Cyberpunk

Novlet.com
Echoes from Novlet
Published in
14 min readJan 23, 2016

La luce sintetica dei cartelli pubblicitari disegnava degli strani motivi sulle retine di Jamie, quando sbatteva le palpebre.
Non era abituato ad incontrare le persone dal vivo. Non si sentiva a suo agio in quei vicoli male illuminati, un’interfaccia su cui non aveva alcun potere.
L’alternarsi di luci e ombre, di fredde raffiche di vento e nuvole di vapore dagli scarichi degli edifici stava cominciando a sviluppare nel suo stomaco un senso di nausea. Solo i pochi dati sempre presenti alla periferia del suo campo visivo gli davano un fragile senso di sicurezza, che sembrava però sempre più distante, ogni volta che una nuovo sgargiante cartello li cancellava per qualche secondo.
Solo un puntino rosso era abbastanza luminoso da resistere agli attacchi esterni e solo quel puntino lo spingeva ad addentrarsi sempre più nella periferia dell’agglomerato urbano: il luogo dell’incontro col signor Hagasami, il luogo dell’incontro col suo colpo grosso.

Mentre svoltava faticosamente nell’ennesimo vicolo, maledicendo la scarsa aderenza della realtà alle mappe virtuali, un movimento non digitale nella sua visione periferica lo fece sobbalzare. Indietreggiando osservò l’ammasso di rifiuti in movimento, solo per rendersi conto che si trattava in effetti di una persona. O meglio di quello che ne rimaneva. Da sotto i cartoni delle gambe rachitiche tremavano come in preda a convulsioni movendosi a ritmo con un volto interamente coperto da una primitiva maschera di proiezione virtuale, il cui cavo principale spariva all’interno della cabina di collegamento divelta di un palazzo. Il puzzo di feci che circondava il pover uomo completò il quadro della situazione: quel barbone aveva messo le mani su un collegamento illegale e vi era probabilmente collegato da giorni. Sarebbe rimasto connesso a vivere chissà quale sogno finché non avessero scoperto il collegamento pirata o finché il suo corpo non avesse ceduto: Jamie si sentiva solo di augurargli questa seconda possibilità.
Probabilmente anche suo padre era morto così, non l’aveva mai saputo e non gli importava più di tanto.

Scrollandosi di dosso quell’immagine desolante e confermando i suoi giudizi negativi sul mondo reale, Jamie riprese a dirigersi verso il suo appuntamento.
Se tutto andava per il verso giusto, almeno per lui quell’incubo sarebbe finito.

Hagasami lo aveva cercato per mesi, cercando di seguire le tracce che portavano dal Jamie che aveva tenuto in pugno per due giorni i sistemi di mezzo paese all’altro Jamie che, incerto ed esitante, si muoveva tra i vicoli della città.
La sua ricerca sarebbe continuata senza successo se, appena qualche settimana prima, non fosse cambiato qualcosa nella vita di Jamie.

La sua “professione” gli consentiva un tenore di vita piuttosto alto, ma aveva bisogno di equipaggiamento estremamente costoso per continuare ad essere competitivo.
In fin dei conti, si può dire che la sua intera esistenza si riducesse ormai al cercare di portare a termine un colpo per potersi permettere il denaro necessario per quello successivo. Se la passava pur sempre meglio della stragrande maggioranza degli abitanti del continente, ma non gli piaceva vivere a quelle condizioni.

Fino a quel momento era stato fortunato (o forse, semplicemente, era uno dei migliori sulla piazza): per quanto ci fosse andato vicino, nessuno dei suoi lavori era finito male. Ricordava benissimo tutti i suoi colleghi ridotti sul lastrico, scaraventati in mezzo alla strada, relegati a vivere in una miseria uguale o peggiore di quella del barbone che aveva appena superato. Peggio ancora, qualcuno era finito “in giardino”, ridotto ad uno stato vegetativo. Proprio come Apollo, il suo mentore.

