Zack Snyder’s Justice League (2021) di Zack Snyder | by Alessandro Pin | Destinazione Cosmo | Medium

Zack Snyder’s Justice League (2021)

La resurrezione di Superman, l’importanza di Cyborg e Flash, l’avvento di Darkseid e il Knightmare: il restauro di un’opera d’arte

Alessandro Pin
Destinazione Cosmo

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Zack Snyder, il visionario cineasta dietro alla macchina da presa

Zack Snyder è un regista visionario che, grazie a uno stile immaginifico, dona alle sue opere un timbro visivo unico; tuttavia, non sempre trova il plauso della critica: non solo le sue tecniche registiche sono, spesso e volentieri, messe in discussione, ma anche i suoi successi creano divisione tra i fan.

La sua carriera inizia da video musicali e spot pubblicitari; nel 2004 dirige il viscerale remake de L’alba dei morti viventi di George A. Romero che incassa globalmente poco più di 100 milioni di dollari; nel 2007, segue il racconto ultraterreno e visivamente audace di 300, adattamento della graphic novel di Frank Miller, che fa destare l’interesse del pubblico verso il regista; nel 2009, Zack Snyder porta sul grande schermo niente meno che Watchmen, l’iconico fumetto di Alan Moore che si allontana dai topoi della narrazione supereroistica per esplorare la natura corruttrice del potere; l’adattamento è accolto tipedamente dalla critica ed è disconosciuto, addirittura, dall’autore del fumetto (riportando alla mente quando Stephen King bocciò la visione di Stanley Kubrick del suo Shining). Successivamente, Zack Snyder affronta un periodo cinematografico poco fortunato, passando da Il regno di Ga’Hoole (2010), un’avventura digitalmente animata su dei rapaci notturni in guerra, al surreale e onirico Sucker Punch (2011), un action movie onirico di stampo drammatico tutto al femminile, ammantato in un’atmosfera tra il fantasy e lo steampunk (probabilmente la sua opera più incompresa), prima di essere chiamato ad affrontare la storia di Superman.

Nel 2013, debutta L’uomo d’acciaio che stabilisce Henry Cavill quale nuova icona del personaggio di Superman. La svolta intrapresa da Zack Snyder è stata presentare un Clark Kent conflittuale, piuttosto che l’alter ego goffo e impacciato interpretato da Christopher Reeve nel Superman di Richard Donner del 1978 (il prototipo dei cinecomic di un’altra era per i supereroi, rappresentati come fulgidi astri senza macchia né paura); di fatto, la caratteristica che molti fan di lunga data hanno trovato riprovevole (invece di vederla come un punto di forza) è come il Superman di Zack Snyder arrivi ad uccidere per difendere la Terra, ovvero la sua nuova casa. Seppur la major sperasse in un incasso superiore ai 668 milioni di dollari realizzati al botteghino globale, ad oggi, L’uomo d’acciaio resta uno dei migliori e completi cinecomic sulle origini di un supereroe che ha aperto le porte al fatidico scontro con l’altra icona della DC Comics: Batman, a cui Zack Snyder dà il volto di Ben Affleck.

Nel 2016, con Dawn of Justice, il brillante regista diventa a tutti gli effetti l’architetto dell’Universo esteso DC; ancora oggi, infatti, le sue scelte di casting continuano a risuonare: la perfetta Gal Gadot nel ruolo di Wonder Woman, l’imperturbabile e fumoso Jason Momoa (scelta coraggiosa, in contrapposizione al biondo e occhi azzurri re dei mari fumettistico) e l’eccentrico Ezra Miller nei panni di Flash; ciò nonostante, la major non ha concesso a Zack Snyder la libertà creativa di sviluppare il futuro dei suoi personaggi (contrariamente al potere detenuto dalla controparte marvelliana impersonata da Kevin Feige, leader supremo dei Marvel Studios). All’uscita nelle sale, Dawn of Justice ha subìto dure recensioni dai fan e dalla critica che lo hanno condannato e demolito, facendo perdere fiducia a Warner Bros. in Zack Snyder; neanche l’Ultimate Edition è stata sufficiente a ridare lustro mediatico all’opera, seppur la completi considerevolmente a livello narrativo (esempio lampante di come la major nutrisse già seri dubbi sul lavoro di Zack Snyder e ne sacrificasse le intenzioni).

I Marvel Studios, il cui successo dell’universo cinematografico ha esercitato tantissima pressione sul team produttivo della DC Entertainment, ha trovato una formula che rispecchiasse il suo retaggio fumettistico, attraverso storie di persone comuni e riconoscibili alle prese con improvvisi e fenomenali poteri; l’Universo esteso DC, invece, si è avvicinato ai suoi supereroi dalla direzione opposta, raffigurando immortali divinità a proprio agio nel padroneggiare forze cosmiche, sforzandosi di essere umani per connettersi al mondo ordinario. Il regista l’ha sempre immaginata (e la Zack Snyder’s Justice League ne è la conferma definitiva) come una narrazione operistica, piuttosto che cinematografica, di stampo tragico, quasi lirico, e, forse per questo, più impegnativa; tuttavia, Warner Bros. ha sempre temuto che rendesse i suoi eroi così cupi, e le loro abilità una maledizione, da risultare troppo “pesanti” da far digerire agli spettatori. Quando si dice che il pubblico non è pronto a questo!

Zack Snyder era più interessato a decostruire il familiare, destrutturare il mito, piuttosto che a ricapitolarlo: un magistrale narratore visivo che, in ogni sua opera, va in profondità sui singoli personaggi. Per alcuni fan e critici, questo è fantastico, per altri è proprio il nocciolo del problema, poiché pensano (sbagliando) che l’opinione su chi siano e cosa facciano i loro beniamini supereroistici sia imprescindibile e intoccabile.

