Serendipità: l’innovazione non è un caso

Marco Mazzucco
Digital Organization
5 min readSep 29, 2016

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“La fortuna favorisce la mente preparata” — Louis Pasteur

Il concetto di serendipità è affascinante, “trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne sta cercando un’altra”, ma anche fuorviante. E’ spesso associato al caso, al destino, ad una serie di eventi fortuiti che possono condizionarci. Ma è allora solo fortuna, o c’è dell’altro?

Mi sono trovato a riflettere sul significato della serendipità quest’estate, in vacanza in Sri Lanka, quando ho scoperto che l’antico nome persiano di quest’isola è Serendip. Pensando non potesse essere una coincidenza, ho cercato quale fosse la relazione fra questi termini e ho trovato una storia molto interessante, che ci aiuta a comprendere meglio il significato di questo concetto. Nasce tutto da una favola persiana, tradotta in italiano nel 1548 da Cristoforo Armeno col titolo “I tre principi di Serendippo”. La storia racconta l’avventura dei 3 figli del re di Serendippo, l’odierno Sri Lanka, mandati in esilio per dimostrare al padre di poter governare il regno. In questo viaggio si trovano alle prese con un cammello perduto, che ritrovano grazie allo spirito di osservazione e alle capacità di deduzione. E così, di sfida in sfida, dimostrano infine al padre di avere le capacità per poter governare il regno di Serendippo. Questa storia è capitata nelle mani di Horace Walpole, scrittore inglese, che nel 1754 ne ha scritto in una lettera ad un amico:

“È stato una volta che lessi una favoletta dal titolo I tre prìncipi di Serendippo. Quando le loro altezze viaggiavano, continuavano a fare scoperte, per accidente e per sagacia, di cose di cui non erano in cerca: per esempio, uno di loro scoprì che un cammello cieco dall’occhio destro era passato da poco per la stessa strada, dato che l’erba era stata mangiata solo sul lato sinistro, dove appariva ridotta peggio che sul destro — ora capisce la serendipità?”

E’ quindi Horace Walpole che conia questo termine, prendendo una storia basata sul ragionamento e sulla deduzione e inserendo questo concetto di casualità, in realtà estraneo alla storia originale. Il termine ha avuto poi una buona fortuna, anche se usato in accezioni e significati non sempre allineati all'intenzione originaria. Oggi possiamo considerare la serendipità come una modalità di ricerca scientifica, “responsabile” di moltissime scoperte, come ad esempio la penicillina, scoperta nel 1929 da Alex Fleming per sbaglio a partire da una provetta non disinfettata. Si stima che ben il 50% delle invenzioni sia frutto di una scoperta fortuita, di qualcosa di inaspettato che accade mentre si sta cercando qualcos'altro. Del resto è normale pensare che le innovazioni più sorprendenti siano quelle che non si erano nemmeno immaginate, e quindi non perseguite intenzionalmente.

Sfruttare il potere della serendipità per un’azienda vuol dire aprirsi ad un mondo di innovazione estremamente vasto. Non dobbiamo confonderla con la fortuna, con la casualità, stiamo parlando di una capacità che è possibile far emergere e sviluppare. La serendipità diventa tua alleata quando la insegui, ovvero quando ti metti nelle condizioni perchè possa agire. Queste condizioni si scontrano però spesso con le normali logiche di funzionamento aziendale, con modalità gestionali cristallizzate nel tradizionale funzionamento delle nostre aziende. Sfruttare il potere della serendipità vuol dire andare oltre queste logiche, costruendo tre nuove capacità organizzative.

Cercare ovunque

La serendipità non è amica di chi non fa niente, di chi si limita ad aspettare. La curiosità e la ricerca continua ne sono invece gli alleati chiave, perché ci permettono di massimizzare le nostre probabilità di imbatterci nell'inaspettato. Per una azienda la ricerca non può quindi essere solo il compito di un gruppo ristretto di persone: per massimizzare le proprie probabilità occorre aumentare notevolmente il livello di apertura di questo processo. Innanzitutto occorre coinvolgere tutto il personale interno, dando a tutti libera espressione, consci del fatto che più le idee sono innovative meno possiamo sapere a priori da dove possano emergere. Ma non solo… c’è un mondo intero, all'esterno dell’azienda, che può essere coinvolto nel proprio processo di innovazione, perché non conta da dove arrivano le idee, conta quello che riusciamo a farci.

Sbagliare spesso

La serendipità non esisterebbe se fossimo in grado di trovare sempre quello che vogliamo, ovvero se non facessimo mai errori. Sbagliare spesso non è solo un modo per imparare e trovare la via giusta, è anche un modo per aumentare la nostra probabilità di imbattersi in scoperte inattese. Ma se in un’azienda l’errore è considerato un problema, un tabù che non si può nemmeno nominare, questa opportunità viene bloccata. Le persone si indirizzeranno sempre sulla via più sicura, cercando di rispettare budget, obiettivi e scadenze e non lasciando nessun spazio alla casualità. Questo meccanismo, imposto dall'alto e orientato al breve, ci impedisce di innovare veramente, e in più ci dà la falsa illusione di aver centrato i nostri obiettivi, fissati e definiti proprio perché sia facile raggiungerli. Una azienda che ha una cultura basata sulla sperimentazione continua sa invece che il processo di innovazione non può essere imbrigliato, e sa che ogni errore può avere un enorme valore.

Ascoltare gli errori

Un errore è del tutto inutile se non riusciamo a cogliere quello che vi si nasconde. Per farlo dobbiamo però accoglierlo, lasciare tempo e spazio per analizzarlo. Se l’errore è un problema, non faremo altro che nasconderlo, passarci sopra il più velocemente possibile, indossando un paraocchi che ci porterebbe a sprecare molte opportunità. Ascoltare gli errori è però, oltre che un’attitudine, un’attività, un compito che richiede tempo e impegno e spesso non porta a risultati immediati e concreti. Se partiamo però dal presupposto che l’errore sia valore, qualcosa da indagare meglio e approfondire, dai tentativi sbagliati possono aprirsi numerose strade alternative. Dobbiamo avere il coraggio e la forza di intravederle.

Alla fine della nostra storia, i 3 principi di Serendippo sono stati ripagati del loro ingegno e sono potuti ritornare nello Sri Lanka, dimostrando l’importanza di osservare e approfondire tutto quello in cui si imbattevano. A prescindere dal caso, su cui comunque non possiamo intervenire, è l’atteggiamento del singolo che può moltiplicare le opportunità che si incontrano e sono le sue capacità a determinare i benefici che può cogliere.

In un mondo dove le aziende competono sulla base della propria capacità di innovazione, potenziare questa capacità è fondamentale. La strada da fare può essere tanta, occorre intervenire sui comportamenti, sui meccanismi organizzativi, sui processi e sulla cultura aziendale. Non è facile, ma nessuna azienda può oggi permettersi di non sfruttare appieno le possibilità che ha davanti.

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