La verità nascosta: Beppe Grillo è un sanguinario dittatore

Il grillismo preso sul serio, ma non seriamente

Antonio Furno
Diario Democratico BN
7 min readNov 28, 2017

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Giuliano da Empoli è un bravo giornalista, uno scrittore e il fondatore del think tank Volta. Lo scorso maggio ha pubblicato un brevissimo libro dal titolo “La rabbia e l’algoritmo” (Marsilio, 92 pagine, 12 euro) sul tema del grillismo. Il libro è un saggio chiaro e preciso sulla teoria politica alla base del partito di Grillo e Casaleggio, un pamphlet che mi sono divorato sabato scorso mentre ero in giro in pullman con la famiglia in gita per i monti Dauni.

Il libro mi è piaciuto tantissimo e ne ho sottolineato un sacco di brani. Quelli che seguono sono alcuni degli estratti che più mi hanno colpito. Il grassetto nel testo è mio.

Da Empoli chiarisce fin da subito che il Movimento 5 Stelle è un partito totalitario:

Innanzitutto il M5S ha una vocazione esplicitamente totalitaria, nel senso che ambisce a rappresentare non una parte, ma la totalità del «popolo»

e ancora…

In secondo luogo, proprio in virtù della sua ambizione totalitaria, il M5S non funziona come un movimento tradizionale ma come il PageRank di Google. Non ha cioè una visione, un programma, un qualsivoglia contenuto positivo. È un semplice algoritmo costruito per intercettare il consenso sulla base degli argomenti «che tirano».

Il M5S quindi non vuole cambiare il mondo, non vuole promuovere una visione progressista e riformista, e non ha nemmeno una base di valori e di principi che ne guidano l’azione. Il M5S ha l’unico obiettivo di prendere il potere per poi costruire il nuovo ordine grillino nel paese.

Se, anziché fermarsi alla cortina fumogena dei vaffanculo e delle scie chimiche, si analizzano questi elementi, si vede che il M5S rappresenta una sfida radicale non solo per i partiti attuali, ma per la democrazia parlamentare così come la conosciamo e la pratichiamo da settant’anni.

Ed è questo uno dei rischi più grandi del pensiero di Casaleggio e Grillo, l’impostazione anti-parlamentaristica, il rifiuto del sistema della democrazia rappresentativa come soluzione a tutti i problemi. Il messaggio è che se le cose vanno male è per colpa del sistema democratico, e perciò questo va sostituito con qualcosa di più vicino al volere del popolo, che può essere un soviet o un account su un sito privato.

Terzo punto, forse il più importante, la sinistra della sinistra e i grillini hanno in comune un’irresistibile propensione al massimalismo. Che è l’atteggiamento in base al quale non ci si preoccupa del realismo delle proprie proposte, perché l’obiettivo non è tanto andare al governo, quanto agitare una bandiera.

E basta leggere un po’ dei programmi del grillini per capire che è tutto marketing. Casaleggio padre e figlio hanno capito, come Silvio Berlusconi prima di loro, che le tecniche del marketing si devono utilizzare anche nel settore della politica, perciò la macchina propagandistica grillina ha creato in questi anni una quantità incredibile di contenuti, incoerenti e spesso irrealizzabili, ma perfettamente costruiti per attirare l’interesse del più gran numero di persone possibile.

Motivo per cui si può dire tutto e il contrario di tutto, e vince chi la spara più grossa, non chi trova la soluzione più giusta. Su questo versante i grillini si distinguono da anni per fantasia e spregiudicatezza.

Nei programmi grillini ci si trova tutto e il contrario di tutto, non perché ci sia incoerenza, ma perché ad ogni elettore è fornito il tema a cui egli è più sensibile. Se sei un ecologista, il programma grillino ti offre le auto elettriche. Se sei un razzista c’è il rifiuto dello Ius Soli. Se sei un disoccupato c’è il reddito di cittadinanza. Se sei un imprenditore c’è l’abolizione di Equitalia. Un portafoglio di prodotti ampio e variegato che rispettano perfettamente le linee guide del cosiddetto “Content Marketing”.