Le divergenze creative con Warner Bros., la tragedia della famiglia Snyder e l’avvento di Joss Whedon

Nel 2016, durante la lavorazione di Justice League, Kevin Tsujihara, CEO di Warner Bros. (coinvolto nel 2019 in uno scandalo sessuale), assegna Geoff Johns, capo creativo della DC Entertainment, e Jon Berg, capo della co-produzione di Warner Bros., a supervisionare e controllare il lavoro di Zach Snyder. L’ordine era chiaro: almeno uno di loro doveva presenziare sul set durante le riprese. Un lavoro tra i più difficili: dover mediare tra il regista, che aveva una precisa visione del suo mondo, oscuro e onirico, con le intenzioni della major, che pretendeva un film leggero, umoristico e solare. Zack Snyder sapeva bene perché Geoff Johns e Jon Berg fossero sul set e, con gentilezza, ha accettato la loro ingrata mansione; tuttavia, i vertici hanno sabotato alcune delle sue idee più radicali, come l’aggiunta di una storia d’amore tra Bruce Wayne e Lois Lane che piange la morte di Superman (sub-plot non contemplato anche nella Zack Snyder’s Justice League). Lo svantaggio del fare dell’epica cinematografica, a volte, sono le aspettative finanziarie delle major (vedasi come Il signore degli anelli di Peter Jackson rimbalzò di casa produttrice in casa produttrice prima di trovare una sede): di fatto, per Justice League la Warner Bros. voleva raggiunta la quota del miliardo di dollari al botteghino globale; un risultato che le opere di Zack Snyder mai hanno raggiunto.

Nel gennaio 2017, il regista mostra il suo primo cut a Kevin Tsujihara che non gradisce il risultato. Tra i numerosi problemi, vi è la notevole durata della pellicola che, secondo gli ordini, doveva essere drasticamente ridotta: un’altra imposizione, definita da Zach Snyder come paradossale, poiché ha portato a un’ingente problema strutturale, ovvero dover introdurre nuovi personaggi del calibro di Flash, Aquaman e Cyborg e cattivi importantissimi nel panorama della DC Comics come Steppenwolf (Ciarán Hinds) e Darkseid (Ray Porter) in sole due ore di minutaggio. La battaglia per Justice League è davvero straziante; tuttavia, quell’anno non è stata la cosa peggiore accaduta alla famiglia Snyder. Nel marzo 2017, Zack Snyder perde la figlia Autumn, vittima di suicidio.

Autumn, adottata da Zack Snyder e dall’allora moglie Denise Weber, è stata, a detta del padre, l’unica figlia a eguagliare il suo entusiasmo per il mondo ancestrale delle divinità e i supereroi, i mostri e gli alieni. Un’ispirazione che ha portato il regista a essere coinvolto nella produzione de L’uomo d’acciaio: storia di un bambino caduto dal cielo, dotato di superpoteri, adottato da un’amorevole famiglia. Dopo la morte di Autumn, Zack Snyder ha cercato di andare avanti per due mesi, trovando conforto nel portare a termine il lavoro iniziato con Justice League; ma le condizioni lavorative erano troppo stressanti ed è a quel punto che la situazione con Warner Bros. è implosa.

Non è raro che i registi perdano il controllo creativo di opere ad alto budget, o che altri registi subentrino in medias res (vedasi la storia produttiva di Solo: A Star Wars Story); tuttavia, Zack Snyder ha sempre sottolineato come la principale ragione del suo abbandono sia stata la morte della figlia Autumn, al di là delle divergenze creative con la major; ma è stata anche la forza morale che l’ha spinto a ritornare: a lei, infatti, la famiglia dedica l’opera restaurata nella sua magnificente bellezza artistica.

Geoff Johns programma un film su Batgirl con Joss Whedon alla regia solo per garantirgli una forte leva per effettuare riscritture su Justice League. Ancora una volta, la compostezza di Zack Snyder è sorprendente, ma Warner Bros. dà sempre più potere al nuovo arrivato che non si limita a dare solo consigli durante le riprese, ma a riscrivere pesantemente il copione di Chris Terrio. I rapporti secondo cui Zack Snyder avrebbe chiesto aiuto a Joss Whedon si sono dimostrati falsi; di fatto, il regista ha affermato di aver avuto solo una conversazione con Joss Whedon per cui, quest’ultimo, poco o nulla sapeva dell’opera originale, se non dagli appunti di produzione. Ray Fisher (l’interprete di Cyborg) ha pubblicamente affermato che Joss Whedon è stato offensivo sul set e i dirigenti della Warner Bros. nulla facevano al riguardo; così, anche Gal Gadot ha dichiarato di aver avuto un’esperienza negativa con il subentrato regista. Dopo aver concluso le sue indagini, a causa di un’inchiesta, Warner Bros. ha annunciato che era stata intrapresa un’azione correttiva, sebbene lo studio non avesse fornito particolari dettagli.

Nonostante il suo credito come regista sia rimasto nei titoli del cut di Joss Whedon (uno dei crediti più iniqui della storia), Zack Snyder mai ha visto e avuto intenzione di vedere la versione cinematografica del marvelliano regista che, per non essere considerato il fautore della rovina dell’opera, ha preventivamente omesso il suo credito, mantenendo solo quello di co-sceneggiatore insieme a Chris Terrio (già autore di Dawn of Justice). Deborah Snyder, in veste di produttrice, ha caldamente consigliato al marito di non vedere il montaggio cinematografico; seduta in una sala di proiezione alla Warnor Bros., insieme a Christopher Nolan, co-produttore esecutivo, ha ammesso di aver assistito a un’operazione strana, alienante: dopo aver dedicato tanta passione, risorse ed energie, vedere un’opera essere stravolta a tal punto da qualcun altro è un’esperienza che la produttrice a nessuno augura di provare.

All’uscita nelle sale, il team composto da Batman, Wonder Woman, Aquaman, Flash, Cyborg e un redivivo Superman, ritoccato digitalmente (e in modo assai grottesco) per rimuovere i baffi di Henry Cavill, impegnato sul set di Mission Impossible: Fallout durante i reshot di Joss Whedon, si schianta a terra, scontrandosi con i pareri negativi della critica. Anche i risultati al botteghino non brillano. Justice League guadagna 657 milioni di dollari a livello globale, il che potrebbe sorprendere se non si considera il budget di quasi 300 milioni, inclusi i 25 milioni necessari per la rielaborazione di Joss Whedon; si aggiunge, inoltre, una stima da 100 a 150 milioni per i costi di marketing. Justice League risulta essere una cocente sconfitta, tenendo anche conto delle importanti icone supereroistiche presenti della DC Comics. Come se ciò non bastasse, a sei mesi di distanza non aiuta l’uscita di Avengers: Infinity War che, forte dei 2 miliardi di dollari di incasso, polverizza Justice League con uno schiocco di dita.

