Vivere sostenibile è un gioco (da ragazz*)
Negli ultimi tempi, ci stiamo abituando a un uso (e abuso) continuo del termine “sostenibilità” in diversi contesti, anche in funzione della poliedricità del suo significato. Delle tre dimensioni della sostenibilità — sociale, ambientale, economica — questo articolo si focalizza sulle prime due, con un’attenzione particolare all’alimentazione e alla salute[1] delle persone.
Nonostante i primi movimenti ambientalisti e salutisti risalgano già al secolo scorso (basti pensare che la Vegan Societynacque nel 1944[2], e il rapporto The Limits to Growth stilato dal Club di Roma fu pubblicato all’inizio degli anni Settanta[3]), è specialmente negli ultimi anni che i più giovani si sono appassionati a queste cause. Greta Thunberg — a soli diciotto anni — è oggi l’attivista per l’ambiente più famosa nel mondo, mentre sui social sono ragazze e ragazzi a guidare le opere di sensibilizzazione riguardo a temi come l’inquinamento, il sovraconsumo, l’importanza di un’alimentazione “giusta” per l’ambiente, per gli animali, per chi lavora e per chi consuma[4].
Ciononostante, non è a tali fenomeni che allude il titolo…
Infatti, le sole opere di sensibilizzazione finora portate avanti non bastano: poiché i cambiamenti climatici costituiscono un problema complesso, che stringe nella propria morsa l’intero pianeta, è indispensabile che all’opera di informazione e responsabilizzazione, si accompagni una spinta verso un cambiamento nelle proprie abitudini. È per questo che concetti come gamification e behavior change techniques stanno diventando sempre più popolari fra gli strumenti adottati per coinvolgere i cittadini in comportamenti pro-ambiente[5]. La gamification — com’è facile intuire dal nome — consiste ne “l’uso di elementi di design del gioco, in un contesto di non-gioco”[6]. Per distinguere dall’ambito dei serious games, alcuni autori hanno osservato che la gamification punta a rendere specifiche attività “più simili a dei giochi”, al fine di arricchire e migliorare l’esperienza degli utenti, rendendola interessante e divertente[7]. In più, in tale definizione si include il concetto di behavior change (cambiamento dei comportamenti), in quanto tramite la gamification e l’uso di elementi di design del gioco nelle attività quotidiane, si incentivano e si motivano gli utenti a modificare le proprie abitudini[8].
Le applicazioni della gamification spaziano dalla salute al marketing, dall’educazione al mondo del lavoro: ne sono un esempio i programmi di fedeltà attivati dalle compagnie aeree per incentivare i clienti a effettuare più voli, guadagnando così punti e badges che permettono di accedere a vantaggi esclusivi come le restroom dotate di qualsiasi lusso; allo stesso modo funzionano le raccolte di punti nei supermercati, che promettono premi grandiosi proporzionati alle performancesdi acquisto dei consumatori[9]. In direzione diametricalmente opposta a questi due ultimi esempi, puntano le strategie di gamification impiegate per promuovere comportamenti “virtuosi” in campo ambientale e salutare, come le appcontapassi, o le sfide di plogging in cui i partecipanti si sfidano a raccogliere — correndo — quanti più rifiuti possibile: al traguardo non sarà la velocità a essere premiata, ma la quantità di immondizia recuperata.
Sebbene progetti come questi si stiano diffondendo notevolmente negli ultimi anni — con il crescere della consapevolezza (e dell’urgenza) in ambito salutare e ambientale — è ancora scarso il consenso accademico riguardo all’efficacia di tali strumenti in questi settori[10].
D’altra parte, l’applicazione della gamification coniugata con le behavior change techniques ha dato vita, fino a oggi, a una varietà di espressioni, fra cui siti internet, applicazioni per smartphone, e persino giochi non virtuali, che si inseriscono nelle vite concrete degli utenti. Tuttavia, è nel campo delle applicazioni per smartphone che si concentra questa analisi, in quanto si tratta della piattaforma attualmente più accessibile ai cittadini (il 93% degli italiani oggi possiede uno smartphone[11]).
