Approccio Agile

1. Digital Enterprise: qual è il percorso ottimale di evoluzione organizzativa?

Giuseppe Leoni
e:love story
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12 min readJan 7, 2015

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Non esiste uno specifico percorso ma un territorio da esplorare per trovare il terreno più solido su cui costruire nuovi spazi di collaborazione e condivisione coerenti al contesto e alle persone che li occuperanno.

vai alla parte 2. Digital Enterprise: quali sono gli step comuni per progettare il cambiamento organizzativo?

vai alla parte 3. Digital Enterprise: quali sono le maggiori difficoltà che si incontrano e come si superano?

Viene da fare una battuta, cioè che il percorso ottimale sia avere un percorso in mente, ma rimane che al di là delle facili frasi ad effetto più che di un percorso ottimale — che fa pensare ad un punto d’arrivo fissato teoricamente a priori da raggiungere muovendo determinati passi prendendo l’avvio da un punto di partenza uguale per tutti — parlerei di un territorio da esplorare per trovare il terreno più solido su cui, di volta in volta, costruire nuovi spazi di collaborazione e condivisione aziendale.
Provo a spiegarmi meglio, perché non vorrei neanche che si pensasse che non ci siano lezioni imparate in tanti anni di sperimentazioni e progetti, o che non ci siano metodologie e teorie da prendere seriamente in considerazione.

Il cambiamento organizzativo introdotto dalla Digital Enterprise.

Per farlo devo fare un semplice ragionamento che parta dalla definizione di cosa penso che sia il cambiamento organizzativo introdotto dalla Digital Enterprise per arrivare a esemplificare tre diversi casi di come questo cambiamento sia stato realizzato.

La Digital Enterprise è un’impresa, con un’organizzazione, delle gerarchie e dei collaboratori proprio come tutte le altre, ma che ha preso consapevolezza che la qualità dei processi e la generazione di nuovo valore dipenda da un fattore X che riguarda non solo i collaboratori, ma anche i fornitori ed i clienti.

Questo fattore che migliora la qualità dei processi, non solo l’efficienza e l’efficacia, e genera un valore prima impossibile da ottenere è il nuovo modo di mantenere attive interdipendenze reciproche complesse reso possibile sia dalle nuove funzionalità che dalle nuove forme d’accesso agli strumenti digitali di comunicazione, collaborazione e condivisione.
Provo a dirlo in un altro modo: è la consapevolezza e l’utilizzo del capitale sociale, secondo il significato che ne viene dato dalla sociologia, inteso come l’insieme delle relazioni, dell’accesso alle informazioni utili per il proprio lavoro tramite gli altri, o direttamente ascoltando le richieste espresse dai clienti, e le possibilità di confronto interno su cosa e come fornire una risposta ai clienti ed ai mercati.
Il cambiamento introdotto con la Social Enterprise, quindi, è stato quello di rendere facilmente disponibile e utilizzabile il capitale sociale delle organizzazioni.

“La Digital Enterprise è un’impresa consapevole che il miglioramento della qualità dei processi e la generazione di nuovo valore per il mercato derivi dall'utilizzo del proprio capitale sociale, attraverso le nuove funzionalità e le nuove forme d’accesso agli strumenti digitali di comunicazione.”

Tre diverse modalità di approccio alla Digital Enterprise.

Ma perché proprio adesso è stato possibile sfruttare il capitale sociale visto che è conosciuto dagli studiosi da più di cinquant'anni?
Provo a dare alcune risposte basate su considerazioni personali e letture fatte negli ultimi anni.

Mi sembra che in parte sia dovuto al fatto che la diffusione dell’utilizzo dei Social Network nella vita privata abbia reso quantificabile il capitale sociale grazie alla persistenza delle tracce digitali che permettono di rendere osservabili nel tempo i legami tra le persone.
È stato come se, improvvisamente, tutte le persone, le loro relazioni reciproche, le conversazioni avvenute e le conoscenze in comune potessero essere osservate staticamente, come in un perenne presepe di statuine che rendesse consistente ciò che normalmente è inafferrabile; come se i legami e gli scambi tra le persone rimanessero disponibili ed osservabili da tutti, misurabili e comprensibili.

Ma con la diffusione dell’utilizzo dei Social Network anche le aziende hanno cominciato a rendersi presenti all'interno di queste grandi piazze digitali per comunicare con i consumatori che le frequentavano e così facendo hanno subito loro stesse l’effetto dell’epifania del capitale sociale, e mentre le singole persone prendevano atto della manifestazione digitale del proprio capitale sociale grazie alla conta dei follower e dei Like le aziende cercavano di andare oltre e cominciavano a studiare come valorizzare questa risorsa anche per sviluppi futuri, dando vita ad un filone di ricerca e di analisi di importanza fondamentale che è riconducibile alla tematica dei Big Data.
Di più: scontrandosi col fatto che le persone sui Social Network si rivolgevano alle aziende in modo colloquiale, ponendo domande a cui si aspettavano delle risposte, hanno dovuto cominciare a gestire queste relazioni. È stato l’avverarsi della profezia del Cluetrain Manifesto, pubblicato nel 1999 forse ingenuamente ma di sicuro in modo lungimirante, e della sua famosa prima tesi: i mercati sono conversazioni.

