricerca per il padre di Roy così importante a livello esistenziale da spingerlo a recidere ogni contatto terreno e terrestre per dedicarsi completamente alla missione. La gigantesca antenna, che il prode Roy cerca di riparare durante il drammatico prologo, è un chiaro sintomo di come l’essere umano tenda a Dio, per mezzo di una torre di Babele fantascientifica, ma da cui non ottiene risposte per sua stessa arroganza. Unica opzione percorribile è infrangere il muro che separa il mondo conscio da quello inconscio. Una società distopica, ove l’uomo, divoratore di mondi, gioca con la vita e la morte e si mette al posto di Dio pur di disvelare i segreti e la magnificenza del Creato. Una società che ricorda, per simili atmosfere, quella descritta da Philip K. Dick nei suoi racconti; mentre, l’aspetto tecnologico è in debito nei confronti dell’immaginifico mondo di Arthur C. Clarke.

La pellicola fantascientifica di James Gray è un thriller misterioso e claustrofobico, intenso ed emotivamente spiazzante, la cui storia è assimilabile all’opera Cuore di tenebra di Joseph Conrad: il completamento di una missione attraverso la ricerca di sé del protagonista, fino ai più remoti recessi della perdizione umana, che affronta i traumi che lo hanno reso anaffettivo. Lo spazio diventa un luogo in cui isolarsi per rinfrancarsi dal proprio dolore, riconnettersi con le emozioni e rinnovare la propria contezza spirituale (proprio come l’Africa coloniale descritta nel romanzo, o la giungla magistralmente affrescata da Francis Ford Coppola in Apocalypse Now). Un viaggio pervaso dalla follia distruttiva dell’uomo, orientato verso una dimensione simbolica e metaforica e ossessionante (analogo a quello intrapreso del capitano Willard).

James Gray omaggia in modo lapalissiano la regia di Stanley Kubrick e Christopher Nolan, aiutato dalla magnificente fotografia del direttore Hoyte van Hoytema e da una ricchezza di dettagli scenografici che esaltano il carattere della space opera ed elevano il contesto ad affresco operistico. Potente è anche il commento musicale le cui note cosmiche sono vergate con sopraffina eleganza dal compositore Max Richter.

Ad Astra — “per aspera ad astra”, ovvero “attraverso le asperità sino alle stelle” —, pur dotato di un registro simile a Gravity di Alfonso Cuarón, rappresenta la stratificata opera complementare di Interstellar. Se nel capolavoro nolaniano, il protagonista rinuncia alla famiglia per salvare il genere umano dall’estinzione; in Ad Astra, pur partendo dagli stessi presupposti, la missione ha in sé uno scopo più intimo e meno epico, più umano e meno eroico. In Interstellar, è il padre che lascia la figlia con il desiderio di tornare a missione compiuta per far fede alla promessa che solo l’amore riesce a soddisfare, infrangendo le leggi che regolano lo spazio e il tempo; in Ad Astra, invece, il padre di Roy non sente la necessità di tornare alla Terra per riabbracciare la sua famiglia, anzi, pur di raggiungere il suo scopo, rinuncia al figlio che cerca in tutti i modi di ricongiungersi a lui, partendo alla volta celeste per rintracciarlo. Due storie speculari che ritraggono, entrambe con completezza (seppur Interstellar sia emotivamente più coinvolgente e dall’allure cinematografica più potente), la complessa natura umana e la sua esistenza.

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Alessandro Pin
Destinazione Cosmo

Sono un appassionato di fantascienza. Mi piace scrivere e condividere la mia passione, tra incredibili viaggi e immaginifici universi.