Come previsto, Justice League è deriso e ovviamente rinnegato dai fan che, presi dallo sconforto, si rassegnano nei confronti del grande disegno snyderiano, ormai corrotto.

Riabilitazione e nobilitazione dell’opera definitiva che Zack Snyder aveva il diritto di completare e i fan si meritavano di vedere

Nel novembre 2017, all’indomani dell’uscita del cut di Joss Whedon, i fan iniziano una campagna sui social per far uscire il cut di Zack Snyder. Quando il regista lasciò il progetto, prese il suo laptop (decorato con un adesivo della Justice League) la cui memoria conteneva il suo montaggio originale, di oltre quattro ore di durata; un’opera incompleta, priva di effetti speciali visivi, musica e una messa a punto necessari all’uscita. Piuttosto che svanire e cadere nel dimenticatoio, la richiesta dei fan per restituire l’opera al suo creatore originale ha guadagnato slancio nel corso degli anni, diventando un vero e proprio movimento sovvenzionato.

Nel novembre 2019, Zack Snyder promuove le intenzioni dei fan con l’appoggio del cast. Pochi giorni dopo, Toby Emmerich, CEO di Warner Bros. Pictures Group, chiama Zack Snyder con un’offerta; inizialmente, però, la major vuole solo pubblicare il filmato “grezzo” presente sul famoso laptop; tuttavia, presentare un lavoro incompleto non avrebbe fatto breccia nel cuore dei fan e dato ai detrattori altra benzina da gettare sul fuoco per convincere il pubblico che, dopotutto, il gioco non valeva la spesa.

Nel maggio 2020, Warner Bros. per pubblicizzare la sua nuovissima divisione streaming HBO Max, condivide la lavorazione di un’operazione senza precedenti. Zack Snyder stima che il costo per completare il suo lavoro, senza alcun ausilio delle riprese aggiuntive di Joss Whedon, sia stato di circa 70 milioni di dollari. A conti fatti, HBO Max riceve quattro ore di programmazione tanto attesa e la storia del ritorno a Hollywood di un mito. Lo stesso Zack Snyder, però, non ottiene neanche un dollaro di compenso per il restauro e il divieto da parte della major di girare nuove sequenze; cosa che, ovviamente, non ha fermato il regista.

Per quanto riguarda il fandom, il movimento per la release della Zack Snyder’s Justice League ha contribuito con mezzo milione di dollari alla fondazione americana per la prevenzione del suicidio, attraverso donazioni e aste per vendere gli oggetti di scena. Ricostruire la storia che ha sempre immaginato è ciò che ha rinvigorito Zack Snyder: essere andato nel profondo dei suoi personaggi, mandando al diavolo la cronologia ufficiale dell’Universo esteso DC, e aver condotto, così, quello che ha definito come un “esperimento sociale”.

Il cut di Joss Whedon, distribuito nelle sale, lasciava l’amara sensazione che tutto finisse lì e la triste consapevolezza che l’Universo esteso DC di Zack Snyder fosse un fardello di cui la major voleva frettolosamente liberarsi. Per questo motivo, il progetto è stato smantellato delle sue parti caratterizzanti per essere riassemblato con noncuranza in un disaster movie di sole due ore di durata, con a malapena un barlume del contesto narrativo originale e un cambiamento tonale stridente, avulso e fuori posto con quanto accaduto nei precedenti capitoli diretti da Zack Snyder. La trama della Zack Snyder’s Justice League è molto più coerente e coesa rispetto al cut di Joss Whedon. Non è necessario essere un appassionato o avere una conoscenza obliqua della DC Comics per comprendere i retroscena di alcuni personaggi, poiché Zack Snyder li mostra in ogni minima sfaccettatura. Il background di Aquaman, Wonder Woman, Flash e Cyborg è sviluppato meglio e diversamente, da cui la loro costruzione, definita da storie e lotte personali, è strutturata in modo intelligente e più in linea coi fumetti.

Cyborg

Cyborg rappresenta la spina dorsale della Zack Snyder’s Justice League. Narrativamente il più martoriato nel cut di Joss Whedon, Zack Snyder non lo presenta più come un ragazzo, dal passato misterioso e con innesti cibernetici, che si sta semplicemente abituando ai suoi nuovi poteri; nella Zack Snyder’s Justice League Victor Stone è una star del football, molto legato alla madre che perde a seguito di un incedente d’auto occorso al rientro a casa dopo una vittoriosa partita; gravemente mutilato, senza un braccio e le gambe, Victor si sente come il mostro di Frankenstein (il dottor Frankenstein, in effetti, si chiama proprio Victor), inorridito dalla mancanza di parti umane e terrorizzato da ciò che gli altri potrebbero pensare di lui. Si capisce, finalmente, come Cyborg disprezzi se stesso e il rancore che prova verso il padre Silas (Joe Morton) che lo ha “ricombinato” con il potere di una Scatola Madre. La relazione tra Cyborg e il padre mostra come dietro alla figura di un essere cibernetico, che sembra ormai non possedere più nulla di umano, si celi una fanciullezza bisognosa di essere riportata alla luce grazie al suo potere, paragonabile a quello di un dio biomeccanico del cyberspazio che domina ogni linguaggio di programmazione, piegandolo al suo volere. Silas parla da scienziato al figlio che accetta con freddezza i suoi preziosi consigli (bellissima la sequenza in cui Silas insegna al figlio a controllare le sue capacità che utilizza per aiutare una famiglia bisognosa di cambiare vita); tuttavia, quando apre il suo cuore di padre, vede chiudersi ogni possibilità di comunicazione; una porta che lo scienziato riapre attraverso il sacrificio, in una straziante sequenza che ricorda e omaggia a livello visivo la trasformazione del dottor Osterman in Dottor Manhattan presente in Watchmen. Si vede, inoltre, come il passato e il presente di Cyborg faccia da contraltare alla storia di Superman, tra inconfondibili somiglianze e contrasti.

Le Scatole Madri

Di fondamentale impatto sulla definizione di Cyborg è la sua connessione alle Scatole Madri: potenti artefatti millenari, matrici di illimitata energia custodite da tre mitiche popolazioni del pianeta, ovvero le Amazzoni, gli Atlantidei e gli Umani. Un legame che trascende il piano fisico per addentrarsi in quello mistico, dove regnano le Moire, ovvero streghe ammaliatrici e tentatrici che vogliono corrompere l’animo del giovane Victor; ciò, disvela un lato finora sconosciuto: una forza pensante che le rende, di fatto, antagoniste esse stesse. Le Scatole Madri danno segni di vita, come fossero senzienti e in cerca del loro padrone; per questo, rilasciano l’Aroma, ovvero una traccia che gli invasori Paradèmoni percepiscono; in poche parole: vogliono essere trovate! Le Scatole Madri tendono all’Unità, un’unione entropica nella sua perfezione matematica: un ossimoro che ha in sé il potere di annientare i pianeti e trasformarli; tuttavia, se separate restano dormienti fino alla loro riattivazione. Un’altra grande differenza rispetto al cut di Joss Whedon è l’attivazione delle Scatole Madri: nell’incipit non si osserva più una testimonianza di Superman che cerca di spiegare il simbolo sul petto a dei ragazzi che lo stanno filmando, ma è mostrato, invece, l’urlo agonizzante dell’uomo d’acciaio, dopo essere stato trafitto mortalmente da Doomsday alla fine di Dawn of Justice (a cui il prologo si collega in modo magistrale), che riecheggia nel mondo e risveglia la Scatola Madre affidata alle Amazzoni. Una fondamentale differenza che ammanta fin da subito la storia in un’atmosfera oscura che affonda le sue radici in un lontano passato. L’aspetto mistico delle Scatole Madri, quasi magico, è intessuto nell’Universo esteso DC; infatti, lo si ritrova anche in altre opere: nella figura dell’Incantatrice che ammalia in maniera molto simile i membri della Suicide Squad nel film di David Ayer, nei poteri del Mago che dona al giovane Billy Batson la capacità di trasformarsi magicamente in Shazam! nel film di David F. Sandberg, e nella Pietra dei sogni vista in Wonder Woman 1984 di Patty Jenkins.

Flash

Tra le sequenze più affascinanti, escluse dal cut di Joss Whedon, vi sono quelle con protagonista Flash che Zack Snyder reintegra e rende fenomenali a livello visivo, ove il diverso scorrere del tempo diventa un potere funzionale anche a livello narrativo, soprattutto nello scontro finale. Il salvataggio di Iris West (Kiersey Clemons) ne è l’esempio lampante: una sequenza in cui il tempo rallenta, fino quasi a fermarsi, mentre Barry Allen volteggia per la strada, “riorganizzando” l’incidente d’auto, mentre afferra un hot dog al volo (una scena che supera anche quella con protagonista Quicksilver in X-Men: Giorni di un futuro passato di Bryan Singer). Una meraviglia per gli occhi e il cuore. Quando, invece, deve irrorare di energia la Scatola Madre per attivarla e resuscitare Superman, Flash riesce a riavvolgere brevemente il tempo per essere in sincrono con l’istante in cui la Scatola Madre tocca il liquido amniotico dell’astronave; tuttavia, è sul finale che mostra tutto il suo potere, quando fallisce nell’intento di far “entrare” Cyborg nelle Scatole Madri per separarle: corre così velocemente da invertire il flusso temporale per ripristinare gli eventi e correggere la situazione. L’idea di “ricostituire” il passato, mentre Barry corre verso Cyborg, è una delle sequenze migliori mai viste in un cinecomic a livello di concezione scenica. Flash diventa, dunque, il deus ex machina degli eventi, dandogli l’importanza che merita (già assunta in Dawn of Justice con il suo cameo, di cui si intuisce la motivazione). Inoltre vi è anche una correzione nell’ambito della Fisica: Flash, durante il primo e fallimentare confronto con Steppenwolf, non salva più gli ostaggi portandoli via a super-velocità (poiché non possono sopportare l’inerzia generata da una tale accelerazione); ma, invece, li protegge in una sequenza davvero psichedelica. Per quanto riguarda il suo background, Barry ha un confronto di diversa natura col padre Henry Allen (Billy Crudup che in Watchmen è Dottor Manhattan), imprigionato ingiustamente per l’omicidio della moglie, desideroso di vedere il figlio realizzato con un impiego all’altezza delle sue capacità, ben al di sopra della media; di fatto, Barry è un ragazzo sveglio e volenteroso, con un’anima nerd, che non perde tempo a mettersi in gioco quando riceve la visita di Bruce Wayne che lo vuole arruolato nella Justice League. Simpatico ed elettrizzante, ma anche psicologicamente complesso, Flash è finalmente presentato in modo davvero efficace.

Aquaman

La storia dietro al personaggio di Aquaman è stata tagliata nel cut di Joss Whedon che lo ha reso un mero isolazionista, burbero e ubriacone; Zack Snyder mostra, invece, il regno di Atlantide; non solo è dato più spazio a Mera (Amber Heard), ma compare anche il personaggio di Vulko (Willem Dafoe), maestro d’armi che sprona Arthur Curry ad accettare il suo retaggio di mezzosangue, poiché figlio di un umano e della Regina Atlanna; ma, è meglio sviluppata la leggenda del mitico Re di Atlantide che guidò il popolo dei mari durante l’invasione dei Paradèmoni, omaggiando la leggenda di Re Artù (molto cara al regista che riprende anche sul finale, quando Bruce Wayne vuole realizzare una tavola rotonda per i membri della Justice League) e la spada Excalibur che qui ha la forma di un tridente che spetta, a pieno titolo, ad Arthur anziché all’usurpatore Orm (di cui si percepisce la presenza sul trono e la cui storia è narrata in Aquaman di James Wan). La sostanziale differenza rispetto all’idea di James Wan è il modo di parlare degli Atlantidei (che Zack Snyder ha mantenuto così come l’aveva pensata in origine) che comunicano nell’acqua attraverso suoni simili a quelli emesse dalle balene, mentre creano bolle d’aria per poter comunicare verbalmente. Aquaman è visto come un uomo in fuga dal suo destino che, per combattere la minaccia di Steppenwolf che invade il suo regno per rubare la Scatola Madre custodita dagli Atlantidei (di cui si capisce il metodo che il malvagio mostro usa per localizzarla, ovvero attraverso un’estorsione mentale coatta), decide di indossare l’armatura e combattere in nome del suo popolo e del mondo intero, ma anche di una piccola comunità di pescatori che lo venera come un dio.