Innanzitutto, per comprendere meglio il funzionamento di behavior change techniques e gamification, pare evidente che per arrivare a un cambiamento di comportamento occorrono una o più motivazioni: queste possono essere di due tipi, estrinseche oppure intrinseche. Nel primo caso si tratta di fattori esterni (ad esempio la pressione sociale, una ricompensa, dei premi…), per cui l’azione in oggetto è solamente “strumentale” per un altro fine[12]; nel secondo caso invece i fattori riguardano esclusivamente l’azione “in sé”, senza perseguire altre finalità, e sono coinvolte le dimensioni dei valori personali e dell’auto-affermazione[13]. Per fare un esempio, le motivazioni per rispettare la raccolta differenziata possono essere di vario genere: l’adeguazione a una norma sociale, l’aspettativa di un compenso economico (estrinseche), oppure l’attenzione alla tutela dell’ambiente (intrinseca). I critici delle operazioni di gamification finalizzate a cambi di comportamento sostengono però che è fondamentale che l’individuo internalizzi il motivo delle sue azioni, affinché queste si preservino sul lungo periodo, trasformandosi infine in abitudini, azioni quotidiane, routine[14]. D’altra parte, le motivazioni estrinseche possono supportare il processo di behavior change fino a che l’individuo non “internalizza” i determinati comportamenti, e matura motivazioni intrinseche[15].
Nell’ambito dei pro-environmental behaviors — per favorire la transizione da motivazioni estrinseche a intrinseche — si potrebbe integrare nella struttura della gamification un’opera di sensibilizzazione e consapevolizzazione dei cittadini, volta a far comprendere loro il valore delle loro azioni per l’ambiente. In questo modo si scoraggerebbero anche quegli utenti che — interessati esclusivamente alla “vincita”, al punteggio o ai premi — sono tentati a “barare” (può sembrare strano nel contesto della gamification della salute e dell’ambiente, ma studi precedenti hanno già riportato episodi simili[16]). Inoltre, è stato evidenziato che una combinazione di motivazioni estrinseche e intrinseche può assicurare un coinvolgimento degli utenti sul breve e sul lungo periodo (rispettivamente, per catturare il loro interesse e per consolidare i comportamenti)[17].
Un’altra critica talvolta mossa all’uso della gamification è il cosiddetto “soluzionismo tecnologico”[18], per indicare il tentativo di risolvere problemi complessi come appunto la sostenibilità o la salute, affidandosi ad algoritmi, raccolta e quantificazione di dati, riducendo così il ruolo delle politiche sociali, ma anche la complessità dell’individualità di ciascun cittadino. Ci sono fattori — come le condizioni economiche, l’accessibilità, le tradizioni, l’impronta culturale — su cui la gamification ha poco, se non alcun potere. Effettivamente, da un punto di vista sociologico, sembrerebbe un pensiero piuttosto naïf quello di riuscire a cambiare radicalmente i comportamenti delle persone, solamente tramite l’uso dell’app o del software giusto, trascurando la necessità di un ripensamento del sistema stesso, inclusa la configurazione delle città, le norme e gli incentivi che regolano tali comportamenti eccetera[19].
Ciononostante, i punti di forza della gamification sono notevoli, e soprattutto nel campo delle applicazioni per smartphone si moltiplicano gli esperimenti, dall’alimentazione sostenibile, alla promozione della mobilità attiva[20], alla consapevolezza riguardo al consumo di acqua ed energia. L’uso di tali sistemi si serve del meccanismo del nudgnig (da nudge, “spinta leggera”, “stimolo”), a sua volta basato sulla percezione di autostima, autoefficacia (self-efficacy) e norme sociali da parte dell’individuo[21].
Con “autoefficacia” si intende la fiducia dell’individuo nella propria capacità di portare a termine un’azione e raggiungere i propri obiettivi: più è elevata, più aumentano il proprio impegno e il proprio sforzo in compiti “difficili”, rispetto a chi possiede una bassa self-efficacy. È evidente quindi che l’autoefficacia influenza le possibilità di un individuo di effettuare un cambio di comportamento. Elementi tipici dei giochi — come feedback e premi per le “missioni” compiute — possono incrementare la fiducia nelle proprie capacità; inoltre, in un sistema “gamificato” le imprese più ardue possono essere suddivise in traguardi più semplici e brevi, in questo modo gli obiettivi più importanti possono essere raggiunti contemporaneamente alle “micro-vittorie” accumulate, così da motivare anche le persone con minor fiducia in se stesse[22].