La diffusione dell’utilizzo dei Social Network in tutte le fasce di popolazione ha prodotto una forte pressione sulle aziende che hanno dovuto cominciare a fare i conti, come detto, con nuove forme di relazione e, di conseguenza, di organizzazione aziendale, perché se da un lato era sufficiente organizzare un servizio clienti che fornisse risposte alle domande, garantendo la soddisfazione dei clienti, dall'altro si cominciava ad intravvedere la possibilità di avere clienti che contribuissero alla definizione e alla creazione dei nuovi prodotti e servizi, dichiarando a priori il loro interesse allo scambio di valore con le aziende.

Stare in relazione con i propri clienti dentro alle piattaforme digitali ha richiesto di sviluppare nuovi modelli di servizio, nuovi ruoli organizzativi e nuove competenze aziendali, e per molti questo ha richiesto di sviluppare anche un nuovo modello di business, parallelo a quello consolidato; una sorta di start-up o di spin-off, che generasse nuovi clienti e nuove opportunità partendo dai clienti e dalle opportunità tradizionali.
Sono ancora poche le aziende che sono entrate nel terreno della Social Enterprise direttamente dalla porta del Social Business, ma questo, per rispondere in parte alla domanda, è stato uno dei percorsi osservati in questi anni.

“Con le nuove forme di relazione diffuse dai Social Network, le aziende hanno avuto la possibilità di coinvolgere direttamente i clienti nella definizione e creazione di nuovi prodotti e servizi. Stare in relazione con i propri clienti dentro le piattaforme digitali ha richiesto lo sviluppo di nuovi modelli di servizio, nuovi ruoli organizzativi e nuove competenze aziendali che in molti casi, ha portato allo sviluppo di un nuovo modello di business.”

Tornerò dopo su questo approccio alla Digital Enterprise e sulle profonde implicazioni organizzative che il Social Business ha richiesto alle aziende che lo hanno saputo affrontare, adesso voglio completare il ragionamento introducendo il secondo fattore, a mio avviso, di forte pressione al cambiamento e una seconda modalità con cui le imprese hanno sviluppato la Digital Enterprise.
Anche in questo caso è necessario partire da un cambiamento nei comportamenti delle persone nella loro vita privata per arrivare a capire che impatto ha avuto sulle organizzazioni.

Alcuni anni fa le aziende hanno cominciato ad utilizzare i sistemi di posta elettronica per ridurre tempi e costi delle comunicazioni dentro e fuori dall’organizzazione. Riduzione della carta, consegna immediata dei messaggi e liste di distribuzione hanno trasformato il modo di lavorare ma ancora di più ha fatto l’adozione di strumenti di consultazione e scrittura delle email dal telefono cellulare. Questi strumenti di telefonia e posta utilizzabili in mobilità, all’epoca non ancora gli smartphone che conosciamo oggi, hanno realizzato un ulteriore passo avanti trasformando le email da strumenti di comunicazione differita a sistemi di notifica istantanea; e una volta fatto il loro onorato servizio professionale questi cellulari sono stati trasferiti alla famiglia o ai figli. Questo ingresso dei cellulari con servizi evoluti nella vita privata ha richiesto, nel tempo, un cambio di interfacce e del modo d’uso, forse perché i nuovi utenti erano tecnologicamente meno preparati o forse perché meno disponibili a subire passivamente funzionalità di difficile utilizzo, e ha richiesto anche un cambio di modalità di comunicazione: non più la posta, con le sue logiche di lettura in momenti lontani da quelli della scrittura, con la separazione tra allegati e testi, e con l’idea di trasferire contenuti certificabili tra postazioni di lavoro, ma la conversazione istantanea, con la sua coincidenza dei tempi, la centralità dei contenuti e la necessità della comprensione per le persone.

Ancora una volta la vita sociale delle persone ha imposto un cambiamento nei comportamenti facendo diventare le App di conversazione indispensabili funzionalità di relazione interpersonale in un mondo con tempi e luoghi di vita sempre più flessibili e variabili. E ancora una volta, come per i Social Network, anche le App di comunicazione sono entrate dalla porta di servizio delle aziende per occupare un posto nei processi operativi di lavoro; le persone hanno portato in azienda i propri smartphone e hanno cominciato a utilizzarli anche per coordinare team di progetto, condividere immagini esplicative dei problemi di manutenzione degli impianti o per gestire riunioni.