Wonder Woman

Anche Wonder Woman, seppur sia stata la meno sacrificata nel cut di Joss Whedon, è riportata in auge da Zack Snyder che la rende una figura davvero potente; anche Steppenwolf ne ha timore, poiché vede che oltre al sangue delle Amazzoni, nelle sue vene scorre quello degli Antichi Dèi. Anche al popolo delle Amazzoni è data maggior enfasi e vederle combattere così energicamente e in sinergia mostra il loro essere guerriere, votate al sacrificio. Inoltre, alcune sequenze di lotta con protagonista Wonder Woman sono state dilatate e la sua entrata in scena è anticipata da un coro ancestrale seguito dalle martellanti percussioni che la identificano. Una supereroina che lotta per la verità e la giustizia; di fatto, la sua presentazione sulla statua della dea bendata non lascia adito a dubbi. Se Bruce Wayne è il padre della Justice League, Diana Spencer non può che esserne la madre.

Batman e il ritorno di Superman

Il cut di Joss Whedon terminava con la vittoria trionfale della Justice League su Steppenwolf; la squadra si riuniva in una posa eroica, mentre guardava la città russa Pozharnov, teatro dello scontro finale, essere ricoperta da lussureggiante vegetazione aliena, come fosse colpita dal dispositivo Genesis di Star Trek II: L’ira di Khan; Bruce Wayne acquistava la banca che ha pignorato la fattoria dei Kent, così da restituire la proprietà a Martha (Diane Lane), la madre di Clark; Barry visitava il padre Henry in prigione per dirgli di aver avuto un lavoro presso il laboratorio criminale del dipartimento di polizia di Central City; Silas Stone collaborava col figlio Victor per aiutarlo a padroneggiare le sue abilità; Arthur Curry ritornava al mare; infine, Lois Lane (Amy Adams) scriveva un articolo per il Daily Planet per mostrare al mondo l’umanità celata dietro le maschere, le corazze e i mantelli dei salvatori del pianeta. Inoltre, nella sequenza post-credit, il ritorno di un Superman donneriano in gara con un Flash giocherellone segnava una brusca fermata d’arresto, traumatica ed edulcorata per l’Universo esteso DC così come inizialmente concepito da Zack Snyder che lascia inalterati alcuni finali, mentre ne ripristina completamente altri.

Già, perché inconcepibilmente è stato proprio questo il punto di frattura nel chimerico progetto snyderiano: i personaggi creati da Zack Snyder sono tutto, fuorché spensierati e burloni; una delle critiche mosse a Dawn of Justice, infatti, è stato mostrare un Bruce Wayne alcolizzato che neanche si ricorda il nome delle sue avventure femminili e, quando indossa maschera e mantello, vederlo dare brutale caccia ai criminali di Gotham, come fosse un vampiro notturno assetato, marchiandoli a fuoco come bestiame; un punitore militarizzato e furente che uccide senza scrupoli; un uomo tormentato dall’odio e la disperazione verso il male che gli ha tolto tutto; un uomo che ha visioni di un futuro apocalittico (il cosiddetto Knightmare) in cui Superman è malvagio e lo vuole morto. Bruce è desideroso di mantenere la promessa fatta all’amico perduto Clark, reclutando i metaumani sparsi per il globo, ovvero esseri semidivini dotati di superpoteri o umani in possesso di speciali capacità, per proteggere la Terra dalla minaccia imminente che sta per giungere dai cieli, il cui ambasciatore di morte Steppenwolf ha fatto uscire di senno anche Lex Luthor (Jesse Eisenberg).

La resurrezione dell’uomo d’acciaio è il movente che porta Batman a cambiare la sua visione del mondo; poiché, è proprio il suo ritorno a riportare speranza nel suo cuore ferito e grondante sangue. La lotta tra Superman appena rinato (e molto confuso) e il resto della Justice League è simile in entrambi i cut; cambia, però, il confronto di Superman con Batman il cui “superpotere” è essere ricco: una battuta che non fa semplicemente sorridere, ma identifica una condizione sociale che gli consente di sviluppare tecnologie altrimenti inaccessibili per difendersi, ad esempio, dalla vista calorifica di Superman, o possedere satelliti per aiutarlo a individuare la Scatola Madre marcata dal dottor Stone. La grande differenza, invece, con il cut di Joss Whedon è il modo in cui la squadra decide di riportare in vita Superman, non più legata al mero fatto che Bruce si senta responsabile della sua morte (il che poteva funzionare per l’arco narrativo del cavaliere oscuro); ma, invece, al focus sul motivo per cui il gruppo di eroi, dopo le cocenti sconfitte, deve riportare in vita Superman, poiché è l’unica speranza di una vittoria contro Steppenwolf che invade la Terra proprio perché conscio della scomparsa del Kryptoniano e di altri Guardiani, come le Lanterne Verdi. La squadra ha una profonda e ancestrale paura nei confronti del male che è giunto e Superman è colui che li unisce, anziché dividerli; uno sviluppo completamente diverso che mostra una profonda empatia tra i membri della Justice League (tra l’altro, anche la location è differente: invece della Bat-caverna, la squadra si reca al Wayne Aerospace Hangar).

Successivamente al suo rinsavimento, grazie all’intervento di Lois Lane, Clark si reca alla fattoria di famiglia ove è cresciuto e, dopo aver riabbracciato la madre Martha in una sequenza commovente ammantata in una fotografia di malickiana memoria, si reca alla sua astronave per indossare nuovamente il mitico costume; il colpo di genio, tuttavia, è ammantare Superman in un elegante suite color ebano (di chiara ispirazione al fumetto La morte di Superman, pubblicato nel 1992), per assorbire meglio le radiazioni solari e dargli ancora più potere. La sequenza del volo, che ricorda l’analoga ne L’uomo d’acciaio, è tra le più gloriose e ingiustamente scartate nel cut di Joss Whedon, poiché mostra l’immenso potere di un dio caduto dal cielo che si erge per la salvezza dell’umanità; così come diverse sono la sua entrata in scena, a dir poco divina, e la spettacolare sequenza di combattimento con Steppenwolf. Uno scontro in stato di grazia.