Le norme sociali sono regole implicite oppure esplicite che riguardano il “come le persone dovrebbero comportarsi”: rappresentano quindi ciò che è “normale”. Esse si stabiliscono all’interno di un gruppo, all’interno del quale l’individuo si riconosce e a cui desidera conformarsi: il potere delle norme sociali può quindi influenzare le azioni degli individui, soprattutto nel campo dell’alimentazione, come è già stato osservato in più casi[23]. È comunque opportuno sottolineare che l’effetto delle norme sociali dipende dal grado di identificazione dell’individuo all’interno del gruppo di riferimento; in più, tanto ci si riconosce in un determinato gruppo — i cui membri riescono a compiere specifici comportamenti — più aumenta il proprio senso di self-efficacy[24].
Nel progettare sistemi di gamification, gli elementi più utilizzati sono i punteggi e i premi accumulati tramite specifiche azioni; i badges, delle specie di “medaglie” virtuali che rappresentano i traguardi raggiunti; le classifiche dei partecipanti, solitamente ordinati per punteggio; le “barre di stato”, che indicano l’avanzamento dell’utente verso l’obiettivo; i grafici performativi, che permettono di osservare l’andamento delle performances nel tempo; infine gli avatar, che “incarnano” l’utente permettendogli di identificarsi maggiormente.
Fatte queste premesse, si possono osservare alcuni esempi di app che tramite la gamification, cercano di stimolare un “vivere sostenibile” declinato nell’alimentazione, nel consumo di elettricità o idrico. Nonostante l’apparente entusiasmo da parte degli utenti in quasi tutti i casi, e soprattutto il lieve successo nel far adottare loro i comportamenti desiderati, è pur vero che quasi tutti gli esperimenti condotti finora hanno avuto una durata troppo breve per poter verificare l’efficacia di questi sistemi sul lungo termine, e quindi la sostenibilità stessa di questi comportamenti “virtuosi” nel tempo. È comunque interessante analizzare le diverse declinazioni della gamification nel contesto del “vivere sostenibile”, insieme alle strategie impiegate per cambiare le azioni delle persone.
La città di Eindhoven (Paesi Bassi) ha sviluppato una piattaforma per incentivare i turisti a utilizzare il trasporto pubblico anziché privato, al fine di ridurre le emissioni di anidride carbonica causate dagli spostamenti. Attraverso la mobilità attiva, gli utenti possono guadagnare dei punti tramite cui ottenere degli sconti in ristoranti, negozi, musei, bar eccetera. In più, il sistema prevede interazioni sociali fra i partecipanti, aumentando il senso di auto-affermazione stimolato dal sentimento di partecipare a una causa comune, oltre che stabilendo un sistema di “norme sociali”. Gli autori dello studio suggeriscono che il medesimo sistema potrebbe essere applicato per incentivare il risparmio di acqua ed energia mentre si è in vacanza, nell’ottica di un “turismo sostenibile”[25].
Nel contesto dell’iniziativa Green campus[26], agli studenti del campus universitario della Universiti Teknologi MARA (UiTM) Cawangan Perlis (Malesia) è stata proposta l’applicazione web Go Green Campus: progettata per sensibilizzare gli utenti riguardo all’impatto delle loro azioni sulle emissioni di anidride carbonica, ha come obiettivo la consapevolizzazione e l’incentivo ad adottare comportamenti meno inquinanti. Questi comportamenti (ad esempio rispettare la corretta differenziazione dei rifiuti) vengono premiati con dei punteggi e dei premi (virtuali). In più, una classifica dei risultati dei diversi piani della residenza universitaria stimola la competizione fra gli studenti, e li incoraggia a migliorare le proprie performances. L’efficacia dell’iniziativa è stata valutata tramite la distribuzione di questionari agli studenti partecipanti, prima e dopo l’utilizzo dell’app. Nella prima fase si è verificata la familiarità degli studenti con l’iniziativa del Go Green Campus tramite l’utilizzo della web application; nella seconda fase si sono analizzate le percezioni degli studenti rispetto all’uso dell’applicazione. Gli esiti mostrano che gli elementi di gamification impiegati rendono l’uso dell’app più piacevole, incentivando gli utenti. Tuttavia, nessun dato viene dato riguardo l’efficacia dell’applicazione sui comportamenti degli studenti sul lungo termine[27].
