NAVE DICIOTTI
Sintesi di un colpo di mano
Una battaglia senza esclusione di colpi che coinvolge i vertici di Governo e Stato, con al centro ancora il solito Salvini, perno di tutte le crisi istituzionali. Non viene risparmiato nemmeno il potere giuridico: Sfidato e scavalcato, ancora una volta - come con il disastro del ponte di Genova -, il tutto sulla pelle di 177 persone.
Sulla nave Diciotti si gioca una partita politica cruciale. Una volta compreso ciò, a seconda del livello empatico che attiva una vicenda simile, ci si indigna — come giusto che sia — perché tutto questo, sotto i nostri occhi, avviene in maniera del tutto indisturbata.
Si prendono posizioni sulla questione dei migranti, si discute mentre 177 persone sono recluse sulla nave Diciotti. Una partita senza esclusione di colpi, che ha coinvolto i vertici dello Stato e del Governo, con il pressing di Sergio Mattarella e Giuseppe Conte, passando anche per Roberto Fico — che ha espresso una posizione praticamente opposta a quella di Salvini — affinché si superasse la crisi istituzionale nei migliori dei modi. Salvini, a questo punto, ha minacciato la crisi di Governo con le sue dimissioni sul tavolo.
La giusta contrattazione con i Paesi dell’Unione europea può continuare senza alcun problema, adesso però le 177 persone devono poter sbarcare. Non possono essere più trattenute a bordo, poi si procederà alla loro ricollocazione nella Ue.
- Roberto Fico, Presidente della Camera
E Salvini risponderà senza mezzi termini:
Tu fai il presidente della Camera. Io faccio il ministro dell’Interno.
Bertinotti, Fini, Boldrini e Fico. Mi viene il dubbio che non sia una carica troppo fortunata.
[…]penso al Presidente della Camera che ogni tanto penso che dica e faccia l’esatto contrario di quello che dicono e fanno altri esponenti del Governo sia della Lega che dei Cinque Stelle, ma è un problema loro che si risolveranno loro.
Ancora Salvini, per la serie “i panni sporchi se li lavino a casa loro”. Gioca un po' su quella divergenza di opinioni che esiste ed è forte soprattutto in questa fase nel movimento 5 stelle.
La partita istituzionale è perfettamente raccontata nel retroscena di Repubblica:
Il leghista non concede altro. Sfida il Quirinale, ostentatamente, e anche Roberto Fico, che si muove in assoluta sintonia con il Colle. Nel colloquio il capo del Viminale, trapela, arriva a brandire anche l’arma delle dimissioni da ministro, che equivarrebbero a una crisi di governo. «Non puoi sconfessarmi». È solo una minaccia, sa che Conte deve cedere. «Io non mollo – lo provoca al telefono – L’unico che può scavalcarmi è Mattarella, che è capo delle forze armate». Di fatto, il leader stritola il premier in una morsa. Perché sul fronte opposto i partner europei sono ormai stufi di questo tira e molla che tiene in scacco cancellerie e diplomazie per poche centinaia di migranti al mese.
Su questa crisi si incontrano senso di responsabilità istituzionale e forza della propaganda. Non è un caso che Conte e Mattarella si siano palesemente schierati sulla stessa posizione. Quasi a voler corroborare le preoccupazioni europee. E non sono i soli, ai vertici dei 5 stelle, a tentennare.
Salvini non dialoga. Decide o al massimo si permette delle concessioni. Come il gesto benevole di far scendere dalla Diciotti i minori non accompagnati. Ma sul punto non cede: quei migranti, quelle persone qui non metteranno piede!
E sostanzialmente non può permettersi di cedere su quel punto. È il 90% della propaganda leghista, insito nella visione dei “confini da difendere”, tanto da puntare al “no way” australiano.
Il mio obiettivo è il No Way australiano. Sulla Diciotti sono tutti immigrati illegali.
L’Italia non è più il campo profughi d’Europa. Con la mia autorizzazione, dalla Diciotti, non scende nessuno
Lo scrive su twitter, Matteo Salvini, riportando la sua intervista a Rtl.
Una sintesi perfetta della retorica leghista che, appunto, si concretizza con la nave Diciotti.
Ma c’è di più. Spinge ancora oltre l’asticella. Tenta ancora una forzatura senza precedenti. Sfida il potere giuridico — dopo averlo scavalcato con la catastrofe del ponte di Genova — per vedere un po’ fino a che punto un Ministro degli Interni può arrivare. Dopo che la procura di Agrigento aprirà un fascicolo contro ignoti, Salvini risponderà così:
Se qualche procuratore mi vuole indagare e interrogare, io sono pronto a spiegare le mie ragioni. Perché aprire un’inchiesta contro ignoti? Io mi autodenuncio, sono qua, sono ministro dell’Interno e ritengo mio dovere difendere la sicurezza e i confini del nostro Paese.
Non suona come un’ammissione di impunità? Come se, per il suo ruolo, sia legittimato ad agire al di sopra della legge?
Per chiudere, magari in un modo che valga più di mille parole prese direttamente dal dizionario di retorica e frasi fatte, vi lascio con un pensiero di un mio caro amico, Tore Guerra, che riesce a sintetizzare, con uno stile davvero geniale, l’avvenimento in oggetto e la sua posizione in queste righe: