L’AI nei videogiochi

Ventura Gianmarco
Hub dell'innovazione digitale
3 min readMar 2, 2020

Per chi non avesse idea di cosa siano un videogioco ed un’AI partiamo dalle basi:

- Un videogioco è un gioco gestito da un dispositivo elettronico che consente di interagire con le immagini di uno schermo, attraverso una o più periferiche chiamate controller;

- Un’Intelligenza Artificiale o “AI” invece, è una disciplina appartenente all’informatica che grazie a diverse tecniche e metodologie fornisce ad un computer, prestazioni che apparentemente sono attribuibili esclusivamente all’intelligenza umana.

Cos’hanno in comune questi due argomenti? Ben poco crederete, ed effettivamente fino alla fine degli anni 90’ era così, ma andiamo per gradi.

Partiamo dal primo videogioco creato: OXO.

Nasce nel 1952, come esempio per una tesi universitaria, è una trasposizione del celebre Tris che noi tutti conosciamo ed al quale abbiamo giocato almeno una volta nella vita.

L’intelligenza all’interno del videogioco, seppur presente, era molto lontana dall’essere definita una vera e propria AI, in quanto lo sviluppatore, dotando il software di una logica basata su blocchi fissi (detti script), riusciva a ricreare nel videogioco una risposta da parte del computer che complicasse l’esperienza virtuale del giocatore, fornendo alla macchina un’intelligenza simile a quella umana.

Molteplici furono negli anni a seguire gli sviluppi di sistemi con intelligenza artificiale, supercomputer dotati di enormi sistemi di calcolo che immagazzinano dati per poi proporre varie soluzioni. Primo tra tutti il supercomputer Deep Blue di IBM che sconfisse nel 1997 il campione del mondo di scacchi, Garry Kasparov.

Ma cosa distingue l’uomo dalla macchina? La risposta è semplice. Lo spirito di adattamento, l’improvvisazione e soprattutto la capacità di valutare lo scenario circostante, trovando sempre una via d’uscita.

Quale sarebbe invece la reazione di un computer ad una situazione non conforme ai suoi standard, ai suoi script ed alla sua mole immensa di calcolo? Nessuna o al massimo una di default, quindi un qualcosa di standard insito sempre all’interno del suo codice.

Nell’attuale generazione videoludica, queste AI sono state notevolmente migliorate rispetto al passato, fornendo al videogiocatore l’impressione di giocare contro esseri in grado di prendere decisioni, seppur di scarsa qualità. Ci troviamo quindi in una situazione in cui la grafica è ad altissimi livelli (si ha la possibilità di videogiocare in perfette ricostruzioni dell’Antico Egitto, in incredibili ambientazioni fantascientifiche e con personaggi con un’altissima qualità del dettaglio) mentre l’AI risulta essere non al passo con i tempi.

Fortunatamente negli ultimi anni, grazie allo studio ed a numerosi investimenti, sono stati creati sistemi dotati di una vera e propria AI, con algoritmi capaci di migliorare automaticamente le proprie performance attraverso l’esperienza.

Infatti nel 2019 un sistema di Google chiamato DeepMind ha battuto l’uomo con immensa sorpresa degli stessi sviluppatori, al videogioco 3D “Rubabandiera”.

Il sistema si è “autoistruito” conoscendo esclusivamente le regole di base e giocando contro sé stesso fino a diventare un campione. Secondo gli autori, nel tempo i giocatori ‘virtuali’ hanno sviluppato in modo indipendente strategie di livello sorprendentemente alto, non diverse da quelle messe in campo da abili giocatori umani.

Cosa ci prospetta il futuro?

Riusciranno i videogiocatori di tutto il mondo ad ottenere un’AI in grado di tenergli testa o resterà qualcosa di utopico, irrealizzabile ed in mano alle grandi aziende?

Ai posteri videogiocatori l’ardua sentenza!

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