Uno dei primi esperimenti nell’uso della gamification per promuovere comportamenti pro-ambiente è UbiGreen Transportation Display, un prototipo di applicazione per telefono cellulare in grado di monitorare le abitudini di spostamento dell’utente, tramite sensori e autovalutazione. Sul display, una rappresentazione iconografica (un albero oppure un paesaggio polare artico) muta in funzione dei comportamenti dell’utente. L’obiettivo è incentivare la mobilità attiva e altre forme di spostamento a minor impatto ambientale, come il car pooling (condivisione di passaggi), tramite un sistema di feedback immediati. In più, l’utente viene informato degli altri benefici ottenuti tramite i suoi comportamenti “virtuosi”, tramite l’uso di altre icone (ad esempio, mostrando un salvadanaio per raffigurare benefici di tipo economico, oppure un omino che solleva i pesi per sottolineare i benefici dell’esercizio fisico eccetera). In fase di valutazione dell’app, gli utenti hanno riportato che la rappresentazione dell’albero, così come quella degli orsi polari nel paesaggio artico, stimolano la loro empatia, spingendoli (nudging) a riflettere sulle proprie abitudini di spostamento; in più, affermano di desiderare informazioni più dettagliate riguardo alla quantità di CO₂ risparmiata. Le criticità dello studio riguardano i rischi di inesattezza dei dati rilevati dai sensori o di malfunzionamento dell’applicazione, oltre che la breve durata dei test (in media 21 giorni, dunque non abbastanza per garantire l’effettivo cambio di abitudini). In generale, trattandosi di uno dei primi test condotti in questo campo, il sistema risulta ancora piuttosto “primitivo”.[28]
Nel contesto dello sviluppo delle smart cities, presso la città di Saragozza (Spagna) è stato introdotto un sistema “multi-agente” e virtuale per coinvolgere maggiormente i cittadini nel processo di differenziazione e riciclo dei rifiuti urbani. Tramite sensori installati nei cassonetti della spazzatura, il sistema è in grado di analizzare i comportamenti di differenziazione dei cittadini, i quali vengono “premiati” tramite una riduzione sulla tassa dei rifiuti. Un’appconsente loro di monitorare l’andamento dei loro comportamenti, stabilendo anche una classifica fra i partecipanti.
L’obiettivo è anche di efficientare il sistema della raccolta differenziata e del riciclo dei rifiuti creando un network “intelligente”, tramite sensori installati nei cassonetti, che permettono di adeguare i passaggi dei camion della spazzatura in funzione del riempimento. I sensori sono infatti in grado di rilevare la quantità di rifiuti, il tipo di rifiuto, identificare l’utente tramite codice QR, il livello di riempimento del cassonetto, la disponibilità dell’impianto di riciclo più vicino. Collaudato su un’area di circa 2000 abitanti, in collaborazione con la ditta di raccolta di rifiuti della città (per l’installazione dei sensori su 30 cassonetti), il sistema pare funzionare. I risultati mostrano che la partecipazione da parte dei cittadini nella raccolta differenziata aumenta del 32,2%, mentre la quantità di rifiuti differenziati e raccolti aumenta del 17,2%. Le criticità riguardano principalmente la necessità di adeguare la struttura già esistente per la raccolta dei rifiuti, dotando i cassonetti dei sensori e dei pannelli solari che alimentano la rete di trasmissione dei dati verso la centrale di riciclo. D’altra parte, i ricercatori sottolineano che ciò non significa dover sostituire interamente la dotazione della città, bensì integrarla con le tecnologie necessarie.
