La “dittatura dell’istante”

Ovvero: come cavalcare l’onda di un disastro trasformandolo in un banco di prova.

Daniele Amatulli
Diario di uno storico in erba

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Affermazioni agghiaccianti per posizioni fuori da ogni logica. Persino nel disastro, nella sofferenza, nella morte, un posticino per mettere al patibolo qualcuno lo si trova sempre.

Non una parola sulla questione del ponte di Genova. Lo cito per manifestare la mia vicinanza alle famiglie delle vittime. Ho puntato sul profilo basso, in particolare per esorcizzare la mia più grande preoccupazione: questo avvenimento catastrofico, avrebbe fatto ripartire la macchina del fango. Così è stato.

Ma andiamo con ordine.

Le posizioni espresse da Conte, passando per Di Maio, Toninelli e — soprattutto — Salvini, mi pervadono di dubbi.

Lo penso già da un po’: Salvini gioca con la comunicazione. Si spinge sempre più in là nelle proprie affermazioni, con l’obiettivo di comprendere sino a che punto può arrivare: può citare Mussolini proprio il giorno dell’anniversario della nascita del suddetto Dittatore? A quanto pare si. Poi le critiche, ovviamente, ci sono state e ci saranno sempre; può far partire la macchina del fango contro un privato cittadino che ha denunciato le affermazioni razziste di una capotreno? Si, e senza alcuna vera ripercussione. Non considero, ovviamente, gli sprazzi di critiche. In quel contesto, saranno sempre e comunque parole al vento; può spingersi a lanciare giudizi e sentenze per un disastro — mentre ancora si cercano i dispersi, si contano i morti — per altro liquidando totalmente il sistema giudiziario? Si, e di fantocci da giostrare, a Palazzo Chigi, ne ha giusto alcuni.

Per questo disporremo la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia: non possiamo attendere i tempi della giustizia penale, abbiamo l’obbligo di far viaggiare in sicurezza i cittadini” — il Premier Conte.

Così, l’Avvocato del Popolo, emette la sentenza. E mi viene giusto un dubbio: se queste sono le modalità, il nostro è ancora da considerarsi uno Stato di diritto?

“Nello Stato di diritto lo Stato è tenuto ad osservare le leggi non meno dei cittadini, cui viene riconosciuto il diritto di agire nei suoi confronti, qualora dovesse ledere un loro diritto o un loro interesse, attraverso gli strumenti apprestati dalla giustizia amministrativa”

La Stampa, in un articolo molto interessante sullo Stato di diritto.

A riprova dei modi — passatemi il termine — poco consoni ad una democrazia, qui non si fa riferimento alle modalità con cui può agire lo Stato. Dice di più: lo Stato si attiene alla legge e al diritto amministrativo esattamente come qualunque cittadino; a sua volta quest’ultimo può chiamare in giudizio il suo stesso Stato, dovesse ledere un suo diritto o un suo interesse.

Quello che ha praticato il Governo, un cittadino potrebbe tradurlo al massimo in “giustizia-fatta-in-casa”, altro che diritto amministrativo.

È la “dittatura dell’istante”, come lo definisce Gramellini sul Corriere della Sera:

“La dittatura dell’istante, in cui ci ha precipitati l’avvento dei social, impone al governo Conte di decidere sull’onda dell’emozione. Il ponte collassato di Genova sarà presto oscurato da nuove emergenze e, prima della sentenza definitiva, chissà quante altre cose ci saranno cadute sulla testa, in questo Paese che scricchiola come una porta di Hitchcock

Una dittatura alimentata da un continuo stato di emergenza. Ma vi dico di più: questo avvenimento è come se fosse un banco di prova; come se Salvini e compagnia cantante stessero constatando fino a che punto possono spingersi. E i continui tentennamenti, passi indietro, passi avanti e smentite, a parer mio ne sono la prova. E chissà quali altre occasioni avranno per lanciare sentenza senza passare da un giudice.

Questo, ovviamente, senza mai pensare di riformare il sistema giudiziario in senso positivo, per snellirlo e ottimizzare i tempi dei processi. Troppo difficile. Farebbero davvero politica. Non sia mai!

Le modalità sono quelle che più si addicono ad una dittatura tra il retrò e il moderno: capro espiatorio (Autostrade per L’Italia) e un bersaglio mobile (i Benetton, colpevoli solo di essere i maggiori azionisti della società Autostrade per L’Italia). L’obiettivo è quello di mettere alla gogna “qualcuno”; darlo in pasto all’opinione pubblica, tra le fauci di una indignazione senza un briciolo di umanità, che si nutre d’odio. Una specie di giudizio popolare. Ma la sentenza gliel’hanno già propinata.

Il tutto adornato da accuse pesanti agli avversari politici (Renzi e PD in testa), senza nemmeno lo straccio di una prova. Tutto basato su congetture, frasi fatte, menzogne e becero populismo. E le risposte non saranno mai abbastanza convincenti; le carte anche se sbandierate, non avranno alcun peso. Almeno non quanto la sentenza emanata dal leader carismatico di turno, lanciata come a dire “io intanto lo dico, poi ci sentiamo con l’avvocato”.

È l’era del giustizialismo (quando serve) al Potere. La forza con cui tentano di schiacciare gli avversari, anche con mezzi lontani dall’etica che dovrebbe appartenere a dei governanti, è un modo come un altro per schiacciare la nostra democrazia: uno dei pilastri su cui è retta è rappresentato da un sistema che prevede maggioranze e minoranze in Parlamento; considerando, ovviamente, il loro rapporto. Una cosa è una minoranza che impone regole da far rispettare alla maggioranza; diverso il discorso se la maggioranza si attiva per schiacciare la propria opposizione. È sostanzialmente nella visione dei poteri concessi al Governo e nel come usarli che si diversificano le forze in campo. Un buon modo per superare il binomio Sinistra-Destra: bravo M5S, ci sei riuscito!

Ed il pericolo si annida dietro ogni avvenimento, anche dietro ogni catastrofe, su cui poter lucrare politicamente, su cui poter sentenziare, su cui far crescere la propria fetta di sostenitori e portatori d’odio.

Viviamo in tempi bui.

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