Fu proprio questo che lo spinse ad indagare sul conto di Hagasami, per capire chi fosse e cosa volesse da lui.

L’hacker che Hagasami gli aveva messo alle calcagna era stato per Jamie poco meno evidente di un elefante rosa, e altrettanto facile da evitare. All’inizio non aveva dato molto peso alla cosa — se avesse dovuto procurarsi informazioni su tutte le persone che cercavano goffamente di rintracciarlo gli sarebbe rimasto ben poco tempo per compiere i suoi lavori — si era però presto reso conto che questo maldestro segugio era un po’ troppo insistente e dotato di mezzi un po’ troppo costosi per essere solo un fan accanito ed aveva dunque deciso di seguire il suo inseguitore. Si era inizialmente aspettato che l’elefantino potesse essere al soldo di qualche società “incidentalmente danneggiata” dal un suo ultimo lavoro: in quel caso sarebbe stato suo dovere morale scoprire di chi si trattasse per fargli una visitina che chiarisse una volta per tutte “chi poteva rovinare chi” con poche istruzioni ben assestate.
Doveva ammettere di essersi trovato leggermente spiazzato trovando al fondo del suo back-tracking un’anonima ditta di servizi di connessione di basso livello, ma ancora una volta non era stato a porsi troppe questioni: aveva già visto gente di ogni tipo cercare di mettergli il sale sulla coda solo per farsi un nome. Senza scomporsi aveva bruciato buona parte del loro equipaggiamento e riempito il rimanente di simpatiche frasi zen sull’importanza del farsi-gli-affari-propri; aveva accantonato la cosa come un divertente diversivo ed era tornato al suo lavoro.

Due settimane dopo un nuovo elefante era alle sue calcagna e Jamie si rese conto che qualcosa non tornava: era esattamente della stessa tonalità di rosa del precedente.
Incuriosito seguì le sue orme fino ad un’anonima ditta di servizi informatici un po’ troppo simile a quella che aveva già bruciato per non destare sospetti, ma questa volta Jamie era deciso ad andare un po’ più a fondo con le sue indagini.
Fu allo stesso tempo divertito ed intimorito trovandosi di fronte ad un sistema di scatole cinesi così ben congegnato da impegnarlo per un’intera settimana e non lo stupì eccessivamente il fatto che tutto facesse capo ad una delle più influenti zaibatsu di tutto il paese.
Fosse stato quello di un anno prima, avrebbe colto la palla al balzo per un colpo che avrebbe fatto parlare di lui per mesi — friggere una zaibatsu non era cosa di tutti i giorni — ma forse stava invecchiando, forse era stufo dello stress che si portava dietro dopo ogni colpo, forse era solo intrigato da alcune delle scatole da cui era passato per arrivare al mandante del suo inseguimento e decise quindi che era il caso di scambiare due chiacchere con chi si era dato tanta pena per farsi notare.

Fu così che la sera seguente il porno-sogno quotidiano di Hagasami assunse una piega inaspettata.

Se c’era una cosa che aveva condotto Jamie alla notorietà nel suo ambiente, oltre alla sua indiscussa abilità, era il suo gusto scenico.
Ricordava ancora il suo primo colpo di una certa risonanza: una casa produttrice di bambole. Non certo un obbiettivo di alto livello.
Quello che pochi sapevano era che la multinazionale che stava dietro a quella ditta era anche una delle maggiori produttrici mondiali di armi e mine anti-uomo. Certo, la gente cominciò a sospettare qualcosa quando tutte le bambole presentate sul sito cominciarono a mostrare ferite sempre più evidenti e segni di mutilazione. La cosa più interessante fu che il sito fu chiuso automaticamente per eccesso di traffico prima ancora che i proprietari si rendessero conto di ciò che era successo: le nuove immagini erano talmente belle che tutti volevano dare un’occhiata all’opera d’arte prima che fosse rimossa.