Come detto, il ritorno di Superman perfeziona non solo la definizione del personaggio di Batman, ma anche dell’intera squadra che, nel grande combattimento finale, lavora in perfetta sinergia. Rispetto al cut di Joss Whedon, l’unione delle forze è visivamente e artisticamente più appagante. Flash non è più relegato a salvare una famiglia in fuga da Pozharnov, dove nella Zack’s Snyder Justice League è giustamente disabitata per la radioattività che ha reso tossica l’atmosfera e permesso così a Steppenwolf di erigere la sua fortezza. Batman non resta più senza munizioni, ma si adopera a sparare dalle torrette difensive dell’oscuro bastione; il suo inseguimento con la Bat-mobile, inoltre, è più lungo ed emozionante. Aquaman e Wonder Woman non temporeggiano più contro il cattivo, ma sono alfieri fondamentali: il primo impala letteralmente Steppenwolf (in una sequenza da urlo), mentre la divina amazzone lo decapita davanti ai Nuovi Dèi che assistono impotenti. Infine, la voce fuori campo non è più di Lois Lane, che si presume essere in attesa di un figlio (che a detta di Zack Snyder, avrebbe dovuto chiamarsi Bruce Kent ed essere il nuovo Batman nell’ipotetico futuro della Justice League), ma del dottor Stone che narra l’epilogo della vicenda. Inoltre, Zack Snyder pone Ryan Choi (Ryan Zheng) alla direzione degli Star Labs; un personaggio che, nei fumetti, diventa Atomo.

Martian Manhunter

Un altro personaggio introdotto è J’onn J’onzz, meglio conosciuto come Martian Manhunter, uno dei sette membri originali della Justice League, che fa visita nella scena finale a Bruce Wayne per avvertirlo dell’imminente conflitto; stanco di stare in disparte e vestire gli abiti umani del generale Calvin Swanwick (Harry Lennix), offre il suo aiuto come membro della Justice League. Il suo inserimento, però, è stata una scelta di ripiego per Zack Snyder che, invece, avrebbe voluto inserire Lanterna Verde. La major è stata irremovibile, sostenendo di avere già altri piani prestabiliti per il ritorno del personaggio nell’Universo esteso DC; Martian Manhunter, tuttavia, mostra come il generale Swanwick sia stato osservatore silente già ne L’uomo d’acciaio e capace di assumere diverse forme umane, come quella di Martha Kent quando convince Lois a riprendere in mano la sua vita.

I Nuovi Dèi e l’Equazione Anti-Vita

Tanta carne al fuoco per un finale multiplo che fa eco a Il signore degli anelli di Peter Jackson, la saga da cui Zack Snyder ha tratto ispirazione per la grande battaglia tra i grandi eserciti di Umani, Amazzoni, Atlantidei, Lanterne Verdi (il cui Corpo è comunque rappresentato da Yalan Gur) e gli Antichi Dèi, tra cui Zeus e Ares (con il volto di David Thewlis, già interprete del personaggio in Wonder Woman), uniti contro l’invasione dei Paradèmoni e i Nuovi Dèi, capitanati da Darkseid (anziché da Steppenwolf nel cut di Joss Whedon): un eclatante, epico e devastante flashback narrato a Bruce da Diana che apprende la storia della prima invasione non dagli appunti di Lex Luthor, ma dalle pitture rupestri ritrovate nei sotterranei del Tempio delle Amazzoni, a cui Diana accede grazie alla Freccia di Artemide, scoccata dalla madre Ippolita (Connie Nielsen) per avvisarla dell’attacco di Steppenwolf. Una storia di grande allure mitologica, anch’essa sabotata a livello di montaggio nel cut di Joss Whedon. Ma chi è Darkseid?

Creato dal leggendario Jack Kirby, Darkseid è il tirannico sovrano del pianeta Apokolips; il suo obiettivo finale è conquistare l’universo, eliminando ogni speranza e libero arbitrio negli esseri senzienti. Darkseid è uno dei più grandi nemici di Superman, nonché acerrimo nemico della Justice League. Un’altra grande differenza tra i due cut è proprio la definizione dei cattivi. Nella Zack Snyder’s Justice League, Steppenwolf è completamente ridisegnato come un brutale mostro umanoide con zampe a sette artigli, ammantato in una gotica corazza fatiscente i cui irti spuntoni sembrano possedere vita propria; il suo scopo è sanare un ingente debito di pianeti da soggiogare per ingraziarsi nuovamente i favori di Darkseid, suo capo e nipote; Steppenwolf, infatti, non è più l’unico antagonista: la rosa dei Nuovi Dèi è molto più ampia, tra cui vi è DeSaad (Peter Guinness), mostro torturatore il cui nome omaggia quello del sadico Marchese de Sade, e Granny Goodness, conosciuta nei fumetti come torturatrice che addestra in un orfanotrofio le giovani truppe di Darkseid; insomma, una legione infernale di divinità demoniache a cui Zack Snyder dà giustamente lustro. All’inizio, la Terra per i Nuovi Dèi è apparentemente solo un altro, arretrato pianeta da catturare e soggiogare; tuttavia, quando Steppenwolf scopre che ospita l’Equazione Anti-Vita, a lungo ricercata da Darkseid, pensa di essere giunto al compimento della sua lunga missione e poter, così, tornare al fianco del suo padrone.

L’Equazione Anti-Vita è una formula matematica che permette a coloro che la conoscono di dominare la volontà di qualsiasi specie senziente: un MacGuffin piuttosto simile alle Gemme dell’Infinito dell’Universo cinematografico Marvel; proprio come l’inesorabile ricerca delle Gemme da parte del titano pazzo Thanos, l’Equazione Anti-Vita è il premio finale per il domino universale di Darkseid che, alla fine, prepara la sua armata spaziale di navi e Paradèmoni, alla cara vecchia maniera, per attaccare ancora una volta la Terra e rivendicare, così, la mitica formula. Qualche fan potrebbe risentire del fatto che Darkseid sia gravemente ferito così facilmente da Ares, nella mitica battaglia scatenata dalla prima invasione dei Nuovi Dèi; tuttavia, va ricordato come la parabola del dittatore sia evolutiva anche in potenza: nel Knightmare, di fatto, lo si vede entrato in possesso della formula che ha usato per soggiogare niente meno che Superman. L’assenza di Darkseid, nel cut di Joss Whedon, evidenzia ancora una volta il bisogno della major di interrompere ogni filo narrativo che avrebbe portato a un eventuale sequel di stampo snyderiano, ispirato ai fantastici fumetti di Grant Morrison.

