NAVE DICIOTTI

Sintesi di un colpo di mano

Daniele Amatulli
Diario di uno storico in erba

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Una battaglia senza esclusione di colpi che coinvolge i vertici di Governo e Stato, con al centro ancora il solito Salvini, perno di tutte le crisi istituzionali. Non viene risparmiato nemmeno il potere giuridico: Sfidato e scavalcato, ancora una volta - come con il disastro del ponte di Genova -, il tutto sulla pelle di 177 persone.

Sulla nave Diciotti si gioca una partita politica cruciale. Una volta compreso ciò, a seconda del livello empatico che attiva una vicenda simile, ci si indigna — come giusto che sia — perché tutto questo, sotto i nostri occhi, avviene in maniera del tutto indisturbata.

Si prendono posizioni sulla questione dei migranti, si discute mentre 177 persone sono recluse sulla nave Diciotti. Una partita senza esclusione di colpi, che ha coinvolto i vertici dello Stato e del Governo, con il pressing di Sergio Mattarella e Giuseppe Conte, passando anche per Roberto Fico — che ha espresso una posizione praticamente opposta a quella di Salvini — affinché si superasse la crisi istituzionale nei migliori dei modi. Salvini, a questo punto, ha minacciato la crisi di Governo con le sue dimissioni sul tavolo.

La giusta contrattazione con i Paesi dell’Unione europea può continuare senza alcun problema, adesso però le 177 persone devono poter sbarcare. Non possono essere più trattenute a bordo, poi si procederà alla loro ricollocazione nella Ue.

- Roberto Fico, Presidente della Camera

E Salvini risponderà senza mezzi termini:

Tu fai il presidente della Camera. Io faccio il ministro dell’Interno.

Bertinotti, Fini, Boldrini e Fico. Mi viene il dubbio che non sia una carica troppo fortunata.

[…]penso al Presidente della Camera che ogni tanto penso che dica e faccia l’esatto contrario di quello che dicono e fanno altri esponenti del Governo sia della Lega che dei Cinque Stelle, ma è un problema loro che si risolveranno loro.

Ancora Salvini, per la serie “i panni sporchi se li lavino a casa loro”. Gioca un po' su quella divergenza di opinioni che esiste ed è forte soprattutto in questa fase nel movimento 5 stelle.

La partita istituzionale è perfettamente raccontata nel retroscena di Repubblica:

Il leghista non concede altro. Sfida il Quirinale, ostentatamente, e anche Roberto Fico, che si muove in assoluta sintonia con il Colle. Nel colloquio il capo del Viminale, trapela, arriva a brandire anche l’arma delle dimissioni da ministro, che equivarrebbero a una crisi di governo. «Non puoi sconfessarmi». È solo una minaccia, sa che Conte deve cedere. «Io non mollo – lo provoca al telefono – L’unico che può scavalcarmi è Mattarella, che è capo delle forze armate». Di fatto, il leader stritola il premier in una morsa. Perché sul fronte opposto i partner europei sono ormai stufi di questo tira e molla che tiene in scacco cancellerie e diplomazie per poche centinaia di migranti al mese.

Su questa crisi si incontrano senso di responsabilità istituzionale e forza della propaganda. Non è un caso che Conte e Mattarella si siano palesemente schierati sulla stessa posizione. Quasi a voler corroborare le preoccupazioni europee. E non sono i soli, ai vertici dei 5 stelle, a tentennare.

Salvini non dialoga. Decide o al massimo si permette delle concessioni. Come il gesto benevole di far scendere dalla Diciotti i minori non accompagnati. Ma sul punto non cede: quei migranti, quelle persone qui non metteranno piede!

E sostanzialmente non può permettersi di cedere su quel punto. È il 90% della propaganda leghista, insito nella visione dei “confini da difendere”, tanto da puntare al “no way” australiano.

Il mio obiettivo è il No Way australiano. Sulla Diciotti sono tutti immigrati illegali.
L’Italia non è più il campo profughi d’Europa. Con la mia autorizzazione, dalla Diciotti, non scende nessuno

Lo scrive su twitter, Matteo Salvini, riportando la sua intervista a Rtl.

Una sintesi perfetta della retorica leghista che, appunto, si concretizza con la nave Diciotti.