Avafeed nasce come app specificatamente destinata ai bambini, per promuovere il consumo di frutta e verdura, educarli a compiere scelte più salutari, così da contrastare obesità e abitudini di alimentazione scorrette. La componente educativa — unita al tentativo di behavior change — punta a consolidare tali abitudini, affinché i bambini le “interiorizzino” e le mantengano nel tempo.
Nell’app, i bambini creano un avatar personalizzato, a cui fanno scegliere quali cibi mangiare e quali no. Gli alimenti più salutari permettono di guadagnare punti e premi, così da stimolare l’apprendimento dei bambini; inoltre, l’app è progettata affinché l’algoritmo incrementi la difficoltà delle scelte, sia per far progredire le conoscenze dei bambini, sia per mantenere attivo il loro interesse.
Sebbene l’app sia stata progettata basandosi su studi scientifici precedenti, che confermano l’efficacia degli elementi di gamification impiegati, purtroppo nessun trial test è mai stato condotto su dei bambini. A ogni modo, un simile esperimento potrebbe comparare le scelte alimentari dei bambini prima e dopo l’utilizzo dell’applicazione, confrontando inoltre i risultati con un gruppo di controllo[29].
Tramite questa raccolta (assolutamente non esaustiva), è evidente che gli ambiti di applicazione della gamification al “vivere sostenibile” sono innumerevoli[30]. Ciononostante, un difetto rilevato dalle ricerche come quella di Brauer et al. che tentano di “mappare” l’esistenza di queste applicazioni, riguarda proprio l’incapacità di mettere in rete tutti questi domini. Anche per questo motivo, forse, queste app non riescono a ottenere la dovuta popolarità: pare che “non sia sufficiente creare un’app e distribuirla su una piattaforma” perché questa riesca a influenzare effettivamente i comportamenti delle persone[31]. Soprattutto, il fatto che esistano così tante app (sebbene semisconosciute) crea una sorta di “competizione” fra le stesse, in questo modo compromettendo il loro potenziale. Un’ipotetica soluzione potrebbe essere di “riunire” le diverse app all’interno di macro-gruppi, ad esempio sfruttando le città come entità “base” affidabili e riconosciute, promotrici di comportamenti pro-ambiente[32]. La presenza di una “entità centrale” permetterebbe anche di monitorare con più facilità il funzionamento di tali iniziative; d’altra parte, questa possibilità ci porta a una riflessione spesso utilizzata per criticare l’utilizzo della gamification nel contesto del behavior change.
In effetti, i sistemi di gamification comportano una sottile insinuazione riguardo a comportamenti ritenuti “giusti” o “sbagliati”, “buoni” o “cattivi”, in linea con il concetto Foucaultiano di “biopotere”, ossia forme di potere che hanno come oggetto le vite umane[33]. Similmente, si può pensare all’utilizzo della gamification per incentivare cambiamenti di comportamento come forme di governance, intese non esclusivamente come “governo”, bensì “ogni tentativo di plasmare, guidare, dirigere le condotte degli altri”[34]. È importante sottolineare che il concetto di governance non è un processo strettamente coercitivo, bensì si fonda sulla capacità dell’individuo di agire, si tratta di un “agire sulle azioni” reso possibile dalla comprensione di ciò che motiva l’agire dell’individuo, in maniera tale da poterlo dirottare. Il concetto di governance presuppone quindi la libertà di col*i che è governat*[35].
In più, poiché generalmente le app possono funzionare e fornire feedback solo tramite un’intensa raccolta di datiriguardanti le performances degli utenti, questi ultimi potrebbero temere per la sicurezza della loro privacy. Per contrastare questo genere di terribile, costante regime di sorveglianza, occorrerebbe sviluppare dei sistemi in grado di garantire l’assoluto anonimato dei dati raccolti, così come regolamentazioni chiare riguardo il loro utilizzo: l’utente deve quindi essere informato riguardo a chi ha accesso ai suoi dati, come vengono impiegati, ma anche quali rischi tale uso può comportare, secondo il principio del “consenso informato”[36]. In particolare, è essenziale che tali informazioni siano espresse in maniera chiara e comprensibile, contrariamente a quanto avviene al giorno d’oggi, in cui i termini di utilizzo delle app spesso risultano troppo voluminosi, espressi in legalese, per poter essere compresi a pieno. Oltre a ciò, sarebbe preferibile rendere noti l’identità e i fini degli sviluppatori dell’app, e assicurare gli utenti che nulla verrà comunicato a parti terze[37].