Il Knightmare

Irresponsabilmente, per la major anche la realtà alternativa Knightmare era inutile da sviluppare, così è stata completamente omessa nel cut di Joss Whedon; questo, perché la visione di Bruce Wayne in Dawn of Justice è stata una delle sequenze più criticate: una realtà alternativa in cui Batman è catturato dalle forze armate rispondenti a un dispotico Superman che gli comunica che Lois Lane era il suo mondo, colpevolizzandolo di avergliela portata via; al suo risveglio, l’incursione temporale di Flash, proveniente dal futuro, gli suggerisce che è proprio Lois Lane la chiave per la salvezza del mondo. Zack Snyder mostra il lato malvagio e terrificante dell’uomo d’acciaio; ecco perché la Zack Snyder’s Justice League è un ponte efficace con Dawn of Justice, avvalorando l’ipotesi che il futuro della Terra sia proprio quello visto nella visione di Bruce Wayne, dove l’invasione di Darkseid ha successo e il pianeta è ridotto a un brullo deserto.

Zack Snyder ha affermato che il suo piano originario era di realizzare una trilogia sulla Justice League; nella Zack Snyder’s Justice League, infatti, il regista esaspera visceralmente l’idea che il Knightmare (mostrato in un modo che definire geniale arte figurativa è dire poco) sarebbe stata l’ambientazione dei suoi sequel, ove Darkseid riusciva a uccidere Lois e Superman soccombeva all’Equazione Anti-Vita; ipotesi avvalorata, in effetti, dall’incubo di Bruce, in cui i membri della Justice League, la cui formazione è ben diversa, sono alla ricerca di un modo per sopravvivere alla devastazione. Nella sequenza Knightmare sembra che tutti gli eroi abbiano combattuto a lungo Darkseid, evil Superman e i Paradèmoni; la Justice League, o quel che ne resta, non sembra al massimo delle potenzialità, usurata dal tempo e la fatica. Flash, indossa la stessa armatura vista in Dawn of Justice (ciò conferma l’ipotesi che l’eroe viaggerà nel passato per mettere in guardia Bruce sull’oscuro avvenire per cercare di cambiarlo); Cyborg sembra un cowboy con mantello strappato in salsa steampunk; Deathstroke (Joe Manganiello), che lo si vede nel presente interloquire con Lex Luthor il quale gli rivela la vera identità di Batman e i piani per la formazione di una “lega dei cattivi” (la Injustice League), è inaspettatamente alleato di Batman; mentre, Mera prende il posto di Aquaman che, in una precedente visione di Cyborg, si apprende morto per mano di Darkseid, così come Wonder Woman di cui si vede la pira fumante; si vede anche il cadavere della Lanterna Verde Kilowog, e poi c’è il Joker di Jared Leto!

L’intera conversazione tra Batman e Joker sembra una sequenza apparentemente avulsa dal contesto; tuttavia, legata in modo indissolubile alla definizione del cavaliere oscuro. Inizialmente, Joker non avrebbe dovuto essere in Justice League, ma è stato aggiunto nelle sessioni di riprese specifiche per la realizzazione della Zack Snyder’s Justice League per dare un senso di chiusura al personaggio di Bruce Wayne (così come il personaggio di Deathstroke che, inizialmente, avrebbe dovuto essere l’antagonista principale del film stand-alone su Batman, scritto e diretto da Ben Affleck). Quale modo migliore per Batman se non avere un confronto finale con la sua acerrima nemesi: si apprende che Robin è stato assassinato per mano di Joker (un’ipotesi già paventata dalla presenza dell’armatura del pettirosso in Dawn of Justice e che si intravede nuovamente) e Harley Quinn è morta tra le braccia di Batman, chiedendogli in punto di morte di uccidere lentamente il niveo compagno folle (andando ad approfondire il suo legame già esplorato, seppur in modo poco dignitoso, sempre a causa della major, in Suicide Squad di David Ayer). Ciò che si evince, alla fine, dal fatto che Batman sia restio a uccidere il suo nemico, nonostante ne abbia palese intenzione, è che Joker sembra avere ancora una parte da recitare, nel bene o nel male, prima che la storia del mondo finisca. Joker sembra anche implicare che l’unico modo in cui Batman possa salvare il mondo sarebbe attraverso il sacrificio. Un epilogo tra i più enigmatici e seducenti che riporta in auge il Joker di Jared Leto, ingiustamente maltrattato a livello narrativo nel cut teatrale di Suicide Squad. Un pudding acido palesemente ispirato a The Killing Joke di Alan Moore e Una morte in famiglia di Jim Starlin.

Ciò che colpisce maggiormente è come il Batman di Zack Snyder, nonostante sia di chiara ispirazione milleriana, non sia stato, inizialmente, ben accolto dai fan; stessa sorte è toccata a Superman, per l’interpretazione particolarmente oscura non comunemente associata al personaggio; l’adattamento più vicino potrebbe essere ricercato nel videogioco Injustice: Gods Among Us che si svolge in un universo alternativo in cui Joker inganna Superman, facendogli uccidere Lois Lane; quindi, l’uomo d’acciaio lo uccide, conquista il mondo e diventa un dittatore. Nei fumetti, questo tipo di derivazioni dalle storie “canoniche” (un termine che con i supereroi è sempre più controverso) tendono a svolgersi in mondi alternativi o dimensioni parallele; tendono al congiuntivo, al what if (un strada che anche i Marvel Studios hanno preso in considerazione con una serie animata): narrare le storie dei personaggi da una diversa prospettiva, dando loro una differente interpretazione. Zack Snyder si riconferma, ancora, il migliore a realizzare questo tipo di esperimenti.

Il problema di Warner Bros. è stato proprio questo: Zack Snyder aveva una visione ben precisa del suo universo e la cura nel progettarla è lapalissiana fin dalle fondamenta; basamento solido su cui costruire e dare senso compiuto al futuro dell’Universo esteso DC. Un progetto immenso in cui la major, purtroppo, non ha creduto. Zack Snyder insegna in modo brillante come debba essere costruito un universo coeso e funzionale, ovvero rafforzando le strutture narrative prima di edificare su di esse; la sua forza è presentare personaggi in balìa della loro fragilità psicologica per poi farli riemergere alla luce con rinnovata contezza. Un disegno mal visto da molti fan, poiché troppo impegnativo ed elucubrante, seppur incredibilmente affascinante ed emblematico nella sua sincretica concezione.