Ma c’è di più. Spinge ancora oltre l’asticella. Tenta ancora una forzatura senza precedenti. Sfida il potere giuridico — dopo averlo scavalcato con la catastrofe del ponte di Genova — per vedere un po’ fino a che punto un Ministro degli Interni può arrivare. Dopo che la procura di Agrigento aprirà un fascicolo contro ignoti, Salvini risponderà così:

Se qualche procuratore mi vuole indagare e interrogare, io sono pronto a spiegare le mie ragioni. Perché aprire un’inchiesta contro ignoti? Io mi autodenuncio, sono qua, sono ministro dell’Interno e ritengo mio dovere difendere la sicurezza e i confini del nostro Paese.

Non suona come un’ammissione di impunità? Come se, per il suo ruolo, sia legittimato ad agire al di sopra della legge?

Per chiudere, magari in un modo che valga più di mille parole prese direttamente dal dizionario di retorica e frasi fatte, vi lascio con un pensiero di un mio caro amico, Tore Guerra, che riesce a sintetizzare, con uno stile davvero geniale, l’avvenimento in oggetto e la sua posizione in queste righe:

La scena è pronta, si apra il sipario per questo nuovo spettacolo, comico o tragico, lo scelga lo spettatore. Ma nessuno sappia che di fianco, al teatro Piccolo va in scena lo psicodramma sulla legge di bilancio, per cui il botteghino ha ancora la cassa piena di biglietti che nessuno acquisterà mai.
Ed ecco che salgono gli artisti, gli attori della tragicommedia del "Diciotti, prima che ci ripenso".

Ognuno di loro casca nella rete del protagonista e neppure se ne rende conto: ci casca Fico, lo zimbello del paese, preso a pesci in faccia tra un cinguettio e uno sberleffo del protagonista; e pure il bardo Martina che tanto aveva cantato lodi sull'operato del duca Minniti... e qui scatta la confusione: e sti 177 qui, che ci fanno? Cascati anche loro come polli a gambe all'a(r)ia.

Ci casca la procura di Agrigento che per 15 minuti di notorietà, denuncia contro ignoti e apre così le tende illuminando ancor meglio il presidente.

Cascano tutti pure nella cancelleria europea che gridano al lupo, ma poi non hanno spazio per queste 177 anime.

E se l'opera va avanti, vuol dire che ci è cascato anche il pubblico italiano allo scherzone del burlone, che ancora crederà all' invasione del saraceno maledetto, mentre chiude gli occhi su una legge di bilancio che non regge.

Il presidente finalmente sale in scena e urla concitato: "Son io la ragione della prigione di sti 177 morti di fame, prendete me e salvate il mio popolo" e tanto ricorda il suo collega che nemmeno cento anni fa saliva sul palco e urlava " il sangue di Matteotti sta su queste mani, prendete e ammanettatele".

E nel frattempo il silenzio del Sancho Panza a 5 stelle diventa sempre più imbarazzante, mentre rilegge il suo copione dietro le quinte e non sa che è già il suo turno di salire sul palco. Ma lui corre in bagno e sputa bile per i nervi di chi non è pronto a questo pubblico così esigente. E il suo silenzio fa più rumore di mille voci agitate in platea.

Bella sta commedia, bello sto teatro e quant'è bravo sto Salvini, attore impeccabile nei panni del presidente, capace di costruire un contesto politico privo di alternative e di minacce.
L'opera potrete vederla ogni giorno uscendo dal balcone! Sarà in piedi fino al 28 maggio quando sarà davanti al pubblico Europeo per l'elezione. Che piaccia anche a loro chi lo sa.

Ma se permettete ho un po' paura che questa merda buttata sul copione tolga la scena a chi sul palco l'é un vero campione. Non tollero e sopporto di cascarci anch'io dentro quest'orgia di ipocrisia. Ma più mi agito, più mi muovo e più mi impiglio nella rete del protagonista e non so più come ci devo uscire. Ahimè anch'io ci sono cascato.
E adesso che anch'io ho scritto ed ho parlato, senza senso e con consenso, quanto son diverso da chi grida, urla e scalcia con in mano una tastiera ed uno schermo a far di scudo?

Cali il sipario.

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