Un’ultima considerazione riguardo alla validità di tali strumenti: se è vero che oggi gli smartphone godono di una diffusione capillare all’interno della popolazione (almeno nei paesi più sviluppati), d’altra parte esiste ancora un importante e non trascurabile divario digitale, che riguarda non solo le fasce più anziane della cittadinanza, ma anche coloro a cui non è garantito l’accesso continuo a Internet (come è parso evidente durante i lockdown causati dalla pandemia di COVID-19, con le difficoltà del lavoro e della didattica a distanza). Il rischio, perciò, è ancora una volta che le pratiche di benessere e sostenibilità rimangano un “privilegio” esclusivo per coloro che hanno accesso ai mezzi e alle tecnologie per far parte del gioco[38].
Alice Tarditi
Alice — laureata in giapponese e arabo con una tesi sull’islamofobia in Giappone — è una persona estremamente curiosa, a cui piace indagare a fondo nelle questioni. L’ecologia, la tutela dell’ambiente e degli animali sono fra le sue passioni più intense, perciò si è iscritta al Master per riuscire ad approfondire queste tematiche.
In realtà, poiché nel suo futuro si immagina giornalista d’inchiesta, la parte che più la appassionava di più nel Master riguardava la comunicazione e la divulgazione, ma alla fine si è appassionata a ciascun modulo, scoprendo interessi che mai avrebbe pensato di maturare, come la geologia e la fisica.
[1] È opportuno segnalare la differenza fra “salute” e “sanità”, in quanto la prima allude a un concetto più “olistico”, di benessere generale, mentre la seconda si riferisce a concetti puramente medici.
[2] Per maggiori infomazioni riguardo alla Vegan Society, si veda: https://en.wikipedia.org/wiki/The_Vegan_Society .
[3] Riguardo al rapporto The Limits to Growth, si veda: https://en.wikipedia.org/wiki/The_Limits_to_Growth .
[4] Emblematico è il fenomeno dei divulgers che comunicano tramite i social argomenti complessi come il cambiamento climatico, rendendoli fruibili a tutti, così come la nascita di gruppi come la Rete Zero Waste, oppure la popolarità di personaggi come la ventenne Diletta Bellotti, che si batte contro il caporalato e a favore dei diritti degli immigrati.
[5] Ouariachi T., Chih-Yen Li, Elving W. J. L., “Gamification Approaches for Education and Engagement on Pro-Environmental Behaviors: Searching for Best Practices”, Sustainability, 2020, 12, 4565; doi:10.3390/su12114565 .
[6] Deterding S., Dixon D., Khaled R., Nacke L., “From game design elements to gamefulness”, in Proceedings of the 15th International Academic MindTrek Conference, New York, NY, USA, 29–30 September 2011, p. 9.
[7] Werbach K., “(Re)Defining Gamification: A Process Approach”, Springer Science and Business Media LLC, 2014, Volume 8462, pp. 266–272. Vedi anche Hamari J., Koivisto J., “Social motivations to use gamification: an empirical study of gamifying exercise”, in Proceedings of the 21st European Conference on Information Systems, Utrecht, The Netherlands, 2013.
[8] Mazur-Stommen S., Farley K., “Games for Grownups: The Role of Gamification in Climate Change and Sustainability”, Indicia Consulting LLC, Washington, DC, USA, 2016.
[9] Walz S. P., Deterding S. (ed.), The Gameful World: Approaches, Issues, Applications, The MIT Press, Cambridge, Massachusetts, 2014.
[10] Ouariachi T., Chih-Yen Li, Elving W. J. L., “Gamification Approaches for Education…”, op. cit. e Johnson D., Deterding S., Kuhn K., Staneva A., Stoyanov S., Hides L., “Gamification for health and wellbeing: A systematic review of the literature”, Internet Interventions, vol. 6, 2016, pp. 89–106, doi: https://doi.org/10.1016/j.invent.2016.10.002 .