Fu proprio per il suo gusto scenico che Jamie scelse di incontrare Hagasami in quello strano luogo, e fu per lo stesso motivo che quasi non riuscì a parlargli, quando per poco il cuore indebolito dalla cocaina dell’onorevole manager non andò fuori giri, mentre le due conturbanti donne che fino ad un attimo prima si rigiravano vogliose nel letto cominciarono a cadere a pezzi in putrefazione.
Resosi conto della situazione, Jamie decise — seppur a malincuore — di risparmiargli alcuni dei dettagli finali e si fece avanti, deciso a sfruttare lo stordimento dell’uomo per estorcergli quante più informazioni gli fosse stato possibile.

L’uomo che si presentò improvvisamente nel sogno di Hagasami non aveva niente di particolare, a prima vista, ma risultava di una normalità estremamente inquietante.
Jamie era particolarmente fiero del suo avatar. Era il frutto di una lunga ricerca sui tratti somatici e sulla loro interpretazione inconscia: il suo aspetto di base era stato ottenuto mediando migliaia di immagini, di modo da presentare dei tratti talmente comuni che non dessero alcun appiglio al proprio interlocutore; su di questo Jamie aveva applicato dei particolari filtri per modificare la prospettiva e la simmetria dell’immagine. Il risultato era una faccia palesemente sbagliata, ma in una maniera così sottile da non dare la possibilità di capire il perché; una prospettiva impossibile che variava in maniera casuale ed impercettibile ad ogni movimento.

Il povero Hagasami non era certo uno sprovveduto, ma incontri di questo tipo non sono cosa che capiti di frequente, neanche nel frenetico mondo degli affari. Gli ci volle quindi qualche secondo per riacquistare un minimo di contegno e fronteggiare, seppur con un velo di nausea ed una palpebra tremante, l’enigmatico intruso:
- Chi sei e cosa ci fai nel mio sogno? Cosa vuoi da me? — chiese con voce rotta.
- Questa domanda dovrei farla io a te, dato che hai fatto tanto rumore per trovarmi. — risposero all’unisono tre voci impersonali su ottave differenti.

Hagasami cominciò a capire…

Una volta realizzato il contatto, fu chiaro che Hagasami aveva per le mani qualcosa di grosso e Jamie cominciò a convincersi che forse quello sarebbe potuto essere il suo ultimo colpo.
Tuttavia il manager si mostrava incredibilmente reticente a discutere i dettagli del suo piano in formato virtuale, nonostante la copertura di un hacker esperto come Jamie. D’altra parte ad un topo da computer come lui non andavano troppo a genio gli incontri in formato reale. La situazione fu sbloccata dal generoso acconto — che faceva prospettare un’ancor più generosa ricompensa — che si materializzò su uno dei tanti conti di Jamie.
Gli piaceva pensare che fosse il luccichio del suo denaro virtuale quello che stava seguendo ora, imprecando tra i vicoli maleodoranti della periferia dell’agglomerato.

Giunse finalmente all’indirizzo indicato da Hagasami: un vecchio palazzo del secolo precedente, ormai in rovina. Salì le scale fino al terzo piano e si diresse verso la stanza 37; inserì la chiave, in cui aveva copiato il codice — inutilmente complesso — fornitogli dal manager, nella serratura e attese che i circuiti lo riconoscessero.
La porta si aprì con uno scatto ed un sommesso rumore idraulico su una stanza buia. Due braccia possenti lo spostarono di peso oltre la porta che sentì richiudersi alle sue spalle. Solo dopo qualche istante i suoi occhi poterono riconoscere nella penombra un uomo seduto su una poltrona dall’altra parte della stanza. Due sagome, una imponente, l’altra più minuta, stavano in piedi al suo fianco. Con quello che l’aveva gentilmente fatto accomodare facevano almeno tre gorilla: se aveva commesso un’imprudenza, l’avrebbe certo pagata cara.

