Verso una Banca 2.0

#DigitalTalk con Alberto Staccione, Direttore Generale di Banca IFIS

Gabriele Carboni
Digital Divide
5 min readJul 23, 2015

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Gabriele:

L’accesso al credito è un argomento sempre in auge quando si parla di pmi, e non c’è imprenditore che non lo abbia affrontato nel momento in cui ha deciso di mettersi in gioco.

Nella mia posizione di giovane imprenditore, sono particolarmente interessato alle soluzioni che hanno un impatto sulle Startup. Generalmente una Startup parte cercando finanziamenti tra le così dette 3F, “Friends, Family, Fools” (amici, parenti e “pazzi”). La critica diretta al sistema bancario italiano, è che l’accesso al credito è macchinoso, lento e termina quasi sempre con la richiesta di garanzie reali che non trovano riscontro nell’assunzione di una vera porzione di rischio per l’imprenditore.

Nel caso specifico, con i miei soci di Weevo, abbiamo concluso che conveniva autofinanziarsi con le commesse (qualcuno storcerà il naso a questo proposito ma necessità fa virtù). Costi del denaro elevati, troppa rigidità nella gestione del fido e la sensazione che alla fine sarebbe stato più un problema che un vantaggio rispetto alle cifre (davvero esigue) che avremmo avuto a disposizione.

Parallelamente, le imprese hanno l’esigenza di capire meglio i meccanismi dell’accesso al credito, e di poterne interpretare in maniera più rapida (e conscia) possibilità e vantaggi.

Aumentare quindi la “cultura finanziaria” delle pmi può essere un primo passo in questa direzione.

Alberto:

«La regola delle “3F” è una bella sintesi della realtà delle cose e contiene una grande verità. A parte “Family” e “Friends”, il cui intervento poggia su leve che attengono alla sfera personale, non è un caso che i soggetti esterni siano unitariamente rappresentati con la definizione di “Fools”. È un termine che personalmente interpreto nel modo più sano, bello, costruttivo e stimolante: quello del visionario, dell’entusiasta, dell’innovatore, di chi sa giocare fuori dagli schemi preconcetti, di chi sa guardare lontano.
Ma questa visione, terribilmente stimolante, è al di fuori del ruolo di banca. Tra i primi impegni di un imprenditore, c’è sicuramente quello di trovare il capitale di rischio; e non c’è dubbio che i primi capitali sono quelli dell’imprenditore e dei soci che lui riesce a coalizzare sul progetto, ed eventualmente di alcuni soggetti specializzati (incubatori, business angels, fondi). La banca non può “investire” sul progetto. E’ necessario che prima l’impresa cominci a lavorare e a fatturare. È qui che la banca entra in gioco, per affiancare e accompagnare l’impresa nella crescita e soddisfare le sue diverse esigenze finanziarie a breve, medio o lungo termine, secondo le diverse specializzazioni. È qui che cominciamo a discutere dell’adeguatezza delle banche, della loro capacità di dare soluzioni, della loro tempestività e competitività. E, sicuramente, c’è molto da discutere».

Gabriele:

Può la banca, quindi, diventare una vera e propria compagna dell’impresa, affiancandola nella crescita, non solo attraverso gli strumenti finanziari, ma anche per mezzo di una formazione volta all’accrescimento della cultura degli imprenditori?

Il web, e in particolare i Social Media, sono certamente oggi i canali giusti per comunicare in maniera diretta e bi-direzionale con le persone, e quindi anche con le aziende ed il loro management.

Essendo del settore, mi viene quindi facile associare la formazione ai canali web, attraverso i quali la banca potrebbe effettivamente trovare un filo diretto con gli imprenditori, e trasformarsi nel più fedele dei compagni di viaggio.

Alberto:

«Il nostro approccio racconta di un rapporto con l’impresa che non si limita ad essere solo finanziario ma è un rapporto che ha confini ben più ampi, che parte dalle persone, guarda la loro storia imprenditoriale e valuta la qualità del loro lavoro. Nel farlo crediamo che la relazione e la comunicazione banca/impresa siano essenziali; e in questo ambito crediamo nell’utilità dei social network, con i quali cerchiamo di diffondere la nostra visione, conoscenza ed esperienza, mettendoci a disposizione sia dei clienti sia di tutti coloro che desiderano sapere di più su economia reale, credito e impresa. Tuttavia, la presenza web da sola non basta: deve essere sempre accompagnata dalla presenza fisica, aspetto fondamentale per Banca IFIS, come due binari che procedono paralleli. I nostri uomini e donne sul territorio hanno un input ben preciso: andare a visitare le aziende, incontrarle nei loro presidi, respirare l’attaccamento che hanno gli imprenditori per le loro aziende, per il loro lavoro. Potrà sembrare retorica, ma le assicuro che toccare con mano le realtà che diventano poi nostre clienti è uno step fondamentale per la buona riuscita del rapporto. Scherziamo sul fatto che i nostri uffici in tutta Italia sono “vista autostrada”: da lì i nostri commerciali devono muoversi con estrema efficienza per raggiungere le aziende del territorio. A questo ovviamente si aggiunge la tecnologia: il centro contatti di Filo Diretto riceve richieste di finanziamento via WhatsApp, un numero verde e skype e, da ultimo, abbiamo inserito la realtà aumentata nelle nostre brochure».

Gabriele:

Quella che proponete è quindi una vera e propria “banca 2.0”, che sfrutta tutti i canali del digitale, ma non si dimentica del primo fattore fondamentale di un rapporto: le persone. Mi piacerebbe proprio che tutte le banche fossero così. Ma soprattutto intravedo in questo un possibile sviluppo futuro nel rapporto banca/impresa, dove la prima comunica con la seconda, con l’obiettivo di formare e informare, mentre l’impresa offre feedback e spunti interessanti alla banca, in un vero “rapporto 2.0”. E’ un obiettivo raggiungibile?

Alberto:

«Il feedback da parte dei nostri clienti e stakeholder è il vero valore aggiunto di un rapporto banca/impresa, a tutti i livelli. Io stesso ho frequenti occasioni di comunicare “on line” con imprese che si rivolgono direttamente al Direttore Generale di una banca, quasi con un misto di provocazione e speranza. A volte riusciamo a dare soluzioni, a volte no, è fisiologico; ma la cosa più bella è lo stupore e l’iniezione di fiducia e coraggio che le persone trovano dall’essere state ascoltate con attenzione e rispetto, anche di fronte a un “no”, quando è tempestivo e motivato. Sono gli aspetti più belli del nostro mestiere. Siamo convinti che la banca debba essere totalmente orientata al cliente, in tutti gli ambiti, e questo approccio fa già parte del nostro presente, in una relazione di scambio reciproco che consente anche a noi di migliorarci nel continuo. Purtroppo non sempre è così, troppo spesso vedo nel rapporto banca/impresa un percorso a senso unico, comunicazioni “dall’alto”, sterili, dirette a chiudere una discussione piuttosto che arricchire una relazione. Persone che si nascondono dietro alle procedure di fronte alla difficoltà di spiegare e motivare. Ho visto crescere questa Banca quando ancora non era banca: sono innumerevoli le cose che sono cambiate, con un’evoluzione di business e di identità che ancora oggi ci caratterizza come una banca innovativa. Ma una delle innovazioni più importanti è la capacità nel tempo di ricevere e rielaborare correttamente i feedback che i clienti ci sottopongono: questo è il valore più prezioso che un rapporto banca/impresa dovrebbe generare».

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