“Tusk” reinventa l’horror e ne fa commedia.

Gabriella Giliberti
Di Cinema ed altro
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4 min readOct 23, 2014

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(Day 6) Recensione del film “Tusk” di Kevin Smith presentato alla IX edizione del Festival Internazionale del Cinema di Roma

Con un po’ di ritardo ecco il resoconto della sesta giornata di Festival, sebbene molto magra (in parte è dovuta alla poca scelta di pellicole veramente elettrizzanti, le quali si sono concentrate in particolar modo la prima settimana, in parte perchè non si vive di solo Festival ma si deve lavorare).

Quindi, parliamo di grottesco, parliamo di horror e di trash, ma parliamo anche di black comedy e drama-comedy, ma parliamone bene. E per farlo usiamo Tusk, ultima assurda ed incredibile fatica del regista Kevin Smith, autore di film quali Dogma e Clerks, presentato al Festival del Cinema di Roma in concorso nella categoria Mondo Genere.

Tusk è il primo di una trilogia denominata dal regista True North Trilogy, e si ispira liberamente al periodo personale di Smith in cui si occupava di podcast.

Kevin Smith non è sicuramente un regista come gli altri. No, lui ha un vero e proprio dono: fare film dal gusto demenziale, ma farli dannatamente bene. E credo che Tusk sia l’apoteosi del cinema di Kevin Smith, ritornando un po’ al gusto ed alle atmosfere del sopracitato Dogma.

Sicuramente non tutti possono apprezzare questo genere di pellicola, non perchè bisogna capirne o chissà cosa, ma perchè fa parte di un gusto senza ombra di dubbio molto particolare, e questo Smith lo sa. Potremmo quasi definirlo un regista nicchia, seguito in particolar modo dai suoi fan come Larry Clark o Harmony Korine. Nonostante questo, comunque, la sala dell’auditorum era abbastanza affollata e sicuramente molto partecipe.
Le risate più volte sono risuonate, accompagnate da applausi spesso scaturiti da citazione cinematografiche palesi ed ironiche.

Tusk racconta la storia è quella di Wallace (Justin Long), podcaster del programma Not-see Party, assieme all’amico Teddy (Haley Joel Osment, il famoso bambino de Il sesto con senso, con almeno trenta chili di troppo). Wallace atterra in Canada per intervistare l’ultimo fenomeno del momento su youtube. Una volta arrivato, però, lo attende una brutta sorpresa. Il soggetto in questione si è ucciso. Wallace, però, non vuole andarsene dalla Canada a mani vuote, e per caso trova uno strano biglietto in un bagno di un rozzo pub, dove un uomo anziano, oltre ad offrire alloggio, si offre di raccontare incredibili storie.
Quando i due si incontrano, sembra di immergersi in un mondo davvero fatato e straordinario. È un po’ come fare un salto nelle atmosfere burtoniante e fantastiche di The Big Fish, pronti per un’incredibile avventura.
Ma fin qui il film sarebbe stato troppo banale. La svolta arriva subito dopo. Dal grottesco fatato passiamo alle tinte più rosse dell’horror, un horror che non lascia spazio alla paura, ovviamente.

Micheal Parks in una scena del film

Lo scopo del vecchio, tale Howard Howe (Micheal Parks) è quella di trasformare la natura umana in natura animale, o meglio ancora di fare uscire fuori il tricheco che è in noi.
Ebbene si, un tricheco. Vi posso solo lasciare immaginare la paradossalità di tutto quanto. Eppure non stona. Tutto è perfettamente costruito, partendo dai tipici dialoghi infiniti di Smith che non annoiano mai, anzi coinvolgono il pubblico anteponendo un tono serioso, quasi filosofico di Howard, con un discorso totalmente folle e senza senso.

Domande esistenzialiste che trovano risposte veramente assurde, ma tutte con una convinzione da lasciare senza parole. Il tutto è meravigliosamente giostrato da musiche e movimenti di camera che fanno voler credere di andare sull’horror, sboccando in vero un una versione al quanto più grottesca e sicura se ironica del terribile sposterei The Human Centipide (un film che consiglio solo a chi ha uno stomaco veramente veramente forte).

Oltre all’incredibile interpretazione di Parks, un vero e proprio tocco da maestro lo da Johnny Depp, nell’interpretare la parte di Guy Lapointe, un detective canadese ormai da anni sulle tracce di questo killer. Ne viene fuori una vera e propria caricatura al canadese tipo. Ovviamente non potevamo aspettarsi qualcosa di diverso da un camaleonte come lui, che lascia per un po’ le vesti di eroe maledetto carismatico o di pirata.

Il finale mostra davvero una sorpresa, quasi una falsa morale di fondo, che lascia un bel sorriso sulle labbra (almeno per chi apprezzato il film), sebbene le ultime suggestioni finali siano una lieve confusione mentale ed un’esaltazione febbrile.

Sotto questo punto di vista Tusk ha davvero dell’incredibile e da davvero un altro sapore alla black comedy, fondendo generi tra di loro, ma in modo sapiente, quindi senza minestroni.

Un film con pochissimi precedenti.

Voto: 4 stelle

Consigliato: Per gli amanti del genere e per chi ha voglia di sperimentare

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Gabriella Giliberti
Di Cinema ed altro

Film Critic . Writer . Scriptwriter | Bookaholic . Cinephile | Italian . Rome