- Finalmente ci incontriamo dal vivo, signor “Jamie”. — disse Hagasami con una voce controllata, ma un po’ troppo distorta dall’accento per risultare piacevole. — Mi scusi per le maniere un po’ brusche, ma sa… in questi casi la prudenza non è mai troppa. In effetti dovrei chiederle di sottoporsi ad un ultimo controllo prima di metterci a discutere…
Jamie ne aveva abbastanza di prendere ordini da quell’omino paranoico, inoltre era già stato fin troppo gentile, ulteriore deferenza rischiava di metterlo in una posizione di svantaggio: — Senta, non so cos’altro abbia in mente, ma per me i controlli sono finiti! Se non sono il Jamie che cerca, ma sono riuscito a fregarvi entrambi fino ad ora, sono uno anche più bravo di lui e non penso che per lei questo faccia molta differenza. Se le va bene, proseguiamo; altrimenti la ringrazio per l’acconto e le manderò una coniglietta zombie come souvenir!
Hagasami scoppiò in una risata affettata: — Proprio quello che mi aspettavo… beh, direi che questo ci può anche bastare: accendi la luce Dimitri. — Il gorilla alla porta premette un antiquato interruttore sulla parete e la stanza fu rischiarata da una fioca lampadina ad incandescenza.

Hagasami era un omino asiatico di mezza età, con un corpo esile ben nascosto da un elegante vestito di sartoria. Il suo volto era la classica maschera dell’uomo d’affari che conosce il fatto suo: Jamie sapeva di non potersi fidare di quell’espressione.
Dimitri e l’altro uomo massiccio erano le classiche guardie del corpo da zaibatsu: muscoli, potenziatori chimici ed impianti grezzi. Poco più che dei cani ammaestrati, ma era meglio non averci a che fare.
La figura più esile era un omino biondo in una tuta floscia. A prima vista lo si sarebbe detto innocuo, ma Jamie ebbe modo di notare il modo in cui i suoi occhi seguivano ogni suo minimo movimento, con una velocità innaturale, e si convinse presto che doveva essere in realtà il più pericoloso dei tre. Aveva visto i filmati di qualche technoninja in azione ed era sicuro che se avesse tentato una mossa falsa, quell’omino l’avrebbe messo al tappeto ben prima che gli altri due potessero anche solo raggiungerlo.

- Bene, ora possiamo parlare di affari. — esordì Hagasami interrompendo la sua analisi. — Come avrà già immaginato, l’ho contattata perché mi serve un hacker. Ma non l’ho contattata perché lei sia il più bravo: ho già lavorato un paio di volte con Diomede e mi sarei certo servito di lui…
Jamie non seppe trattenere una smorfia: — E allora perché mi ha chiamato, di grazia?!
- L’ho chiamata, signor “Jamie”, perché mi risulta che lei sia riuscito in un paio di imprese che, per la loro particolarità, hanno destato l’attenzione delle più alte sfere: pare che lei sia particolarmente abile ad infiltrarsi in sistemi di cui non si sa praticamente nulla.
- Mi avete chiamato per il mio intuito? — scherzò Jamie. In realtà aveva capito molto bene qual era la dote a cui si riferiva Hagasami: la sua particolare abilità e velocità nel muoversi in terreni sconosciuti, con una quantità di informazioni ritenuta insufficiente da tutti i suoi colleghi, ma il fatto che quest’uomo lo conoscesse così bene non lo metteva a suo agio.
- Lo chiami così se le fa piacere, — riprese il manager senza scomporsi — fatto sta che, da quello che mi risulta, lei è la persona più indicata per il tipo di compito di cui ho bisogno.
- E sarebbe?
- Lei deve inserirsi per me in una rete neurale ed estrarre delle informazioni molto importanti.
- Non potrebbe essere un po’ più specifico? Su che sistema dovrò lavorare? E’ qualcosa di conosciuto e molto protetto o si tratta di qualche prototipo militare di nuova generazione?
- Beh, diciamo che non si può proprio definire un nuovo prototipo… in realtà è il modello più vecchio su cui possa pensare di lavorare, ma, come le accennavo, talmente poco esplorato da non avere praticamente nessun dato da offrirle: lei dovrà estrarre delle informazioni da un cervello umano.

