Quella luce in fondo al Vademecum

Nicola Maiale
diariodiunsegretario
3 min readMar 31, 2021

Si conclude oggi la rapida, ma vastissima nei numeri, maratona con la quale Enrico Letta, neosegretario del Partito Democratico, si è confrontato con tutti gli attivisti, gli iscritti, i simpatizzanti del nostro partito sulla base di un documento di 21 punti dal titolo “Progressisti nei contenuti, riformisti nel metodo, radicali nei comportamenti”.

Della stesura di documenti, è noto, noi di centrosinistra siamo campioni incontrastati, da quando ho cominciato la mia attività politica (più o meno tanti anni fa), ne ho letti, firmati, discussi, anche scritti, tantissimi. Ma, assicura il neosegretario, questo “va preso sul serio, perché da questo documento passa l’algoritmo per il partito del futuro” e c’è da crederci, anche perché la trasformazione della “forma partito”, oggetto di discussione da almeno due decenni nelle stanze delle organizzazioni politiche del centrosinistra e progressiste, è di fatto incagliata come la Evergreen nel Canale di Suez fino a qualche ora fa.

In questi giorni ho “accompagnato”, pur online, tanti circoli nella discussione cercando di evidenziare quelli che per me erano i nodi chiave del documento del quale stavamo e stiamo ancora discutendo e nel mucchio ho buttato anche qualche suggestione che vorrei riportarvi.

Non siamo il partito del potere. Bene ha fatto Letta a scriverlo nero su bianco. I partiti, in realtà, più che “luoghi del potere” sono diventati autobus per chi è alla ricerca di potere o di vantaggi di prossimità allo stesso: si prende quello più veloce, si sale anche senza biglietto, ci si accomoda nei posti migliori e si scende non appena ne passa uno più celere. Questo, apparentemente anche scontato, proponimento è una leva potenzialmente rivoluzionaria nelle mani del nuovo segretario nazionale, bisognerà farla digerire, far capire che compito di un partito è vincere le elezioni e vincerle a tutti i livelli “ …con la forza delle nostre idee e della nostra identità…”, senza subire le pressioni di questo o quello.

Che partito: leaderistico, orizzontale o democratico? Nello scontro tra il modello di partito verticale e quello orizzontale vince Letta propone di dare vita a quello “democratico”. Facciamo un passo in avanti, almeno proviamoci. Nelle discussioni tenute in questi giorni fa molto piacere che sia uscita l’idea del partito come strumento di community organizing. Cos’è? È innanzitutto un insieme di pratiche finalizzate alla formazione di leadership diffuse e di coalizioni finalizzate alla rigenerazione urbana e sociale. Un processo che negli Stati Uniti esiste dagli anni ’30 del XX secolo (nato con il sostegno della Chiesa Cattolica americana) quale strumento a servizio delle lotte delle fasce più economicamente più deboli della popolazione e delle minoranze etniche, decisivo nelle vittorie elettorali di Obama e che recentemente è stato sperimentato anche nel Labour inglese. Nell’ultimo anno il circolo Di Vittorio del PD di Pescara ha messo sopra un’iniziativa dal nome “Circoli Utili”, ecco la strada più o meno è quella: laboratori di cittadinanza attiva dove la politica si declina nella sua accezione letterale, occupandosi della comunità, organizzandola nelle sue relazioni per affrontare al meglio i problemi.

Che poi, a ben pensare, sarebbe anche un ottimo deterrente, lo sporcarsi le mani, per lasciare a piedi quelli che, di tanto in tanto, ci scambiano per un autobus.

C’è luce in fondo al Vademecum, cerchiamo di essere lampadieri.

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Nicola Maiale
diariodiunsegretario

Buone scarpe, orecchie aperte, occhi che domandano. La politica senza sorrisi e senza amici serve a poco.