Come sfruttare la Digital Transformation per creare nuovi mercati

Gianfilippo Ceraselli
Doralab Thinking
Published in
4 min readApr 23, 2018

È sufficiente adottare tecnologie digitali nei progetti per definirli come Digital Transformation? Si può parlare di trasformazione se non si cambiano l’esperienza del consumatore, i processi interni, il modello di business?

Car2Go, Uber, AirBnB non si sono limitate a usare la tecnologia per apportare miglioramenti incrementali ma hanno rivoluzionato il modello di business del proprio settore di appartenenza. Anche le aziende che operano in mercati maturi devono sforzarsi di vedere oltre il proprio modello di business perché il solo miglioramento incrementale non garantisce una posizione di dominio nel tempo.

Per spiegarmi meglio userò l’esempio di un prodotto innovativo (del tutto ipotetico) in un settore secolare come quello bancario.

Nel mercato ipercompetitivo chi osa vince

Le banche temono la concorrenza delle startup Fintech. È comprensibile, i nuovi player sono più agili perché non hanno eredità tecnologiche, sanno come sfruttare il digitale, i loro prodotti sono progettati pensando alle esigenze degli utenti senza l’obbligo di ricalcare i processi interni ormai stratificati (se la tua azienda opera in un altro settore potresti trovare delle similitudini).

Le nuove Fintech però non hanno la stessa solidità delle banche. Non hanno mai affrontato le difficoltà delle crisi economiche globali, le guerre e altre minacce ben più grandi della normale concorrenza. Esiste una lunga storia di relazione tra le banche e i suoi clienti, fatta di alti e bassi ma il legame è innegabile.

Attenzione però, se il legame viene vissuto dal cliente come una barriera al cambiamento, la relazione si indebolisce.

Prendiamo ad esempio il professionista o la piccola impresa che usa diversi prodotti della sua banca: il conto corrente, il fido, l’anticipo fatture, le carte di credito. L’uso di questi servizi, frutto di una relazione continua, genera un’enorme mole di dati che possono essere valorizzati e trasformati in informazioni di valore per il cliente.

Faccio un analogia con con Google. Su Gmail transitano gran parte delle comunicazioni generate dai vari servizi che usiamo. Ad esempio ogni volta che compriamo un biglietto del treno, Google estrapola i dati per presentare la sintesi dei dati più rilevanti per noi: la tratta, la data, l’orario, la carrozza, il posto, il codice di prenotazione.

Questi dati vengono riportati automaticamente sul calendario di Google. Nell’app Google Trip avremo delle schede con le informazioni utili relative al luogo della destinazione. Tutto questo senza alcun intervento dell’utente.

Google Trip recupera e organizza i dati del viaggio da Gmail in automatico

Il conto corrente è come Gmail, solo che le banche non sfruttano i dati per offrire soluzioni a dei bisogni inespressi o non serviti.

Torniamo al professionista e alla piccola impresa. Ipotizziamo che da una ricerca emerga che alcuni utenti preferiscano usare i fogli di calcolo invece dei software gestionali perché percepiscono questi ultimi come troppo complessi per le proprie esigenze.

Sarebbe un’occasione per ripensare il conto corrente e trasformarlo in una soluzione end-to-end che semplifichi la gestione finanziaria di un’attività imprenditoriale di piccole dimensioni.

Creare e inviare fatture, avere un cruscotto per controllare chi ha pagato e chi è in ritardo, conoscere il peso economico dei clienti e dei fornitori. Queste e altre funzioni potrebbero essere automatizzate mentre altre richiederebbero l’intervento degli utenti, ma sarebbero svolte in un unico ambiente pensato per facilitare la vita del cliente.

Il conto corrente andrebbe a competere con i fogli di calcolo. È la teoria del Jobs to be Done.

Verso quale direzione puntare?

La Digital Transformation apre un mare di opportunità. Senza una bussola, senza una direzione, si rischia di impiegare tempo e risorse in tentativi che derivano da supposizioni (ricerche di mercato) o da consuetudini (seguire gli altri competitor).

Le statistiche sul lancio di nuovi prodotti descrivono un quadro sconfortante:

  • più del 50% di nuovi prodotti delude le aspettative pianificate
  • solo 1 nuovo prodotto su 100 copre i costi di sviluppo
  • solo 1 nuovo prodotto su 300 ha un impatto significativo sui comportamenti di acquisto dei clienti, sulla categoria di appartenenza o sulla direzione di crescita dell’azienda. [Frost & Sullivan, 2013]

Questo perché le strategie innovative sono in larga parte guidate da questi quattro princìpi:

  • attributi del prodotto (ha 25 funzioni in più delle altre soluzioni)
  • caratteristiche dei clienti (professionista 40enne, padre e appassionato di sport estremi)
  • tendenze (la realtà aumentata è il futuro)
  • risposta competitiva (gli altri fanno questo, dobbiamo farlo anche noi)

Se invece si osservano, indagano e analizzano il set di bisogni degli utenti, si possono identificare quali di questi sono per loro importanti ma trascurati dall’offerta attuale, distinguendoli da quelli irrilevanti ma eccessivamente serviti da una concorrenza indistinta.

È rischioso innovare?

Si, ma è molto più rischioso rinunciarci.

Si possono limitare i rischi?

Si, se l’utente è al centro di tutte le fasi di vita di un prodotto:

  1. Strategia
  2. Realizzazione (progettazione, sviluppo, lancio)
  3. Ottimizzazione continua

Quindi ben venga la Digital Transformation se è ispirata dalla consapevolezza di come i clienti misurano il valore di un servizio o di un prodotto. Job to be Done, Design Thinking, Service Design sono alcuni dei framework che aiutano le aziende a indirizzare i processi di innovazione centrandoli sul consumatore.

Approfittiamone e facciamone buon uso.

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Gianfilippo Ceraselli
Doralab Thinking

User Experience Designer/Manager deeply passionate about the innovation of services and products.