Jamie si sentì scosso da tali parole, “estrarre informazioni da un cervello umano”… un bell’affare. Faccenda complicata, tra l’altro, dall’impossibilità scientifica della cosa.
- Hagasami san, mi rendo conto della fatica che lei e la sua compagnia avete sudato per trovarmi. Tuttavia dovreste sapere meglio di me che ciò che mi chiedete non è proprio possibile. Ci sono prove scientifiche evidenti dell’esistenza della Barriera di Flebsch… -. — La Barriera di Flebsch non è un problema, — lo interruppe il magnate asiatico, — non per i mezzi di cui dispone la mia zaibatsu -.

La teoria elaborata negli anni ’40 da Gustaav Flebsch, uno dei più grandiosi esperti di Biocomputazione del secolo, apparteneva alla conoscenza comune. Certo non si pretendeva che il volgo comprendesse l’eleganza dei fondamenti teorici che conducevano a questo modello, ma le conseguenze a cui esso conduceva erano note a molti.
Secondo lo schema elaborato dallo scienziato, la memoria umana è composta di due parti distinte ma inscindibili: una memoria cognitiva e una emotiva. La prima, basata su principi di trasmissione elettrica, è quella che incamera e immagazzina i ‘dati’, in essa è situato l’intero bagaglio di conoscenza di ciascun individuo. Tuttavia, anche se è possibile estrarre e digitalizzare un segnale che trasporta dati proveniente da questa sezione di memoria, si nota con facilità che il segnale non solo è irrimediabilmente criptato, ma il codice di crittografia varia con continuità a seconda del ricordo che si cerca di ricostruire.
La seconda memoria, quella emotiva, è a carattere puramente chimico, ed è detta anche ‘memoria extracerebrale’, in quanto si trova diffusa in tutti i recettori ormonali del corpo umano. Essa si occupa di ricordare le emozioni, i sentimenti che la persona prova nelle varie situazioni della sua vita: amore, odio, noia, rabbia, gioia, tutte le sfumature sono perfettamente registrate e incollate al ricordo di quel momento. Ebbene, ciò che l’ipotesi dell’esistenza di questa ‘Barriera’ teorizza, è che la memoria emotiva contiene le chiavi di lettura crittografica di ogni ricordo cognitivo. Ogni istante una diversa sensazione, ogni sensazione una chiave differente. In parole povere, senza decifrare ed assimilare le emozioni che ha ciascun uomo durante la sua vita, il suo cervello è una cassaforte blindata.

E, a quanto sapesse Jamie, non si era mai stati capaci di spingersi tanto in profondità.
- E’ un approccio sperimentale. -, riprese Hagasami — una tecnica elaborata nei laboratori di una delle tante mie aziende. I mio esercito di scienziati è riuscito a costruire un’interfaccia per la memoria emotiva dell’essere umano. Non è incredibile quello che i soldi riescono a fare? -. E storse la bocca in un ghigno tutt’altro che accattivante.
- A questo punto tutto ciò che mi manca è un navigatore -, non poteva che riferirsi al suo interlocutore, cosa sottolineata dalla sua occhiata penetrante.
Jamie si grattò il naso sfregando con forza, sua morbosa abitudine di quando stava riflettendo con impegno. — Chi è l’obiettivo? Voglio dire, mi chiedete di entrare nella testa di una persona viva, o no? -.
Il capo di Hagasami compì una lenta torsione, come se quella domanda fosse stata causa di un improvviso torcicollo: — Ti basterà sapere che il tizio da rastrellare è vivo. Biologicamente parlando. Tuttavia da un po’ di tempo è diventato… come dire, poco partecipativo -. E ammiccò, doveva essere uno di quelli finiti in giardino. — Se fosse stato presente avremmo usato mezzi più convenzionali per estrarre le informazioni che vogliamo -. Jamie sapeva ciò che intendeva con quel “metodi più convenzionali”.