[11] Deloitte, “Smartphone, Smart City, Smart Life — Global Mobile Consumer Survey 2019 (Italian cut)”, disponibile al link: https://www2.deloitte.com/content/dam/Deloitte/it/Documents/technology-media-telecommunications/GMCS%20Report%202019_Deloitte%20Italia.pdf .
[12] Scott Rigby C., “Gamification and Motivation”, in The Gameful World: Approaches, Issues, Applications, (a cura di) Walz S. P., Deterding S., The MIT Press, Cambridge, Massachusetts, 2014.
[13] La motivazione estrinseca dipende da stimoli esterni verso la modifica del comportamento; al contrario la motivazione intrinseca è “trainata da sé stessa” (Ouariachi T., Chih-Yen Li, Elving W. J. L., “Gamification Approaches for Education…”, op. cit.).
[14] Novak J., Melenhorst M., Micheel I., Pasini C., Fraternali P., Rizzoli A. E., “Integrating behavioural change and gamified incentive modelling for stimulating water saving”, Environmental Modelling & Software, 102, 2018, pp. 120–137.
[15] Berger V., Schrader U., “Fostering Sustainable Nutrition Behavior through Gamification”, Sustainability, 8 (1), January 2016, DOI: 10.3390/su8010067 .
[16] Per un ulteriore approfondimento si veda, in Walz S. P., Deterding S. (ed), The gameful world: Approaches, Issues, Applications, London, Massachusetts Institute of Technology, 2014: Whitson J. R., “Foucault’s Fitbit: Governance and Gamification”; Froehlich J. E., “Gamifying Green: Gamification and Environmental Sustainability”; Munson S. A, Poole E., Perry D. B., Peyton T., “Gamification and Health”.
[17] Novak J., Melenhorst M., Micheel I., Pasini C., Fraternali P., Rizzoli A. E., “Integrating behavioural change and gamified incentive modelling for stimulating water saving”, Environmental Modelling & Software, 102, 2018, pp. 120–137.
[18] Maturo A., Moretti V., Atzori F., “Dalle politiche sociali all’algoritmo: le app per la salute come agenti di medicalizzazione”, Politiche Sociali, Social Policies, 2/2018, pp. 201–216, doi: 10.7389/90594 .
[19] Vanolo A., “Cities and the Politics of Gamification”, Cities, 74, 2018, pp. 320–326, doi: https://doi.org/10.1016/j.cities.2017.12.021 . Viene utilizzata anche l’espressione “green gamification” in Vanolo A., “Playable Urban Citizenship: Social Justice and the Gamification of Civic Life”, in The Right to the Smart City, Emerald Publishing Limited, 2019, pp. 57–69.
[20] Per mobilità attiva si intende l’uso della bicicletta o la scelta di andare a piedi […] per i propri spostamenti abituali, in alternativa all’uso di veicoli a motore. Oltre che vantaggiosa per l’ambiente, la mobilità attiva offre la possibilità di raggiungere i livelli di attività fisica raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e avere benefici sulla salute (fonte: EpiCentro, Istituto Superiore di Sanità).
[21] Berger V., Schrader U., “Fostering Sustainable Nutrition Behavior…”, op. cit.
[22] Ibidem.
[23] Ad esempio, per il consumo di frutta e verdura, così come per l’abitudine a fare spuntini in mezzo ai pasti principali. Per un approfondimento, si veda Stok M.F., Verkooijen K.T., de Ridder D.T.D., de Wit J.B.F., de Vet E., “How norms work: Self-identification, attitude, and self-efficacy mediate the relation between descriptive social norms and vegetable intake”, Appl. Psychol. Health Well-Being, 2014 (6), pp. 230–250; Higgs S., “Social norms and their influence on eating behaviors”, Appetite, 2015, 86, pp. 38–44; Ball K., Jeffery R.W., Abbott G., McNaughton S.A., Crawford D., “Is healthy behavior contagious: Associations of social norms with physical activity and healthy eating”, Int. J. Behav. Nutr. Phys. Act., 2010, 7; Croker H., Whitaker K.L., Cooke L., Wardle J., “Do social norms affect intended food choice?”, Prev. Med., 2010, 49, pp. 190–193; Lally P., Cooke L., McGowan L., Croker H., Bartle N., Wardle J., “Parents’ misperceptions of social norms for pre-school children’s snacking behaviour”, Publ. Health Nutr., 2012, 15, pp. 1678–1682.