I processi, nel susseguirsi delle azioni al suo interno, richiedono sempre continui scambi di informazioni, comunicazioni, conversazioni e chiarimenti. Strumenti digitali, come le App, possono favorire e facilitare questi scambi migliorando i processi stessi.

Tralasciando le iniziali e legittime resistenze dei responsabili dei servizi informativi, la diffusione di App che rappresentassero una alternativa, migliore della posta elettronica, per comunicare in azienda è diventata un’altra modalità con cui alcune organizzazioni hanno iniziato il percorso della Digital Enterprise. Se era possibile utilizzare delle App scaricabili sugli smartphone per rendere più semplici, più facili e migliori i processi aziendali allora era possibile, sostituendo le App con soluzioni aziendali simili ma con standard di sicurezza adeguati, ridurre tempi e costi per ottenere effetti concreti sui risultati aziendali.

“Come i Social Network, anche la diffusione delle App e la fruizione in mobilità ha introdotto nuove forme di relazione e un nuovo modo di comunicare che, trasferite in opportune soluzioni aziendale, possono migliorare i processi operativi, ridurre tempi e costi, e produrre effetti concreti sui risultati complessivi dell’azienda.”

Infine c’è stato un terzo modo, sempre per semplificare, con cui si è avviato il percorso di cambiamento verso la Digital Enterprise: prendere una soluzione tecnologica completa e ricca di funzionalità e adottarla come standard aziendale per tutte le comunicazioni tra i collaboratori.
Detta così farebbe pensare che questa strada, in realtà, non sia stata perseguita da nessuno, essendo evidenti i limiti impliciti del mettere semplicemente un nuovo strumento a disposizione di tutti per farne ciò che volevano, ma in realtà anche questa modalità è basata su un suo ragionamento e una sua possibilità di successo ed è stata scelta in diversi contesti complessi.

Alla base della scelta di introdurre per tutti una nuova tecnologia ci sono alcuni punti che meritano una riflessione meno superficiale. Prima di tutto è stata una scelta efficace nei casi in cui il mutamento sociale, dei clienti che premevano dall’esterno e dei collaboratori che utilizzavano altre App dall’interno, era già stato avviato e diffuso. In questo tipo di contesto le persone ritrovavano le funzionalità di comunicazione necessarie anche nella nuova piattaforma e riducevano la frammentazione che vivevano utilizzando strumenti differenti per differenti gruppi di persone.

Anche in mancanza di una contesto socialmente evoluto l’introduzione di una nuova tecnologia è stata vista, in alcuni casi, come opportunità, almeno da un gruppo ristretto di persone della organizzazione che hanno provato ad utilizzarla e ne hanno scoperto una loro utilità. È la regola della curva di Roger sul ciclo di vita dell’innovazione che dice che esiste una percentuale minima ma consistente di persone che sono disposte a sperimentare le nuove tecnologie perché ne intuiscono i benefici anche se ancora in misura potenziale. Questi innovatori troveranno delle forme di utilizzo e se ne faranno portatori verso altre persone sensibili e attente a sfruttare per prime le innovazioni in via di diffusione.

In queste organizzazioni che sono state capaci di superare le resistenze all’introduzione di una nuova modalità di lavoro supportata dalle piattaforma digitali si è realizzata una forma di progettazione dal basso dell’utilizzo possibile delle nuove tecnologie che ha fatto scoprire modalità innovative e molto coerenti con lo specifico contesto organizzativo in cui si erano sviluppate.

“Un altro percorso verso la Digital Enterprise parte dall'adozione di una soluzione tecnologica completa e ricca di funzionalità come standard aziendale per tutte le comunicazioni tra i collaboratori. Una scelta tanto più efficace quanto più si è disposti a superare le resistenze all'introduzione di nuova modalità di lavoro supportata dalle piattaforme digitali.”

Per ricapitolare, come accennavo all'inizio, non esiste un percorso ottimale ma si potrebbero identificare almeno tre diverse modalità di approccio e, semplificando, queste soluzioni potrebbero essere ricondotte tutte ad un unico quadro di riferimento, il terreno comune, come quello sotto rappresentato:

Fattori che influenzano l’approccio alla Digital Enterprise.

Ho accennato a quali potrebbero essere stati i fattori che hanno influenzato la scelta di un percorso rispetto ad un altro ma vorrei aggiungerne altri tre che influenzano il punto d’ingresso nel terreno della Social Enterprise.