- Quanto tempo ho per decidere se accettare l’offerta ?-
- Suvvia, signor Jamie. Che domande sono queste? Io sono un uomo d’affari, come ben sapete. E converrete con me che il tempo è denaro. Non trovate? -.
Jamie era messo alle strette.
Ma, in effetti, c’era poco da pensare. Quella era davvero l’occasione delle sua vita: mettersi economicamente a posto, ed avere il prestigio di essere il primo ad esplorare la terra vergine della coscienza umana.
- Bene. Discutiamo allora del mio compenso… -.
Questa volta la bocca di Hagasami si allargò in vero sorriso; a labbra serrate, ma pur sempre un sorriso.

Quella notte Jamie ebbe difficoltà a prendere sonno.

Jamie era abituato a lavorare da solo, ma nella settimana seguente si trovò a dover ammettere che avere una decina di persone sotto di sè per i lavori pesanti non era affatto spiacevole. L’interminabile periodo di preparazione che come al solito precedeva i fatidici minuti dell’incursione fu drasticamente ridotto, nonostante le scarse conoscenze del campo di battaglia facessero prevedere il contrario. Anche il budget pressoché illimitato di una zaibatsu era una comodità da non trascurare: bastava nominare il componente di cui si aveva bisogno e questo era disponibile nel minor tempo che le spedizioni aeree private potessero garantire.
L’unico fatto che indispettiva Jamie era la reticenza di Hagasami a rivelargli le caratteristiche del sistema su cui si sarebbe trovato a lavorare: non solo aveva insistito sull’impossibilità di svolgere un’indagine preliminare, ma si era rifiutato di fornirgli qualunque indizio sul funzionamento del segretissimo macchinario in grado di superare la barriera di Flebsch.
Si era così dovuto preparare su tutti i fronti: dal volo libero alla riga di comando, dall’interfaccia dinamica autogenerante allo spazio a ramificazione multidimensionale. Fortunatamente avevano scelto la persona giusta: Jamie era esperto di ogni interfaccia, e il suo codice personale per l’adattamento rapido, insieme alla sua innata abilità, sarebbe probabilmente stato più utile dei milioni in macchinari che aveva approntato.

A dieci giorni dal reclutamento, tutto era pronto per l’incursione. Hagasami aveva insistito perché tutto avesse luogo in una sede distaccata dai laboratori dove era custodito il soggetto, per ‘ragioni di sicurezza’, attraverso una linea diretta ad altissima velocità creata ad hoc. Dopo una notte di sonno irrequieto, Jamie si presentò nel capannone predisposto per le operazioni, dove il manager lo attendeva con la sua solita imperscrutabile faccia da affari. Tre dei tecnici che lo avevano affiancato nella fase di preparazione erano presenti per dargli tutto il supporto esterno di cui potesse avere bisogno, tuttavia Jamie avrebbe volato da solo e non poteva dire che la cosa gli dispiacesse.
Dopo aver controllato un’ultima volta tutti i sistemi, Jamie indossò i suoi guanti portafortuna e su di essi i sensibilissimi sensori di comando digitali, collegò il suo display retinico ad alta definizione al sistema ed indossò il visore di back-up e per il supporto esterno.
Nell’oscurità, solo un piccolo punto luminoso lampeggiava al centro del suo campo visivo, in attesa di input. Sentì la voce di Alisha, uno dei tecnici, informarlo che il collegamento era stato effettuato: era ora in contatto diretto con la mente del poveretto caduto nelle mani della zaibatsu sbagliata. In fondo non era affar suo.
- Cominci pure quando vuole, signor Jamie. — lo incalzò Hagasami.
- Facciamo questa cosa! — disse Jamie, e diede il segnale di accesso.

Story by Phiandark (Franco Pellegrini), alex (Alessandro Bahgat), Psilvi (Pietro Silvi) · February 2007–March 2007 · Originally published on novlet.com

--

--