Un abisso a confronto

Anche per quanto riguarda il comparto tecnico, Joss Whedon ha sacrificato molte sequenze d’azione nel suo cut, fondamentali in storie di supereroi; invece, le scene d’azione della Zack Snyder’s Justice League sono più nitide e ripristinate nella loro interezza, facendo anche acquisire alla pellicola il Rated R voluto dal regista; e il risultato visivo è tra i migliori mai visti in un cinecomic (forse, l’unica scena che può rivaleggiare è l’attacco corale contro Thanos in Avengers: Infinity War dei fratelli Russo). Ciò che dà enfasi alle sequenze più emozionanti, però, è il ralenty tanto caro a Zack Snyder che usa in modo a dir poco impressionante: ogni colpo inferto dai beniamini è come se vibrasse; uno spettacolo puro e diretto in modo magistrale che pone i supereroi in seria difficolta. Una vera e propria carneficina senza esclusione di sangue, sofferenza e devastazione. Cruda e cruenta. A imprimere l’affresco su pellicola ci pensa la fotografia di Fabian Wagner che ripristina le cupe tonalità di un plumbeo incombere apocalittico, sostituendo la coloratissima ed esagerata saturazione rossastra scelta da Joss Whedon che rendeva il quadro artificioso. Ogni fotogramma è un dipinto unico nella sua perfezione cromatica. La particolare scelta del formato in IMAX 4:3, seppur faccia comparire le barre nere laterali, rende la prospettiva molto più ampia, mostrando l’intera immagine senza il minimo taglio. Anche il comparto musicale è completamente riscritto; il commento orchestrale di Danny Elfman è sostituito in toto dalla partitura di Tom Holkenborg (co-autore delle musiche di Dawn of Justice) che ha definito la composizione il suo personale Everest: una soundtrack d’acciaio in cui si sente il roboante clangore metallico, il pathos di un coro di guerra cosmico, il silenzio fragoroso, l’oltretomba rock, l’intermittente e psichedelico disturbo armonico di un’incredibile rapsodia che cresce in intensità ed emozione come un bolero (il tema principale di Wonder Woman, Superman e della Justice League sono tra i migliori mai scritti per un cinecomic). Il regista ha anche inserito alcuni elementi profondamente personali: la chiosa è suggellata dal brano musicale Hallelujah di Leonard Cohen (già sentito in Watchmen), interpretato da Allison Crowe, cara amica della famiglia Snyder che l’ha cantata anche al funerale di Autumn.

Infine, la mastodontica durata, che di poco supera le quattro ore, non si sente affatto. L’approccio “episodico”, seppur sia un unico film, funziona alla grande: ognuno dei sette atti in cui l’opera è suddivisa (6 parti +1 epilogo), della durata di circa mezz’ora, ha la sua struttura, tende a individuare e porre il focus su uno specifico personaggio; ciò, rende il ritmo più serrato e crea slancio lungo il prosieguo della storia; inoltre, facilita anche la visione seriale del film, come fosse una miniserie, sposando le odierne preferenze per lo streaming casalingo. Complice proprio l’eccezionale resa di ogni capitolo che brilla di luce propria e un montaggio che definire epico è riduttivo, la Zack Snyder’s Justice League è un’opera d’arte tra le più mitiche e senza tempo, che trascende la lotta tra bene e male; un poema epico sul sacrificio e la redenzione, sulla speranza e la determinazione. Alla fine, il desiderio che resta e attanaglia e perdura nel cuore è che un’opera così superba trovasse il suo giusto compimento. In nome della verità e della giustizia. In nome della Justice League. In nome di Zack Snyder.

Zack Snyder’s Justice League narra storie di Cuori infranti, Famiglie divise, Figli spezzati e combattuti che sono Speranza di un Nuovo Mondo, unito; protagonisti con una Fede ritrovata e una Contezza spirituale rinnovata che li rende incredibilmente resilienti, tra Martirio e Redenzione, Morte e Vita; Eroi che hanno perso qualcuno di importante nelle loro vite e ora lottano insieme per fermare il Male: una minaccia oscura più grande di loro. Cosi come il Male ha bisogno dell’Unità per annichilire e dominare l’indomabile purezza di un Cuore pulsante Speranza, anche il Bene cerca di unire le forze per sanare il Mondo, rinascere e finalmente vivere; nell’attesa dell’Apocalisse cosmica che sta per giungere, a cui solo il Tempo potrà porre rimedio. Ma la Speranza di un nuovo Sole che inondi coi suoi raggi caloriferi la Terra devastata rimane, perdura nel Cuore di un Uomo ottenebrato che l’ha fatto brillare nuovamente; tuttavia, un’ombra più grande l’ha ecclissato: l’infernale Lato Oscuro di un ipotetico futuro che, si spera, possa avverarsi.

Commento finale

Quello che è successo a Justice League è stata come una crisi sulle terre infinite dell’irrazionalità. Una squadra di dirigenti ha perso fiducia in Zack Snyder. Joss Whedon, regista proveniente da un altro multiverso, ha preso in mano le redini di un’opera colossale, praticamente ultimata, sminuendola in modo significativo, con ampie riscritture della storia e affrettate sessioni di riprese sostitutive, come richiesto dalla major. La demoralizzante battaglia con Warner Bros. e la devastante tragedia personale non hanno impedito a Zack Snyder di rimettere mano al suo progetto originale che, grazie anche al supporto dei fan, ha visto finalmente e giustamente la luce. Un lavoro imprescindibile e necessario che, ormai, ha raggiunto uno status mitico. Leggendario. Così come l’opera stessa. Solo ora, dopo aver visto la portata dell’idea originale di Zack Snyder e Chris Terrio, il fan deluso da Dawn of Justice è invitato a fare una retrospettiva e vedere cosa gli autori avevano in mente di realizzare. La Zack Snyder’s Justice League è senza riserve IL MIGLIOR cinecomic mai realizzato (forse, solo Watchmen può rivaleggiare alla pari): immenso, magnificente e coraggioso, arde di speranza verso un possibile futuro dell’Universo esteso DC che, si spera, sia dominato da Darkseid. Immenso capolavoro in stato di grazia, l’assoluto adamantino.

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Alessandro Pin
Destinazione Cosmo

Sono un appassionato di fantascienza. Mi piace scrivere e condividere la mia passione, tra incredibili viaggi e immaginifici universi.