Il primo è lo stile di leadership del vertice aziendale: volendo estremizzare si può parlare di leader alla Atlante, divinità che regge l’intero peso del Cielo sulle spalle, o alla Archimede, a cui serve un punto d’appoggio ed una leva per sollevare il mondo.
Quando la leadership è molto carismatica è più probabile che la scelta sia orientata alla tecnologia mentre in caso di una leadership più partecipativa si potranno avviare più facilmente sperimentazioni anche nel campo del Social Business.
È evidente che esistano infinite variazioni di leadership e ognuna influenzerà le decisioni in merito alle scelte di percorso verso la Digital Enterprise, ed è opportuno cercare di tenerne conto in fase di avvio perché non esistono soluzioni giuste o sbagliate ma solo percorsi coerenti rispetto alle persone che li dovranno percorrere e al contesto in cui lo dovranno fare. Vista la centralità del ruolo dei Leader nei progetti di cambiamento verso la Digital Enterprise questa è una delle valutazioni più importanti da fare all'inizio del progetto.

“Lo stile di leadership del vertice aziendale è un elemento fondamentale da tenere in considerazione nei progetti di cambiamento verso la Digital Enterprise e influisce sul tipo di approccio che si può adottare: più è carismatico e più la scelta sarà orientata alla tecnologia; più la leadership è partecipativa più è possibile sperimentare progetti nel campo del Social Business.”

Il secondo elemento da tenere in profonda considerazione e da valutare attentamente è la cultura manageriale esistente. Nelle organizzazioni complesse, dove i livelli di gestione e coordinamento intermedi tra il vertice ed i collaboratori sono il cuore del modello organizzativo, prevarrà un percorso focalizzato sul miglioramento degli specifici processi; ma anche le organizzazioni più semplici hanno modalità gestionali molto differenti a seconda della natura delle Divisioni aziendali. A meno che il progetto non preveda il rilascio a tutti e subito dei nuovi strumenti digitali è preferibile identificare alcuni processi di miglioramento specifici per ogni area aziendale e riservare ad uno spazio comune il confronto sullo sviluppo di nuove idee o la condivisione delle buone prassi di relazione con i clienti. Sviluppare soluzioni su misura per le diverse tipologie di processi da migliorare permette di sperimentare diverse modalità di gestione rispetto alle diverse propensioni al comando e controllo dei manager, facendo scoprire ad ognuno modi efficaci per ogni tipologia di approccio.

“La cultura manageriale è un altro fattore che influisce nel progetto di cambiamento verso la Digital Enterprise. Sia nelle organizzazioni complesse che in quelle semplici, è preferibile identificare alcuni processi di miglioramento specifici, per ogni area aziendale, su cui sperimentare diverse modalità di gestione rispetto alle diverse propensioni al comando e controllo dei manager. Non esistono soluzioni giuste o sbagliate ma solo percorsi coerenti rispetto alle persone che li dovranno percorrere e al contesto in cui lo dovranno fare.”

Il terzo fattore che può influenzare il punto d’attacco della Digital Enterprise è relativo al grado di partecipazione diffusa delle persone al progetto d’impresa. Quanto più le persone si riconoscono nella visione e nella missione dell’organizzazione a cui appartengono tanto più saranno disponibili ad affrontare sia lo sforzo di trovare la propria strada all’utilizzo dei nuovi strumenti digitali, anche con un rilascio generale, sia la fatica di realizzare nuovi modelli di relazione con i clienti nel caso di un approccio diretto al Social Business.

“Altro fattore importante è il grado di partecipazione diffusa delle persone al progetto d’impresa. Quanto più sono coinvolte tanto più sono disposte ad adottare nuovi strumenti tecnologici e a realizzare nuovi modelli di relazione.”

Tutti questi fattori, come è evidente, rientrano nelle più ampie considerazioni che riguardano la cultura aziendale ed è facile intuire che ogni percorso, anche quello apparentemente più semplice di rilascio a tutti delle tecnologie digitali, deve essere affrontato dominando le metodologie di gestione del cambiamento.

Giuseppe Leoni, social business practitioner dal 2007, è managing partner di e:lab. Esperto di progettazione organizzativa e nuovi modelli di business sia in ambito Pubblico che privato. Dopo una lunga esperienza aziendale nello Sviluppo Organizzativo, dal 1998 ha avviato alcune società di consulenza in ambito Risorse Umane, Organizzazione, Marketing e internazionalizzazione. Oggi è impegnato nello sviluppo di soluzioni di Social/Digital Enterprise per banche e aziende multinazionali e nello sviluppo di modelli di Collaborative/Sharing Economy per Enti Pubblici e organizzazioni no profit. Contributore nel Laboratorio sul Social Business di ASAM Università Cattolica del Sacro Cuore e co-ideatore e sostenitore del Laboratorio Mode2 sul Social Business & Management della Fondazione Marco Biagi dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

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Giuseppe Leoni
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fondatore di e:lab, società di consulenti/business lovers