E la strategia del Movimento 5 Stelle è chiara fin dall’inizio, basta leggere e studiare quanto fatto da Grillo e Casaleggio:

Il “Movimento 5 Stelle” […] è una “non Associazione”» e «[…] vuole rappresentare l’espressione sul territorio di riferimento, attraverso una piattaforma locale di confronto e di consultazione, che trae origine e trova il suo epicentro nel sito www.movimento5stelle.it».

e poi…

Il M5S non è un’associazione perché non soddisfa neppure i minimi requisiti di democraticità che la legge fissa per questo genere di organismi. Punto e basta. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

Nel sistema di controllo del potere grillino si trovano gli stessi meccanismi dei sistemi totalitari del ‘900, come quelli spiegati nel saggio Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt:

In queste condizioni, non c’è da stupirsi che alle spalle del Capo ci sia una classe dirigente composta di uomini senza qualità, pochissimi dei quali prima dell’ascesa nel Movimento avevano non dico una carriera, ma semplicemente un’attività lavorativa. È il caso di Luigi Di Maio, di Alessandro Di Battista e di quasi tutta la classe dirigente a 5 Stelle. Ma, come spiega sempre Hannah Arendt, lungi dall’essere un handicap, questa mediocrità può tradursi in un vantaggio: «Il fatto che la loro vita, prima della carriera politica, sia stato un fallimento veniva ingenuamente invocato contro di loro dai leader più rispettabili dei vecchi partiti: invece era il fattore determinante del loro successo presso le masse. In quel modo sembravano provare che incarnavano individualmente il destino della massa dell’epoca e che il loro desiderio di sacrificare tutto al movimento […] era del tutto sincero e non dettato da semplici ambizioni passeggere». Difficile trovare parole migliori per descrivere l’élite targata 5 Stelle.

Ma come fare a combattere questa terribile macchina propagandistica? Giuliano da Empoli propone:

Di fronte alla sfida della quantità, l’unico modo di vincere è puntare sulla Qualità. Il che significa rivalutare la nozione, assai problematica in Italia, di classe dirigente.

Sono decenni che in Italia ci diciamo che non esiste più una classe dirigente politica, ce lo diciamo ma sembra che nessuno riesca a porvi rimedio. La distruzione delle macchine organizzative dei vecchi partiti ha fatto venire meno anche il sistema di sviluppo e promozione delle classi dirigenti. Il cambiamento strutturale del modo di far politica ha inoltre colto impreparati i vecchi politici che si sono trovati inadatti alla politica mediatica e alla disintermediazione guidata dai social.

Una classe dirigente è Qualità, non Quantità: il contrario di un algoritmo. In Italia non esiste, se per classe dirigente si intende un insieme di persone che si sentano co-responsabili del funzionamento della società, con alle spalle un percorso di formazione e alcuni criteri di selezione in comune.

Si deve quindi ripartire, ma seriamente questa volta, dalle persone. E non è una frase fatta, buona per un discorso da congresso, io ci credo seriamente. Bisogna creare gruppi locale e nazionali di persone coinvolte e appassionate, promuovere una politica fatta di idee e rapporti umani, di candidati che studiano e approfondiscono le questioni, ma che allo stesso tempo siano in grado di relazionarsi in maniera semplice ma non semplicistica con le persone (come spiegato qui).

Perché, come mi ha detto ieri un ex senatore in pensione di 75 anni, “Oggi il partito deve avere delle idee ma anche ricreare un rapporto empatico con le persone”. Idee ed empatia.

E bisogna sfatare un altro mito di questi anni, un’altra storia che molti dirigenti si raccontano per giustificare le proprie sconfitte, e cioè che gli elettori grillini non voteranno mai PD. Un po’ come quando c’era Berlusconi (c’è ancora, lo so, ma adesso un po’ di meno), quando tutti ci dicevamo che gli elettori berlusconiani erano tutti collussi, corrotti o disinformati e che quindi non avrebbero mai votato gli eredi di Berlinguer e i paladini della questione morale. Poi invece è arrivato Matteo Renzi ed è riuscito a ripristinare un rapporto di fiducia anche con quegli elettori, che non sono peggio di voi e di me, semplicemente la pensano diversamente e se non capiamo perché, mai riusciremo a guadagnare la loro fiducia. E come per i berlusconiani, anche i grillini si possono convincere a votare PD, perché (come spiega Giuliano da Empoli):

Il soggetto ideale dell’egemonia grillina non è il militante convinto, che impara a memoria le teorie di Casaleggio senior. È il cittadino X che non crede più a nulla, perché tutti mentono e non ci si può fidare di nessuno: politici, esperti, giornali. Perfino gli scienziati, prezzolati dalle case farmaceutiche. Non a caso, uno dei filoni più persistenti della propaganda grillina è quello antiscientifico: i vaccini che provocano le malattie, la prevenzione dei tumori che, dice il Capo, è una truffa che serve solo ad arricchire i medici a spese dei babbei che ci cascano. La persona che non crede più in nulla non è in condizione di farsi un’opinione. Per lei è tutto uguale. E non è che confidi necessariamente in Grillo. Ma se è tutto uguale, tanto vale provare pure questi: non saranno peggiori di quelli che li hanno preceduti.

È ai populisti riluttanti che bisogna rivolgersi, con gli argomenti giusti, se si vogliono sconfiggere i reazionari.

(il titolo di questo post è falso ed è stato scritto solo per prendere in giro un certo modo di fare propaganda del Movimento 5 Stelle)

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