[24] Berger V., Schrader U., “Fostering Sustainable Nutrition Behavior…”, op. cit.
[25] Negruşa A. L., Toader V., Sofică A., Tutunea M. F., Rus R.V., “Exploring Gamification Techniques and Applications for Sustainable Tourism”, Sustainability, 2015, 7, 11160–11189; doi:10.3390/su70811160 . Lo studio analizza l’uso della gamification nell’ambito turistico per incentivare la sostenibilità sociale, economica e ambientale coinvolgendo non solo i turisti ma tutti gli stakeholders, basandosi sul presupposto che mentre è in vacanza, il turista tende a dedicare minor attenzione alla sostenibilità, prediligendo il proprio comfort.
[26] Per un ulteriore approfondimento si veda: Humblet E. M., Owens R., Roy L. P., McIntyre D., Meehan P., Sharp L., “Roadmap to a green campus”, Washington, DC: US Green Building Council, 2010.
[27] Nor R. Md., Azhar N. A., “Applying Green Gamification to Support Green Campus Initiatives in Reducing Carbon Emissions’’, Journal of Computing Research and Innovation (JCRINN), 2017, vol. 2, n. 4.
[28] Froehlich J., Dillahunt T., Klasnja P., Mankoff J., Consolvo S., Harrison B., Landay J. A., “UbiGreen: Investigating a Mobile Tool for Tracking and Supporting Green Transportation Habits”, Conference: Proceedings of the 27th International Conference on Human Factors in Computing Systems, CHI 2009, Boston, MA, USA, 2009, doi: 10.1145/1518701.1518861 .
[29] Hswen Y., Murti V., Vormawor A. A., Bhattacharjee R., Naslund J. A., “VIRTUAL AVATARS, GAMING, AND SOCIAL MEDIA: DESIGNING A MOBILE HEALTH APP TO HELP CHILDREN CHOOSE HEALTHIER FOOD OPTIONS”, J Mob Technol Med, 2013, 2(2), pp. 8–14, doi:10.7309/jmtm.2.2.3 .
[30] Brauer (et al.) arrivano a identificare dieci ambiti differenti di applicazione della gamification per incentivare comportamenti “ecofriendly”, fino a comprendere addirittura la tutela della biodiversità. Per un approfondimento si veda Brauer B., Ebermann C., Hildebrandt B., Remané G., Kolbe L. M., “GREEN BY APP: THE CONTRIBUTION OF MOBILE APPLICATIONS TO ENVIRONMENTAL SUSTAINABILITY”, PACIS 2016 Proceedings, 2016, 220, disponibile al link: http://aisel.aisnet.org/pacis2016/220 .
[31] Ibidem.
[32] Ibidem.
[33] Michel Foucalt (1926–1984, filosofo, sociologo e storico francese) approfondì i concetti di “biopolitica” e “biopotere” nelle opere Histoire de la sexualité (1976) e “Il faut défendre la société” (corso tenuto al Collège de France nel 1976, successivamente inserito in una raccolta del 1997). Secondo Foucault, a partire dal XVIII secolo i processi vitali dei cittadini diventano oggetto del potere politico: se nel medioevo il sovrano aveva potere “di vita o di morte” sui sudditi, il biopotere si impegna a preservare la vita, tuttavia sfruttando meccanismi regolatori e correttivi continui (“governamentalità”) che normano pratiche come ad esempio la sessualità degli individui.
[34] Rose N., The Powers of Freedom: Reframing Political Thought, Cambridge, UK, Cambridge University Press, 1999.
[35] Ibidem.
[36] Andrews L., “Privacy and Data Collection in the Gameful World”, in Walz S. P., Deterding S. (ed), The gameful world: Approaches, Issues, Applications, London, Massachusetts Institute of Technology, 2014.
[37] Ibidem.
[38] Vanolo A., “Playable Urban Citizenship: Social Justice and the Gamification of Civic Life”, The Right to the Smart City, Emerald Publishing Limited, 2019, pp. 57–69.